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Autore: SNeptune84    08/03/2014    8 recensioni
Pierre è il più famoso dei menestrelli alla corte di Carlo Magno. Con il suo Liuto allieta i pranzi di corte, ricevendo offerte di lavoro in tutto l'impero.
Ma l'offerta che vorrebbe è quella da parte di Pipino, primogenito di Carlo, del quale è innamorato.
E se un giorno dovesse arrivare?
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Autore: SNeptune84
Titolo della storia: Chanson d’amour
Fandom o Originale: Originale – Storico
Avvertimenti: Slash
Rating: Giallo
Prompt strumento: Liuto
Prompt genere: Musica medievale
Eventuali note dell’autore: Ammetto che quando mi sono iscritta a questo contest speravo mi uscisse il pianoforte, così da riutilizzare una delle numerose storie che già ho scritto con un personaggio che suona proprio quello strumento, o comunque riutilizzare tale personaggio per l’occasione. Purtroppo la fortuna non mi ha aiutato, ma, complice anche il prompt legato al genere, ho voluto provare a scrivere una shot storica, ambientata nell’alto medioevo, all’epoca dell’imperatore Carlo Magno. Mi sono informata, ho cercato notizie sui suoi figli e quant’altro, trovando Pipino, il primogenito nato fuori dal matrimonio, quindi senza eredità. Ho pensato di usare lui, stravolgendo ovviamente il suo carattere (da quanto ne so, alla morte del padre entra in monastero, quindi dubito che sia così come l’ho descritto io), e di mettere come protagonista un menestrello che suona il liuto. Il genere musicale è intrinseco nell’epoca in cui è ambientata la storia, spero vada bene. Comunque vada, sono contenta di aver provato un genere diverso, che mai avrei pensato di utilizzare.


Chanson d’amour


Tra i menestrelli, Pierre era sicuramente il migliore. Tutti i vassalli ormai lo conoscevano, si litigavano la sua musica, il suo liuto, per ogni pranzo o festa che organizzavano. Era l’unico in tutto l’impero a suonare quello strumento sconosciuto. L’aveva ottenuto in dono da un ricco mercante, che si era innamorato delle sue canzoni e l’aveva voluto omaggiare con quell’oggetto ignoto, ma dal suono soave. Da quel momento la sua fama si era estesa a macchia d’olio, fino ad arrivare alla corte dell’imperatore Carlo, che lo invitò a suonare per lui.
Fu proprio ad una delle feste a corte che vide lui; non aveva mai provato un sentimento simile per un’altra persona, nessuna donna con cui era stato lo aveva portato ad emozioni tanto intense durante un rapporto sessuale. Lui, il principe bastardo, il primogenito di Carlo, Pipino, non ufficialmente riconosciuto dalla corte, in quanto nato fuori dal matrimonio. Lui, che aveva capito il suo interesse e lo aveva portato nelle sue stanze, usandolo per una notte e poi gettandolo via, come un servo qualunque.
Ma, in fondo, era proprio quello che era: un servo, un lavoratore che serviva a portare allegria alle feste, non di certo un nobile con cui condividere attimi speciali. Il principe era irraggiungibile per lui, non poteva fare altro che ripensare a quella notte e imparare ad odiarlo.
Per combattere quell’amore che lo stava divorando, aveva iniziato ad odiarlo, a suonare con tutta la rabbia che aveva in corpo quando lui era presente ai ricevimenti. Il suo liuto trasmetteva il suo stato d’animo, la sua musica rispecchiava le sue emozioni, i suoi sentimenti più reconditi.
Nessuno se ne accorgeva, tutti acclamavano il suo talento nella musica, applaudendo gioiosi anche quando cantava parole tristi; o forse seguivano la folla, dato che di musica non ne capivano nulla e avevano paura di sfigurare.
Ogni volta che arrivava un invito di partecipazione a una di quelle feste, Pierre sperava che arrivasse dal principe, che dimostrasse di ricordarsi di lui. Invece puntualmente si presentava con una nuova dama, di dubbia provenienza, come se volesse mostrare al mondo quanto quell’ambiente che non lo accettava gli facesse schifo. Pierre si sentiva sempre bruciare di gelosia quando lo vedeva arrivare, rendendosi conto ogni volta che quello che provava non era odio, ma continuava ad essere amore.
Chiuso nella sua stanza del castello che un ricco vassallo gli aveva regalato in cambio dei suoi servigi, ripensava a tutti quei momenti, componendo nuove musiche e nuove poesie da cantare alla corte dell’imperatore, e al cospetto di Pipino.
Ridestandolo dai ricordi, Jerome, un suo servitore, si annunciò bussando alla porta, attendendo il permesso di entrare.
Una volta dentro, mostrò al suo padrone una richiesta per un lavoro, chiusa dal timbro reale.
«Messere, il principe Pipino richiede la sua presenza per una festa privata questa sera stessa. Si scusa per il poco preavviso, ma spera che vogliate accettare di suonare per lui e i suoi ospiti. Dice che avrete in cambio qualcosa che sicuramente vi aggrada, ma non specifica cosa. Il servitore che ha consegnato questa missiva vi sta aspettando alla porta, come devo rispondere?»
Pierre non credeva alle sue orecchie, arrivando a strappare l’invito dalle mani del suo fidato lavoratore, rileggendo le parole che lui stesso gli aveva appena pronunciato.
In cuor suo sapeva che lo avrebbe di nuovo usato, che quel lavoro non significava nulla per il principe diseredato, ma lo avrebbe accettato, pur di averlo di nuovo dentro di lui, per comporre ancora musica carica d’amore, abbracciando il suo prezioso liuto.
Non si era mai sentito tanto in fermento per un lavoro. Nemmeno quando era stato invitato dall’imperatore stesso si era sentito tanto agitato, e più si avvicinavano a corte, più l’agitazione cresceva, portando il suo cuore a battere sempre più velocemente, come se fosse sul punto di esplodere.
Rimase di stucco quando, una volta arrivato a palazzo, il servitore lo fece entrare, dopo averlo annunciato, in una stanza completamente vuota. Non vi era alcuna festa in quel posto, c’era solo il principe Pipino ad attenderlo, mezzo svestito e già visibilmente brillo. Non sapeva se essere felice o preoccupato da quella situazione, ritrovandosi a stringere il suo liuto tra le mani, sentendo le corde affondare nei suoi polpastrelli.
«Siate benvenuto alla mia umile festa» gli disse, dirigendosi verso Pierre. «Prendete pure un bicchiere di vino e divertitevi con me.»
«Ma io pensavo di dover suonare e cantare per voi e i vostri ospiti, ma qui non vedo nessuno.»
«Avevo scritto che era una festa privata, pensavo di essere abbastanza chiaro. Pensavo fosse questo che volevate, no? Ora posate quel liuto e lasciate che vi dia quanto desiderate, questa notte.»
Sapeva benissimo che quello era un errore, che il principe lo stava di nuovo usando, esattamente come la volta precedente. Eppure non riusciva a dirgli di no, lo desiderava talmente tanto da abbandonarsi completamente a lui, facendogli fare quanto più lo aggradava. Si sentiva squarciare le carni mentre lo penetrava, eppure non urlava di dolore, ma di quel piacere che provava solo dalla consapevolezza che a fargli ciò era proprio lui, portandolo così all’apice del piacere.
Dopo quell’orgasmo, però, si sentì completamente svuotato. C’era cascato ancora, e sapeva che il giorno successivo avrebbe sofferto forse più della volta precedente. Non voleva rivivere quell’agonia, con il rischio che quanto accaduto si ripetesse per capriccio del principe Pipino.
Per questo, mentre il principe era andato nelle sue stanze per darsi una ripulita, si alzò da quel tappeto dove avevano consumato l’amplesso per raggiungere il suo liuto, estraendo da una piccola fessura nel manico una fiala contenente un potente veleno. Lo bevve tutto d’un fiato. Poi, come per salutare quella vita e quel mondo che stava lentamente abbandonando, iniziò a suonare il suo liuto, la sua musica che tanto era stata acclamata in quegli anni, unendo finché riusciva la sua voce.
Pipino venne attirato da quelle note, così cariche d’amore e odio, e raggiunse la stanza da cui provenivano giusto per sentire quell’ultima nota, che Pierre suonò leggermente stonata, accasciandosi così a terra privo di vita.
Da quel giorno, molti menestrelli tentarono di raggiungere il successo di Pierre, ma nessuno vi riuscì. Il liuto di Pierre venne custodito segretamente da Pipino, come se questo lo aiutasse a smorzare il suo senso di colpa che lo attanagliava.
Mai avrebbe dimenticato quel menestrello e la sua Chanson d’amour.




Ciao a tutti. Ho scritto questa storia per un contest, al quale mi sa che ho consegnato solo io ._., e devo dire che è stata una bella impresa. Non avevo mai scritto nella sezione storico, e non so se scriverò ancora qui XD Ho deciso di pubblicarla oggi per festeggiare il mio compleanno con i miei lettori, spero che, nonostante il finale triste, vi piaccia.
Un bacio e a presto (spero) con il secondo capitolo della long.
SNeppy.
   
 
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