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Autore: Caramell_    08/03/2014    3 recensioni
Derek vorrebbe tenerlo stretto a sé per sempre e cullarlo [...] e toccarlo, toccarlo davvero - toccargli anima e corpo [...] ma non può farlo, non adesso. Adesso non può più niente.
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Di Nogitsune, baci e cuori di mille schegge di vetro'
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Note: Perchè questo telefilm crea dipendenza, le puntate diventano sempre pù tristi e non so se riuscirò a resistere di questo passo.
E' la mia prima storia su Teen Wolf, o almeno una prova e spero di aver fatto un buon lavoro. Mi farebbe piacere avere qualche opinione - è sempre bello riceverne.
Bene, detto questo: buona lettura.








Ti ama non chi amor ti dice,
ma ti ama chi ti guarda e tace.

William Shakespeare
 

 
 
 

 
~

 
 
 
 
Nessuno di loro avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati a quel punto, nemmeno Derek che è, beh, Derek, perché è tutto troppo strano e grottesco e c’era quasi una possibilità su un milione che una cosa simile succedesse proprio a lui. E se qualcuno glielo avesse profetizzato poco tempo prima avrebbe preso quell’imbecille con il pallino della profezia e l’avrebbe ficcato direttamente sotto le ruote della jeep, eppure è scesa la notte e Stiles ha chiuso gli occhi e un essere schifoso vomitato dagli antri più oscuri del bosco ha cominciato a sussurragli parole strascicate all’orecchio e il suo corpo sta cominciando a tradirlo e la sua testa ad indebolirlo e ucciderlo.
Ed è terribilmente dura la morte quando sai di dover lasciare, in questa vita, le mille forme dell’amore che il destino t’ ha concesso, quando ne hai sperimentata una fra le molte, la più bella e completa, dopo l’infelicità di cent’anni di solitudine e Stiles si rende conto, all’improvviso, di come sia ingiusta la vita, di come lo sia stata con lui e con coloro che ama e ha sempre amato e per un momento quasi odia quel Fato, quel Dio che regola i mondi e le leggi dell’Universo e pensa che suo padre non merita un altro dolore simile e l’infame lacerazione già provata in passato.
Stiles non vuole andarsene – non vuole morire, ma ha visto la faccia di Scott e quella di suo padre e di Melissa e ha sentito il loro dolore e la sua sofferenza e il calore dei loro abbracci e allora ha capito che c’è poco – niente – che si possa fare.
Ripensa a tutto quello che ha fatto, a quello che avrebbe potuto fare – sogno ormai effimero di milioni di ragazzi – se solo la morte non l’avesse baciato in pieno viso. Ed è strano, si dice, come si senta calmo, già vuoto e nullo e invisibile e come sia impensabile che la malattia – grassa serpe di spire velenose – si sia svegliata dal suo letargo troppo lungo e ora si stia nutrendo della vita eccitata e iperattiva che sua madre gli ha donato.
Non pensarci, non così.
C’è troppo silenzio e la camera è buia e spoglia e fredda, sa di solitudine e di abiti smorti, scheletri e involucri di corpo caldi e privi di memoria e Stiles è dolorosamente consapevole che avrà quell’aspetto e quella stessa aria pallida e consunta e avverte un’orribile stretta al cuore e un groppo amaro salirgli in gola.
Ha il cuore che batte a mille e gli risuona nel petto e gli dimostra e ricorda il sangue scuro che gli scorre nelle vene e la vita che ancora non l’ ha abbandonato.
Si guarda intorno e vede solo buio e la luce opaca del telefonino gli ferisce gli occhi e solleva le gambe e poggia la testa sulle ginocchia, quella testa traditrice che ora lo condanna e lo mortifica.
Sembra così oscura la notte, così lunga e silenziosa lì. Libera e sfilacciata nella sua solitudine, distesa e subdola con la sua quiete soporifera.
La finestra è rimasta aperta; è una vecchia, familiare e scomoda abitudine ch’è maturata col tempo a causa di eventi fuori dal suo controllo e ospiti inattesi. È stato terribilmente facile adattarsi al vento freddo della sera e alla luce bianca della luna sulle tende. Ha portato all’utilizzo di una nuova coperta e d’un amico licantropo occasionale, chè, da quanto Scott è diventato ciò che è diventato, è capitato che dormissero insieme più spesso del solito.
Era una cosa che facevano da bambini, quando i loro genitori erano impegnati in cene interminabili e chiacchiere sconce, ma negli ultimi mesi era successo con regolarità, almeno tre volte ogni due settimane e, tutte le volte, Stiles aveva sentito il calore del corpo di Scott scaldargli il petto e il suono dei battiti dolci del suo cuore riempirgli le orecchie e, in quei momenti, aveva creduto – quasi sperato – di poter tornare indietro a quei giorni in cui Scott era solo Scott, soffriva d’asma e s’alzava ogni mattina coi capelli spiaccicati sul viso, quando aveva chili di muscoli in meno e nessuna zanna o artiglio nascosto da qualche parte.
Quando erano loro e loro soltanto, due mocciosi pazzi di videogiochi e chiusi nel loro mondo di pane e blocchi di plastilina e quando tutto era normale e non c’erano licantropi incazzati appostati dietro ogni angolo buio, con gli artigli sguainati e decisi a tagliarti la gola o spiriti giapponesi desiderosi di possederti, come nei peggiori film di serie B.
Comunque la presenza di Scott lo tranquillizzava e scaldava e cullava e lo riportava a giorni di bambino e abbracci materni, ma ora Stiles è completamente solo, la finestra aperta e nessun lupo mannaro a proteggerlo e a minacciarlo.
Ecco, riflette, gli andrebbe bene anche quello; un ringhio e una minaccia e due occhi verdi e spalle larghe da nuotatore. Il calore sarebbe lo stesso, solo forse un po’ più forte e torrido e splendente e il suo respiro gli riscalderebbe il viso e le mani e la pelle e Stiles si sentirebbe meglio, protetto e al sicuro e sarebbe capace di dare un volto e associare una sensazione al nome comune di casa, ma non verrà nessuno – lupo, uomo o demone giapponese – non questa volta, chè Scott non ha idea di come comportarsi e gli altri non sanno che dire davanti ad un guscio vuoto e ad una mente distrutta e perché non è rimasto niente oltre quella finestra, nel buio della notte, sotto il vento e la pioggerella della sera. Non è rimasto nulla e la luce delle stelle ha ghiacciato il mondo e Stiles continua a rimanere immobile, la testa china e le mani intorno alle ginocchia.
La tenda si gonfia, si muove e fruscia e i rumori ovattati della stoffa riempiono la stanza e il suo mal di testa pulsa al ritmo di quei sussurri e attacca le tempie e appesantisce gli occhi e Stiles non riesce quasi più a ricordare l’ultimo giorno in cui la sua mente s’è addormentata e il dolore è cessato. Ha paura, una terribile paura di non farcela capire tutto quello, perché Stiles è giovane, un adolescente con tutta la vita davanti e il bianco di quel cielo opaco che gli batte in testa è qualcosa di troppo distante e crudele da accettare. Crede di dover abbandonare tutto – Scott, Lydia e Allison e Isaac e Derek e suo padre, soprattutto suo padre. Lascerà lo sceriffo in una casa troppo grande per una persona sola, con l’odore del dolore addosso e occhiaie nere sotto gli occhi e incubi infiniti. Sarà la cosa peggiore, lo è già adesso, riempirà quel poco che gli resta da vivere.
La finestra sbatacchia e la pioggia si fa un po’ più insistente e Stiles rimane fermo e tende le orecchie, chè cigolii e fruscii poco invitanti si sono fatti strada nella sua mente e si, si spaventerebbe a morte se solo, arrivati a quel punto, gliene importasse qualcosa.
La luce si sposta e si spezza e modella occhi rossi e spalle larghe da nuotatore e rimane fredda e immobile anche su corpi caldi e nel fiore degli anni e Derek sposta il viso da una parte all’altra della stanza e si sente addosso il battito calmo di Stiles e l’odore soffocante del dolore, delle lacrime e della solitudine. Vede Stiles rannicchiato in una stanza troppo piccola e oscura per lui e assorbe tutte le sensazioni possibili che un minuscolo corpo di umano gli suscita.
Si muove un po’, i piedi che frusciano sul pavimento e le braccia rigide e la mente irrequieta e avverte il cuore di Stiles accelerare e calmarsi, calmarsi e accelerare di botto.
Stiles che ha la pelle così bianca da sembrare un fantasma, che sta già scomparendo e protegge se stesso con tutte le forze che gli sono rimaste. Stiles che alza gli occhi verso di lui e gli vede in viso tutto ciò di cui ha bisogno. Stiles che puzza di lacrime e di sale e odora di sera e di tombe e polvere di ceneri, che ha solo sedici anni e già comprende e capisce il vero significato della morte. Stiles che Derek vorrebbe proteggere da tutto quello, staccare da quel letto d’abbandono e portare con lui, lontano da lì, da quella città di pestilenza e dalla malattia bastarda che gli sta logorando il cuore e che non vorrebbe più lasciare andare, chiudere e imprigionare tra le braccia e proteggere da tutto e da tutti.
Derek fissa gli occhi sul viso scarno di un piccolo raggio di sole non ancora spento e prova ancora quel terrore e quella nostalgia che gli sono così consoni e familiari e quasi gli viene da piangere.
Ma nell’ombra d’una stanza abbandonata Stiles sorride, anche se non sa perché lui è qui, anche se grida al sogno e all’allucinazione di un desiderio remoto e allunga gli angoli della bocca e continua a guardarlo e scopre denti bianchissimi e ingenuità di bambino e Derek si sente così male, così perso e sperduto davanti a quello spicchio di gioia che l’unica cosa che fa è allargare le braccia e affondare le dita in due piccole spalle fragili.
Se lo stringe al petto come se potesse scomparire da un momento all’altro e affonda il viso tra i suoi capelli e il naso sulla sua pelle e percepisce il dolce tepore di un corpo caldo e l’odore inconfondibile che gli è sempre mancato e, sotto gli strati della malattia e del puzzo dell’ospedale, scorge mille spilli di paura e di fuoco liquido che gl’ingombrano la testa e gli bruciano il petto.
Stiles ha il cuore iperattivo e il sangue che gl’imporpora le guance e s’aggrappa a Derek in un ultimo atto disperato e, contro la sua volontà e il suo cervello, grosse lacrime salate gli rigano il volto e il labbro gli trema e le spalle si scuotono, mille singhiozzi gli squassano il corpo e brandelli di cuore gli scivolano sul viso e quell’argine incrollabile cade a pezzi e zampilli di acqua producono catastrofi e non importa se si odiano o si amano, se si sono scelti o disprezzati a vicenda, perché in quell’attimo si vede e sente tutto ciò che deve e Stiles ne è sopraffatto e quasi c’affoga dentro e, diavolo, è spaventoso. Ed è magnifico.
Derek sussurra Derek e Derek si sente il petto gonfio e carico di dolore e di amore represso, mentre stringe più che può e porta una pace amara ad un ragazzino distrutto. Eccomi Stiles vorrebbe dirgli eccomi amore mio e non ti lascio non adesso e ti prego ti prego, ma mille parole gli s’intrappolano in gola e un nodo di carne gl’imprigiona lo stomaco e vorrebbe sfogarsi anche lui e piangere come mai prima d’ora e tirare fuori lacrime su lacrime e preghiere e maledizioni e suppliche accorate, ma sa che non può, non in quel momento, chè deve essere forte, per Stiles, per se stesso, per tutto quello ch’è venuto e per il buio che ancora deve venire.
E ti prego gli risuona nella mente ti prego non lui non in questo modo non Stiles tutto ma non Stiles, non mentre gli trema tra le braccia e gli conficca le unghie nelle scapole e il viso nel petto, mentre gli sospira addosso e ha il cuore così vicino al suo e gli piange nelle orecchie e sussurra il suo nome.
Oh Dio, com’è triste l’abbandono di due amanti e il dolore perpetuo che poi ti brucia il cuore, quando il compagno d’una vita si spegne tra le tue braccia e a poco a poco assume la trasparenza d’un opaco ricordo sbiadito e com’è deleterio per l’animo e straziante per lo spirito, quel senso d’impotenza e di vulnerabilità che avverti nel momento in cui l’abbracci e lo senti abbandonarsi al tuo petto!
Derek vorrebbe tenerlo stretto a sé per sempre e cullarlo e ascoltare la sua voce per il resto della vita e carezzargli il viso e toccargli le cosce col desiderio e la dolcezza a muovergli i muscoli, eppure l’unica cosa che ora avverte sono le ossa sporgente dei suoi fianchi bucargli la pelle e la bianca fragilità di mani affusolate e quel desiderio strisciante s’ addormenta e il vuoto dolce del dolore amoroso s’ amplifica ed è una cosa ingiusta, si dice, ingiusta e terribile, sapere che non potrà mai più toccarlo, toccarlo davvero – toccargli il corpo e l’anima – e pensare che quell’acerbo bocciolo di rosa ch’è il suo amore stia appassendo ancora prima d’aver visto il sole. È doloroso e sfiancate e Derek prova pena per se stesso e per tutti coloro che amano, perché il Destino li schiaccia e poi li uccide, lasciando di loro un misero involucro vuoto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ci sono due corpi stretti oltre quella finestra, Luna, Signora fredda e crudele, e il loro grido sale fino al cielo e le loro lacrime alimentano il Tuo fiume celeste; il loro amore rischiara il buio e buca la disperazione e dietro di sé lascia fiori di cristallo su distese di cambi bruciati.
La loro forza glorifica lo spirito e lascia orme così indelebili che bruciano il corpo e riscaldano il viso e non ho mai visto un amore così, mia Signora, se non nei Cieli che voi Padroni abitate ed è la cosa più bella e pulita e calda di questa Terra e merita il Paradiso e un manto di stelle a proteggerlo.
Eppure guarda Dama del cielo, guarda e poi piangi, perché c’è un lupo ai tuoi piedi, sotto la luce luminosa delle tue mani, e piange sangue e gli marcisce il cuore, ulula e grida e invoca il nome di ciò che gli era più caro al mondo, mentre le sue sofferenze allontanano il giorno e bruciano la terra e il rosso che gli sgorga dagli occhi imbratta una lapide bianca e mentre grida, fresco di morte e d’unica speranza, all’ultimo miracolo e perdonami, Signora, ma vederli mi spezza il cuore, perché ho l’animo debole delle anime dei morti e ti chiedo un favore, Regina della notte, uno solo, l’unico; fa che viva e veda i sorrisi di cento loro notti e senta il caldo di mille abbracci al mattino. Accontenta il mio cuore di madre e circonda loro il viso di manto di stelle. Lascia che ci sia una speranza, che arrivi a compimento ciò che hai scritto sulle braccia, mentre io discendo sulla Terra e accarezzo il capo dell’uomo, innamorato, che mio figlio ama.







 

  
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