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Autore: marina di pirgy    08/03/2014    2 recensioni
"Mi ero abituata al bip delle macchine, e non me ne accorgo subito quando si ferma."
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~ciao, sono Emma e ho sei anni. Oggi a lezione di scienze la mia maestra ha detto che secondo gli scienziati l’universo è infinito e pieno di pianeti, secondo me invece l’universo è diviso in tre parti: la parte dei vivi, la parte dei morti e poi quella in mezzo. Mio fratello Gabo è in mezzo. La mamma dice che non è morto, ma babbo una volta ha detto che non è più vivo; quando vado a salutarlo all’ospedale lui dorme sempre, io gli parlo ma non si sveglia. Mamma ogni tanto piange, ma non capisco perché visto che Gabo non è morto.
“ciao Gabo!” lo saluto sorridendo mentre entro nella sua stanza in ospedale.
“ti ho portato queste.” Gli metto le cuffie e l’mp3 vicino. “sai a casa è tutto un po’ strano: mamma e babbo sono sempre tristi non sono felici neanche quando prendo buoni voti. Oggi è venuta Chiara in classe mia a ricreazione e mi chiesto come stavi, le ho detto che stai bene. Ho fatto male? Mi dispiace ma era così triste se le dicevo che ancora dormi si metteva a piangere. Poi tu ti sveglierai presto quindi non è proprio una bugia.”
Mamma entra dalla porta trasparente mentre io smetto di parlare.
“Emma che fai qui? Non devi studiare?”
“resto a studiare qui. Così se Gabo si sveglia mi aiuta a fare matematica.”
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“resto a studiare qui, così se Gabo si sveglia mi aiuta a fare matematica.”
La voce fina di mia sorella risuona tra le pareti della mia stanza. Sono diciotto mesi che sto in coma e lei viene a salutarmi tutti i giorni, passa interi sabati a parlarmi di quello che le succede a scuola, di come va a casa, del suo fidanzato, non so come farei se non sapessi che alle cinque e mezzo, quando la porta sbatte, lei è lì con me.
A volte mi viene da piangere: voglio svegliarmi, alzarmi in piedi e abbracciare Emma, dire a mamma che non è stata colpa sua e a babbo di parlare con mamma del suo dolore. Ma non posso. Ci ho provato a svegliarmi. Ma non posso. Quando ci provo mi rendo conto che intorno a me c’è solo bianco opprimente e vuoto. Non c’è una porta, un passaggio, non c’è nulla, solo i suoni di fuori: la voce di mia sorella, i singhiozzi sommessi di mio padre il bip delle macchine che mi circondano, il tip tap delle scarpe delle infermiere, le voci basse, intense e bisbiglianti dei medici. Voglio svegliarmi ma non posso.
“ciao Gabriele.” Dice mia madre, so che mi sta accarezzando la faccia, a volte vorrei poterlo percepire, il suo tocco intendo, mi manca tanto. “come stai oggi?” mi chiede sapendo che non ci sarà risposta “mi fa piacere, sto bene anche io, grazie.” So che non è vero.
-mamma con me puoi parlare, per favore smetti di mentire.- vorrei poterle dire.
“va male Gabriele. Va davvero male. Ormai non ci crediamo quasi più che ti sveglierai.”
Vorrei rispondere che io ci credo, ma forse non è vero. Spengeranno le macchine, prima o poi lo faranno.
“Gabriele lo sai che è una decisione difficile, ma non possiamo aspettare in eterno, dobbiamo continuare a vivere o moriremo. Tu capisci?”
-capisco mamma. Capisco davvero. Ma ho paura. Cosa viene dopo? Mamma come faccio io da solo?-
“non devi avere paura. Tu sei una persona straordinaria. E strarai bene.” Mi sembra quasi di sentire il suo tocco leggero, il profumo del suo abbraccio.
“tesoro sei qui” è la voce di mio padre, sembra così smunta, ma è sempre forte. È sempre il pilastro su cui sceglierei di appoggiarmi.
“lo volevo salutare.” Si giustifica mia madre. Sta piangendo.
“anche io.” Vorrei percepire i loro baci e i loro abbracci, perché sono sicuro che ci sono.
“ti voglio bene Gabriele, non lo dimenticare.” Dice mio padre.
“anche io tesoro, da morire. Mi perdoni per quello che è successo.”
-no! Mamma non è stata colpa tua.-
“Camilla non è stata colpa tua. Ne sono sicuro, e lo sa anche Gabriele. Lui vorrebbe dirtelo, lo so che vorrebbe.” Percepisco mio padre abbracciare mia madre, e ho la sicurezza che staranno bene.
-vi voglio bene. Da morire, siete tutto il mio mondo.-
“Emma, vieni a salutare tuo fratello.” Dice mio padre con la voce un po’ spezzata.
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Quando mi alzo, lasciando l’esercizio a metà, so cosa sta per succedere, sono triste, perché non può rimanere un altro po’? infondo a me non da fastidio che lui dorma.
“ehi Gabo, lo sai già che ti voglio bene, vero?” bisbiglio piano. “te ne voglio un sacco e mi mancherai tanto.” Ora stavo per mettermi a piangere anche io. Mi chino su mio fratello e lo stringo forte, è tanto più grosso di me, ma riesco sempre ad abbracciarlo in qualche modo. In fondo se sente quello che diciamo perché non dovrebbe sentire i nostri abbracci.
“non ti preoccupare per noi. Saremo tristi all’inizio, ma poi andrà bene. Mamma e babbo li controllo io, non devi preoccuparti per loro. E non avere paura ok? Io non so com’è la terza parte dell’universo, ma sarà sicuramente bellissima e ti piacerà tanto. A Chiara lo spiego io che le vuoi bene, e che deve essere contenta.” Mi sorprendo che mentre piango riesco a pensare a Chiara.
Quando il dottore entra mi allontano da Gabo, la mamma piange, ma non lascia la sua mano. Rimaniamo così per un po’ e io mi avvicino di nuovo a lui, gli dico che gli voglio bene, che tutti gli vogliono bene e che andrà tutto bene.
Mi ero abituata al bip delle macchine, e non me ne accorgo subito quando si ferma.
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Non ho più paura. Quando sento il dottore staccare le flebo e il resto, non ho paura. So che staranno bene. Non ho più paura. Continua tutto normalmente per un po’, forse la mano della mamma è sulla mia, ma non ne sono sicuro, e quella del babbo sulla mia spalla, il respiro bagnato di Emma mi penetra nel petto. Smetto di cercare una porta, perché ora voglio solo godermi la loro vicinanza e i loro addii. Bip. Bip. Bip. Bip. Continua il rumore ritmato e penetrante, per un attimo solo mi accorgo che si è fermato poi non sento più il mio cuore. Ho un flash di un secondo solo in cui mi sembra di vedere quello che c’è intorno a me, i visi dei miei familiari, le pareti bianche e lucide dell’ospedale, le coperte bluastre. Forse è un regalo, un regalo della morte prima di prendermi per mano, l’unica cosa che so per certo è che non riesco a impedirmi di sorridere.



angolo autrice....
questa storia non assomiglia affatto alle altre storie che scrivo, ma mi è venuta così e volevo vedere come sembrava scritta al computer. ho davvero bisogno delle vostre recensioni, visto che come ho già detto è la prima volta che scrivo una storia di questo genere. per la cronaca l'ho scritta ascoltando "evanenescence" di non so chi.
  
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