Film > Thor
Ricorda la storia  |      
Autore: lady hawke    08/03/2014    1 recensioni
Narfi è stato il dono che Loki ha lasciato a Sigyn, quasi un pegno, come a volersi far perdonare future fughe, futuri tradimenti. L’ha portato nel mondo, l’ha osservato, studiato e poi abbandonato, perché Loki non conosce mai una sola casa. Così, Sigyn non si è più trovata sola a dover aspettare, ma ha dovuto imparare a rispondere a domande difficili.
“Cosa sa di me?” fu la prima cosa che le chiese, senza i suoi soliti preamboli e giri di parole, inaspettatamente diretto, quando si trovarono soli.
“Nei limiti del possibile, tutto, mio signore.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I've been waiting here patiently'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: Ladyhawke
Fandom: Thor
Titolo:  Tanti viaggi
Personaggi: Loki, Sigyn
Riassunto: Narfi è stato il dono che Loki ha lasciato a Sigyn, quasi un pegno, come a volersi far perdonare future fughe, futuri tradimenti. L’ha portato nel mondo, l’ha osservato, studiato e poi abbandonato, perché Loki non conosce mai una sola casa. Così, Sigyn non si è più trovata sola a dover aspettare, ma ha dovuto imparare a rispondere a domande difficili.

“Cosa sa di me?” fu la prima cosa che le chiese, senza i suoi soliti preamboli e giri di parole, inaspettatamente diretto, quando si trovarono soli.
“Nei limiti del possibile, tutto, mio signore.”


Rating: Pg13
Word:  3100
Generi: Introspettivo
Avvisi: Nessuno
Note:  Quant’è difficile mettere Loki a fare il genitore, o a non fare il genitore. Li ama i suoi figli? Li odia? Gli sono indifferenti? Son domande difficili, per le quali onestamente non so che risposta dare. Vi offro ciò che la mia mente crea, e tanto basta J  
Beta: Charme, il brò perfetto. Dedicata ad Emme, che dal 7 marzo è una Dottora!



La paternità pareva aver avuto strani effetti su Loki, il Dio degli Inganni. In qualche modo l’aveva trattenuto ad Asgard, e Sigyn si ritrovò a sorprendersi parecchio della continuità che aveva cominciato ad avere il suo matrimonio.
Non che convivessero mai realmente, poiché Loki di rado si mostrava, ma era lì, nello stesso palazzo, vicino come non era mai stato. Arrivava ogni tanto come un alito di vento gelido e si metteva ad osservare il figlio, senza mai sfiorarlo. Aveva impedito a Sigyn di prendere una balia, una decisione che lei medesima aveva approvato felicemente, e a volte Loki rimaneva in silenzio a fissarla mentre allattava il bambino. Lei non sapeva cosa il marito cercasse in Narfi; forse i segni della sua vera stirpe, o i segni della magia. Qualunque cosa fosse, era qualcosa che necessitava di un’osservazione scrupolosa e attenta; quel bambino era sotto esame.
Loki non era naturalmente il solo a chiedersi cosa fosse esattamente. Odino, Thor e Asgard tutta non sapevano con cosa avrebbero avuto a che fare. Quanta malvagità aveva quel piccolo fagottino? Quanto c’era della bella, buona Sigyn, in lui? Nessuno sembrava ad ammettere che fosse semplicemente un bambino, poiché già in passato Loki aveva mostrato grande amore per le mostruosità del mondo.
Sigyn, semplicemente, si era sentita una mamma, e aveva già iniziato a proteggere il suo piccolo cucciolo dalle chiacchiere del mondo con fermezza.
“Sarà un compito duro, Sigyn.” Loki le parlò, un giorno, mentre lei vagava per la stanza cullando Narfi, per farlo dormire. “Lotterai per tutta la vita con queste voci. Asgard vibra come il cristallo.”
“E come il ghiaccio.” Rispose la Dea, serena. “E’ il mio compito, mio signore. Lo porterò sempre a termine con impegno, così come, immagino, sia stato fatto con voi.” Parlò piano, consapevole di quanto Frigga fosse un argomento delicato.
“Con me hanno fallito.” Sorrise, Loki, mentre lo diceva, e Sigyn non trovò nulla da dire. Era vero, d’altronde, e doveva essere stato molto triste, per Frigga, vedere come erano andate le cose. Posò lo sguardo su Narfi, preoccupata. Era destinata allo stesso fallimento?
“Non sai che rispondere, vero?” Il Dio degli Inganni rise, facendo sobbalzare la sua sposa. “Non puoi raddrizzare tutti i torti del mondo.”
“Mi accontenterei dei miei.”
“Non hai ancora fatto nulla per poter dire di avere dei torti.” Loki si mise in piedi, avvicinandosi un po’ alla sposa. “Vedi di continuare così.”
Sigyn non seppe dire se era una minaccia o un consiglio, ma annuì e promise a se stessa di fare del suo meglio.

Tra la sorpresa generale, Loki rimase per tutto il primo anno di vita di Narfi, che gli rivolgeva sempre uno sguardo perplesso e incuriosito, quando si trovavano nello stesso ambiente. Il bambino era affascinato da quella figura spesso silenziosa che, al contrario di chiunque altro conoscesse, non lo degnava mai di particolari attenzioni.
“Mio signore, non credo accadrebbe nulla di male, se vi avvicinaste a vostro figlio.” Sigyn ci aveva messo quasi un anno per trovare il coraggio di parlargli così apertamente e fu sorpresa dalla naturalezza con cui la frase le uscì dalle labbra.
“Non ho bisogno di prenderlo in braccio o di fargli una carezza per renderlo mio, lo è già.”
“Ma non è osservandomi a distanza che mi avete fatto vostra.”
Stavano passeggiando insieme, affiancati, in uno dei giardini del palazzo. Alle parole di Sigyn, Loki si fermò per sedersi sul muretto del porticato che avevano raggiunto.
“Ha il mio sangue nelle vene. Un onere e un onore che a te non è stato concesso.”
Sigyn abbassò lo sguardo per osservare il marito. La sua ironia era così velenosa, a volte, che Sigyn si trovava a provare pena di quell’ uomo incapace di dare pace a se stesso.
“Non è il sangue di vostro padre che vi ha reso ciò che siete.”
“Allora è l’affetto ricevuto dal padre che mi ha cresciuto.”
La ragazza si irrigidì sentendo quelle parole, come se fosse stata appena schiaffeggiata. Loki le prese il polso, e lo strinse forte. “In un modo o nell’altro, Sigyn, non se ne esce. Non con me. È delizioso che tu te ne preoccupi tanto, ma ti suggerisco di non giocare con la mia pazienza.”
“Non è ciò che intendevo, mio signore.” Sigyn si scusò come se fosse stata realmente colpevole di qualcosa. “Voglio solo che nostro figlio abbia un padre, non voglio che pensi di non essere amato.”
Loki lasciò la presa, ma Sigyn gli prese la mano, avvicinandosi di un passo.
“Tu ami quel bambino con tutta te stessa, Sigyn.”
“E pensate sia abbastanza?”
“Gli dovrà bastare.”
E dovette bastargli per davvero, perché Narfi e Sigyn vennero lasciati soli presto. La Dea ne soffrì come ne aveva sempre sofferto, ma la presenza di quel bambino fu di enorme aiuto, e ciò rafforzò la sua ipotesi su Loki e sui suoi stranissimi doni. Narfi era per lei e lei sola, e per questo lei lo trattò come il più prezioso dei tesori.
Fu solo questione di tempo, e iniziando a parlare, il piccolo Narfi chiese spesso alla madre chi fosse lo sconosciuto che per un po’ aveva popolato la sua vita. Non sembrava averne mai avuto paura, ma solo una grande, grandissima curiosità. Per Sigyn trovare le parole fu un problema, ma si rese conto che non aveva voglia di mentire o di aggiustare la verità: Narfi avrebbe presto saputo, volente o meno, chi o cosa fosse suo padre, ed era certamente meglio che fosse preparato ad accettarlo. Così narrò, sperando che a Narfi non dispiacesse troppo scoprire chi era l’uomo che aveva contribuito a metterlo al mondo.
Con sorpresa, Sigyn scoprì che a Narfi non dispiaceva affatto e che anzi, pareva non stancarsi mai di sentire racconti o aneddoti su di lui. Perciò continuò a raccontare, gioendo nel sentirsi, tutto sommato, una mamma come tutte le altre.
Asgard non aveva però smesso di osservare il bambino, nel tentativo di scoprire cosa ci fosse di storto o sbagliato, chiara eredità paterna. Con sollievo di Sigyn, Narfi superò tutte le occhiate e gli sguardi perplessi della corte, che finì per giudicarlo un bambino come tutti gli altri, nonostante quei capelli neri come la pece.
Passò un anno, e Narfi crebbe in totale adorazione per il padre ormai svanito, mentre Sigyn, paziente, attendeva per il suo ritorno, sperando che, nel frattempo, non si mettesse troppo nei guai.

Ritornò in un pomeriggio d’estate. Sigyn era fuori in giardino con alcune dame, e sorvegliava con sguardo amorevole il figlio intento a giocare con alcuni compagni. Era un bambino timido e schivo, ma aveva imparato a trovare piacevole la compagnia di altri bambini come lui; ciò aveva rassicurato molto la sua apprensiva madre che aveva temuto che venisse lasciato in disparte per colpe non sue.
Loki raggiunse la sua sposa come una ventata gelida. Sigyn aveva chiuso gli occhi per un momento, per godersi il sole sul viso, e il Dio si era palesato semplicemente sfiorandole un braccio nudo. Lei aveva sorriso senza aprire gli occhi, e Loki ne aveva gioito.
“I capelli della mia Sigyn brillano come oro.”
“E il mio sposo giunge sempre come una tormenta di neve.”
Fu a quel punto che Narfi, non riconoscendo il volto del padre, corse dalla madre, come a difenderla. Aveva notato la tensione delle altre dame e degli altri bambini, e ciò l’aveva messo in allarme. Si era gettato tra le braccia di Sigyn, fissando lo sconosciuto con sospetto.
“Vedo che non si ricorda di me.” Loki sembrava divertito, ma Sigyn avrebbe  tanto voluto sapere se la cosa l’avesse invece ferito in qualche modo.
“Chi sei?”
“E’ tuo padre, Narfi, abbiamo parlato tanto di lui.”
“Avete parlato di me?” Loki si avvicinò a Sigyn, parlandole quasi all’orecchio con voce melliflua. “E cosa è stato raccontato?” guardò il bambino, scrutandolo con attenzione. Narfi si sentì sotto esame, e iniziò a tormentarsi l’orlo della casacca.
“Tanti viaggi.” Rispose, prima di correre via per tornare a giocare.
Loki le fece segno a Sigyn di seguirla, e lei si mise in piedi; facendo un cenno ad una delle sue dame, lasciò a loro la sorveglianza del figlio, e si concesse il lusso di poter parlare un po’ con Loki.
“Cosa sa di me?” fu la prima cosa che le chiese, senza i suoi soliti preamboli e giri di parole, inaspettatamente diretto, quando si trovarono soli.
“Nei limiti del possibile, tutto, mio signore.”
“Quante bugie gli hai detto?” Sigyn si vide afferrare per le spalle. Si guardò intorno, per accertarsi che fossero abbastanza lontani da occhi indiscreti, e soprattutto da quelli del bambino.
“Narfi sa che suo padre è un Dio che si mette nei guai. E sa da dove viene. Se non gliel’avessi detto io gliel’avrebbe raccontato qualcun altro.”
Loki sembrò rilassarsi dopo aver udito quelle parole, e lasciò andare Sigyn. L’osservò, come per scoprire in lei i segni della menzogna.
“Non vi sto mentendo, mio signore. “ insistette Sigyn, mentre Loki la fissava famelico come aveva fatto durante la loro prima notte di nozze, un’infinità di tempo prima.
“Lo vedo, e ne sono felice.” rispose con poche parole, ma alla ragazza parve di poter respirare di nuovo.
“Narfi non si merita bugie.” La Dea finì a malapena la frase, perché le labbra di Loki si posarono sulle sue.
Sigyn ne fu lieta, e per questo lo abbracciò con forza. Volente o nolente, continuava a desiderarlo.
“E voi, mio signore, mi mentite?” chiese, non appena poté parlare di nuovo.
“Che domanda sciocca, Sigyn.” Loki sorrise. “Conosci il mio titolo, così come io conosco il tuo.”
“Girano voci, ad Asgard…” ne giravano tante, e non solo su Narfi. Sigyn non era esente dai pettegolezzi, e infinite erano le voci sui tradimenti del suo inquietante marito; una colpa piccola, agli occhi del mondo, ma una grande, agli occhi di lei.
Loki alzò la testa verso il cielo, come a volersi godere il sole. ”Ah, Sigyn, ci sono mondi che si costruiscono di sole parole.”
“E chi vi accompagna, in questi mondi?”
“Oh, Sigyn, la gelosia non me l’aspettavo da parte tua.” Loki posò di nuovo lo sguardo su di lei. Uno sguardo paterno e divertito.
“Conoscete il mio titolo, mio signore, ma ciò non mi impedisce di pensare.”
Loki alzò lo sguardo verso il figlio, e Sigyn giurò di aver visto amore, negli occhi del suo compagno.
“Credevo di averti donato una discreta distrazione.”
“Mio signore, Narfi è molto di più.”
“Eppure non ti basta.”
Sigyn si allarmò perché, nel vocabolario di Loki, questo poteva significare molte cose. Non poté pensarci a  lungo però, perché lui la pretese, stringendola a sé.

Loki non rimase a lungo, con grande frustrazione di Sigyn e con grande dolore di Narfi. Scomparve dopo pochi giorni come un temporale estivo. A Sigyn rimasero le domande del bambino, insistenti e furiose.
“Dov’è mio padre? Perché non può stare con me? Non mi vuole?”
Erano domande difficili, e il senso di abbandono non era più leggero solo perché condiviso. Sigyn si sentì rabbiosa e piena di odio, per Loki. Poteva passare sopra a molte cose, ma non al deliberato abbandono di un bambino che stravedeva per il padre. Cercare di non mentire, come si era ripromessa di fare, diventava più difficile nella misura in cui non sapeva nemmeno lei cosa pensare.
“Papà ci ama?”
Chi avrebbe mai saputo dirlo? Alla Dea veniva difficile difendere Loki e al contempo consolare Narfi, e si costringeva spesso a camminare su una linea sottile di non detti.
“A modo suo, sì.”
“E perché non sta con noi, allora?”
“Tuo padre odia le gabbie, Narfi. Non riesce a stare fermo nello stesso posto molto a lungo.”
“Perché?”
“Perché non riesce a farne a meno.”
Era un concetto difficile e complicato per un bambino così piccolo, e Sigyn non era certa che fosse in grado di comprenderlo, ma Narfi sembrò apprezzare l’infinita pazienza che sua madre aveva per lui, placandosi un poco. Mentre si districava a fatica tra i suoi pensieri e i suoi tormenti, Sigyn si scoprì nuovamente incinta, e si ritrovò a chiedersi, una volta di più, a che gioco stesse giocando suo marito. Cosa aveva in serbo per lei, il Dio degli Inganni? Perché un altro bambino?
La ragazza dubitava che potesse trattarsi di una casualità, poiché Loki non era il tipo di persona da lasciare qualcosa al caso. Lei poteva non essere in grado di capire, ma non per questo le azioni di Loki erano prive di logica. Cosa sarebbe nato, stavolta? Un maschio, ancora, o una femmina? Sigyn non sapeva bene cosa augurarsi. Non aveva idea di che padre avrebbe potuto essere Loki per una bambina, e temeva che un fratello, per Narfi, l’avrebbe reso vittima di gelosie  e invidie che già avevano consumato suo padre prima di lui.  
Sigyn prese tempo, e non disse niente al figlio almeno finché il suo pancione non si fece evidente. Gli parlò con delicatezza e con voce morbida, e il bambino sembrò essere felice. Narfi prese con curiosità l’idea di un nuovo membro della famiglia in arrivo, e la preoccupazione per il padre lontano sembrò allontanarsi un poco. E fu proprio quando Loki cominciò a svanire nella mente di entrambi che fece il suo rientro ad Asgard, e lo fece in catene. Fu tradotto in cella senza processo, quasi con rassegnazione. Aveva scatenato guerre e tentato di plagiare popoli, e per questo era stato fermato, come sempre.
A Sigyn fu risparmiata la vista del marito prigioniero, ma non furono risparmiati i commenti velati, sussurrati e bisbigliati in ogni angolo del palazzo e del regno. Il suo ventre gonfio era fonte di occhiate, e tutti si limitavano a osservare Narfi con aria penosa.
Le  servì una settimana di tempo per decidersi, ma alla fine si impose sulle sue paure, sulle guardie, su tutto; scese nelle prigioni.
Scese là dove gli occhi di una giovane come lei non avrebbero dovuto posarsi mai e poi mai, e avanzò sola, alla ricerca del suo sposo, cercando di ignorare tutto il resto. Quando lo trovò, vide nei suoi occhi la sorpresa, e non poté fare a meno di compiacersene, almeno un po’.
Loki era lì, nella stessa cella dov’era stato ospitato più di una volta, seduto a terra. L’espressione del suo volto era passata dalla noia allo stupore non appena l’aveva vista. Durò un attimo, prima che il Dio riuscisse a riprendere il suo naturale controllo.
“La mia sposa, splendida anche in questo stadio così imperfetto.” Loki non si era concesso il piacere di vedere sua moglie in stato di gravidanza avanzata, ai tempi della nascita di Narfi; l’osservò dunque con sincera curiosità.
Sigyn si coprì il ventre con le mani, d’istinto. “E’ vostro figlio, ciò che ho in grembo.”
“Ciò non ti rende meno imperfetta. Non sei altro che un’incubatrice, per ora.”
La ragazza, resa sicura dalla barriera che li separava, si fece astiosa. “Sono una madre, mio signore.”
Si sentiva a disagio in quel posto così buio, cupo e insalubre. Si sentiva a disagio nel vedersi giudicata, quando sapeva di avere una coscienza pulita. Loki sorrise, ammirato da quella fierezza così fuori luogo. Era la compagna della spina nel fianco del regno, vittima di voci e sussurri, con un bambino piccolo da proteggere e un altro da portare in un mondo a lui di certo ostile. Eppure, pur tremando di rabbia e forse anche di paura, non cedeva. Sigyn non aveva niente, ma sembrava onnipotente.
“Com’è possibile che tu sia qui, Sigyn? Com’è possibile che nessuno ti abbia fermato?”
La Dea si mise a braccia conserte, e abbassò lo sguardo, improvvisamente piccola.
“Nessuno ha avuto il coraggio di fermarmi, vedendomi così decisa, nemmeno Thor.”
“Ah, un branco di vigliacchi che si è lasciato intenerire da te. I guerrieri di Asgard sono sempre stati dei sentimentali, in fondo.” Un branco di inutili chiacchieroni, considerò, il Dio, capaci di piegarsi ad una donna.
“E voi, mio signore?”
“Se fossi così sentimentale, Sigyn, non sarei qui.”
Sigyn seppe che non doveva indagare oltre, per sé e per i suoi figli, ma non le riuscì di tacere. Sapeva sempre così poco, così poco di suo marito che la curiosità prese il sopravvento.
“Che cosa avete fatto?”
Loki sorrise, mettendosi in piedi, perché la consorte gli regalava la possibilità di ferirla, di spaventarla e di renderla fragile.
“Ho ucciso, ucciso e ucciso. Anche donne come te, Sigyn, anche donne nel tuo stato, anche bambini. Perché quando inizi non riesci più a fermarti, e quando vuoi il sangue sulle mani non c’è grido e non c’è preghiera in grado di fermarti. Credimi, mia piccola sposa, non c’è catena in grado di rendermi sentimentale, o di farmi pentire di questo. Ne vale la pena, sempre.”
L’orrore, in Sigyn, si manifestò lasciandola immobile, pallida, con il volto rivolto verso l’alto, nel tentativo di sostenere lo sguardo del compagno. Lo abbassò, pensando a cosa rispondere e pensando che, nonostante tutto, forse non avrebbe voluto che quella barriera magica li separasse. Si sentì orribilmente in colpa, quando parlò.
“E’ questo che devo riferire a Narfi?”
Loki ringhiò, iroso, e si allontanò da lei, passeggiando per la cella. “Oh, Sigyn.” Ringhiò ancora, guardandola con uno sguardo furioso e omicida. “Sii grata al Padre degli Dei che ci divide, perché oggi tu non beneficeresti della mia misericordia.”
Sigyn si inchinò, goffamente, abbassando la testa di capelli biondi. Loki poteva qualunque cosa, e una parte di lei credeva che, se avesse voluto, lui avrebbe potuto superare quella barriera. Mentiva, e aveva una scusa perfetta per non sembrare sentimentale. “Chiedo a voi consiglio, mio signore. Siete suo padre, ditemi cosa preferite per lui, se verità o menzogna, e io vi obbedirò.”
Il Dio degli Inganni la odiò ferocemente per questo. Gli aveva messo davanti la contraddizione intrinseca del suo essere. Pensò velocemente a cosa fosse meglio per sé, per lei, e per Narfi. Non si sarebbe piegato a nessun ricatto.
“Narfi saprà comunque.” Disse.
“Sì, mio signore, ma a me, a voi, chiederà di più di voci di corridoio.”
Loki le diede le spalle. Sigyn rimase lì, in ginocchio sulla pietra fredda, scomoda.
“Digli la verità, Sigyn. Le tue labbra non sono fatte per mentire.”
“Eppure mi diceste, un tempo, che ero fatta per portare sollievo.”
Loki si voltò verso di lei ancora, e si avvicinò, facendole segno di rimettersi in piedi. La osservò, immobile, mentre ne osservava i movimenti lenti e goffi. Se avesse potuto l’avrebbe aiutata a rimettersi in piedi? Non ne era certo.
“Sigyn, sarai lì per Narfi quando lui sarà arrabbiato con me. Tu sei sollievo in ogni momento della tua vita. Torna da lui, non voglio che resti in mani estranee.”
Sigyn annuì, docile. “Che sarà di voi?”
“Solo l’oblio, per un po’.”
“No, se io tornerò qui.”
Loki sorrise. “Non trascurare Narfi per me.” Osservò il ventre gonfio della moglie. “Presto avrai un altro bambino e poco tempo per altro. Lo chiamerai Vali.”
“Siete certo che sarà maschio?”
“Ottengo spesso ciò che desidero.” Sorrise di quel suo sorriso malevolo e cattivo, lontano da ogni forma di umanità, ma a Sigyn sembrò piacevole e famigliare. Sorrise, si inchinò, e risalì verso la libertà.





 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: lady hawke