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Autore: Gretel85    09/03/2014    13 recensioni
In occasione di una particolare lezione di filosofia Ranma si ritrova a bramare più convinto che mai una cura definitiva per la sua maledizione. Tuttavia, quando si desidera ardentemente e a lungo una cosa, c'è anche il rischio che questa prima o poi si avveri. Sarà un bene? Io dico di no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'indirizzo ce l'ho,

rintracciarti non è un problema.

Ti telefonerò,

ti offrirò una serata strana...

(Renato Zero – Triangolo)

 



 

-Sono tornato!- Esordì Ranma spalancando le porte della veranda di casa Tendo. Era zuppo fino al midollo, infreddolito e si sentiva alquanto strano. Ma era un uomo al cento per cento e nessuno avrebbe potuto dire il contrario.

Il suo sogno si era finalmente avverato.

Quasi avesse colto inconsciamente la differenza, la fidanzata spalancò i begli occhi color nocciola. -Ranma...- Seduta alla tavola già apparecchiata per la cena e insieme al resto della famiglia, compreso quell'insopportabile suino domestico comodamente stretto al suo petto, Akane lo guardò con un misto di curiosità ed apprensione. O almeno così notò Ranma compiaciuto.

Incurante della pozza d'acqua ai suoi piedi, si fece avanti e prese posto come d'abitudine accanto a lei. -Buona sera, Akane.-

Quel saluto, più caldo e galante del solito o del dovuto, gli fece subito guadagnare uno sguardo porcino carico d'odio da parte del rivale.

-Ti sembra questa l'ora di rincasare, figlio degenere? Si può sapere cosa hai fatto fino a quest'ora, eh?- Lo afferrò per il bavero Genma interrompendo l'insolito quadretto.

Per qualche secondo Ranma rimase immobile e pensoso. Se avesse dovuto raccontare per filo e per segno cosa gli era successo nelle ultime ore, effettivamente non avrebbe saputo dare una risposta precisa. Il vecchio mercante però se lo ricordava eccome. Così come la magica fiala che lo aveva finalmente privato della sua maledizione. Ripensandoci, ricordava anche di aver provato un forte dolore all'altezza dello sterno e, anche se gli costava moltissimo ammetterlo, doveva aver perso i sensi perché quando si era risvegliato in mezzo alla strada era ormai già buio.

*Ma chi se ne importa!* Si disse, prima di liberarsi con un gesto secco dalla stretta paterna e replicare con la consueta squisita cortesia alla domanda del genitore.

-Non ci arrivi da solo, brutto idiota?-

-Eh?-

-Guardami. Anzi, guardatemi tutti!- Con smodato protagonismo si alzò in piedi, cercando lo sguardo di Akane su di sé. -Sono fradicio, ho preso tutta l'acqua di Nerima e...-

-Oh! Che i Kami ci proteggano dalla katana di tua madre!- Piegato in ginocchio, le mani giunte in preghiera, Genma aveva già le lacrime agli occhi. -Cosa mi tocca sentire? Ranma! Non ti ho certo cresciuto come una donnicciola che rimpiange di aver dimenticato l'ombrello a casa!-

Accarezzandosi con pollice e indice il mento, il giovane si chiese come potesse suo padre sfoggiare senza alcun ritegno una tale mancanza d'acume.

-Non è possibile...ma ci sei o ci fai? Non lo vedi che sono ancora un ragazzo, razza di stupido?-

-Tu...tu...tu...- Solo allora a Genma si incantò il nastro, segno che finalmente l'informazione aveva raggiunto il suo cervello. E non solo il suo.

-Che cosa?- Un coro di voci accompagnò pertanto l'incredibile scoperta.

Anche Soun scoppiò a piangere e a dire cose senza senso. Ma questa non era una novità.

-È meraviglioso figliolo! L'amore fa proprio miracoli!-

-Già. E se ora non vi dispiace...- Continuò il giovane con il codino sedendosi nuovamente. -Avrei fame anche io.-

Tuttavia Genma non aveva alcuna intenzione di lasciar cadere il discorso e, afferrato velocemente un bicchiere d'acqua, ne versò il contenuto direttamente sulla testa bruna del ragazzo.

Che rimase tale.

-Come diamine hai fatto, Ranma?-

-Ma dico, ti sei bevuto il cervello per caso?-

-Dimmi come hai fatto!-

-Non sono affari che ti riguardano, papà!-

-Brutto ingrato che non sei altro! Come sarebbe a dire “non sono affari che ti riguardano?”-

-Oh...sono così felice per te, Ranma!- Quasi fosse la cosa più normale del mondo, la dolce Kasumi si sbrigò a passargli una ciotola di riso, mentre Nabiki continuava a spiarlo di sottecchi, indecisa se abbandonarsi alla disperazione dovuta alla drastica riduzione che tale cambiamento avrebbe comportato alle sue entrate mensili, o meno.

Appollaiato su una pila di cuscini dello stesso colore del suo immancabile tutino, Happosai, i lucciconi agli occhi, iniziò comprensibilmente a lagnarsi.

-Vi prego ditemi che non è vero! Sniff! Sniff! Cosa vi ha fatto di male questo piccolo ed innocente vecchietto per privarlo della compagnia di quella graziosa bambolina...buahhh!-

-Oh, nonnino, coraggio, non faccia così. Vedrà che le passerà...- Gli si accostò Kasumi con il solito fare materno e comprensivo che avrebbe ridato fiducia a chiunque. E difatti riuscì nel suo intento. Un secondo dopo, con rinnovata energia, Happosai saltellò sul tavolino e, portandosi subito vicino a Ranma, prese a tirargli tutti i liquidi presenti sulla tavola. Salsa si soia compresa.

Più vedeva che il giovane non si trasformava più la sua ira aumentava esponenzialmente.

-Ranma! Hai fatto una cosa gravissima e io te la farò pagare cara!- Era fuori di sé.

Anche troppo per i gusti del ragazzo. Intrappolandogli con abilità il volto appuntito tra le due bacchette, Ranma se ne liberò un secondo dopo.

-Piantala e sparisci, vecchio maledetto!- Fu l'ultima cosa che gli disse prima di scaraventarlo con un calcio nell'alto dei cieli.

-Troverò un cura, Ranma! Stanne certo....!-

*Sì, come no?*

Solo tre ciotole di riso più tardi, Akane ritrovò la parola. Per tutto il tempo in cui lui aveva provveduto a riempire il suo stomaco, infatti, lei era rimasta a fissarlo come shockata. Sbattendo le palpebre due-tre volte si riprese. E finalmente grugnì.

-Vorresti essere tanto gentile da dirci almeno come hai fatto?-

Anche il piccolo P-chan comprensibilmente fremeva.

Sbattendo la ciotola di riso sul tavolo e pulendosi la bocca con il palmo della mano, Ranma prese a fissarla con un'insistenza quasi imbarazzante e nessuno poté credere alle proprie orecchie quando, invece di risponderle con la consueta acidità degna di un albero di cedro, lo sentirono rivolgersi a lei con le seguenti parole: -Lo sai che sei molto carina a preoccuparti per me, Akane? Ma stai tranquilla è tutto a posto. E poi, in fondo, l'importante è il risultato, no?- Si indicò fiero battendosi il palmo destro sui pettorali. Un suo vanto da sempre.

*Ma che diavolo sta dicendo?* Sembravano chiedere gli occhi di lei, mentre osservavano la mano del ragazzo scivolare dal petto per trovare posto, pochi secondi dopo, sulla sua guancia bollente, in quello che aveva tutta l'aria di essere un gesto di incredibile affetto e confidenza. Al di là dello sguardo sorpreso di Akane e dell'evidente rossore sulle sue guance, anche le reazioni degli altri furono immediate.

-Finalmente ti sei deciso, Ranma!- Insinuò Nabiki con la solita malizia sorseggiando rumorosamente una bevanda in lattina dall'odore dolciastro.

-Ma che dolce...- Si portò una mano al viso Kasumi.

Al signor Tendo, però, l'ultimo sorso di birra fresca andò talmente di traverso da uscirgli anche dal naso. -Ti sei dimenticato come si beve per caso?- Cartello alla mano, o meglio alla zampa, la zuppa e pelosa forma animale di Genma lo guardò perplessa.

Digrignando i denti come impazzito, P-chan si divincolò dalla stretta della sua dolce Akane per dirigersi galoppando in direzione del bagno e anche la ragazza, decisamente imbarazzata, colse l'occasione per levare le tende.

Ranma era così sicuro di sé. Così pieno di sé. Così...non in sé. Qualcosa in quella situazione non le quadrava, né tanto meno le piaceva.

-Ma dove vai, P-chan?- Fece per inseguirlo, ma qualcuno la trattenne per il polso.

-Ma dove vai tu, Akane?- E da quando Ranma sapeva tirare fuori una voce tanto profonda e calda con lei? Ah! Saperlo.

-Io...io sono stanca, me ne vado a letto. Buonanotte.-

-Mmmm. E va bene...- Sotto lo sguardo interrogativo di tutti, anche Ranma si alzò in piedi. Le mani incrociate dietro la testa e uno scintillio allusivo nello sguardo, sorrise.

-Andiamo a dormire, Akane. Ci penso io a farti rilassare...-

Se solo due secondi prima Soun aveva rischiato di affogare nella sua stessa bevanda, ora era il turno delle bacchette infilate nel naso.

Uno stupore ancora più grande si dipinse sul volto di Akane; la lieve stretta di lui intorno al suo polso, le aveva procurato più di un brivido, doveva ammetterlo, ma questo era davvero troppo. Stringendo forte i pugni, lasciò che la sottile aura blu anticipasse la sua reazione e, voltandosi di scatto verso il fidanzato, gli puntò un indice contro il petto.

-Ehi aspetta un attimo! Dov'è che pensi di andare tu?-

-In camera tua, mi pare ovvio, no?-

-C...ch...che cosa?-

Aggrappato al pelo dell'amico, il signor Tendo saltò su tutte le furie.

-Ma insomma, Saotome! Vuoi dire qualcosa? Contieni tuo figlio!-

-Bo...bo...!-

-Concordo, papà, non sta affatto bene...-

-Kasumi sei noiosa. Io mi sto divertendo da matti!-

-Ma hai sempre parlato di eredi e...-

Immediatamente Genma fu costretto a nascondere l'ultimo cartello dietro la schiena, prima che l'amico glielo facesse ingoiare.

-Un conto è non tirarsi i tavoli dietro, Genma, un conto è questo!- E con l'indice tremante Soun indicò i due giovani.

Akane, le spalle ormai al muro, guardava Ranma con un misto di imbarazzo, rabbia e preoccupazione. Davanti a lei, il ragazzo l'aveva dolcemente intrappolata appoggiando entrambe le mani sul muro. Uno sguardo accattivante, carico di desiderio e semplicemente incontenibile.

Ad ogni battito di palpebre, Ranma sembrava aver fretta di divorare con gli occhi ogni centimetro del suo corpo. Erano talmente vicini che Akane poteva scorgere la propria espressione, timida e contrariata, negli occhi di lui. E non solo quella.

Nel suo stesso riflesso, contornato di blu, percepiva tutto l'ardore e la voluttà con cui il ragazzo desiderava risvegliare in lei sensi assai più appaganti della semplice vista.

-Non sia mai che un tesoro come te faccia brutti sogni e non abbia nessuno accanto pronto a rassicurarla, non credi?- Se ne uscì tutto di un fiato il ragazzo, piegando il volto leggermente e avvicinandolo pericolosamente a quello di lei.

-Ranma, ma ti sei bevuto il cervello? Se è uno scherzo, piantala immediatamente!- Sibilò Akane, distogliendo lo sguardo rossa in volto. Ma l'orecchio che gli aveva così offerto divenne innocente cassa di risonanza per le ultime parole che si sarebbe aspettata di sentire da lui.

-Uno scherzo? E perché dovrei scherzare, Akane? In fondo siamo fidanzati. Mi amareggia molto questa tua reazione. Significa che...non sono stato abbastanza bravo ad insegnarti cos'è l'amore.-

-L'a...l'amore?- Annaspò l'altra in cerca di aria. Improvvisamente la temperatura in quella stanza era diventata inaccettabile anche per il mese di febbraio.

-Saotome! Fai qualcosa!!!- Continuava a starnazzare su e giù per la stanza il povero Soun, ormai in preda ad una crisi isterica.

-Bo..bo...!-

-Ma prometto di recuperare presto.- Concluse il ragazzo sfiorando con entrambe le labbra la morbida guancia di lei.

Un secondo dopo, però, Ranma non c'era più e Akane fu finalmente libera. Libera di respirare, di sentire freddo e soprattutto di portarsi una mano al petto, cercando inutilmente di frenare i battiti del proprio cuore. Come tutti gli altri presenti nella stanza, si ritrovò quindi a fissare Ranma bloccato a terra da una furia vestita color senape e prato.

-Tu non le insegnerai proprio niente, maiale!- Non a torto, Ryoga era fuori di sé. Per fortuna aveva fatto appena in tempo ad intervenire altrimenti chissà cosa sarebbe successo.

-Ah! Strano che sia proprio tu a tirare in mezzo i maiali, P-chan!-

-Chi è che hai chiamato “P-chan”?-

-Prova a indovinare...-

Rotolando su e giù per la stanza, i due presero a darsela di santa ragione.

-Stai zitto, depravato! Come ti sei permesso di insidiare verbalmente la dolce Akane?-

-Insi...cosa?-

-Di provarci, caprone! E levati che puzzi di salsa di soia da far schifo!- Invertendo nuovamente le posizioni Ryoga si ritrovò però suo malgrado viso a viso con il rivale. Con fare più cospiratorio poi proseguì. -E soprattutto, come diamine hai fatto ad annullare la tua maledizione?-

-Ah, ora capisco...E tu spiegami, Ryoga, come lo sai?-

-Eh?-

-Già come fa a saperlo? Non c'era fino a poco fa...- Commentò puntualissima Nabiki. Ma erano tutti troppo presi per badare a lei.

-Sei. Un. Idiota. P-chan.-

-Dovresti vergognarti, Ranma!- Si riprese l'altro coprendo con il suo intervento l'ennesimo insulto/verità. -Provarci spudoratamente in quel modo e tutto per infilarti sotto alle sue coper....- Ma il poveretto fu costretto a bloccarsi nuovamente. Qualcosa gli diceva che toccare quell'argomento non gli sarebbe servito a nulla, anzi.

-Bravo, vedo che ti rendi conto da solo delle idiozie che ti escono di bocca. Tra le altre cose Akane è la mia fidanzata, quindi vedi di sparire.-

-Ranma, ma che sciocchezze vai dicendo? E comunque io sono qui, eh?- Si sbracciava nel frattempo ed inutilmente la ragazza, nascondendo molto bene un sottile compiacimento.

Ma i due ragazzi ignorarono completamente anche lei.

-Sc...scusa, come hai detto?- Ryoga era allibito e preoccupato. Il suo rivale era sempre stato uno zotico ignorante, questo sì. Ma così sfacciato nel lasciarsi guidare dai più bassi istinti no davvero.

-Hai capito bene, Ryoga! Vatti a fare un giro che è meglio!-

-Non ci sperare nemmeno, pervertito!- E si lanciò nuovamente su di lui.

Nel frattempo nel resto della stanza era il caos più totale. Soun aveva evidentemente intenzione di inondare l'intera abitazione, blaterando frasi senza senso su una certa incolumità da preservare per la figlia minore. Tra un “bo, bo!” e l'altro, Genma si dondolava sulla schiena nella sua forma animale, indubbiamente la preferita quando voleva evitare di essere messo in mezzo.

Infine, intimando ai due capofamiglia di fare silenzio per garantirsi una migliore registrazione, Nabiki, telecamera alla mano, si godeva lo spettacolo ingozzandosi di Popcorn.

-Kasumi, mi porti un'altra lattina?- Richiamò la sorella dalla cucina.

Pochi istanti dopo, la maggiore delle Tendo fece la sua apparizione sulla porta con una lattina in mano.

E un'espressione decisamente indecifrabile sul viso.

-Akane, al telefono. È...- Disse quasi con un filo di voce. -È per te...-

Il caos era tale che nessuno aveva sentito l'apparecchio squillare. Ma tutti percepirono l'incertezza nel tono di voce della dolce Kasumi e si fermarono di colpo.

-Chi può essere a quest'ora?- Chiese Ranma, il pugno destro ancora comodamente incastrato nella guancia di Ryoga.

E Akane, che non aveva mai visto la sorella tanto turbata e confusa, ci mise un attimo a raggiungere la colonnina di legno posta in ingresso. L'intera famiglia ovviamente alle spalle, deglutì incerta prima di accostarsi la lucida cornetta nera all'orecchio.

Un secondo di silenzio. Poi prese fiato.

-Pronto?-


 

 

 

* * *

Ovviamente il titolo di questo capitolo non è farina del mio sacco. Non vi ricorda niente? Vi dico solo che questa settimana sono in modalità “nostalgia per gli anni '80” ;)

Ancora grazie a tutti coloro che spenderanno parte del loro tempo per leggere anche questo secondo capitolo e/o lasciarmi un commentino in proposito. Buona domenica a tutti.

Gretel


 


 

 

  
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