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Autore: Fear    09/03/2014    3 recensioni
[Introspettivo, triste; bad ending, what if? – Tsubaki!centric]
Cit/: «Goccia ghiacciata, triste, ti prego, per favore dimmi: perché la gente lotta e si ferisce l'una con l'altra?», dietro gli alti muri del tempio, anche se Tsubaki fosse inciampata, fosse caduta, nessuno l'avrebbe sentita urlare. Pregava alla neve di darle una nuova possibilità, voleva ripartire da quel giorno afoso, in cui si sentivano le cicale frinire, e le lucciole danzare nella notte assomigliavano a delle stelle intrappolate tra i rami degli alberi e arbusti. Non avrebbe mai voluto fare del male, non avrebbe mai voluto essere ferita dagli altri. Lei non era mai stato un oracolo, una benedizione, era sempre stata una gemma sporca di fango, pronta ad essere usata da uomini senza cuore. «Goccia ghiacciata, errante, che cosa hai visto nel cielo? Perché le persone non riescono a perdonare?» [...]
• {scritta perché Tsubaki odiava l'estate; 818 parole}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tsubaki Kasugano
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Nella nebbia invernale bevo acqua fredda ~
{ senza una fine né un inizio }





Non era molto tardi quel giorno, ma un lento tramonto richiamava le nuvole, ed esse si ammucchiavano nel cielo, portando con loro una notte precoce, e la neve incominciò a cadere dritta e veloce da un cielo inquietante, privo di soffi di vento. Quel movimento era come una dolce diffusione di tristezza, più confusionale delle fragranze ed i mulinelli primaverili.
Negli occhi ametista di Tsubaki, quei fiocchi bianchi erano come delle preghiere congelate; parti di oscurità che si abbandonavano dall'universo, cadendo sulla Terra, in cerca di un qualsiasi calore. E a lei dispiaceva, le veniva quasi da piangere, immaginando la loro delusione, e si scusava.
Era stesa sul tatami, i lunghi capelli oltremare sparsi sul legno intrecciato dal forte odore, gli occhi persi nell'anonimità del paesaggio al di fuori del tempio. Non aveva voglia di alzarsi, rimuginava il passato continuamente, ipotizzando una vita oltre le mura di quella che era la sua casa, ma che ormai considerava più come una prigione. Non c'era anima viva, tutti se n'erano andati un giorno d'estate; ancora adesso Tsubaki aveva l'aroma stucchevole di quel caldo periodo imprigionato nei capelli. Adesso non pensava più alla sua infanzia, ai sogni di una bambina persa per sempre, ora immaginava una possibile fine alternativa a quella di quel giorno.
«Anche quel giorno fu in estate», ed era vero, sforzandosi un po' poteva addirittura sentire le cicale frinire insistemente nel giardino, vicino al laghetto tiepido e desolato. Incontrò Amano Yukiteru proprio nell'odore del legno, all'interno del tempio, quando ancora riusciva a riparare e nascondere le sue emozioni con una maschera d'orgoglio e prepotenza. Per un secondo aveva creduto che quell'essere umano apparentemente senza nessun particolare, tenesse a lei, ma poi lei rovinò tutto. L'aveva vista: quegli occhi rosa, ma allo stesso tempo rossi, iniettati di sangue, il fisico di una ragazza con le forme al proprio posto e un cuore grande, pieno solamente di lui.
Yuno Gasai le aveva fatto del male.
Quella ragazza era malata di Amano Yukiteru, era pronta a morire per lui, le tagliò la mano quella notte. Iniziò a sudare sangue da tutte le parti quando gli occhi di Yuno l'avevano intrappolata, pieni d'odio per aver profanato le labbra del suo amato. Ma doveva vincere, voleva vincere per riavere indietro sé stessa, l'amore che meritava, niente di più: niente di speciale.
«Cosa dissi allora?», Tsubaki non si ricordava, nonostante fosse passato solo un anno, non si ricordava minimamente di ciò che Amano Yukiteru le disse quel giorno. Le parole che non la raggiunsero adesso danzavano nei cieli, scendendo come la neve, e Tsubaki non riusciva a comprenderle.
Si alzò dal caldo pavimento e raggiunse la finestra, trascinando il kimono decorato con tratti autunnali e tiepidi, ricordandole lievemente l'estate, ma dopotutto l'avrebbe dovuto cambiare, perché in fondo a lei l'estate non piaceva per niente. Aprì la finestra ed uscì sulla piattaforma di legno, sotto un tetto di tegole rosse, spruzzate dalla neve che stava coprendo tutto adagio. Con lo sguardo cercò del colore, un fiore che fosse sopravvisuto dietro le mura di un mondo così freddo e ostile. Non lo trovò, nemmeno uno, così alzò una mano al cielo. Una lacrima ghiacciata le si posò sulla mano; Tsubaki sapeva che si sarebbe sciolta da un momento all'altro, così chiuse il palmo e la strinse sentendo la neve sciogliersi, pizzicandole la pelle.
«Goccia ghiacciata, triste, ti prego, per favore dimmi: perché la gente lotta e si ferisce l'una con l'altra?», dietro gli alti muri del tempio, anche se Tsubaki fosse inciampata, fosse caduta, nessuno l'avrebbe sentita urlare. Pregava alla neve di darle una nuova possibilità, voleva ripartire da quel giorno afoso, in cui si sentivano le cicale frinire, e le lucciole danzare nella notte assomigliavano a delle stelle intrappolate tra i rami degli alberi e arbusti. Non avrebbe mai voluto fare del male, non avrebbe mai voluto essere ferita dagli altri. Lei non era mai stato un oracolo, una benedizione, era sempre stata una gemma sporca di fango, pronta ad essere usata da uomini senza cuore. «Goccia ghiacciata, errante, che cosa hai visto nel cielo? Perché le persone non riescono a perdonare?», aveva tante domande, ma non ricevette nessuna risposta. Notò una bottiglia di vetro sotto un cumulo di neve, l'afferrò, la pulì e la portò alla bocca, sorseggiando l'acqua fredda che le fece rabbrividire gli organi, inghiottendo anche dei frammenti di ghiaccio creati da quel liquido freddo dimenticato all'aperto durante l'estate più triste di tutte.
Il cielo scomparve, così come il resto, la nebbia prese il sopravvento, e all'improvviso il liquido ghiacciato ottenne un retrogusto salato. Tsubaki iniziò a vacillare, tremando dal freddo e continuando a pregare alla neve. «Gocce ghiacciate, sbagliate, con il vostro fragile corpo, come fate a trasmettere calore?», quando iniziò a singhiozzare, Tsubaki stava osservando il suo cielo, ma aveva paura del silenzio e si notava la disperazione che sostituiva la solitudine.
La neve cadeva lenta, lenta, e Tsubaki piangeva.

 



Note dell'autrice; Tsubaki Kasugano è il mio personaggio preferito nell'anime, nel manga: l'adoro. E già qua molti di voi mi odieranno perché non vi piace la mia amoraH. A parte gli scherzi, ho voluto scrivere questa one-shot perché non potevo non scrivere qualcosa su Mirai Nikki dato che è uno dei miei anime preferiti. L'ho visto l'anno scorso, tutto di getto perché ne ero diventata dipendente e mi ero innamorata follemente di Yuno Gasai (e ancora adesso l'adoro) fino a che non sono arrivata alla puntata dove appare Tsubaki. Possiamo dire che è stato amore a prima vista dato che non c'è stato nemmeno troppo tempo per lei da vivere... ma non importa, perché il suo passato, i suoi pensieri sono stati abbastanza coincisi e fermi da farmi infatuare nel suo personaggio che molti definiscono "puttana", o altre brutte parole che neanche uno scaricatore di porto direbbe. E va beh, ognuno ha i suoi gusti però vi pregherei gentilmente di non andare in giro ad insultare Tsubaki, perché alla fine dei conti non ha fatto del male proprio a nessuno, quindi shhh. Questa one-shot l'ho scritta tra oggi e ieri però è stato un lavoro psicologico di una settimana. Spero che qualcuno l'apprezzi, ah, e la storia è dedicata ad Amy (Akemi_Kaires) perché è l'unica persona che conoscono che ama Tsubaki-chan almeno (quasi) quanto me, e ne sono molto felice. Grazie a chi ha letto ed auguri a tutte le donne per ieri; siamo il meglio. Miku.
   
 
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