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Autore: Horse_    09/03/2014    6 recensioni
(Ambientata nel 1800, tutti umani)
Elena ha diciotto anni e desidera una vita da favola. E' una ragazza giovane ed indipendente, ma costretta a sottostare alle regole ferree impostele dai genitori.
Lei è una principessa e futura regina dell'Olanda.
Damon giovane uomo francese, con origini italiane, viene costretto dal padre a scegliere una moglie per dare al suo regno un nuovo erede e la continuità della famiglia Salvatore.
Cos'hanno in comune Damon ed Elena?
Semplice, matrimonio combinato.
I due impareranno a conoscere e ad amarsi, pronti a tutto per salvarsi a vicenda.
Ma si sa, una storia d'amore è bella perchè deve affrontare problemi e loro due ne hanno tanti, forse troppi.
Regni in lotta tra di loro, guerre, rivolte, deposizione dal potere, cugini e amanti porteranno guai nella vita dei due giovani che faranno di tutto per far vincere il loro amore.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                     Essere una principessa

                                                   1.


Pov Elena.

Quella mattina mi svegliai di buon umore. Sentivo gli uccelli cinguettare fuori dalla finestra del palazzo reale e il sole entrare timido attraverso le tende e colpirmi con i suoi raggi nella faccia.
Scostai le coperte candide dal mio corpo e mi alzai andando di fianco allo specchio, dove si trovava l’armadio in legno di alabastro per scegliere un vestito.
 

Mia madre la sera prima era stata chiara: “Domani dovrai scegliere uno dei tuoi migliori vestiti ed essere pronta prima di mezzogiorno, dobbiamo parlare.
Avevo provato ad estorcerle delle informazioni, ma si era rifiutata categoricamente di proferire parola e questo mi aveva irritata più del solito.
 

Era la regina lei, giusto, ma io ero la principessa e non mi piaceva quando certe cose mi venivano nascoste, soprattutto da mia madre –regina o no che fosse.
Scelsi un vestito sull’azzurro chiaro e sul bianco che mi arrivava fino ai piedi, ovviamente. Le ragazze devono portare enormi abiti che non devono lasciare scoperta neanche una minima parte delle gambe ed odio anche questo.
 

Perché gli uomini non indossano vestiti e le donne si?
A loro è concesso tutto, ovviamente. Comandano loro su tutto tutti e le donne non hanno importanza, escludendo la regina –ma anche lei ha ruoli marginali.
Dopo aver preso anche il bustino, rigorosamente bianco entrai in bagno dove trovai già la vasca riempita di acqua calda e da cui proveniva un buonissimo profumo.
 

Bonnie aveva fatto un ottimo lavoro, come sempre.
Tenevo a lei come ad una sorella e mi dispiaceva farla lavorare, ma purtroppo era una dei servitori di palazzo anche se era a quella che ero più affezionata e che veniva trattata meglio.
 

Mezz’ora dopo finii di vestirmi ed aspettai Bonnie seduta sul letto.
Mia madre aveva precisato anche di attendere la mia amica perché mi pettinasse i capelli, come se non lo sapessi fare. Volevo essere autonoma, ma a nessuno andava bene.
Mio fratello poteva fare tutto –perché era un ragazzo– ed io dovevo solo studiare ed imparare le buone maniere e tutte le cose che deve fare una futura regina.
 

Si, perché fra non molto sarei diventata regina d’Olanda.
Ho solo diciotto anni, ma mio padre ha deciso di ritirarsi e di lasciare il trono a me, la sua primogenita. Una cosa avrei voluto che facesse Jeremy e ovviamente chi deve fare l’unica cosa importante di questo mondo?
Ovviamente io.
 

“Principessa, vi siete svegliata.” mormorò Bonnie entrando all’interno della mia stanza.
“Bonnie, quando siamo da sole dammi del tu, ti prego. Non farmi sentire così attaccata alle regole o vecchia. Gli adulti si danno del voi…” le spiegai.
“Va bene Elena, anche se in questo mondo ci entrerai a far parte molto presto…” mormorò.
“Sai qualcosa che io non so, Bonnie?” le domandai.
 

Bonnie abbassò lo sguardo titubante.
Quando faceva così c’era qualcosa sotto, sempre.
La conosco fin da quando eravamo piccole e ci siamo sempre confidate tutto, non so perché ora dovrebbe andare diversamente.
 

“Io non so niente, so solo…” iniziò titubante.
“Cosa sai?” le domandai prendendo una sua mano tra le mie. “Dimmelo Bonnie, ti prego.”
“Il re e la regina stavano parlando dell’arrivo del re di Francia e da quello che ho capito ha a che fare con te, ma non so altro…” mi spiegò mentre iniziava a spazzolarmi i capelli.
“Re di Francia? Con me?” domandai guardando lo specchio di fronte a me. “Cosa centro io con il re di Francia?”
“Non lo so, mi dispiace…” si scusò.
“Non preoccuparti Bonnie, mia madre mi vuole parlare e ho l’impressione che possa centrare questo re…” mormorai.
 






 
                                               * * *
 






“Elena, finalmente siete arrivata!” esclamò mio padre venendomi incontro.
“Perdonatemi del ritardo, padre.” mi scusai notando alcuni sguardi su di me.
“Non preoccuparti bambina mia, nessun ritardo. Vieni!” mi invitò prendendomi per mano portandomi vicino al suo trono, dove c’erano altre due persone.
 

Un uomo sui cinquant’anni. Alto, capelli curati e occhi sul verde.
Accanto a lui c’era un ragazzo con i capelli biondi e con magnetici occhi verdi che mi stava osservando curioso.
Aveva sicuramente la mia età.
Come da buona educazione mi presi i lembi del vestito e feci un inchino sorridendo ad entrambi, sotto lo sguardo orgoglioso dei miei genitori.
 

“Questa è mia figlia, Elena. Piccola –mio padre si rivolse a me– loro sono Giuseppe Salvatore, re di Francia, e suo figlio Stefan.”
 

Il signor Salvatore mi strinse la mano, come in un gesto affettuoso, mentre il figlio, dopo aver mormorato un ‘Onorato’ mi baciò la mano coperta da un guanto di velluto bianco.
Sorrisi un segno di riconoscenza e mi sorrise anche lui.
Portai lo sguardo sui miei genitori curiosa: volevo sapere il motivo della presenza del re di Francia e di suo figlio.
 

“Figliola, andiamo a sederci.” disse mio padre e si andò a sedere sulla poltrona rossa dalla sala dei troni.
 

Io, mia padre ed i due ospiti andammo a sederci.
Io vicino a mia madre –che era seduta a sua volta di fianco a mio padre– ed i due ospiti erano di fronte a noi.
 

“Figlia mia, sicuramente ti starai chiedendo il perché sulla presenza del re e di suo figlio…” iniziò mio padre.
“Si, padre…” risposi annuendo.
“Come ben saprai in questo periodo difficili lotte si stanno creando per il potere e per il malcontento dei nobili che poco apprezzano certi miglioramenti fatti per agevolare i poveri ed anche in Francia sta accadendo la stessa cosa. Non dobbiamo avere la Francia come nostro alleato –il signor Salvatore annuì– sotto ogni punto di vista…”
“Ed io che cosa centro padre?” gli domandai.
“Il figlio maggiore del re ha chiesto la vostra mano.” mi rispose semplicemente.
 

Il figlio maggiore del re ha chiesto la vostra mano.
Mio padre stava realmente parlando sul serio?
Io, futura regina d’Olanda, mi sarei dovuta sposare con il futuro re di Francia per qualche futile motivo politico?
Tentai –forse– di ribattere, ma lo sguardo di mia madre fu eloquente. Il suo sguardo mi ordinava di stare zitta e di acconsentire solo.
 

Tante volte i miei genitori avevano affrontato l’argomento matrimonio che non equivaleva a nozze per amore, ma bensì per mantenere il potere politico e per dare degli eredi al trono di Olanda, ma non mi sarei aspettata che la faccenda si evolvesse fino a questo punto ed in modo così veloce; mi sarei aspettata una proposta di matrimonio fra qualche anno, non a diciotto anni appena compiuti.
 

Sapevo perfettamente però che una ragazza più o meno si doveva sposare a quell’età, ma io non mi sentivo ancora pronta.
Il mio compleanno era stato quasi un mese fa ed ero ancora soltanto una ragazzina che aveva voglia di scoprire le bellezze della vita –per quanto alle donne come me fosse permesso– e non in età da marito.
 

“Io…” mormorai incapace di proferire parola.
“Mia figlia è molto onorata da tutto ciò, re Giuseppe, -si rivolse a me- vero cara?”
“Io… -abbassai lo sguardo- Si…”
“Bene, -Giuseppe sorrise- mi sembra tutto perfetto. Mio figlio è ancora in Francia, arriverà alla nostra villa a breve,  è una questione di giorni oramai. Manderemo un messaggero non appena arriverà e verrete subito a farci visita, siete d’accordo?”
“Certamente. Mi auguro che possiate trovarvi bene nella mia terra. Quello che è mio è anche vostro!” gli rispose mio padre.
 

Dopo altri discorsi sulle visite dei giorni seguenti il signor Salvatore con il figlio –Stefan, forse– uscirono dal palazzo e si allontanarono con la loro carrozza, verso la villa di loro proprietà che avevano appena comprato.
Rimasi sola, con i miei genitori ed i mio fratello.
Il silenzio che aleggiava nella stanza era davvero frustrante.
 

“Fra tre giorni andremo alla villa del re. In questo lasso di tempo conoscerai tutte le informazioni a riguardo del tuo futuro marito e i modi di come dovrai comportarti.” mio padre si fermò di parlare e mi accarezzò una guancia con sguardo rassicurante, poi riprese. “Dovrai dare una bella impressione al tuo futuro marito, no figliola?”
“Ma io…” mi bloccai. Tentare di ribattere ormai non serviva a nulla, almeno per ora. “Io non lo conosco, io no…”
“Figlia mia –mia madre mi guardò– neanche io conoscevo tuo padre, sai? Il nostro è stato amore a prima vista poi. Imparerai ad amare il tuo futuro marito.”
“Io non sono pronta per questo, io non voglio sposarmi!” mormorai con gli occhi lucidi.
“Questa è l’età giusta figliola e non si discute.” mi rispose mio padre autoritario.
 

Avrei avuto una crisi isterica da lì a poco, quindi decisi di congedarmi per evitare punizioni.
Dopo aver salutato i miei con un inchino, mi diressi in camera mia più adirata che mai.
Mi richiusi la porta alle spalle sbattendola, in un modo poco signorile e mi gettai sul letto.
Non ero pronta per sposarmi e sicuramente quell’uomo era più vecchio di me di una decina d’anni, anche se il fratello non lo era.
 

Mi era sembrato una brava persona, Stefan, e suo fratello come sarebbe stato?
Mi sentivo ancora una ragazzina e pronta per il matrimonio non lo ero.
Mia madre almeno si era sposata due anni dopo di me ed in due anni una donna matura, mentre ai diciotto sei ancora una ragazzina pronta per diventare una donna, ma non ancora al punto giusto.
 

Sentii una mano dietro alle mie spalle e solo in un secondo momento mi accorsi di Bonnie che mi stava scrutando con uno sguardo tra il dispiaciuto e il compassionevole.
Bonnie si sedette accanto a me e mi abbracciò, forse aveva ascoltato la conversazione.
 

“Mi dispiace, Elena…” mormorò.
“Non voglio farlo, Bonnie, non con un uomo che non amo!” mormorai singhiozzando.
“Magari ti piacerà, suo fratello mi è sembrato gentile, magari lo è anche lui!” dissi provando a tirarmi su il morale.
“Secondo me sarà tutto l’incontrario… Brutto, vecchio, cattivo, acido…” mormorai.
 

La mia amica più fidata scoppiò a ridere e con la sua risata fece ridere anche me, facendomi scordare per un attimo tutti i problemi che avevo.
 

“Non sarà così, sii fiduciosa. Il regno avrà due ottimi sovrani.” mi incoraggiò Bonnie.
“Io avevo sempre sognato un matrimonio con un principe, l’uomo che amavo…” borbottai.
“Ma hai sempre saputo di non essere destinata a tutto ciò.” terminò per me Bonnie.
 

Non avrei voluto terminare la frase, ma la mia amica l’aveva fatto per me.
Fin da piccola avevo sempre sognato il principe azzurro che veniva a salvarmi con un cavallo bianco con il suo mantello azzurro e che mi portava lontana e che avrei vissuto il mio ‘e vissero tutti felici e contenti’, ma ero cresciuta con la consapevolezza che tutto ciò non si sarebbe mai realizzato.
 

Chiusa fin da piccolina in un castello aspettando la maggiore età. Non posso rimpiangere di certo la mia infanzia, in cui mi è stato dato tutto, tranne lo spazio.
Solo una volta avevo varcato la soglia del castello, ma ero stata subito riportata indietro.
Da allora conservo solo un ricordo, quello di un bambino dagli occhi color ghiaccio.
 
 
 
 
 
 
 
 


Avevo sei anni ed io e Jeremy stavamo giocando fuori nell’enorme giardino della villa.
Non trovavo Jeremy da nessuna parte, l’avevo cercato dappertutto per ore e ore. Aveva solo quattro anni ed avevo paura per lui, si era sicuramente perso.
Mi stavo già immaginando le varie urla di mia madre e forse di mio padre –il mio eroe– e tutti preoccupati –giustamente– della sua sparizione.
 
“Jer? Jeremy?” chiamai invano mio fratello.
 
Uscii fuori dai confini del castello addentrandomi nel bosco.
Mentalmente mi ripetei tutte le raccomandazioni dei miei genitori sul non andare fuori dal castello cercando di trovarci in mezzo qualche informazione per non perdere la strada di casa o su cosa fare per ritrovarla.
Niente di niente, ovviamente.
 
“Jeremy, dove sei? Abbiamo finito di giocare, hai vinto tu!” dissi provando a farlo venire fuori.
 
Camminavo da minuti che sembravano ore, ma di mio fratello nessuna traccia.
L’avevo perso per sempre.
Mi fermai in mezzo al bosco e mi sedetti su un tronco iniziando a singhiozzare sommessamente.
Le lacrime bagnarono il mio vestitino giallo, mentre le mie scarpette bianche erano tutte pieni di fango.
 
Oltre ad aver perso mio fratello e a prendermi una bella sgridata, mia madre si sarebbe arrabbiata anche per il vestito.
Ma un vestito si poteva sempre ricomprare, no? Anche un fratellino si poteva ricomprare, ma io non ne volevo uno nuovo, volevo Jeremy.
 
A pochi passi da me vidi un enorme cane bianco con la lingua fuori che mi osservava. Non sapevo dire se in modo curioso o famelico.
Mi misi la testa tra le gambe ed iniziai a tremare.
 
“Ti prego, non… Mangiarmi…” mormorai al cane, convinta che mi capisse.
 
Il cane si avvicinò a me e mi annusò.
Con la mano tentai di mandarlo via, ma questi mi leccò il braccio e si sedette di fronte a me, come ad aspettare qualcuno.
 
“Non ti vuole mangiare…” mormorò una voce di fronte a me.
 
Timidamente alzai la testa e mi scontrai con gli occhi azzurro ghiaccio di un bambino.
Era più alto di me –e sembrava anche più grande di età– ed aveva dei capelli neri, neri come le piume di un corvo.
 
“Dici così perché sicuramente adora mangiare carne di bambine…” mormorai.
“Non dire sciocchezze! –esclamò divertito– Butch, vieni.”
 
Il cane andò incontro al bambino e gli si sedette di fianco.
 
“Vedi, è buono.” mi rispose.
“Mi voleva mangiare, prima!” gli ricordai.
“Non voleva mangiarti, voleva conoscerti!” si impuntò.
 
Quel grosso cane mi voleva mangiare, punto.
 
“Non ci credi, vero?” mi domandò.
 
Scossi la testa.
Il bambino rise divertito, poi mi guardò.
 
“Vieni. –Mi guardò e mi invitò ad andare vicino a lui– Forza, vieni!”
 
Mia madre mi aveva sempre detto di stare lontano dagli sconosciuti, ma un bambino non mi avrebbe mai fatto del male.
Mi avvicinai al bambino e questo mi prese una mano e la mise sopra la testa del cane. Istintivamente chiusi gli occhi per paura che il cane i mangiasse, ma quando gli riaprii trovai la mia mano attaccata al resto del corpo.
 
“Visto? Non ti ha mangiato!” sorrise beffardo.
 
Incominciai ad accarezzare l’enorme testolona del cane e questo iniziò a scodinzolare felice.
 
“Ti sei perso anche tu?” gli domandai.
“No, non mi sono perso. Sono a caccia con mio padre.” mi rispose.
“A caccia?” gli domandai.
“Si.” annuì.
“Ma non potete uccidere gli animali!” gli urlai contro.
“E dopo cosa mangio io, scusa?” mi domandò beffardo.
“Della verdura…” mormorai.
“Nanerottola, noi uomini dobbiamo mangiare anche carne.” mi rispose ovvio.
 
Lo guardai dall’alto verso il basso.
 
“Ti credi un uomo?” gli domandai.
“Certo, principessa.” mi rispose.
“Non chiamarmi principessa!” gli risposi.
 
Odiavo essere chiamata così.
 
“Perché, non lo sei? –Mi guardò attentamente, scrutando il mio vestito.– Sei vestita molto bene per essere una semplice bambina.”
“Anche tu lo sei.” risposi.
 
Ed in effetti era vero: era vestito come un piccolo principe, con un mantello azzurro che metteva in risalto la camicetta bianca e la sua pelle diafana.
 
“Beh, diciamo che lo sono.”
“Elena, Elena! Principessa! Dove siete?” sentii delle voci urlare il mio nome.
“Devo andare.” risposi al bambino.
 
Feci per voltarmi, ma mi ricordai di non sapere nemmeno il suo nome.
 
“Come ti chiami?” gli domandai e non sentendo nessuna risposta mi voltai.
 
Non c’era più.
 
 
 
 
 
 

 
Non sarei rimasta al castello un giorno di più o, perlomeno, non questa notte.
Decisi di passare la notte fuori, nel bosco, ad osservare le stelle.
Conoscevo il bosco come il palmo della mia mano, non mi sarei persa.
Dopo aver preso lo stretto necessario ed essermi infilata un vestito vecchio –ma comodo– misi un piede fuori dalla finestra e, attraverso l’albero, toccai il terreno del giardino.
Mi guardai ancora attorno e senza ripensamenti mi diressi nel bosco.
 
 
 ___________________________________________________________________________________________________

 Note dell'autrice:
Ehmmm... Prova, prova. *si schiarisce la voce*
Alcune di voi mi conoscono già con "Nessun ostacolo potrà distruggere il vero amore" e sanno anche che mi piace scrivere cose strambe.
Questa è una storia nuova e l'ho ambientata in un'epoca che mi affascina tantissimo -e in cui ho visto tantissimi film. Forse tantissimi è un eufemismo, ma ok...- e in due luoghi a cui sono particolarmente legata: la Francia e l'Olanda.
Sono due paesi estremamente affascinanti ed è stato difficile scegliere e spero che la mia scelta piaccia a tutti.


Farò una piccola sintesi del capitolo: Elena è giovane, bella e che vuole vivere la sua vita al meglio, ma come tutti sappiamo -penso- nel 1800 alle donne era permesso poco o niente e lei, ovviamente, non ci sta.
Il padre e la madre, come avrete capito, hanno programmato un incontro e un matrimonio con una persona che lei non conosce e la nostra protagonista ha paura.
Ovviamente avete già capito di chi sto parlando, no?
Ho intenzione di rappresentare un'Elena un po' diversa, ma non troppo. In lotta con tutto e tutti, una ribelle, ma dal cuore tenero.

Spero che questo inizio piaccia e spero anche di ricevere qualche parere, un po' per sapere se la storia piace.
A breve -questione di giorni- posterò anche l'ultimo capitolo dell'altra mia storia, così poi mi dedicherò a questa.
Grazie per l'attenzione, a presto:)
  
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