Anime & Manga > D.Gray Man
Segui la storia  |       
Autore: Kodamy    28/06/2008    2 recensioni
« Il vento soffia da Nord, una leggera brezza.
… Si dice che porti via con sé tutti i colori del mondo.
Noi l’abbiamo visto cosa fa, il signor Vento.
E dietro di sé, signor Esorcista, lascia soltanto cuori sbiaditi.
State attenti.
State attenti alla ‘maladie du sommeil’. »
[Allen] [Lenalee] [Lavi] [Kanda][accenni AllenLenalee]
Genere: Malinconico, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il vento soffiava da Nord, ma si trattava soltanto di una brezza leggera

Il vento soffiava da Nord, ma si trattava soltanto di una brezza leggera.
La bambina osservava i pappi dei soffioni volar via ed inseguirsi, leggiadri, sotto il sole di maggio.
Rise di gusto, roteando su sé stessa e tendendo le manine paffute per cercare di coglierli al volo.
Non ci riuscì. Ma non era prona al pianto, quindi scoppiò a ridere.
L’odore dei fiori la inebriava. La loro vista, anche.
Si guardò intorno, nel giardino: voleva davvero coglierne un mazzo, e poi farne una ghirlanda (era davvero brava, a fare le ghirlande); ma la mamma si sarebbe arrabbiata di sicuro, se l’avesse beccata a cogliere quei fiori. D’altronde, li aveva cresciuti con cura.
Ci mise un po’ a trovarla, sua madre.
Riversa per terra, capo posato tra i fiori tanto affettuosamente coltivati, schiacciandoli.
”Mamma?” chiamò dapprima la bambina, con un fil di voce. Poi, più forte. “Mamma!”
La donna non rispose.
Soltanto avvicinandosi, la bimba vide le lacrime che le solcavano il viso, per poi perdersi tra i mughetti.

“Papà! Papà, la mamma è…!”

”…papà?”

 

 

[ La ville aux coeurs fanès ]

 

Prologo.
La citadelle sempervirente

 

 

Fuori dal finestrino, il paesaggio scorre monotono da ore.
Le distese di grano si susseguono una dopo l’altra, già vicine all’essere mature: la grande cappa di caldo scesa a metà maggio ha, forse, ingannato anche loro.
Sicuramente ha ingannato Allen Walker che, seduto su quel treno che taglia in due la Francia, si ritrova a domandarsi se l’Ordine abbia delle uniformi estive.
Dovrebbe averle, pensa, chiudendo gli occhi e gemendo abbattuto, prima di procedere a sventolarsi affannosamente con il fascicolo. Lenalee, seduta di fronte a lui, soffoca un risolino.
E lui, non potendo far nulla per impedire a quel rossore di diffonderglisi sul viso – un po’ colto in flagrante, un po’ per il caldo – distoglie lo sguardo.

Conseguentemente, la ragazza scosta il suo, portandolo sul panorama sempre uguale al di là del vetro.
”Dovrebbe mancar poco, ormai”, esordisce, scostando una ciocca del finalmente quasi-caschetto dietro l’orecchio.
Ignorando l’ormai familiare – seppure sempre inquietante – ombra riflessa accanto al suo viso sul finestrino, il ragazzo porta l’attenzione su di lei e si affretta a battere ciglio, quasi a cercar di scacciar via quella strana inerzia.
”A… uhm…” le sue sopracciglia si crucciano appena, in un tentativo piuttosto vistoso di scavare nella memoria per la parola straniera, nella foschia dell’umidità “…Églantine?”

La cinese scuote il capo, sospirando. Sulle sue labbra, un sorrisetto rassegnato che sa di scusa. “La ferrovia non arriva fino al villaggio.”
Cosa?
”Dovremo scendere a Millau, e proseguire di lì. Mio fratello ha detto che è comunque abbastanza vicino, quindi…”
Allen, tra le tante cose, si affretta anche a metter su una risatina affatto convincente, stringendo spasmodicamente le dita guantate sul fascicolo della missione.
“Sotto questo sole?”, commenta, quindi, distrattamente.
”Sotto questo sole”, conferma lei, e sembra mortificata.
Apparentemente, ha sentito bene.
Con un sospiro, il ragazzo scosta dal campo visivo qualche ciocca color latte sfuggita al codino sulla nuca. Quei capelli che, in un modo o nell’altro, gli rendono del tutto impossibile mimetizzarsi nella folla, e sono causa di quegli sguardi curiosi e fissi che, spesso, lo mettono a disagio.
E’ grato, in qualche modo, per i vagoni privati riservati all’Ordine: non è una bella sensazione, viaggiare con tutti quegli occhi addosso, sebbene la colpa sia in qualche modo anche di Timcanpy.
(che in quel momento sembra trovare molto interessante il paesaggio al di là del finestrino)
Case rustiche e timide si affacciano sporadicamente nel paesaggio, ora, segno della zona civilizzata ormai vicina. Allen arriccia il naso e si sente stranamente assonnato; sicuramente, il caldo gli dà l’impressione di esser stato privato di gran parte delle sue capacità intellettive. Non c’è altra spiegazione.
”Va bene, va bene. Facciamo il punto della situazione… ora che non sono costretto a camminare lì fuori?” propone con un mugolio, sorriso ancora tirato sulle labbra. Lenalee annuisce, incrociando le gambe.
”Églantine, villaggio della Linguadoca-Roussillon”, comincia, sporgendosi appena in avanti per prendere il fascicolo dalle mani di Allen – che ne rimane un po’ indispettito, dal momento che lo stava usando per areare un po’ il viso “… Uh… Pare che molti residenti si stiano ammalando lentamente di una malattia non meglio identificata. Il fascicolo dice che è stata definita ‘maladie du sommeil’ dai finders che erano stati mandati ad assicurarsi se le cause erano da rimandare all’innocence…” prosegue Lenalee, sfogliando rapidamente le pagine “… ed quei finders sembrano scomparsi nel nulla. I loro aggiornamenti si sono interrotti bruscamente una settimana fa.”

Assorbendo le informazioni per la seconda volta, Allen non ha nessuna particolare illuminazione. Esattamente come la prima volta. Sospirando, abbassa lo sguardo, piccola ruga di concentrazione fra le sopracciglia.
Lenalee attende, per qualche attimo, una sua parola. Un suo gesto. Qualcosa.
Accorgendosene in ritardo, il ragazzo si affretta a mettere su un sorriso genuino, sollevando le mani a mo’ di scusa.
Ciò che sta per dire è interrotto dal fischio del treno che, rallentando, entra in città.

 

 

A metà strada sul sentiero battuto, Allen ha rinunciato alla giacca dell’uniforme, che riposa ora piegata sotto un braccio; la camicia bianca nascosta sotto la giacca ha i primi due bottoni sbottonati, in un ultimo tentativo disperato di cercare aria fresca. Tentativo per l’ennesima volta fallito.
Nessuna sorpresa, qui.
Persino Timcanpy aveva, ad un certo punto del tragitto, cominciato a volare basso basso e mogio mogio. E, tenendo presente che i golem non avrebbero neanche dovuto sentirlo, il caldo, Allen aveva trovato la presenza di spirito di meravigliarsene moderatamente, senza sprecare troppe energie.
Lenalee, dal canto suo, aveva sopportato il tutto in maniera veramente dignitosa.
E molto femminile, come sempre.
Il paesaggio era risultato monotono anche nell’avanscoperta a piedi, e non c’era nulla di veramente notevole. La campagna era sembrata soltanto piena di pace, tranquillità, e terribilmente lontana dalla frenesia della città, per quanto vicina. Per un attimo, Lenalee aveva avuto l’impressione che la guerra fosse stata un brutto incubo, così come l’attacco all’Ordine di qualche mese prima. Ma le scarpette ed i bracciali rossi alle sue caviglie – cerca di non pensare troppo al fatto che fosse sangue suo, quello – le avevano ricordato che era successo tutto. Davvero.

Fiori selvatici, piccoli e gialli, si erano susseguiti sull’orlo della strada battuta che – guardando bene, in lontananza – già faceva intravedere il campanile del piccolo centro abitato.
Avevano allora proseguito con rinnovato vigore – mentre lo stomaco di Allen brontolava – al pensiero di essere quasi arrivati.

 

 

E adesso, nella prima stradina della cittadella, un’insegna in legno dai caratteri arzigogolati recita:

 

« Bienvenus dans Églantine, la citadelle sempervirente »


Lenalee cruccia le sopracciglia nella traduzione, e si ritrova a domandare cosa significhi esattamente “sempervirente”.
Allen arriccia il naso, prima di fare spallucce ed ammettere che, effettivamente, quella parola manca anche al suo vocabolario. Con un sospiro – non è davvero una cosa importante, dopotutto – la cinese si asciuga la fronte dal sudore e si guarda attorno.
Più che un villaggio, pensa, sembra un piccolo paradiso. Il contrasto fra le erbacce del sentiero ed i fiori che circondano l’insegna – fiori viziati, ben curati, in ciuffi di azalee e mughetto –è terribilmente forte.
Così come il loro profumo, ed il ronzio delle api ed il battito sporadico di qualche farfalla dai colori tenui. Una piccola brezza, proveniente da nord, smuove lentamente le foglie che, giovani ed ingenue, si lasciano sedurre dai soffi di vento, piegandosi al suo volere.
A quel punto Lenalee starnutisce, quasi uno squittio, infrangendo la quiete quasi celeste e facendo sobbalzare Allen. Lui si volta verso di lei, battendo ciglio.
Lei arriccia appena il naso, prima di tirar su un paio di volte. Poi, starnutisce di nuovo.
”Tutto bene?” domanda Allen, a metà fra il divertito ed il preoccupato, al quarto starnuto.
”Sì, sì…” risponde lei, stropicciandosi appena un occhio “… te--- tebo di essere allergica a…”
L’ennesimo starnuto la interrompe prima che possa specificare, esattamente, a che cosa. E’ il turno di Allen di soffocare un risatina: Lenalee sceglie prontamente di ignorarla, lasciando cadere lì il discorso. Fra tante varietà di fiori, alla fine, sarebbe stato impossibile individuare esattamente a quale fosse allergica davvero.
Tira su col naso, mentre Allen incrocia le mani dietro la nuca, battendo ciglio – ed il suo stomaco, sentendosi ignorato, riprende a brontolare.


Per le strade, non c’è nessuno.


Quel paradiso sembra totalmente deserto, una natura fine a sé stessa: Lenalee ragiona che non è affatto possibile che lo sia davvero, perché quei fiori sono talmente ben tenuti che ci deve essere necessariamente qualcuno a prendersene cura.
Riporta l’attenzione su Allen, che è tornato a sfogliare il fascicolo, mordicchiandosi l’interno della guancia.
Sta pensando: riconosce la sua espressione, quando pensa.
E poi, ancora una volta, starnutisce.

 

 
Alla fine, decidono di proseguire con cautela. E, soprattutto, in silenzio.
Fortunatamente, il silenzio fra lei ed Allen non è uno di quei silenzi pregni di disagio, o tensione, uno di quei silenzi che si muore dalla voglia di infrangere. E’ un bel silenzio, il loro, e dopotutto Lenalee non è mai stata una ragazza bisognosa di molte parole. La sua amicizia con Kanda, dopotutto, ne è una prova tangibile.
Pertanto, la ragazza si concentra piuttosto nell’osservare attentamente l’ambiente in cui quella strana “malattia” sembra aver trovato culla e tana.
Lungo la stradina acciottolata, ogni casetta ha il suo piccolo giardino, smagliante di colori. Il suo piccolo orto, dalla terra morbida e le foglie curate. E’ davvero un piccolo Eden.
Dietro le foglie ed i petali variopinti, però, le finestre sono chiuse.
Ogni singola casa è cieca e chiusa in sé stessa, imbevuta della luce intensa solare. Intonaco bianco, brillante, che riflette la luce e ferisce lo sguardo. In qualche modo, sembra che le case invitino i passanti a non guardarle. I fiori esigono, invece, il contrario.
A dire il vero, più ci si addentra nella città, più questo contrasto diviene evidente. Quasi caotico.
Arrivati ormai all’altezza della piccola chiesa, Lenalee conclude che quella cittadella, più che un paradiso, sembra una piccola città fantasma.
Ripete quella riflessione ad Allen, in un sussurro, prima di avvertire ancora quel fastidioso solletichio al naso e lasciarsi andare ad una nuova serie di piccoli starnuti.
”Lenalee!” attacca Allen, di qualche passo davanti a lei, con un indice sollevato davanti alle labbra e fascicolo e giacca dell’uniforme sotto il braccio.
Lei batte ciglio, chinando leggermente il capo d’un lato.
“… senti?”
Ed è allora che Lenalee, tra il fruscio del vento e il ronzio delle api, le sente.

Quelle risate talmente nitide e cristalline da poter appartenere soltanto a dei bambini.

 

 

 

 

A/N: IO VORREI TANTO CHE HOSHINO DECIDESSE DEFINITIVAMENTE I COLORI DEI PERSONAGGI PERCHE’ NON CI STO CAPENDO PIU’ NIENTE. Ecco. Sfogo finito. In questa fanfiction, Lenalee non avrà i capelli viola. E neanche verdi. Li avrà neri, da brava cinese. Anche Kanda non li avrà blu. Li avrà neri, come ogni bravo giapponese. Gli occhi di Kanda, poi, non ne parliamo. Vanno dal grigio all’azzurro al nero, nelle illustrazioni. Opterò per un grigio scuro. Nella vita bisogna fare delle scelte. Hoshino mi costringe a farle.

 E’ più il tempo passato a fare ricerche su di Allen e sui colori, che il resto. Per non parlare delle ricerche sulla Francia. -_-

 Églantine è rigorosamente inventato da me. Non penso esista, comunque.

 

Comunque, primo tentativo di longfic su d.Gray-man. Ci sarà un po’ d’azione – d’altronde, da una missione cosa pretendete? – ma non contateci troppo. Per lo più, mi soffermerò sull’introspezione, credo. Questa è un’idea che mi  venuta all’una di ieri notte. Son stata su a scrivere la trama fino alle tre. Ed oggi non mi son staccata dal pc per mettere su il primo capitolo.

Essendo tutto programmato, la finirò di sicuro. E’ un esperimento più che altro. Ringrazio Liy per l’aiuto con il personaggio di Allen, che per me è decisamente ostico. Ho provato davvero a scriverlo al passato, ma veniva stranamente pesante come narrazione. Ero io, e non riuscivo a leggerlo. Vi ho risparmiati. °_°

Note sul francese:

“la ville aux coeurs fanès” : la città dai cuori sbiaditi

« bienvenus dans Églantine, la citadelle sempervirente » : benvenuti ad Églantine, la cittadella sempreverde.


 

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Kodamy