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Autore: Mao_chan91    28/06/2008    7 recensioni
La luce non si spegne mai. Puoi vederla anche al buio.
Gli esordi di un sogno infranto.
[Hyuugacest]
[Seconda classificata ex equo al concorso Hyuugacest indetto sul forum]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Looking back at sunsets

[ something forcing me to turn away]



Don't resent me
And when you're feeling empty
Keep me in your memory

[Leave out all the rest, Linkin park]

Non sai cosa ci fai qui, ancora immobile.

Ore, ore e ore immobile sul letto lercio. C’è una macchia di sangue proprio al centro del lenzuolo altrimenti bianco.
Un moto di odio irrefrenabile ti assale e ti accorgi che la porta è ancora aperta e lei non c’è più, ma, che stupido, non c’è più già da ore, ed è tutta colpa tua.
Poi, vieni aggredito dai ricordi.
Sporchi, sporchi ricordi che dovrebbero farti vomitare rimpianto, alla luce delle circostanze, ma non ci riescono.

Perché certi errori hanno un sapore meraviglioso.

Come lei.

-

Il silenzio assume quasi un colore tutto suo, quando sei abituato a vedere tutto con tale precisione.

Un colore fastidioso, che passa dal bianco accecante al nero più profondo.
Due tinte che fanno entrambe così tanto male da farti bramare un po’ di sano grigio, qualche volta.
Qualche volta.
Neji nii-san!”
“Sì?”
Non sai perché stiate camminando vicini.

E’ semplicemente capitato che v’incontraste per strada.

Capita, quando la meta è la stessa.

Quando la casa, è la stessa.
Non ha senso, ma forse puoi dire che non sei più tanto allergico alla sua vista, ultimamente.
Questo perché sono successe delle cose.

Perché, forse, lei ha rinunciato a lui.
“Mi odi?”

“Qualche volta.”, ammetti con cruda sincerità.

Non hai mai bisogno di pensare né per dire la verità né per dirle qualcosa di crudele.
Lei non mostra di voler piangere, ma “E’ meglio di quel che pensassi. Di quel che merito.” sussurra, e mentre si stringe timidamente una ciocca di capelli tra le dita e abbassa, come sempre, lo sguardo, avverti l’irrefrenabile istinto di prenderle il mento, sollevarglielo e guardarla negli occhi per smentire tutto.

Ma non lo fai, ti limiti a restar lì a guardarla senza una buona ragione.
Perché alzare la testa così di scatto, dopo anni a crogiolarsi nel buio, può fare troppo male perché tu possa desiderare infliggerglielo.
Non senza una buona ragione.

-

Per degli anni l’hai odiata.

Ma hai sempre avuto i tuoi buoni motivi, lo sai.

Non hai colpe.

Dopotutto, lei si è limitata ad essere ostinatamente quello che non avrebbe mai potuto appartenerti.

Momento dopo momento, anno dopo anno.
Poi, si è infatuata di lui. Ed è diventata ancora più irraggiungibile di quanto già non fosse stata.
Come un bambino, hai detestato ciò che non potevi avere facendolo apparire meno bello, meno luminoso perché nessuno potesse biasimarti per questo.
Cercando pretesti, cercando orgoglio e vanto nelle tue doti naturali per dimenticare quel che la natura ti aveva precluso sul serio.

Aggrappandoti al fato con amarezza ma sperando, nel contempo, che fosse abbastanza clemente con te la prossima volta, in un futuro non troppo remoto.

Perché è semplicemente troppo crudele, vederla ovunque, vivere sotto lo stesso tetto ma in condizioni così diverse.
Così irraggiungibili, voi due.

Qualche volta, da bambino, fantasticavi.
Qualche volta.

Sul quanto facilmente avresti ottenuto la sua mano e vi sareste sposati:avevate anche lo stesso cognome, che cosa semplice.

Perché eri sicuro che una volta più grande le saresti stato più vicino, lo sapevi.

Tuo padre te lo diceva sempre: eri nato per lei, per proteggerla.

E ti sembrava troppo scontato per non essere vero che questo significasse stare insieme per sempre uniti in matrimonio.

Come la mamma e il papà, se non fosse stato che le donne Hyuuga, così fragili, muoiono giovani.

Tua madre dandoti alla luce, la madre di Hinata-sama di malattia.

Ma non è tutto così scontato, nella vita. Ininfluenzabile, forse, ma non scontato.
Perché stare assieme poteva anche significare camminare in fila, senza mai potersi toccare.

Perché se lei ti avesse toccato o anche solo urtato l’avresti colpita con rabbia e odiata ancora di più perché l’etichetta ti avrebbe imposto di aiutarla a rialzarsi per poi separartene di nuovo.
La tua condanna vivente.

Forse era solo la bramosia di un giocattolo nuovo, una pretesa veramente sciocca.
Ma era così cristallino, fin da allora, che eravate destinati a stare insieme.
Imparasti la parola “destino” senza versare una lacrima, nemmeno distratta.
La assaporasti soffocandone molte, anni dopo e ne annullasti il significato con il semplice ripeterla come una preghiera per anni e anni.

Tutto questo finché tuo padre non morì.
Al contrario di Hyashi-sama, lui non era mai stato in grado di ferirti con parole crudeli, né menzogne né verità.
Non hai potuto serbare di lui un ricordo diverso dalle sue labbra che, davanti a Hyashi-sama, si corrucciavano e l’inglorioso suono delle sue grida riverso sul pavimento.

-

Le tue labbra s’inarcano in maniera impercettibile, quando vengono espressi i nomi dei nuovi sfidanti.
Altrettanto impercettibilmente, puoi già sentire l’odore di sudore a versarsi sulle tempie di Hinata-sama.
Camminerà di un passo lento, forse tremolante.
Ma non ti priverà della soddisfazione di sfogare il tuo egoismo.


Sta andando come era inevitabile che andasse, come nei migliori racconti di vendetta, commiserazione e trionfo.
La tua vita può assumere valore in una giornata.
La odi perché continua a rovinare tutto.
Cerchi di ucciderla perché è l’unica soluzione, l’unico degno finale a questo insulto di vita.
Tu che hai perso la tua dignità quando hai perso il candore della tua fronte.
Tu che hai perso la libertà che serbavi in cuore quando sei nato per lei.
Tu che hai perso ogni speranza quando hai realizzato che lei no, non è nata per te.
Tu, Neji Hyuuga, tenti di commettere un omicidio a mente lucida per puro, semplice amore.
“E’ già stato tutto deciso.”
“E’ destino.”
Destino.
Destino destino destino destino destino destino.
Non rischiare mai di dimenticare il significato di questa parola.
Dovresti sprofondare troppo nella disperazione, per accettarla di nuovo.

Hinata-sama, oh, per te non è niente.
Perché se non può essere tua, non significa proprio niente.
Vorresti distruggerla, anche se non se lo merita.
Vorresti porre fine alla sua penosa vita.
Perché è penosa, e lo sai.
Il tuo ultimo gesto misericordioso.

Forse, alla fine, non sei il tale egoista che hai sempre creduto di essere (così imperfetto).
Può capitarti di smarrirti tra rabbia e incredulità (“Sei tu quello che soffre di più, lo capisco…”), denti che si stringono stridendo e rancore per chi ha capito tutto ma non ha mai fatto niente, orgoglio in pezzi e orrore, orrore che scivola via con la tua sanità mentale tante, troppe volte nel giro di così poco tempo.
Ma ciò non toglie che, quando lei si schianta in terra, col sangue alla bocca, tu non senti niente, perfettamente immobile.


Ed è come essere morti.

-

Hyashi-sama sta sorridendo, mentre vi guarda così vicini.
Mentre guarda sua figlia che, per una volta nella vita, cammina davanti a qualcuno, a debita distanza perché tu possa guardarle la schiena.

Quante volte hai sognato, nei tuoi incubi che sono solo ricordi, quella schiena ancora riversa in terra?

Il sangue non faceva che grondare.

Hyashi-sama sta sorridendo con benevolenza e occhi gentili; penserà di certo che le cose si sono raddrizzate, con gli anni.
Che sono diventate quel che era destino che fossero tra voi due, che avrete una vita radicalmente diversa ma, incidentalmente, un sangue tanto simile.
Sangue era Hinata-sama che tossiva e tossiva e non potevi farci niente, ma non avevi nemmeno il diritto di pentirtene.
Hyashi-sama sta sorridendo con benevolenza e occhi gentili, e vi guarda con altrettanta approvazione.
Questo ti causa nervosismo e sai di essere pulito, pulitissimo ma avverti, nel contempo, l’irrefrenabile impulso di lavarti le mani strofinandole a sangue, ma sai che sarebbe strano e non puoi farlo e devi restartene lì, a guardarla a testa alta.
Senza mostrare il minimo segno di indugio.
Indugio era il vuoto con Hinata-sama al mondo, ma senza poterla avere.

Neji…”

“Sì, Hyashi-sama?”

“Continua così.”
Annuisce con approvazione e sorride. Ancora.
“Sì, Hyashi-sama.”
E continuerai così. Per Hyashi-sama che osa sostituire il padre che ti ha ucciso.
Per Hinata-sama che merita una vita felice e non più traumatica.

E per te, che non hai mai conosciuto il coraggio di prendersi quel che si vuole ma solo l’inerzia, il crogiolarsi in una vita nella quale non serve sforzarsi perché non cambierà mai niente.
L’auto-commiserazione di giorni e giorni che ti hanno reso non meno patetico di lei.

Parenti, cugini. Sì.
Per sempre.

-

E’ diventata l’ineluttabile, deprimente routine quotidiana.
Si ripropone di allenarsi ad orari inconcepibili, ma sai che cercherà Naruto e le sue guance avvamperanno nel suo muto spiarlo nascosta dietro un albero, lì a trarre forza da lui.
L’invidia ti ha roso per anni, ma lei non ha mai capito a chi fosse veramente rivolto quel tuo serrare i pugni alla sua vista.

Quando infila le scarpe e tu sei lì a vegliarla, come sempre, per l’ennesima volta, nella tua vita di sguardi giustificati da un compito ultraterreno, ti ritrovi lì, interdetto, e vorresti parlare ma non lo farai.

Di nuovo, si prepara ad andare da lui, lontano da te.
Ti morsichi il labbro quando non può vederti, con moderazione, forte abbastanza da aiutarti a contenerti ma non da farlo sanguinare.
“Allora io vado, Neji nii-san.”
La tua mano si slancia, il braccio si tende e ti ritrovi a stringerle il polso bianco, scalzo sul tatami.
E lei si volta, lentamente, con inconsapevole grazia.
I suoi occhi si rivolgono timidamente ai tuoi.

Non capisce, ed è giusto che sia così.
“Scusatemi. Scusatemi, Hinata-sama.”
Non c’è accusa nelle tue parole, e lei ne pare sollevata.
Ma la mestizia con la quale abbassi lo sguardo, quella la nota, e puoi sentirla provarne tristezza.

Sospira e, inspiegabilmente, rinuncia ad andarsene.

“Guarda che belle stelle, Neji nii-san!”
Seduti sul gradino che da sul giardino, le vostre distanze, di notte, paiono colmabili.
La notte confonde tutto e tutti, trasformando ogni cosa in una massa informe, senza un inizio né un confine.
Hinata-sama non ha voluto, sconvenientemente, separarsi da te fino ad ora.

Tra le stelle, è semplicemente altrettanto luminosa.

“La verità è che non volevate andare da lui, vero?”
Sai che è arrossita, è semplicemente inevitabile.
“Io, beh, io…”
“E’ perché l’ha intuito, ormai. Queste sono state giornate di debolezza, giusto? Avete vacillato, ma non siete mai realmente andata da lui.
Provi sollievo, perché lei non nega.
Solo, si tormenta le mani in grembo.
“E’ ancora innamorato della Haruno, vero?”

S-sì, credo di sì. Ed è, beh, così chiaro che non oserei mai metterlo in difficoltà.

No, non oserebbe.
Puoi scorgerlo nella sua voce che, per una volta, dimentica di saper tremare e, semplicemente, scorre.

Come se si trattasse di un colpo già bene accusato, di una cicatrice nascosta in qualche piega del collo.

E’ sempre lì e può sempre potenzialmente ucciderti, ma, riuscendo ad ignorarla, potrai vivere.
“Sai, Neji nii-san…io amavo gli occhi di Naruto-kun, così azzurri e luminosi, non grigi e tristi come i miei. Mi mettevano allegria.”
Ti costa immane coraggio il solo accostare la mano alla sua, ed è una gioia sapere che non può comunque vederla né accorgersene, se non la tocchi.
“Può darsi che lo siano. Ma sappiate, Hinata-sama, che i vostri occhi rallegrano me.”

Sai che sta sgranando gli occhi. Sai tutto di lei, ormai; tredici anni passati ad osservarla hanno pagato abbastanza.
Ma non hai la minima idea di cosa stia succedendo, quando trova la tua mano vicino alla sua e la stringe.
Ha le unghie rovinate dal nervosismo, ma per non fartene percepire la consistenza fastidiosa preme solo i polpastrelli sulle tue dita, con cura.
Così morbida, devi appellarti a tutto il buon senso che hai per non ricambiare compromettendoti inesorabilmente.
“Grazie, Neji nii-san.”

Speranza ti scalda il cuore, ma forse è solo la sua voce.

-

Ti stringe le dita quando sente pronunciare da qualcuno il nome di Naruto.
Ti si avvicina di un passo scarsissimo quando lo sguardo del padre le si posa addosso, appesantendola e turbandola.

Si volta nella tua direzione, perché ha imparato che nessuna parte di te saprà più rifiutarla, e una certezza così solida e vicina la aiuta a stare più diritta, a tormentarsi di meno.

Quando ti capita di incontrarla di nuovo, sempre di notte, scopri che il suo cuore porta una misericordia mai portata da suo padre.
E’ in grado di perdonare, di misurare il valore delle persone in qualcosa di diverso dal sangue.
Realizzarlo ti rende inspiegabilmente felice.

E quando scopri che è in grado di prenderti la mano con la stessa tenerezza ogni volta, senti il tuo viso ammorbidirsi, svanire la precoce ruga che tende a formarsi sulla tua fronte contratta.

Qualche volta, quasi per scherzo, annulli le distanze tra di voi.
Hinata-sama può diventare Hinata, di notte, e può essere tua per qualche ora.
Non il suo petto, non il suo collo, non le sue labbra. Ma il suo nome.
“Anche questa sera è molto bella, vero, Hinata?”
Senti i suoi zigomi accaldarsi, mentre li sfiori come hai sempre desiderato.
“Sì…”
Ti basta stringerla con delicatezza e parlarle dolcemente, sai accontentarti.
Qualche volta, anche tu puoi diventare Neji.

“…sai, io…vorrei per te, un giorno, una libertà maggiore della mia. L’aria più pura di tutte, Neji. Per te, non vorrei quest’aria che sa di chiuso anche all’aperto.”
“Va bene così, non serve un tuo ‘impegno personale’ alla causa, non serve.”
Qualche volta, quando, anche senza il byakugan attivo, ti guarda, ti fa sentire nudo.
E sei tu ad abbassare la testa, roteando gli occhi, intimidito.

“Scusami, ma non posso crederti.”

Non sai parlarle senza problemi nemmeno quando la luna è così alta in cielo e voi siete così vicini.

Non sai più spalancare la bocca senza realizzare, nello stesso istante, che non sai che parole usare per non sembrarle rude o violento.
“Mio padre mi ha sempre raccontato che è nostro, il destino fatto di odio e mai amore. Perché ce lo attiriamo.”
Lo ricordi. Ricordi perfettamente la tua figura accostata agli shoji, la tua schiena perfettamente allineata alle sagome in carta di riso e la tua gola presto secca.
Ricordi di aver dimenticato di prendere fiato, per diversi minuti.
Poi, le parole che ti eri fermato ad ascoltare, quelle che lei può solo censurarti per non mostrare la misura nella quale ha saputo crederci.

“…il Loro odio, Hinata, alle volte è anche la misura del nostro amore. Non ricambieranno mai con sincerità né la gentilezza né un cuore offerto loro. Fa parte della loro natura, devi abituartici.
Non hai mai saputo misurare la verità di quelle parole, in tutta la tua vita.

Perché quell’orrore ti ha sempre impaurito troppo, togliendoti le parole e la possibilità di smentire tutto.
E non hai mai saputo quanto crederci neanche tu, anche se il tuo Byakugan ti suggeriva, in quella manciata di secondi in cui passavi lì davanti fingendo fosse una casualità, che nel pronunciare quelle parole Hyashi Hyuuga non era stato in grado di guardare sua figlia negli occhi neanche una volta.
In momenti del genere, ti senti senza peso, sull’orlo di un burrone.
Anche se sei seduto, le tue ginocchia tremano, forse per terrore di quel che Hyashi-sama avrebbe potuto farti se ti avesse notato, in quei tempi, o per timore di quello che lei potrebbe pensare di te se ti alzassi ora, vacillando in questa maniera incontrollata.

Sei sempre stato tu, dei due, quello più spaventato dai ricordi.

Ma quando sei così incerto sollevi le braccia a mezz’aria, come un invito, e quando lei s’inserisce all’interno, con tutta la sua sacrale e vezzosa lentezza, l’incastro è perfetto.
Si volta; può guardarti con una solidità di sguardo tale, a volte, da sconvolgerti.

“Vorrei che fossi libero, Neji. Un giorno, forse un giorno…”
Ma io vorrei che fossimo liberi entrambi, entrambi!”, vorresti urlare, ma soffochi l’urlo nella tua gola e pensi che non sarete mai liberi comunque, e che dirlo si limiterebbe a renderlo ancora di più concreto.

Prende consapevolezza delle linee del tuo marchio sfiorandolo al di sotto del simbolo di Konoha, insidiando le proprie labbra a percorrerne i profili.
Bagna quel che potrebbe bruciare, e nell’aria notturna, sulla tua testa china come a ricevere una benedizione, il suo alito fresco sa di libertà, e ti pare di avere fiato sufficiente ad una vita intera.


E’ ormai semplice routine spiarla mentre dorme.
Non dovresti essere lì, chino su di lei abbastanza da distinguerne ogni singola curva senza bisogno di ricalcarla con le dita, ma abbastanza lontano da non alitarle addosso.
L’hai accompagnata a dormire promettendole protezione anche nel sonno, anche se sai che questo non è tra i tuoi doveri, e Hyashi-sama ti rimprovererebbe.
Avresti dovuto tornare nelle tue stanze. Lei te lo avrebbe perdonato.
Non hai motivo di allontanarti; forse, paura.
Ma l’attesa di questi momenti è troppo grande per essere stroncata da un sentimento così banale.
Sta respirando, lentamente e con le labbra dischiuse.
Potrebbe essere un fiore delicato, fragilissimo.
Desidereresti ugualmente di strapparla via per portarla con te e altrettanto ugualmente non ne avresti il cuore.

Chini il capo, tentato, e sai che in una qualunque altra situazione saresti in grado di controllarti adeguatamente, ma non in questa.
Poche altre ore vi separano dalla luce. Presto dovrai andare via.
Percepisci le sue palpebre sollevarsi sotto le tue, mentre incontri la sua bocca.

E quando il tuo coprifronte scivola via, allacciato male, la tua pelle non brucia.

-


Quando lei viene a chiamarti sono passate poche settimane dal tuo diciottesimo compleanno e ti stai allenando con Hyashi-sama.

Chiudi gli occhi per riposarli e riprender fiato; Hyashi-sama ti congeda in tutta tranquillità, soddisfatto perché avete lavorato per ore.
Neji nii-san!”
Accorre in tutta la sua goffa graziosità, chiamandoti come le si conviene, come se non fosse mai cambiato niente.
Ha le guance affannate per la corsa e i capelli ormai lunghi le si agitano sulla schiena, ordinati come sempre, come se non obbedissero ad alcuna legge di gravità.

“Ditemi, Hinata-sama.”
Lei abbassa un po’ lo sguardo, come sempre.

Ma non dice niente, e tenti di spingerla a parlare con un silenzio ancor più ostinato del suo.
Così feroce da metterla a disagio. Troppo.
Quando il tuo byakugan ti aiuta a realizzare che non c’è nessuno intorno, le sfiori un gomito in una rapida carezza, come tacito invito a scusarti e andare avanti.
E’ sempre tutto così piacevolmente silenzioso, tra di voi.
Di un silenzio che di rado risulta irritante o terrificante come ora. Il più delle volte, è pieno.
Tsunade-sama…”, balbetta, “…ha detto di raggiungerla al palazzo dell’Hokage. Ha una missione per noi.”


“…e insomma, so che ci sono state cose spiacevoli tra di voi e se potessi non vi metterei nella stessa squadra, ma siamo a corto di ninja in questi giorni. La squadra medica ci serve al villaggio, e ora come ora siete gli unici ancora qui. E’ una missione di livello C, non avete comunque molto di cui preoccuparvi.
Fissi Hinata per una istante; è l’unica cosa che vedi.
Le tremano le mani, così gliele prendi tra le tue al di sotto della scrivania, dove Tsunade-sama non può vedervi.
Ti senti sereno quando accetti la missione, e firmi la vostra condanna.

-

Avete scortato il daimyō di turno senza troppe sorprese, un compito inaspettatamente facile.

Vi siete limitati a procedere con lentezza, scrutando bene ogni angolo, tenendovi vicini.
Anche quello, è stato facile.


Poi c’è stato un momento in cui lei è scivolata.
L’hai subito sorretta per le braccia, e lei ha stretto i denti e bisbigliato un ‘grazie’, ma non era per niente contenta.

Anzi, ne pareva rammaricata.
Ma alla tua perplessità, appena accennata, ha replicato con un sorriso, che è bastato a migliorare il tuo umore disturbato dall’inquieto realizzare che qualcosa, nella tua Hinata dalle mani tremanti, era cambiato.


“Siamo in anticipo di mezza giornata sulla tabella di marcia, Neji. Cosa faremo?”
Riponi il pagamento del daimiyō con cura, ma non ti fermi per parlarle.
“Potremmo fermarci a riposare da qualche parte. Visto che non abbiamo fretta, nessuno ce ne vorrà.
La scruti, grigio nel grigio.
Il suo sguardo è inaspettatamente fermo mentre la sua mano scivola, entrando nella tua.

Oh, il suo sguardo. Guarda il cielo, o forse cerca di guardare te, che sei più in alto.
Che meraviglia, l’universo di colori che specchi smerigliati come i suoi possono riflettere.

Da non crederci, ma tu, che hai i suoi stessi occhi, ci credi benissimo.
Perché entrambi potete essere tutto o niente.

E sta solo a te fare di lei qualcosa.

“Ne sarei molto felice, Neji. Davvero tanto.”

Inarca la schiena, cinta nel tuo abbraccio.

Sorride.
“Non mi hai fatto male. Non mi hai fatto male per niente.”
I suoi zigomi luccicano di sudore e mentre il tuo braccio la rigira, sporcandosi di sangue, sai che sta mentendo.

La luce non si spegne mai.
Filtra attraverso le persiane e la catturi, per vedere lei.
Luce, meravigliosa luce le si staglia lungo la gamba pallida e morbida, incrociata sulla tua.
Certe cose sono adeguate anche senza essere perfette.
Come la curva gentile dei suoi seni, su cui premere il viso per poter sprofondare nel bianco e dimenticare, ricevendone un conforto quasi materno.

Le sue palpebre non intendono abbassarsi prima delle tue. Non questa notte.

Se potessi, sussurreresti un grazie dagli occhi, annacquando i ricordi per attenuarne il dolore.
Ma non lo farai, perché anche quel semplice discorso silenzioso potrebbe spezzare la perfezione.
La luce potrebbe andare via.
E tu non potresti più vederla.


Che sciocchezza.

-

La porta si spalanca.
E’ penetrato nella locanda senza troppe cerimonie, scovandovi, incredulo.
Forse si è, quasi paternamente, preoccupato del vostro mancato ritorno.
Forse vi ha fatti cercare non appena gli è giunta notizia del buon esito della missione.

Forse ha desiderato sapere che stavate bene.
Come è possibile?
“Mia figlia. Mia figlia, come hai potuto!?
Troppo grigio, che male, la testa, la testa, la testa!

“Eri come un figlio per me! Lo eri, lo eri davvero!”
Ma tu non sei mai stato un padre per lei.

Il lenzuolo scivola a terra e lei è al tuo fianco, completamente nuda; spezza facilmente, interferendo col suo byakugan, il dolore alla tua fronte.
Sei nato per lei, dopotutto.
E’ così scontato che lei abbia tanto controllo su di te in maniera naturale…

Ma non ha mai voluto usarlo per ferirti.
Fa per stringerti, ma tu la allontani bruscamente, stanco di esserle tanto nocivo quanto lei ti è innocua.
Una volta libero, Hyashi-sama ti è già addosso.
E’ tempo di minuti, forse quarti d’ora.
Alla fine tu sei quello crollato in terra, ma lui è quello che non respira più.

Il suo crollo è come il rintocco di un enorme orologio, rumorosamente lì ad avvisarti che il tempo è scaduto.

-

Non una lacrima, non davanti a te.
Non senti odio, perché questo sentimento che hai saputo dare così per scontato non lo è mia stato per lei.
Vorresti dirle tante cose, ma anche se sei più alto di lei di venti centimetri, la tua bocca rimane ferma.
Da qualche parte, il tuo cuore è ancora quello di un bambino spaventato.


E scorgi in lei qualcosa che non hai mai visto, mentre pian piano si riveste e si alza dal letto.

Non ti abbraccia, non ti bacia.

Capisci che quello che sta per dirti farebbe abbastanza male da giustificare le distanze.
“Sarò io ad assumermi la responsabilità di tutto quanto, Neji, portando il corpo con me. Tu tornerai tra qualche giorno, quando si saranno calmate le acque. Se sarà necessario, testimonierai contro di me.

“Ma verrai cacciata dal villaggio o forse rinchiusa per sempre!”
Non uccisa, ti prego no, no, no, no, no…
“Non importa, Neji, perché tu verresti sicuramente ucciso. Ed è l’unica ipotesi che non vorrei mai affrontare.”
“Non devi farlo!”
Brevemente ed inaspettatamente, le sue labbra s’incurvano gentilmente all’insù.
“Forse. Ma lo farò lo stesso, Neji.”
“No, io mi costituirò e tu…”
“Non potrai. Perché se ci proverai costringerò il tuo marchio a bruciare, e non potrai parlare. Lo farò perché ti amo, Neji, e per questa ragione sai che potrei farlo e lo farò.
Hinata…”

Neji”, sorride lei, e non vorresti davvero guardare quel sorriso, ma sei costretto a farlo perché sa di speranza, “sai che succede se il membro della casa principale alla quale hai dedicato la tua vita muore?”
Non rispondi. Non puoi rispondere perché hai già intuito la risposta e ne hai il terrore.
“Il marchio scompare.”

E capisci che il prezzo per la libertà è sempre, sempre troppo alto per essere accettabile.
Di aver combattuto per anni una battaglia persa in partenza.

Le strappi un’ultima, dolorosa occhiata, mentre lei si affretta a rivolgerti la schiena.

Speri che la tua voce la fermi, o lo faranno le tue braccia.

“Libertà è stato amarti, Hinata. Va bene così, io sono felice. Quindi ti prego, non andare via.” le sussurri, speranzoso.

“Anch’io sono stata libera, e sono fiera di me.”
Il sorriso sulle sue labbra non muore mai.

Il suo nuovo coraggio vuole che risulti credibile, probabilmente.

“Ricordati che ti amo, Neji. Ora e per sempre”
Ti bacia di un bacio profondo che pretende di bastare a una vita, e quando vi separate realizzi, improvvisamente che, per opera delle sue dita che hanno finto di sfiorarti distrattamente il petto, non puoi più muoverti.

Il tuo corpo ha dimenticato come fare.
Vedo, oh, ora la vedo. La disperazione di una donna cambiata dai sentimenti, e la debolezza di un uomo rammollitone.
“Mi dispiace. Non odiarmi, ti prego.”, ripete con affetto, ma se ne va comunque.


Ti senti sciocco quando indugi nell’accarezzare una guancia al nulla, perfettamente immobile.

Non ti sei ancora abituato a questa sensazione di vuoto ghiacciato al tuo fianco, dove poco prima c’era Hinata, ora solo l’impronta del suo corpo. Presto, neanche quella.

“Non ti ho mai odiata.”, mormori al vento, ora che hai consapevolezza e fiato sufficienti a farlo.

Ma il vento, inclemente, non risponde.



-


Note finali:




Ho voluto giocare un po’ sul concetto del “nato per proteggerla”, facendone quasi una regola specifica, per non dare questo assurdo controllo su ogni cadetto a Hyashi, ma solo un relativo controllo, perché il legame più profondo lega il segno di Neji a Hinata, suppongo.
Sono tutte speculazioni, ma non mi è mai stato dimostrato il contrario, dopotutto XD;, quindi…
E’ mia speculazione anche presumere che possa essere mandata in missione una squadra di due membri, in tempi di penuria di forze e in una missione facile.
Inoltre, come ultimi appunti che potrebbero essere scontati ma non ne sono certa, i primi pezzi, ma per lo più è comprensibile, non seguono un ordine cronologico, ma il disordinato filo dei ricordi. Solo dall’esame in poi sono in ordine, e da lì in poi c’è uno spazio di tempo che intercorre tra i pezzi vari, che è appena accennato ma esiste.

Anche il finale è giustificato dal passare degli anni e dal mutare del carattere di lei, così come è diventato più mite quello di lui.

Come ultimissima cosa, la scena del bacio sul marchio a me è venuta naturale ._.;;, non avevo letto molte fic della sezione Naruto al tempo della prima stesura, e se fosse stata inserita anche in altre fic è del tutto involontario. Ho fatto caso, ultimamente, che, è una segno rintracciabile anche in alcune fan-art, ma la credevo quasi originale quando l’ho scritta. Oh, amen XD;
Sono felice di essermi piazzata assieme a Kaho, sissì, e tanti complimenti anche a Kokky e Arwen <3.

Per il resto, ho postato a discapito del mio mancato betaggio perché, Onda cara, non ti voglio dare lavoro già dopo l’Inferno, quindi posto lo stesso e amen XD;, mi tolgo un pensiero e lavoro a quel che posterò in onore della fine dei tuoi esami.

E perché sono impaziente. E perché così ti rilassi del tutto, appena rientrata. Poi se becchi errori madornali correggo qui, eh XD.

Un grosso grazie anche a ValHerm e Chibi, per le risposte al questionario. Non so come avrei fatto senza di voi <3
E detto questo mi ritiro, lieta che questa storia assurda, pur essendo la mia prima Hyuugacest, sia piaciuta.
Questo Neji rabbioso è pieno di me, e del rapporto tra loro ne capisco qualcosa per motivi vari, quindi mi tocca molto sapere che non è indecente.
Amerò finanche più del solito qualunque commento, quindi, ma è scontato, credo.

Grazie anche solo per essere arrivati a leggere fin qui.

  
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