Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: WarHamster    11/03/2014    9 recensioni
1973, rimasugli del movimento hippie, sogni di gloria sciolti nel succo di limone, una roulotte e vecchie ferite.
-
Il tetto è freddo, Moon sulla sua pancia, Trim sulla sua coscia.
Baci, sospiri.
Lemony è felice, ha così tanti sogni che finisce per dimenticarseli e inventarne di nuovi.
Trim non dorme, non lo fa da tempo, a volte ha l’impressione che potrebbe buttarsi dal tetto di quella roulotte e prendere il volo. Moon gli stringe una caviglia, striscia fra le sue cosce, abbatte le barriere, Lemony lo accarezza, sanno sempre cosa fare.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA: 1- Questa storia segue un filo narrativo e una tecnica espositiva tutti suoi poiché tiene il punto di vista dei protagonisti che, fancendo uso di droghe, percepivano la realtà in maniera alterata (nella prima parte gli acidi dilatano e restringono il tempo e alterano la percezione sensoriale, nella seconda la cannabis confonde i ricordi, nella terza l’eroina fa focalizzare l’attenzione sui dettagli in maniera quasi sconnessa)
2- Ogni tanto sono presenti dei termini o delle allusioni “del gergo”: francobollo è come viene chiamata una tipologia di acidi e la “meraviglia sotto la lingua” è di nuovo riferito a quest’ultimi (che si sciolgono per l’appunto, sotto la lingua). Il cucchiaio e il limone sono elementi tipici del consumo di eroina, la polvere viene messa nel cucchiaio con acqua e succo di limone (che ne facilita lo scioglimento) poi il cucchiaio viene riscaldato con un accendino, il tutto viene filtrato e iniettato con una comune siringa da insulina dopo aver stretto il braccio con un laccio emostatico; non ho volutamente esplicitato dove venga stretto il laccio poiché gli eroinomani ad uno stadio avanzato hanno ormai fatto collassare le vene nell’incavo del gomito e passano ad altre zone del corpo (in genere polsi, caviglie e piedi ma, secondo la testimonianza di Nikki Sixx, si può arrivare a non avere più vene integre ed essere costretti a bucare il collo o addirittura i genitali).
3- Sono presenti alcune citazioni musicali, per prima nel titolo, è una frase presa da Riders on the Storm, canzone dei The Doors del 1971, e nel testo vengono citati i Rolling Stones (Stones) che nel ’69 avevano già all’attivo ben 13 album. Un’altra citazione ricorrente è quella a Blackbird, che fa in un certo senso da perno alle 4 parti: si tratta di una canzone dei Beatles del 1968 contenuta nel White Album e che ha grossomodo delineato il personaggio di Trim.
I titoli delle quattro parti vengono invece da Heaven dei Depeche Mode, quella strofa è davvero troppo bella e ha plasmato l’intera trama affinché seguisse quei versi.
4- La luna blu (blue moon) è il nome dato alla seconda luna piena del mese, evento che si verifica periodicamente, è una luna “inattesa”, a metà tra il dono del cielo e il presagio di sventura (ed è un gioco di parole con il nome del personaggio).
5-Le parti tra parentesi sono volutamente prive di interpunzione poiché sono nel primo caso una sorta di sintesi dei personaggi e, nel secondo, dei flashback violenti e rapidissimi. Qualsiasi segno grafico io abbia utilizzato è completamente voluto.
6- La storia si è classificata quarta al contest "Emozioni al primo sguardo" indetto da FairLady@EFP sul forum di EFP, seconda al "Angst come se non ci fosse un domani" indetto daValvonauta_ sul forum di EFP, e prima al contest "Angst a tutto spiano" indetto da AoKise92 sul forum di EFP
7- L’idea nasce dal contest indetto sul gruppo fb Sinceramente…, siano lodate le supreme dittatrici.

Disclaimer: questi personaggi mi appartengono così come le loro storie, sono la loro unica speranza e il loro incubo peggiore.

 
 

Into this house we’re born. Into this world we’re thrown.
 

Parte I » I dissolve in trust
            (Lemony)

Può darsi che siano in Arizona.
C’è aria calda da tutte le parti, nella roulotte, fuori dal finestrino, nella sua testa.
Lemony ha una camicia di seta che le si è appiccicata addosso, o forse no, forse è la sua pelle che sta diventando larga, forse è lei che si è fatta piccola.
Lemony sente la schiena bruciare quando si sdraia sul tetto della roulotte, vede rosso dietro le palpebre, non sa da quanto non riapre gli occhi.
Trim suona qualcosa di familiare, pare che dalla sua chitarra esca solo musica vecchia, non che a lei importi, le piace quello che suona Trim.

(mani corde ferite sudore incubi baci fumo Trim)

Lem ha una sigaretta in bocca, brucia e fa quel rumore frusciante che le piace tanto. Una volta ha visto un film al drive-in e le sigarette facevano esattamente lo stesso rumore, un orgasmo di foglie.
Si immagina la torretta di cenere ondeggiare al suo respiro.
Moon suona sulle bottiglie di birra.

(morsi aghi meraviglia graffi soffi urla francobolli luci lingua Moon)

Lemony non ricorda quando è stata l’ultima volta che hanno suonato insieme, forse all’inizio erano un gruppo, forse erano partiti proprio per suonare. Si perdevano sempre lungo la strada.
Trim canticchia, non ha mai avuto una bella voce, a lei piace, ma non è bella. Anche Moon lo pensa, o forse l’ha detto solo per farla contenta.
Moon cerca sempre di farla contenta, anche per questo a Lemony piace.
Forse non dovrebbe stare sotto tutto quel sole senza maglietta, si sente appiccicaticcia come le caramelle gommose di Trim.
Si ustionerà i capezzoli, ride perché le pare una cosa stupida.

(seni gemiti sorrisi voce sole pace danze Lemony)

Lemony balla a piedi nudi sul tetto bollente, Moon è salito da lei, non lo vede ma lo sa. È come se avesse una gravità propria, sarà colpa dell’erba, si dice. Gran parte di ciò che sente è colpa dell’erba.
Moon balla con lei, le dita affondate nei suoi fianchi, si è scottata, lei ride mentre la sua lingua passa sulla pelle rossa. Brucia.
Lei ride, Moon balla, Trim suona. E forse si chiedono che ci fanno al mondo, ma dopo un momento non ci pensano più.

(intrecci corpi risate balli chitarre voci labbra lingue sogni)

Moon balla così stretto a lei che potrebbero essere una cosa sola, lei con i capelli stopposi appiccicati alla faccia, a volte ha l’impressione di non essere più lì, di non esserci e basta.
Poi Moon la bacia e tutto è di nuovo giusto.
E Trim sorride e Lemony non lo vede ma lo sa, ché il sorriso di Trim è come un razzo, fischia e scoppia.

(chiasso fughe domande ancore sirene dita oggi)

Trim e Moon, Moon e Trim. E Lemony.
È come se in un nome solo li si potesse contenere tutti.
Lemony a volte pensa che siano uno stesso essere, altre che siano qualcosa di divino, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Moon dice che sono tutte cazzate, ma le piacerebbe essere una colomba. Trim dà la colpa agli aghi.
Lui deve sempre dare la colpa a qualcosa, gli aghi, i soldi, il tempo, Moon. Poi lei lo bacia e tutto torna a posto.

(santi mondi menti viaggi Loro)

Lemony ride, a volte ride così tanto da grugnire.
Moon scuote la testa e scalda il cucchiaio, non gli piace quando si parla di soldi, alla fine è lui l’unico che ne porta dentro qualcuno e può procurarseli come gli pare.
Ed è tutto meraviglia quando Trim smette di lamentarsi. E forse il sole è calato, forse no, Lemony ha gli occhi aperti ma non lo sa, li ha troppo pieni di loro per guardare altro.

(quiete notte cieli corpi Loro)

Il tetto è freddo, Moon sulla sua pancia, Trim sulla sua coscia.
Baci, sospiri.
Lemony è felice, ha così tanti sogni che finisce per dimenticarseli e inventarne di nuovi.
Trim non dorme, non lo fa da tempo, a volte ha l’impressione che potrebbe buttarsi dal tetto di quella roulotte e prendere il volo. Moon gli stringe una caviglia, striscia fra le sue cosce, abbatte le barriere. Lemony lo accarezza, sanno sempre cosa fare.

(cure saliva sussurri schiocchi Loro)

Lemony talvolta ha paura che finisca, così come da bambina aveva paura del buio.
Ne ha ancora adesso, ma sono Loro e tutto passa.
Trim chiude gli occhi, potrebbero fargli di tutto, Loro potrebbero, lui li lascerebbe fare, si fida.
Moon riempie la siringa, lei lega il laccio, Trim respira, l’ago buca. Il bacino di Lemony contro il suo, la bocca di Moon.
Penetrazioni bidirezionali.
Meraviglia.

(limone carne colpi guaiti sesso Loro)

(Lem dovrebbe sempre restare nuda.

E tu dovresti restare sempre fatto.

A me basta che si resti sempre noi.)

 

Parte II » I will sing with joy
             (Il volo del calabrone)

C’è una differenza sostanziale tra Moon e Trim, Lemony lo sa, di Moon si ricorda il prima, quando non c’era.
Trim no, Trim c’è sempre stato. Erano stati bambini insieme, in Alabama, Lemony se lo ricorda.
C’era una casa sull’albero nel suo giardino, era piccola, ci si stava al massimo in tre – non che avessero bisogno di starci in tanti, erano sempre e solo lei e Trim.
Stavano lì anche quando faceva freddo e dovevano stendere le coperte a terra, al tempo in cui lui si chiamava ancora Tim.
Aveva i capelli lunghi e neri, c’era chi diceva che suo padre fosse mulatto, Lemony non l’aveva mai visto, il padre di Tim, però le piacevano i suoi capelli. Lem glieli intrecciava, Tim fischiava, c’era profumo di biscotti, sua madre ne faceva di buonissimi, burrosi, fatti apposta per essere inzuppati nel latte. A volte Lemony aveva la sensazione che li facesse solo per Tim, per quando lo vedeva arrivare ciondolante.

Tim zoppicava sempre un po’, e a volte aveva la faccia viola, quando gli chiedeva timidamente che cos’avesse lui inventava le scuse più improbabili.
Sospettava qualcosa, non era sempre stato così, prima Tim sorrideva e si addormentava sulle sue gambe nella casetta sull’albero. Poi era arrivato Scott.
Lem non sapeva bene cosa ci facesse lì, ma fumava troppo, baciava la madre di Tim e si era portato via un pezzo di lui.
E, anni dopo Scott, era arrivato Il Giorno, quello in cui Tim se n’era andato.

Aveva una curva sulla faccia, Lemony era sicura che non fosse un sorriso.
Aveva del sangue sulla bocca, Lemony era sicura che fosse suo.
Aveva i capelli corti, buchi quasi calvi, ciocche ancora un po’ lunghe.
Scott diceva che era come una ragazza, che erano fatti per domarlo come la briglia per un cavallo.
Si era affondato le forbici in testa e le aveva chiuse, più e più volte.
Era arrivato Trim, ma Scott non se n’era andato, e nemmeno i lividi.

Avevano quindici anni, il ’68 da loro non era arrivato, o forse erano troppo bambini per vederlo.
Trim si era comprato una chitarra, strimpellava tutto il tempo pezzi dei Beatles, e Lem cantava, aveva una bella voce, piena e calda, da donna del sud.
Ora era lui a fare le trecce a Lemony, stavano da lei in salotto, la casetta era crollata l’anno prima, ascoltavano dischi degli Stones, ballavano, fumavano.
Ogni tanto scoppiavano petardi dietro la scuola, non c’era un vero motivo per farlo, solo l’eccitazione di quel botto che avrebbe potuto attirare chiunque. Esplodevano e loro scappavano, le dita intrecciate e strette. Trim aveva già quello sguardo strano, quello di chi ha ingoiato una vespa.

All’epoca cantavano in parrocchia per far felici in genitori, poi suonavano nei locali per raccogliere spicci, erano giovani e carini, andavano abbastanza. E Lemony ubriaca piaceva a tutti.
Trim era riuscito a comprarsi una macchina, aveva persino l’autoradio col mangiacassette. Lem sbatteva sempre troppo forte la portiera e lui la sgridava.
Guidava spesso di notte con Lemony accoccolata sul sedile che miagolava My Way – come se sapesse davvero cosa significa vedere la fine – poi si addormentava e lui poteva fermarsi e piangere in pace.
C’era stata una volta in cui Lem si era svegliata, aveva gli occhi a mezz’asta, fumava troppo. Diceva “non piangere, faccio io”, gli aveva abbassato i pantaloni inginocchiata sull’erba fuori dalla portiera, ma lui aveva detto di no – poco importava che ce l’avesse duro – non voleva sentirsi Scott nella bocca di Lemony.
Si era addormentata sulla sua coscia nuda. Trim aveva riso.

C’era Blackbird alla radio, sere dopo, e Lemony con quel vestito giallo per cui l’aveva presa in giro troppe volte. Eppure non era più ridicolo arrotolato sui suoi fianchi, le cosce scoperte, le gambe aperte sul suo bacino.
Appoggiava la schiena al volante e si muoveva in fretta, era come se guadagnasse la forza per sollevarsi di più ogni volta che scendeva.
Trim restava immobile, la testa all’indietro, le mani sui suoi fianchi, finalmente non pensava a nulla.

Erano partiti una mattina di ottobre, lui sui sedili dietro, suonava Blackbird e ne accendeva una dietro l’altra. Lem guidava, fumava e cantava. E Los Angeles si faceva sempre più vicina.
Non era come se l’aspettava, la città degli angeli, Lemony voleva una Terra Promessa, non un enorme bordello senza nulla di sacro.
Trim invece pareva sguazzarci, sembrava che i suoi demoni ci si rotolassero giulivi, in tutto quel casino.
Litigavano spesso e suonavano sempre meno, dava la colpa agli aghi. A Lem non piacevano quei segni sulle sue braccia, ma lo lasciava fare.
I soldi finivano in fretta, anche i lavoretti che faceva nei bagni non bastavano.
Trim faceva discorsi strani, parlava di volare via, c’erano aghi dappertutto.

C’era di nuovo Blackbird alla radio quando Trim si era chiuso in macchina, chissà quanto era passato da quella notte in Alabama.
Trim aveva le labbra viola, Lemony poteva vederle dal finestrino sporco. Batteva sul vetro, lo pregava di aprire. Era successo altre volte, ma non era mai stato così viola.
Lemony piangeva, Trim avrebbe fatto qualcosa se solo l’avesse sentita.
Era stato allora che era arrivato Moon.

C’erano vetri dappertutto, e sangue sulla sua mano, ma alla fine Trim era stato bene – o almeno aveva riaperto gli occhi.
Lem non sa ancora come sia successo, ma da quella notte c’è una roulotte agganciata alla Ford di Trim.
Forse gli serviva soltanto un passaggio, ma alla fine è rimasto. Diceva che Lem avesse un bel culo, lei lo lasciava fare, da quando era lì Trim riusciva a chiudere gli occhi senza urlare, ogni tanto. E Lem aveva ripreso a cantare.

(Sai, a volte penso che Trim sia morto.
È come il calabrone che è troppo grosso per volare,
 ma lui non lo sa e vola lo stesso.
Trim è morto ma non lo sa, e respira lo stesso.

A volte dici cose cattive.

Ma mi ami comunque.)

 

Parte III » I will turn to dust
              (Blue Moon)

C’è qualcosa di meraviglioso nel modo in cui Moon si libera delle lenzuola. È come se fosse un rituale sacro, come se nascesse, come se sorgesse.
Trim è rapito da quel suo ondeggiare a occhi chiusi, da come spalanca quella sua bocca alla Marlon Brando in un finto sbadiglio, come se si fosse riposato.
Nessuno di loro dorme davvero, Trim lo sa, chiude gli occhi e si sveglia sempre più stanco. Ma Moon finge, è un attore nato, ha la meraviglia sotto la lingua, colori in gola, viaggi fra i capelli, Moon è una lentissima navicella spaziale, un alieno caraibico.
Balla piano.
Fuma piano.
Fotte piano.
Fa tutto con calma.
A volte Trim si chiede dove trovi il tempo per vivere così, ma poi si fa contagiare, si fa toccare e guidare.

(piccolo Trim nell’armadio pensa di nascondersi)

Moon non gli ricorda il passato, scorre lento sottopelle come sangue nuovo.
E, come le cose belle, a volte scompare, Trim sa che finirà per non tornare. Poi una mattina lui è lì, con le labbra viola e i capelli sporchi, e Trim vorrebbe arrabbiarsi, ma è stanco.
Non sa bene come sia arrivato, non lo sa proprio, ma ogni volta che torna vorrebbe che non se ne andasse più.

(dita fra i capelli cinghia sulla schiena coperta ruvida sulle sue cosce mamma dove sei?)

Moon ha una sveglia verde e nera, un grosso e brutto insetto, la lascia suonare e sta con gli occhi chiusi. Trim non sa perché diavolo la tenga lì, ma gli piace.
Trim, Trin, drin. Sembra che lo chiami.
Moon ha i capelli ancor più biondi sulle lenzuola bianco sporco, da quanto non sono puliti?
A volte vorrebbe chiamarlo per nome, come fa con Lemony, non MoonMoonMOON che gli sa di distante.
Ha una certa fissazione per i nomi, lui che non ne ha più uno.
Ma quello di Moon non si sa, o forse è solo troppo difficile da dire, Lem dice che è una formula magica, dice un sacco di stronzate quando è fatta.
Ma su Moon non si sbaglia, Moon è magia. Gli bacia la punta delle dita, dita da prestigiatore, mani che portano le stelle.

(guance bagnate dita strette sangue fra le cosce)

Cerca le labbra viola, sanno di whisky e patatine, Lem gli accarezza la pancia.
Mangia solo uva bianca, se la infila un acino alla volta fra le labbra spaccate. Moon la vede e sorride, e in fondo stanno bene.
E Trim lascia che venga il sonno, quello triste, quello che gli ricorda Scott, e la cinghia attorno al collo, e i capelli tirati, e la bocca piena da strozzarlo, e il sangue che cola fino alle ginocchia, e le forbici nella sua testa, che tagliano, tagliano, tagliano tutta la voglia di vivere, voglia di correre, voglia di Lem e Moon.
E gli aghi, e quel che resta della meraviglia, attimi di pace pagati con il tempo.

(vomito pavimento freddo non dirlo a nessuno)

whisky e patatine
uva
biscotti
una casetta sull’albero
portiere sbattute
aghi
meraviglia

Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise--

--Blackbird fly.

 

Fine » I’m in heaven

Lemony ha ancora quel vestito giallo; forse non è proprio quello, forse è solo che le piace il giallo. Forse l’ha fatto per Lui o forse non si ricorda nemmeno più di quel vestito.
Moon ormai non ne ha più, di certezze; se ne sta lì in giacca e cravatta, così abituato a essere normale che non sa più chi sia.
Non sa se Lemony è come lui, se in quegli anni il suo sole si è spento.
Non sa perché abbiano scelto quel motel da due soldi, forse è che i letti hanno lo stesso odore della loro roulotte.

L’avevano bruciata, qualche settimana dopo La Migrazione di Trim.
Era così che l’aveva chiamata Lem: La Migrazione di Trim.
Era fin troppo sotto con gli acidi.
Ha i capelli raccolti disordinatamente e le perle alle orecchie, come le ragazze per bene.
L’avevano sepolto in Alabama, in un cimitero piccolo e secco, lontano da tutto. Nessuno aveva avvertito la sua famiglia, Lemony diceva che era meglio così.

Ha una di quelle camicette bianche che con il caldo diventano trasparenti, e quando se la toglie Moon un po’ finge di non aspettarselo.
E lei è nuda sul letto, nel caldo soffocante, con la sigaretta in mano, un po’ meno burrosa di come se la ricordava.
E Moon alla fine se lo chiede, perché è passato così tanto tempo, perché stanno lontani se è tutto così naturale. Se ne ricorda, di quando non c’era niente di più importante di loro, e lui o Trim l’avrebbero sposata, e avrebbero avuto dei bambini, uno a testa almeno, e si fottessero gli altri, sarebbero stati felici e avrebbero dormito e Trim sarebbe guarito.
Se lo chiede, perché non l’ha sposata, Lemony.
Ma senza Trim non sono più Loro, senza di lui non avrebbe senso, avrebbe finito per sposare una donna e un ricordo.

Ma alla fine anche Moon si spoglia, perché loro si sono sempre leccati le ferite così.
E forse, in quel momento, Lui è lì, fra tutti i se e i forse, fra sogni mai raccontati, cravatte e orecchini di perla.
Forse sotto quei vestiti da adulti c’è ancora la meraviglia.
Amara, triste, perduta meraviglia.

Forse da qualche parte, nel mondo, qualcuno sta suonando Blackbird.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: WarHamster