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Autore: NamelessLiberty6Guns_    11/03/2014    6 recensioni
Suzuki Ryo, 46 anni, sposato ma senza figli. Dirigeva un’azienda molto grande per la sua età, era soddisfatto dunque del suo lavoro e aveva ancora molti progetti da realizzare. Come tutti aveva avuto un passato che però aveva deciso di rinchiudere in un cassetto remoto della sua mente. Quel strano giorno il suo passato era ritornato, con una lettera che aveva trovato nella posta personale quel mattino.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Una donna vestita con un elegante completo grigio perla camminava velocemente lungo il corridoio dell’ufficio dove lavorava. Tutti la consideravano troppo giovane per fare un lavoro così serio, ma quello era da sempre stato il suo sogno. Reggendo in mano una cartella piena di importanti documenti, si apprestava a raggiungere l’ufficio del capo; un uomo estremamente intelligente, affidabile, stimato e abile nei suoi affari. Da quando lui ricopriva quella mansione la ditta per cui lei era impiegata non aveva mai sbagliato un affare. Raggiunse una massiccia porta di legno alla fine di uno dei vari corridoi, e bussò gentilmente. Dall’interno arrivò un ‘Sì?’, e dunque lei aprì la porta.

“Con permesso.” disse.

“Prego, signora Imura.” 

Lei si sedette in una delle comode sedie di velluto messe a disposizione. Dall’altro lato della scrivania alla quale si era accomodata vi era lui, il capo. Sulla scrivania dell’uomo vi era scritto il suo nome, in un’elegante calligrafia. 

Suzuki Ryo.

L’uomo avrà avuto circa quarantacinque anni. Capelli scuri leggermente brizzolati, tenuti corti, occhi molto scuri e profondi, cipiglio serio ma non sgradevole. Quel giorno vestiva un elegante completo nero. Lei gli porse la cartella che reggeva in mano.

“Sono i documenti che mi aveva richiesto per la conclusione dell’affare con la società Nakatomi, signore.”

Lui prese gentilmente la cartella e sfogliò velocemente i documenti all’interno.

“La ringrazio, Imura san, gli analizzerò con calma.”

Lei dunque s’alzò e con un veloce inchino uscì dalla stanza, ancheggiando appena. La porta si chiuse e lui lanciò un lungo sospiro, ponendo la cartella sulla scrivania e tornando a girarsi verso l’ampia finestra dietro di lui. Da lì poteva vedere una grande porzione di Tokyo, a quell’ora già completamente illuminata. Erano quasi le 18 e fra poco i suoi colleghi se ne sarebbero tornati alle loro famiglie. Tokyo da lì era tremendamente bella. Ripensò a come quel giorno fosse stato incredibilmente strano da quando si era alzato fino a quel momento. 

Suzuki Ryo, 46 anni, sposato ma senza figli. Dirigeva un’azienda molto grande per la sua età, era soddisfatto dunque del suo lavoro e aveva ancora molti progetti da realizzare. Come tutti aveva avuto un passato, che però aveva deciso di rinchiudere in un cassetto remoto della sua mente. Quel strano giorno il suo passato era ritornato, con una lettera che aveva trovato nella posta personale quel mattino. Già quando si era alzato le cose non erano normali: la moglie non era in casa e non gli aveva lasciato nulla per avvisarlo, cosa che era usualmente abituale. Si preparò in fretta un caffè ed uscì di casa. Arrivato in ufficio aveva aperto la cartella dove la segretaria riponeva le lettere indirizzate a lui. Oltre alle solite bollette e alla lettera dalla società Nakatomi, che comunicava di voler accettare il contratto da lui proposto, trovò una strana lettera senza mittente. Curioso la aprì, ed estrasse subito la lettera. 

 

“Egr. Sig. Suzuki,

si ricorda di me? Sono Shiroyama Yuu.

 

Come poteva averlo dimenticato? Uno dei suoi più cari amici del passato che aveva voluto dimenticare. Con un debole sorriso continuò la lettura. 

 

Le scrivo per comunicarle che qui le cose non vanno bene. Il Suo amico Takashima Kouyou è gravemente malato, e nonostante le Sue richieste di chiuderci fuori dalla Sua vita, Takashima la rivorrebbe di nuovo accanto a lei. Confido nel suo buon cuore e nell’affetto che un tempo provava per noi. Può chiamarci a questo numero: 008136674511.

Cordiali saluti, 

Shiroyama Yuu.

 

P.s.-Perdoni la formalità della lettera, ma temevo che io stia scrivendo alla persona sbagliata. Se Lei è la persona sbagliata può pure cestinare questa lettera.

 

La lettera finiva lì, con un enorme spazio vuoto alla fine. Le sue mani tremarono leggermente. Kouyou era stato un tempo il suo migliore amico, la persona senza cui non poteva vivere. Dopo quella sua decisione non aveva sentito né lui, né Yuu. Ma ora con che coraggio avrebbe potuto chiamarli? si chiese, infilando la lettera nel taschino della giacca, e cercando di ritornare alle sue normali mansioni. Cosa che non riuscì assolutamente a fare. Davanti a quella finestra sentiva le voci dei colleghi salutarsi cordialmente, augurandosi una buona serata. Decise che una buona notte di riposo l’avrebbe aiutato a ritornare in forma, così prese la ventiquattrore riponendo all’interno la cartella che gli aveva portato la signora Imura e indossò il giaccone. Prese le chiavi ed uscì, chiudendo la porta a chiave e indirizzandosi verso il parcheggio. Non sapeva bene che fare, non sapeva se chiamare davvero i suoi vecchi amici o se far finta di nulla. Raggiunto il parcheggio, si sedette in macchina. Ma non partì. Rimase immobile, la mano appoggiata sul taschino del giaccone dove riponeva il cellulare, indeciso. Fu un attimo, nel quale estrasse la lettera dalla giacca e compose il numero senza nemmeno pensarci. Schiacciò il verde.

Appena sentì la chiamata partire, un dubbio s’insinuò nel suo petto. Che cosa avrebbe detto ai suoi amici? 

“Moshi moshi?” sentì dall’altra parte della linea.

“Ehm… Buonasera, sono Ryo… Suzuki, e…”

“Ommiodio.” Lo interruppe l’altro. “Hai davvero ricevuto la lettera?” Ryo riconobbe d’un tratto la voce di Yuu, come se il tempo non fosse mai passato.

“Ehm… Si…”

“Ryo, come stai??” disse l’altro non riuscendo a bloccare l’emozione. “Ommiodio io pensavo che quella lettera non ti sarebbe mai arrivata, o che l’avessi inviata alla persona sbagliata… Oh dio…”

“Io… Io sto bene, sì. E tu? E… Kou?” chiese. Forse aveva fatto una mossa azzardata ponendo quella domanda. 

“Io me la cavo, Kou invece un po' meno…”

“Ma che…”

L’altro lo interruppe di nuovo. “Vedi… Leucemia. Sono quasi 7 mesi ormai. Non abbiamo ancora trovato un donatore… Questo è il problema… Lui si è lasciato andare. E’ convinto che morirà.” E qui la sua voce si incrinò. “Per questo volevo provare a rintracciarti. Sono sicuro che la tua presenza lo farà stare meglio. Molto meglio.” e lasciò un lungo sospiro.

Ryo non sapeva che dire. Sospirò. “Dimmi dove siete. Vengo a trovarvi.” fu quello che riuscì a dire.

“…davvero?” rispose Yuu, con una leggera incredulità. 

“Sì.” 

“Ti toccherà tornare dove tu non vuoi tornare.” rispose freddamente Yuu.

Ryo ripensò al quartiere di Nakano, a tutto quelle memorie che quel posto gli riportava alla mente. 

“Non importa.” sapeva che sarebbe sicuramente stato oggetto di scherno di Yuu, aveva giurato che per tutta la vita non sarebbe tornato da loro né tantomeno a Nakano. Ma in gioco c’era la vita di uno dei suoi più cari amici. 

“Ne sei veramente sicuro?”

“Sì, Yuu. Non torno indietro sulle mie decisioni.”

“D’accordo. Ci troverai nell’appartamento attaccato al parco, al numero 32. Non puoi sbagliare.”

“Dammi 20 minuti.”

“A dopo.”

“Ciao.”

Lo stava per fare davvero? Rimase per un attimo immobile a fissare lo schermo del cellulare, mise subito dopo in moto e partì. Stava per farlo davvero? Era davvero pronto a tornare a quelle memorie che per quei 26 anni erano rimaste ermeticamente chiuse nella sua mente? Immergendosi nel traffico di Tokyo non faceva che ripetersi questa domanda. Avvicinandosi man mano a Nakano sentiva una punta di pentimento far capolino, forse aveva sbagliato. Appena rivide la sua vecchia casa una piccola lama s’infilò nel suo cuore; ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Raggiunse il parco, altro luogo che gli procurò varie fitte al cuore e vide l’appartamento di cui Yuu aveva parlato al telefono. Parcheggiò, cerco i cognomi di uno dei due e suonò, automaticamente. Troppo tardi per tornare indietro. Il portone si aprì con uno scatto metallico, Ryo entrò e salì dunque le scale. 

Al terzo piano trovò una porta semi aperta e una persona che lo attendeva sulla soglia.

Come se il tempo non fosse mai passato.

Yuu era sempre lo stesso. Lunghi capelli corvini però striati di bianco lasciati sciolti, gli occhi scuri, persino il piercing al labbro era ancora lì. Non si dissero nulla. Si abbracciarono. Anzi, fu Yuu ad abbracciare Ryo. E quest’ultimo, preso da una nostalgia che era sicuro di non avere mai provato prima, ricambiò la stretta. Si lasciarono.

“E’ un enorme piacere rivederti, Ryo.” disse Yuu sorridendo e con una punta di lacrime negli occhi. 

“Lo è anche per me.” rispose Ryo sorridendo di rimando. 

Yuu lo fece entrare in casa, un ordine che non era da lui regnava nell’abitazione. Da quello che lui ricordava Yuu era la persona più disordinata dell’universo. 

“Caffè?” chiese il padrone di casa.

“No, grazie, sono apposto.”

Si sedettero nella piccola ma confortevole cucina. Ryo aprì il giaccone e lo adagiò sulla sedia dove poco dopo si sedette.

“Kou sta dormendo,” disse Yuu “appena si sveglia ti porto da lui.” e si preparò un caffè.

“Va bene.” rispose Ryo in uno stato di notevole imbarazzo. Che poteva chiedere all’amico che aveva voluto dimenticare? Fortunatamente fu Yuu a parlare.

“Dai, Ryo, aggiornami. Cosa è successo in tutti questi anni?”
“Immagino tu sappia che dirigo un’azienda molto grande…”

“Sì, me l’ha detto mia sorella. “

“Poi… Bè, mi sono sposato.”

Per poco a Yuu non cadde la tazzina di mano. “COSA?!”

Ryo tirò un sospiro. Sapeva che avrebbe avuto quella reazione. “Già.”

“Ma com… Cosa…”

“L’ho dovuto fare. Diciamo che non ho avuto scelta.”

Yuu si sedette, non reggendo l’incredulità. 

Ryo ricominciò a spiegare. “La posizione che ricopro è troppo importante. Devo seguire una certa etichetta. Ho conosciuto Arisa e ci siamo sposati.”

Yuu lasciò andare l’espressione sorpresa e finì il caffè. “Avete figli?” chiese poi.

“No.” rispose Ryo. “Non abbiamo voluto averne.” 

“Ah. E…” -qui si lasciò sfuggire un sorriso- “Che fine hanno fatto i tuoi capelli biondi?”

Ryo ridacchiò passandosi imbarazzato una mano fra i radi capelli neri. “Gli ho dovuti far sparire.”

Si fecero una candida risata.

Ryo si fece forza e chiese: “Yutaka?”

“Yutaka è tornato a Tokushima, fa lo chef in un ristorante, si è sposato anche lui e ha una bella bimba.”
“Dai, davvero?” disse Ryo sorridendo contento.

“Sì, si chiama Masako.”

“Accidenti. E bravo Yutaka!” disse ridendo appena.

“Ogni tanto torna a trovarci.” disse Yuu riponendo la tazzina nel lavandino.

Alla lista mancava un nome da chiedere, ma Ryo decise che sarebbe stato troppo doloroso per se stesso riaprire l’argomento che aveva portato alla separazione fra lui e i suoi amici. Mentre pensava a questo una specie di campanello suonò, Yuu si girò verso Ryo. “Kou si è svegliato.” e sorrise appena. Yuu uscì dalla cucina, seguito da Ryo. Entrarono in un piccolo corridoio e si fermò davanti ad una porta. “Senti, vedo come sta, gli spiego un po' di cose poi ti faccio entrare. Non so ancora come potrebbe reagire.” bisbigliò Yuu.

“Stai forse dicendomi che lui non sa che sono qui?” 

“Bravo Ryo, sei intelligente.”

Non dandogli il tempo di ribattere Yuu entrò nella stanza lasciando Ryo fuori. Lui prese un profondo respiro. Provò dunque a guardare all’interno della stanza, attraverso un piccolo spiraglio lasciato da Yuu. Vide solo una mano, magrissima e diafana, e gli bastò a capire che la situazione doveva essere veramente grave. Attese qualche minuto, poi Yuu aprì la porta e fece segno di entrare. Kouyou era quasi uno scheletro: magrissimo, la pelle bianca da sembrare porcellana, e quel viso da bambola segnato dalla malattia. Gli occhi erano belli come lo erano sempre stati, anche se macchiati da un’ombra di sofferenza e rassegnazione. Kouyou rivolse a Ryo un faticoso sorriso. Ryo sentì le lacrime scendere beffarde e senza controllo sulle sue guance, mentre si accomodò su una sedia vicino a Kouyou. 

“Ryo…” bisbigliò l’altro con una leggerissima nota di felicità.

“Ciao Kou.” ormai stava piangendo copiosamente, non si era mai veramente reso conto che Kouyou gli era mancato, in quell’angolino della sua mente dove l’aveva riposto. 

“Come stai?”

“Bene, direi.” rispose non sapendo come andare oltre. Piangendo come un bambino strinse una mano dell’amico fra le sue, come era spesso capitato in passato. 

“Ti abbiamo cercato in ogni modo…” disse dolcemente Kouyou. “Pensavo ti fossi completamente dimenticato di me.”

“Come potrei, Kou. Rimani il mio migliore amico, e lo sai.”

Yuu assisteva alla scena dallo stipite della porta, asciugando qualche fugace lacrima. 

Kouyou parlò di nuovo. “Sai, proprio in questo giorno ogni anno ti dedicavo un pensiero più speciale degli altri.”

Ryo cercò di calmarsi e fece una faccia interrogativa. 

“Per me e Yuu oggi è una giornata speciale.” disse guardando Yuu, che di rimando gli sorrise fra le lacrime. “Oggi sono 27 anni che stiamo insieme.”

“Oh cazzo è vero…” si disse Ryo ricordandosi. 

“E’ merito di tutti i consigli che mi davi.” disse Kouyou facendo scivolare una lacrima dagli occhi.

“Kou… Non devi dire così, dai.” rispose Ryo estremamente imbarazzato. In fondo era vero, nel passato che voleva dimenticare aveva aiutato il suo migliore amico a conquistare Yuu, e un anno prima che tutto cambiasse i due finalmente si erano dichiarati. Stavano insieme da un sacco di tempo, così come Ryo aveva sempre sperato quando era molto più giovane. Parlarono ancora per molto, poi Kouyou iniziò a sentirsi stanco. Ma quella giornata strana non poteva ancora del tutto concludersi. Dopo aver parlato a lungo della moglie e del matrimonio di Ryo, Kouyou innocentemente fece una domanda che Ryo aveva sperato che per tutto quel tempo nessuno gli rivolgesse.

“Quindi sei riuscito a dimenticare Takanori?”

Ryo rimase bloccato, lo sguardo fisso negli occhi di Kouyou. Quel nome suscitò in lui in migliaio di ricordi, un vortice di emozioni, una lama di dolore in pieno petto. Anche Yuu rimase sconcertato dalla domanda, tanto che si stava già avvicinando a Kouyou per spingerlo a riposare. Ma Ryo fu più veloce.

“No.” rispose con voce ferma e sicura. “Non l’ho ancora dimenticato, Kou.”

Kouyou gli rivolse un dolce sorriso, come se fosse stato sicuro che quella sarebbe stata la risposta. 

“Ora è meglio che tu riposi.” disse amorevolmente Yuu sistemando le coperte all’amato. Si scambiarono un bacio a fior di labbra, Ryo posò una carezza sul suo volto e uscì dalla stanza, poi Yuu spense la luce e chiuse la porta. Tornarono in cucina, dove Ryo riprese il giaccone. “Forse è meglio che io vada, Arisa sarà in pensiero.”

“Grazie davvero per essere venuto Ryo. Grazie veramente.” disse Yuu, e stavolta fu Ryo ad abbracciarlo. 

“Tornerò.” disse, e per poco non ci credeva di averlo detto davvero. 

“Grazie”, e Yuu si asciugò le ennesime lacrime. 

Si salutarono e Ryo corse lungo le scale. Uscì dal portone e controllò il cellulare, si erano fatte le 21:30 e le numerose chiamate della moglie non lo misero in allarme. La richiamò.

“Caro, dove sei?”

“Ho del lavoro in arretrato, scusa.”

“D’accordo.”

“Avresti potuto lasciarmi almeno un biglietto stamani.” aggiunse lui.

“Hai ragione caro, perdonami.” 

“Va bene. Ah, vai pure a letto, non mi aspettare.”

“D’accordo.”

Ryo chiuse la chiamata. Aveva un’ultima cosa da fare, prima di lasciare per quel giorno i suoi ricordi a Nakano. Camminò verso il parco, che era ovviamente chiuso, strinse con la mano una sbarra dell’inferriata e per un attimo rivide uno splendente giorno di sole, lui camminare verso il parco stringendo per mano un ragazzino stretto in una felpa nera, un ciuffo di capelli biondi uscire dal cappuccio tirato sulla testa. Chiuse gli occhi e avvertì il suo cuore esplodere di gioia come in quell’esatto momento. Aveva quattordici anni, e il ragazzo che portava per mano solo tredici. Rivide il dolce futuro che il suo giovane cuore stava disegnando in quel cielo azzurro, affianco a quel ragazzino dai capelli biondi. Un nome, che amava ripetere quando si sentiva solo.

 

Takanori.

 

Takanori.

 

Takanori…

 

Riaprì gli occhi e si diede uno schiaffo mentale. Girò i tacchi e montò in macchina. 

Yuu l’aveva visto. Era rimasto alla finestra per vedere se Ryo se ne fosse andato subito. Avendolo visto fermo davanti a quell’inferriata, capì che anche se ci aveva provato in tutte le maniere, Ryo non aveva ancora mai fatto i conti con il passato. Quando salì in auto, Yuu si scostò dalla finestra e andò a sistemarsi sul divano, chiedendosi dov’era andato Takanori, che ne era stato di lui in quei lunghi anni dove loro cinque -Yuu, Kouyou, Yutaka, Ryo e Takanori- si erano separati. Sospirò, dedicando un pensiero a quello scricciolo di ragazzo che era stato il suo migliore amico, pregando che stesse bene. 

 

Ryo arrivò a destinazione e parcheggiò di fronte alla sua bella casa. Aveva fatto due volte il giro di Tokyo per riuscire ad arrivare a casa esattamente a mezzanotte. Era passato anche davanti al suo vecchio liceo, cercando di mantenere i ricordi là dov’erano. Entrò in casa, il buio lo accolse: la moglie doveva aver preso alla lettera le sue parole ed era già andata a letto. Corse a farsi una doccia, sapendo che la sveglia al mattino l’avrebbe ridestato alle sei in punto. Entrò in camera e si distese accanto alla moglie addormentata. Dedicò l’ultimo pensiero della giornata a Kouyou, sapendo benissimo che il giorno dopo sarebbe tornato a salutarlo. E s’addormentò, senza altri pensieri. 












Salve ^^
Sono tornata, ma non con 'Namonaki Jiyuue'. 
Avevo seriamente bisogno di scrivere qualcosa di nuovo, ed è nata questa storia. Sono particolarmente inspirata.
Come 'Look into my eyes', questa storia l'ho scritta per la prima volta tre anni fa circa, poi l'ho modificata mille volte e poi l'ho abbandonata lì. 
L'ho ripresa oggi, sempre dopo una lunga giornata di studio. So che ci sono molte cose inspiegate e lasciate in sospeso, ma col tempo tutto vi verrà spiegato. Attendo con ansia le vostre recensioni, ho ancora troppo da imparare.
A presto, 
Yukiko H. 
  
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