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Autore: B Rabbit    12/03/2014    1 recensioni
Sorrise ancora e si voltò. Si fermò.
Si girò nuovamente e sbarrò gli occhi.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Tyki Mikk | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Beats




Lo scroscio nitido della campanella risuonò forte nei corridoi, causando un’esplosione di rumori, esaltazioni, rimproveri e raccomandazioni da parte dei docenti.
Il giovane richiuse il libro di filosofia. Sospirò stanco e, battendo i palmi sul banco, si alzò, producendo un fastidioso stridio con la sedia.
Tese le membra della schiena e della braccia per sgranchire un po’ i muscoli e si diresse verso la porta.
«Ohi, Allen» lo chiamò un compagno prima che potesse uscire dalla classe. «Nell’ora dopo mi aiuti con letteratura?» lo supplicò, congiungendo le mani come in preghiera, e Allen sorrise, annuendo col capo.
«Si, tranquillo» .
Superò la soglia e ricambiò il saluto di alcuni ragazzi che gli passarono di fronte.
Guardò le due ampie finestre davanti e, con un sorriso, si avvicinò ad una di esse; aprì i battenti e si beò dell’aria fredda di un inverno ancora acerbo che gli pizzicava le guance.
Appoggiò le braccia al davanzale e rimase lì, gli occhi socchiusi e il vento che giocava con i suoi capelli di neve, smuovendo le ciocche con delicatezza.
Osservò con non molto interesse i grandi fiocchi d’ovatta bagnata migrare in quel cielo a stento visibile verso l’orizzonte. Si sentì piccolo, sotto quella cappa bianca e un po’ azzurra in continuo mutamento.
Quando notò dei compagni di classe rientrare in aula, portò l’attenzione sull’orologio e sbuffò nel constatare che, fra quattro minuti appena, sarebbe dovuto tornare dentro a sedersi su quella seggiola scricchiolante.
Fissò la lancetta dei secondi scattare a tratti nel quadrante, precisa e inflessibile.
Posò gli occhi alla coltre bianca dalle deboli striature grigie e si rallegrò al pensiero che, fra qualche settimana, la neve sarebbe giunta anche lì a rinfrescare i colori e l’atmosfera delle strade.
Allen si sentì chiamare alle spalle e si girò, notando il giovane di prima davanti la porta.
«Dai, l’ ”ora svago” sta per cominciare» .
L’interessato annuì d’assenso. Si voltò per richiudere la finestra, ma prima di poter solo stringere la maniglia nella mano una farfalla comparve dinanzi a lui, svolazzando silenziosa nel quadro di cielo incorniciato dagli infissi.
Allen osservò l’elegante animale, meravigliato dal suo insolito colore – nero come l’inchiostro, le ombre e la solitudine – .
L’insetto si posò sul vetro dell’anta semichiusa e sbatté le ali con movimenti leggeri e magnetici.
Allen non osò muoversi; respirò piano, lentissimamente e a brevi boccate.
Non voleva che la farfalla volasse via, sparendo negli altri colori del mondo.
Continuò a fissarla, ammaliato, e una fioca voglia di toccarla vibrò nel profondo del suo petto.
Deglutì.
Mosse impercettibilmente le dita e la farfalla, quasi avesse udito l’echi dei suoi desideri, sbatté nuovamente le ali e si librò, fluttuando via nell’aria.
Allen si voltò per seguire quella creatura dal misterioso colore nero, ma sbatté contro qualcosa.
Indietreggiò di qualche passo e si toccò il naso dolorante.
Riconobbe un verso di stizza troppo familiare e puntò gli occhi sulla figura davanti. Kanda e i suoi dannati muscoli…
«Sei cieco, mammoletta?» .
«Vedo che neanche oggi Dio ti ha regalato l’intelletto» .
Entrambi incurvarono le labbra in una smorfia e si guardarono fissi, come due soldati pronti a scontrarsi.
«Kanda, dobbiamo rientrare in classe, su» .
Dietro le spalle larghe del ragazzo comparve la figura aggraziata di Linalee, che sorrise al giovane, scusandosi al posto dell’altro.
«Forza» incitò il giapponese, dandogli una pacca sulla schiena. «Anche tu, Allen, faresti meglio ad andare» consigliò poi al terzo con tono amorevole.
Lui annuì e, salutata Linalee e ignorato Kanda, rientrò in classe, completamente dimentico dell’insolito animale che prima aveva così contemplato.



Allungò le mani nel vuoto e sorrise appena percepì i fiocchi gelidi d’inverno punzecchiargli la pelle.
«Sei proprio allegro quando nevica» considerò il fulvo, cingendo le spalle del giovane con il braccio destro.
«E’ bella, come fai a non esserlo?» osservò lui di rimando, portandosi le mani in tasca. «E poi anche te sei allegro» .
Lavi annuì. «Perché lo sei tu» confessò, ravvivando il rossore alle guance di Allen.
Il giovane sentì il volto dell’altro adagiarsi sul suo capo e il respiro caldo di lui spandersi fra i capelli. Tirò un po’ la sua sciarpa color crema per richiamarlo all’attenzione, imbarazzato all’idea dei passanti che li osservavano.
«Ehm… Lavi, è tardi» .
Il citato sollevò la testa. «Hai ragione» e si scostò dal compagno, che si rilassò appena non avvertì più il suo petto pronto a sorreggerlo, seppur un leggero senso di mancanza gli aleggiasse dentro.
«Mh… dovremo andare allora. Tuo padre e il suo coprifuoco»
Allen accennò una risata a quell’affermazione e il ragazzo sorrise.
«Ti accompagno a casa» aggiunse, ma il più piccolo scosse il capo, contrario.
«Non c’è bisogno, tranquillo» .
«Si invece» .
Il giovane emise un mugolio di disapprovazione. «No» ribadì con voce ferma.
Lavi lo osservò per qualche istante. Sospirò, e Allen sorrise a quella conquista.
«Però domani mattina ti vengo a prendere» .
Guardò confuso il compagno. «Ma domani è domenica, voglio dormire!» ribatté, e Lavi ridacchiò. «Allora ti accompagno» .
Il più piccolo fece per ribattere nuovamente, ma, visto che l’idea di passare del tempo con lui non gli doleva, si arrese senza altre proteste. Sbuffò e Lavi sorrise vittorioso.
«A domani, allora» .
«Alle 8?» .
«Alle 9» dichiarò con voce grave il più piccolo.
«Va bene, va bene» e sorrise.
Allen sospirò ancora e prima di poter formulare una sillaba, Lavi gli diede un bacio lesto e sfuggevole sulla bocca, facendolo così avvampare.
«Scemo di un… !» .
Il rosso rise e abbracciò forte il giovane che, seppur imbronciato, si rilassò in quel tepore accogliente.
«Ci vediamo, allora» sussurrò il più grande, sciogliendo piano la stretta. «Fai attenzione, la strada dal cinema fino a casa tua è un po’ lunga» .
L’altro annuì, guardò il compagno e sorrise. «A domani» .
Lavi lo salutò con la mano e Allen ricambiò. Lo osservò allontanarsi e sparire tra i vari colori della gente.
Sorrise ancora e si voltò. Si fermò.
Si girò nuovamente e sbarrò gli occhi.
Una farfalla dalle ali sottili volava qua e là nella notte, in forte contrasto con il candore della neve a causa del suo colore singolare. Nero, come il carbone, il terrore e il dolore.
Ad Allen parve di aver già visto una farfalla simile più volte, forse un mese addietro.
La osservò, curioso.
Avanzò, attratto.
Voleva toccarla, sfiorare almeno una di quelle ali così irreali e leggiadre.
L’animale gli piroettò intorno per poi allontanarsi subito via, birichino.
Il giovane fece un passo in avanti. La farfalla svolazzò più in là.
Allen avanzò, cominciò a seguirla a passo lento, sostenuto, accelerato.
I suoni scomparvero dalla sua mente, il mondo parve perdere la voce.
L’insetto fuggiva via, e ad Allen interessava solo seguirlo.
Non si preoccupò dei passanti con cui per sbaglio si scontrava, non si preoccupò delle strade sconosciute che imboccava.
Non si preoccupò della luce bianca che lo accecò.


Aprì piano gli occhi e il sipario nero gli rivelò il mondo stranamente capovolto.
Intravide il marciapiede, le case e i palazzi dietro di esso, ma tutto era confuso, sfocato.
Avvertì un dolore straziante sovrastarlo, inghiottirlo e soffocarlo come un’onda.
Le membra tremavano, i nervi si incendiavano a quella violenza.
Le lacrime fiorirono dai suoi occhi, offuscando il sangue che, piano, vedeva con paura stendersi sull’asfalto.
Le avvertì fredde, quelle gocce trasparenti.
Notò due lucide scarpe nere sul marciapiede. Sollevò a fatica gli occhi e percorse le gambe, l’addome, le spalle. Il capo.
Schiuse le labbra lacerate per lo stupore.
Due ampolle dorate che risaltavano su di un viso cinereo.
La farfalla che aveva tanto inseguito si avvicinò all’uomo vestito elegantemente che, sollevato il braccio, la accolse sulle dita della mano destra.
Sorrise, o almeno parve ad Allen.
Vide le sue labbra grigie muoversi, ma non udì nulla.
Il mondo aveva perso già prima la voce.
Altre farfalle comparvero – sembravano fuoriuscire dal corpo dell’uomo, come fosse il loro nido – e alcune di esse ghignavano orripilanti.
Gli angoli delle labbra sporche di scarlatto si incurvarono dolorosamente all’ingiù.
Gemette, Allen. Chiuse le palpebre, nauseato da quell’individuo di cenere.
Considerò che, probabilmente, se si fosse lasciato accompagnare a casa tutto quello non sarebbe successo.
Sospirò. Rantolò dal dolore.
Sperò dal profondo del cuore, del suo amore, che Lavi non si sarebbe fatto carico di quell’avvenimento. Di quella colpa fumosa.
Se quando mi risveglierò, pensò il giovane, quello scemo dirà “Scusa”, sarà il momento in cui finalmente gli darò un pugno.

Sorrise.
Si lasciò.

















Oddio, ma con cosa sono tornata?
*si arrampica su un Tim piangente e si siede su di lui*
Beh, che dire… spero che vi sia piaciuta…?
Ma sì, dai, crediamoci tutti appassionatamente.
Passiamo alle cose urgenti.
Ho sbagliato con i generi, vero? Forse avrei dovuto mettere “Triste” al posto di “Angst”.
Ho i dubbi che mi svolazzano davanti no, aspetta, è Tease! ° °
Ehm… si dice che le farfalle nere accompagnino le anime nell’aldilà, che siano simbolo di morte e mutamento, ma anche di femminilità (che cacchio centra now?).
Il nostro portoghese sarebbe una sottospece di Shinigami di Bleach (?).
Er… sì, spero vivamente che vi sia piaciuta almeno un po’ nessuno è stato male, vero?.
Spero di tornare con la fic strana e piccina picciò che ho in progetto, la prossima volta.
Ringrazio chi ha avuto il coraggio e la forza di leggere ciò.
Bye bye.

  
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