Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: MadnessInk    12/03/2014    1 recensioni
-Mi spiega come faccio a truccarle l'occhio se non lo chiude? Vuole che le trucchi il bulbo oculare?-. E David si limitò solamente a dire:-Trevor, dopo lo show provvedi a licenziare questa dipendente inutile-. -Ma mr. Bowie, che sta dicendo? È la m...- e lui, sbraitando letteralmente: -Taci, fa' quello che ti ho detto!-. A quel punto Mya non resse più.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché sei venuto, Mick? Per ricordarmi di quanto faccia schifo? Per rinfacciarmi i miei ripetuti errori? Per mettermi davanti a uno specchio e farmi vedere che non sono... non sono neanche metà dell'uomo che ero quando ho incontrato Mya. E lo dimostra il fatto che ho preferito la cocaina a lei. Ho messo me stesso prima di tutto. Sono stato più egocentrico ed egoista di quanto non lo fossi mai stato”
“Non sono neanche metà dell'uomo che ero quando ho incontrato Mya...” pensò David mentre camminava lungo il corridoio, con le mani sudate e i sensi che lo avrebbero a breve abbandonato, lasciando spazio al nero totale. Il suo respiro si appesantiva sempre di più e la sua testa pareva volteggiare senza sosta, come una busta di plastica in preda a una forte folata di vento. Barcollava visibilmente mentre agitava freneticamente le mani tremule in cerca dell'interruttore della luce. Poi, finalmente, lo trovò. E luce fu: fece pochi passi, pesanti e trascinati, oltrepassò la soglia della sua camera da letto aperta e, senza troppe cerimonie, si lasciò andare sul suo morbido letto. Questo lo assorbì quasi completamente così come il sonno che lo costrinse a serrare gli occhi i quali, se fosse entrato qualcuno in quel momento, avrebbero certo tradito David. Dal salotto le note della radio accesa in diffusione...

“Why she had to go? I don't know, she wouldn't say... I said something wrong, now I long for yesterday”

-Ma che cazzo! Proprio oggi il fottuto traffico?- imprecava Mick, accanendosi contro il volante come se fosse lui il responsabile per l'infinita fila di veicoli che, come il suo, si dirigevano verso l'entrata di Londra. Era lì da oltre un ora e un quarto e ancora non poteva imboccare la strada principale.
Era ormai sera quando a casa di Mya squillò il telefono. Quattro squilli e Mya si allontanò dai fornelli della sua cucina per rispondere.
-Pronto?-
-Ciao Mya, sono Mick-
-Mick!- esclamò Mya -Quanto tempo è passato! Come stai?-
-Bene, bene...- Mick decise di tagliar corto, tempo per le chiacchiere ce ne sarebbe stato abbastanza all'indomani -Ci vediamo per un caffè domani?-
-Un caffè? E dove?-
-Al Milkshake. Ti va? Sono a Londra-
-Dio, ma è fantastico!-
-Allora per un caffè domani?-
-Ok, ti spiace se porto un amico?-
-No no, fai pure. Al Milkshake alle 09:00. Ok?-
-Sì, certo-
-Ci conto. Io vado, sono atteso in camera da letto-
-Oh, Mick!-
-Che vuoi, sono un vip io... eh! Ci vediamo domani-
-A domani Mick-
Quando Mya chiuse la chiamata, Amias sbucò da dietro il muro -Beh? Chi era?-
-Mick- disse lei, con una gioia estrema. Amias si accomodò sul divano, sorridendo maliziosamente. Mya se ne accorse -Che hai da sorridere in quel modo?- gli domandò scherzosamente irritata.
-Ti mette entusiasmo, questo Mick... c'è qualcosa che dovrei sapere?-
-A parte che sei un idiota... no, non credo. Ah, sì: domani mattina alle nove ti aspetto al Milkshake, io ci andrò un po' prima-
-Al Milkshake?-
-Sì. Te lo ricordi il Milkshake, vero?-
-Certo. Che ci vai a fare?-
-Che ci andiamo a fare, vorrai dire. Beh, ti presenterò Mick e prenderemo tutti e tre insieme un caffé-
-Va bene, come vuoi tu, mia piccola Mya ma... cos'è questo strano odore?-
-La cena!- urlò Mya e così dicendo si precipitò in cucina. Salvata e servita la cena, fatto il da farsi, Mya diede la buonanotte ad Amias e si ritirò in camera sua. Mick... da quanto tempo non lo vedeva e per quanto tempo aveva pensato a lui e a tutte le serate dopo i concerti passate a morire dal ridere. E dopo tanto tempo avrebbe potuto rivederlo. Mick...

-Mick, non essere sciocco- lo interruppe Mya, girando lentamente il cucchiaino nel suo cappuccino con cioccolato, con gli occhi di ghiaccio rivolti verso il basso, illuminati dalla calda luce giallognola del bar in cui si trovavano. -Non posso ritornare da David dopo non so neanche quanto tempo e dirgli “Ehi, Dave, mi piacerebbe moltissimo tornare a lavorare con te”. Né io né lui lo sopporteremmo, sarebbe così... strano stargli vicino di nuovo, non mi sentirei a mio agio. Ho sofferto molto in questo periodo e non so se sono pronta per un altro cambiamento-
Mick sospirò, giocherellando con una forchetta. Si guardò attorno per un po', fino a quando non si accorse di una solitaria e silenziosa lacrima che rigava la guancia sinistra di Mya.
-Scusami, Mya- le sussurrò prendendole delicatamente la mano destra e accarezzandola.
-No, Mick, non preoccuparti. È quasi normale per me, ci ho fatto l'abitudine ormai-
Mentre Mya s'asciugava la triste lacrima, Amias fece la sua entrata nel bar, diede una rapida occhiata ai tavoli e vide i nostri due amici. Si avvicinò e si sedette.
-Ciao ragazzi- esclamò mentre si toglieva la giacca di velluto marrone. Mick rispose con un sorriso e un cenno della mano, mentre Mya sorrise -Ciao Amias. Ci hai messo un po' ad arrivare, come mai? Hai avuto difficoltà a ricordarti dov'era il bar?-
-No, affatto. Ricordavo perfettamente, solo che ho avuto un contrattempo per strada. Oggi c'è un traffico!-
-Oh, non dirlo a me che sono arrivato ieri sera e c'era il doppio del traffico- borbottò Mike, pensando alle ore che aveva passato in autostrada.
Dopo aver presentato Mick ad Amias e viceversa, Mya tornò al suo cappuccino.
-Allora, di che si parla da queste parti? Non è che ho interrotto qualcosa?-
-Oh, no, Amias, tranquillo. Stavamo aspettando te- rispose Mya tra un sorso e l'altro di quel suo cappuccino che aveva ordinato. Mick non sembrò troppo felice della risposta della sua amica, perciò prese a parlarle, quasi ignorando il povero Amias, all'oscuro di ciò che Mick e Mya si erano detti fino a qualche minuto prima:
-Avanti, Mya. Dagli un'altra chance. Vieni a Berlino con me e parla con David-
-Mick, ne abbiamo appena parlato, preferirei che le cose rimanessero così come sono-
-Mya, ti stai comportando come una bambina...- continuò Mick, non curante ancora una volta di Amias che assisteva in silenzio, con le sopracciglia corrugate e lo sguardo sottile, alla conversazione tra i due -Non devi pensare che tutto sia immutabile e niente possa ritornare com'era prima- soggiunse, con la comprensione negli occhi, nel cuore e nelle mani che tenevano strette quelle di Mya, che in quel momento aveva sulle labbra un sorriso dipinto di una leggera e quasi impercettibile amara ironia.
-Suvvia Mick, lascia stare, non c'era più niente da fare. Il rapporto tra me e David si era lentamente sgretolato già durante gli anni precedenti a quando ho deciso di prendere la mia strada. La mia non è stata altro che la mossa tanto aspettata che doveva esser fatta prima o poi da uno o dall'altro. Credo che neanche con il più bel discorso, pieno delle promesse più meravigliose, nessuno di noi potrà riparare i nostri errori-
-Non dire stronzate! Potete entrambi riparare i vostri errori- fece Mick, piuttosto pacato -ma nessuno di voi due ci sta provando: lui continua a farsi di cocaina e di schifezze varie nella stessa casa in cui gioca Duncan ignaro di tutto, crede lui. E tu? Speravo in una certa maturità almeno da parte tua-. Mick interrogava Mya con lo sguardo, attendendo ansioso una risposta possibilmente positiva. Ma Mya aveva sempre quello strano sorriso ironico, mentre le sue lunghe e folte ciglia nere nascondevano le iridi vuote, che non seguivano il movimento del cucchiaino che lei continuava a fissare e della schiuma bianca da esso trasportata, schiuma che pian piano andava macchiandosi di un marrone chiaro, sciogliendosi lentamente, quasi drammaticamente per la dinamica con cui lo faceva, nel cioccolato caldo, fumante, liquido. Il suo sguardo di limitava a fissare una crepa nella tazza, mentre lei ascoltava attentamente il suono metallico del suddetto cucchiaino che continuava ininterrottamente a far girare.
-Non posso essere sempre io la persona matura. Vorrei essere anch'io una bambina ogni tanto... ogni tanto spetterebbe anche a me. Ogni tanto...-.
Mick sospirò di nuovo. Capì che non c'era niente da fare con lei, e che, probabilmente, anche se avesse parlato per ore a Mya, con lo scopo di convincerla, consolarla, rassicurarla o anche solo chiarirle un po' le idee, non avrebbe cavato un ragno dal buco.
-D'accordo. Ho capito-. Mick si alzò dalla sedia, Amias seguì il movimento con lo sguardo. -Io comunque parto dopodomani per Berlino- aggiunse il primo, indossando la giacca in pelle nera che aveva appeso all'attaccapanni distante dal tavolo solo tre passi.
-Spero che durante il volo non ci saranno turbolenze- disse Mya, dando un ultimo sguardo al cappuccino: la schiuma si era definitivamente sciolta e la bevanda non fumava più. Si alzò dalla sedia e si avvicinò a Mick -Scusami Mick, ma ho preso la mia decisione. Mi spiace se non ti ho dato la soddisfazione che volevi, so che avresti voluto vedermi accettare entusiasta la tua proposta di andare da David a Berlino per mettere a posto le cose. Il mio carattere, le mie esperienze e quello che io sono, più in generale, mi impone questa scelta-. Mya si alzò sulle punte dei piedi per arrivare all'altezza di Mick e dargli un dolce e delicato bacio sulla guancia sinistra, non dopo aver portato le braccia dietro al collo di lui, quasi come se lei avesse paura di cadere. Mick invece, teneva delicatamente Mya per la vita, per non farle perdere l'equilibrio e per godersi meglio l'amore di quel bacio quasi inaspettato e piuttosto spontaneo. -Fa' buon viaggio, Mick. Te lo dico adesso nel caso non dovessimo vederci più fino a dopodomani-.
Mick le arruffò i capelli, sorridendo già un po' nostalgicamente, al pensiero che non avrebbe rivisto la sua amica per chissà quanto altro tempo -Dai, ti vengo a salutare dopodomani mattina, prima di andare- fece Mick.
Entrambi sorrisero e si salutarono. Dopo che Mick uscì dal bar si passò una mano sul viso, come per lavare via tutta quell'inquietudine improvvisa e quasi insensata. Del resto non era mica la sua fidanzata lei. Non era con lui che doveva chiarire. Ma allora perché si preoccupava tanto? Cercava di farsene una ragione Amias, che più o meno aveva capito la situazione basandosi su quello che Mya gli aveva raccontato in quei giorni e su quello che Mick aveva appena detto. Amias guardava Mya, che nel frattempo era tornata a sedersi accanto a lui e che aveva un'espressione serena sul viso, mentre beveva il suo cappuccino ormai tiepido. Ad un tratto si alzò e prese Mya per la mano -Vieni, voglio fare due passi-
-E il cappuccino?-
E il cappuccino rimase sul tavolo assieme al conto mentre Amias e Mya uscirono dal bar, diretti dove solo lui sapeva.



ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti! E dopo quattro mesi esatti arriva la quarta parte del quarto capitolo di questa FF! Mi scuso con tutti i miei lettori (quei due o tre poveri pazzi rimasti) che continuano a seguirmi e che hanno aspettato con immane pazienza questo piccolo mini-chapter. Non ho niente in particolare da dire se non grazie ancora a tutti voi e alla vostra fedeltà. Vi chiedo ancora di recensire in tanti di modo che possa leggere tutte le vostre opinioni positive o negative che siano (sappiate che io non mangio nessuno, se criticate non succede niente, purché lo facciate in modo costruttivo) e cercare di migliorare per me e per voi il mio modo di scrivere.
Un bacio e alla (speriamo vicina nel tempo) prossima pubblicazione, 

MadnessInk

  
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