Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nightingale_92    12/03/2014    2 recensioni
"Non riusciva a dormire, Jean.
Si agitava inquieto tra le lenzuola, incapace di assopirsi come di stare fermo, il materasso sottile che sussultava e gemeva sotto di lui ad ogni minimo movimento. [...] sospirò di nuovo, voltandosi verso la vera e sola causa delle sue notti in bianco.
Nel letto accanto al suo, rannicchiato in posizione fetale, Marco dormiva con una mano portata vicino al volto e la bocca semiaperta.
Guardandolo, Kirshtein si chiese come poteva il suo vicino di letto, un ragazzo così gentile e pacato nei modi durante il giorno, essere una tale fonte di frastuono durante la notte..."
[JeanxMarco] [rifacimento]
Ripubblico questa storia dopo aver modificato alcune parti, spero di averla migliorata ^^.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SLEEPWALKER 
" I'm not asleep
I'm not awake
after the way you loved me "
Adam Lambert - sleepwalker


Non riusciva a dormire, Jean.
Si agitava inquieto tra le lenzuola, incapace di assopirsi come di stare fermo, il materasso sottile che sussultava e gemeva sotto di lui ad ogni minimo movimento.
"Uff.." sbuffò ad un certo punto, frustrato, rompendo il silenzio che regnava nel dormitorio immerso nell'oscurità.
I suoi compagni dormivano, sfiniti dopo una giornata passata a spaccarsi la schiena nel campo di addestramento e Jean non avrebbe desiderato altro che imitarli.
Invece erano quasi tre notti -quella che stava trascorrendo era appunto la terza- che non riusciva a prendere sonno, cosa che lo rendeva stanco, irritabile e "con una faccia da cavallo ancora più brutta del solito", come lo aveva graziosamente definito Eren il giorno precedente.
Fottuto Jaeger, pensò Jean.
Lo sentiva russare un paio di letti più in là, beato come solo le menti semplici e gli idioti sanno essere.
Ironico solo a metà, il ragazzo biondo meditò se andare fino al suo letto e soffocarlo con il suo stesso cuscino.
Chissà, magari poi avrebbe potuto usare l'insonnia cronica in tribunale per invocare l'infermità mentale. 
Avrebbe dovuto chiedere ad Armin...
Ma, per quanto appagante, nemmeno riempire la bocca larga di Eren con un involtino di piume d'oca avrebbe risolto il suo problema.
Jean sospirò di nuovo, voltandosi verso la vera e sola causa delle sue notti in bianco.
Nel letto accanto al suo, -nel dormitorio i materassi delle reclute erano messi così vicini da formarne quasi uno solo- ranicchiato in posizione fetale, Marco dormiva con una mano portata vicino al volto e la bocca semiaperta. 
Guardandolo, Kirshtein si chiese come poteva il suo vicino di letto, un ragazzo così gentile e pacato nei modi durante il giorno, essere una tale fonte di frastuono durante la notte.
Infatti, più che il russare di un normale essere umano, quello prodotto dai seni nasali di Bodt assomigliava alla carica di un titano obeso lanciato in piena corsa.
Anzi, alla carica di cinquanta titani obesi lanciati in una gara a chi raggiunge per primo l'umano/panino più vicino.
Per quanto Jean avesse ancora una conoscenza solo teorica dei giganti e del rumore prodotto dai loro passi.
Ma sarebbe passato ben presto dalla teoria alla pratica, se avesse continuato a passare le notti in bianco, quindi a fare schifo durante gli allenamenti e quindi a non entrare nella classifica delle dieci reclute migliori.
 Cosa che gli avrebbe impedito di entrare nella polizia militare, al sicuro dentro il Wall Sina, cosa che aveva agognato fin da quando era entrato nel campo di addestramento.
E tutto questo a causa di quel dannato di Bodt!
Osservando il suo compagno dormire beato, però, Jean non riuscì ad odiarlo sul serio.
In effetti, Marco ispirava una certa tenerezza così, con l'espressione del viso serena e i pugni chiusi come quelli di un bambino, i capelli neri buffamente arruffati dal cuscino.
Eh, sì. Jean doveva ammettere che, da assopito, il suo compagno aveva un aspetto decisamente carino.
........
........
Carino?
Jean si tirò su di scatto e si prese la testa tra le mani, quasi volesse afferrare quel pensiero con le dita e sradicarlo dal suo cervello. 
Come aveva potuto definire l'altro "carino"? 
Marco. Il suo amico.Un maschio.
No.
Le ragazze erano carine.
Mikasa era carina.
Anzi, lei era molto più che carina. Con quella pelle di pesca, gli occhi neri come il giaietto, i capelli lisci e lucidi come quelli di una geisha e quelle adorabili lentiggini...
Adorabili lentiggini ??!
Jean scoccò un'occhiata in tralice al ragazzo addormentato, le efelidi che spiccavano sul pallore del viso persino in quell'oscurità.
Perchè diavolo continuava a pensare a Marco?
Ripiombò a peso morto sul materasso, si tirò la coperta fin sopra agli occhi, si girò di schiena. Insomma, fece di tutto per non guardare più la faccia di Marco Bodt.
Era tutta colpa dell'insonnia se pensava quelle cose, decise poi.
Non dormiva, quindi non ragionava.
Se fosse riuscito a riposare almeno un paio d'ore, Jean ne era sicuro, la mattina successiva tutto sarebbe tornato normale.
Mikasa gli sarebbe apparsa di nuovo carina. E senza lentiggini.
Così Kirshtein chiuse gli occhi, imponendo a sè stesso di addormentarsi.
Certo, con il russare di Bodt che gli rimbombava nelle orecchie, quell'operazione risultava tutt'altro che facile. 
Di nuovo maledì la vicinanza dei letti. 
Erano così accostati che il ragazzo poteva sentire il respiro caldo dell'altro accarezzargli la nuca. 
Percepiva quello e il suo odore.
 Beh, si disse Jean, almeno di quell'ultimo non poteva lamentarsi. 
Aveva un buon odore, Marco, di sapone da bucato e prato appena tagliato.
Semplice ma gradevole, proprio come piaceva a Jean. 
Lui non aveva mai sopportato i profumi densi e pretenziosi, tipo quelli che spesso si mettono le donne...
Oddio, ma cosa sto pensando? Adesso di Marco mi piace anche l'odore??
Jean prese il proprio cuscino e se lo mise sopra la testa, seppellendovi così la faccia e -almeno sperava- anche i pensieri. 
Pregò di riuscire finalmente ad addormentarsi.
 
§§§

Jean scostò il cuscino da sopra il volto, gli occhi aperti e iniettati di sangue più che mai.
Non era riuscito ad assopirsi nemmeno per un secondo.
Fuori dalle finestre del dormitorio la luce era cambiata e il cielo, ancora scuro, si era tinto verso est di una lieve sfumatura verdastra.
Mancava solo un'ora all'alba.
"Merda!" imprecò il ragazzo sottovoce.
Tra sessanta minuti esatti quel pazzoide del sergente istruttore sarebbe entrato nella stanza per buttare le reclute giù dalle brande e dare inizio ad un'altra giornata di allenamento massacrante.
E Jean sapeva già che, nelle sue attuali condizioni, sarebbe stramazzato al suolo al primo esercizio. E di chi era la colpa?
Con un misto di rabbia e frustrazione, si girò di nuovo verso la fonte di tutti suoi guai.
Marco intanto, continuava a dormire e sopratutto, a RUSSARE, completamente ignaro dei propri crimini.
Dannazione, si chiese Jean, cosa doveva fare per avere un po' di pace?
Soffocare l'altro ragazzo con il cuscino?
No, decise poi. Certe soluzioni andavano bene solo per le bestie come Jaeger.
Si stava ancora chiedendo che cosa avrebbe potuto fare, quando all'improvviso se lo ricordò. 
Una volta qualcuno, probabilmente Armin, gli aveva detto che per far smettere di russare una persona, era sufficiente farle cambiare la posizione in cui dormiva.
Scoccò un'occhiata a Marco, che riposava ranicchiato su un fianco.
 La cosa sembrava fattibile.
 E poi, arrivato a questo punto, che cosa aveva da perdere?
Decise così di fare almeno un tentativo. 
In fondo doveva solo mettere l'altro supino.
Jean si avvicinò al ragazzo dormiente, gli posò con delicatezza una mano sulla spalla -aveva una paura tremenda di svegliarlo- e gli diede una piccola spinta. 
Ma Marco non si spostò di un millimetro.
L'altro si accigliò. Forse non aveva usato abbastanza forza.
Volle riprovarci.
Con qualche esitazione rimise la mano sullo sterno dell'altro. 
Dopo tutti i pensieri strani avuti in predenza, toccare l'altro gli faceva un certo effetto.
Nonostante la pressione delle sue dita, Marco non si svegliò nemmeno questa volta. 
Jean sentì il suo respiro caldo sfiorargli l'avambraccio e uno strano brivido gli scivolò lungo la schiena.
Decise di ignorare quella sensazione- che tanto non avrebbe saputo classificare- e provò di nuovo a girare l'altro. 
Stavolta spinse con molta più forza.
Ma nemmeno così riuscì a spostare Marco. 
Il ragazzo moro infatti, si limitò ad ondeggiare un poco sul fianco, un'espressione infastidita sul volto, per poi ripiombare nella stessa posizione di prima.
A quel punto Jean perse definitivamente la pazienza.
Fregandosene se così avrebbe svegliato il suo compagno o l'intero dormitorio, il ragazzo si mise in ginocchio sul materasso e afferrò la spalla dell'altro con entrambe le mani.
Poi fece leva con tutta la forza che aveva.
 Sotto di lui, Marco inconsciamente oppose resistenza.
 Il suo corpo raggomitolato pareva a Jean pesante e inamovibile come una roccia.
Accidenti, pensò il ragazzo biondo, avevo sentito parlare di sonno di pietra, ma questo mi pare troppo!
Alla fine riuscì a metterlo supino, comunque.
Accadde così all'improvviso che Jean rimase sbilanciato e cadde sopra il compagno. 
Si ritrovarono così: Marco disteso a pancia in su e Kirshtein a cavalcioni su di lui, le mani e le ginocchia che si puntellavano ai lati del dormiente per non finirgli "spalmato" addosso.
"..'Orca miseria" 
Imprecò sottovoce, mettendosi seduto sullo stomaco dell'altro. 
Si era preso davvero un bello spavento.
Stava per scendere dal bacino di Marco, -insomma era in una posizione piuttosto imbarazzante-, quando la sua attenzione fu colpita da un certo suono. O meglio dall'assenza di un certo suono.
Il ragazzo con le lentiggini non stava più russando.
Jean ne fu così contento che sentì lacrime di gioia pungergli gli angoli degli occhi.
Quindi c'era riuscito. Ora poteva finalmente dormire.
Ma, riflettè poi con lucidità, solo il tempo poteva confermare che la teoria di Armin fosse vera.
Così il ragazzo rimase immobile, a contare gli attimi che veloci scorrevano in silenzio.
Passò un minuto.
Due.
Tre.
Jean sentì le proprie labbra curvarsi involontariamente in un sorriso. 
Ce l'aveva fatta. Ce l'aveva davvero fatta.
Quattr...
Non fece nemmeno tempo a finire di contare, che Marco inspirò e dalla sua bocca semiaperta uscì un forte e rumoroso risucchio, simile a quello prodotto da una caffettiera messa sul fuoco.
No, urlò Kirshtein nella sua testa, disperato. No No No.
Era inequivocabile: l'altro stava di nuovo russando.
Per giunta più a lungo e più sonoramente di prima.
Jean guardò il compagno dormiente e sentì la propria speranza di riuscire finalmente a dormire infrangersi con un rumore che, nella sua testa, risuonò simile a quello dei vetri rotti.
A quanto pareva mettere Bodt supino non funzionava. 
Non aveva più soluzioni.
Per un momento si disperò.
Poi, come una marea montante fatta di stress, frustrazione e rancore più o meno giustificato, alla disperazione subentrò la rabbia.
Mentre una sorta di nebbia rossa gli annebbiava la vista, Jean afferrò Marco per il colletto del pigiama e iniziò a scuotere il poveretto come una bambolina.
 Se lui non poteva dormire, nemmeno Bodt doveva farlo.
"Perchè?" ringhiò Jean tra uno strattone e l'altro. 
Tirava l'altro con tale foga da metterlo quasi in posizione seduta. 
"Perchè non mi lasci dormire un po' in pace, eh? Perchè?".
Era sull'orlo delle lacrime mentre lo ripeteva, non ragionava, tutta l'esasperazione accumulata in tre lunghe notti che esplodeva in quel momento.
"Jean?"
Marco si era finalmente svegliato e lo guardava con espressione confusa. 
Quando poi inquadrò la figura dell'amico seduto sopra di lui, alla confusione si aggiunse la perplessità. 
"Perchè stai sulla mia pancia?"
A quel punto Jean si bloccò. Letteralmente.
Rimase immobile, una mano ancora artigliata al bavero dell'altro, senza emmettere un suono. 
Ho fatto una cazzata, pensò, rendendosi finalmente conto di aver perso il controllo, prima, afferrando l'amico in quel modo. Ho fatto una grandissima cazzata.
"Ehm, Jean? Perchè stai sulla mia pancia?" ripetè Marco, una strana sfumatura vermiglia che si affacciava sulle guancie.
Per un attimo Jean si chiese il perchè di quel rossore, poi vide come la faccenda sarebbe potuta apparire dall'esterno. 
Lui seduto sopra il bacino di Marco, le mani sul suo petto e le teste così vicine che avrebbe potuto contare una ad una le lentiggini sul volto dell'altro. 
Era una posizione decisamente....equivoca.
Su, digli qualcosa prima che fraintenda tutto! gli ordinò il suo cervello, Presto!
Ma Jean in quel momento non riusciva a spiccicare parola, guardava gli occhi neri di Marco e la sua testa era completamente vuota, più vuota di un piatto della mensa dopo che era passata Sasha. 
Encefalogramma piatto.
Vedendo che l'amico non parlava, nè si muoveva, Marco provò a richiamare la sua attenzione.
"Ehi, ci sei? Jean, riesci a sentirmi?"
Doveva trovare una spiegazione da dare a Bodt. 
Ma che cosa poteva dire, quando la realtà era più assurda di qualsiasi bugia.
"Vedi Marco, tu non lo sai, ma russi così forte da farmi impazzire. Ah, già e ho anche cercato di picchiarti in un raptus di follia."
Non poteva certo dire una cosa del genere. 
Doveva per forza inventarsi una scusa, una scusa plausibile. Ma quale?
Come spiegare perchè erano così vicini che i loro fiati si mescolavano?
Non gli veniva in mente niente, non riusciva a pensare a niente.
"Jean?"
Gli prese il panico.
"Jean?"
Così fece la prima cosa che gli passò per la testa.
"Je..!"
Si sporse in avanti e baciò sulla bocca Marco Bodt. 
Fu un semplice sfioramento di labbra, ma tanto bastò per sentire un brivido corrergli lungo tutta la spina dorsale. 
Avrebbe dovuto fargli schifo. 
Avrebbe dovuto, dato che era Mikasa quella che gli piaceva.
Invece non provava disgusto, anzi si sentì profondamente rilassato come non si accadeva da giorni, completamente in pace con sè stesso. 
Come se per lui baciare sulla bocca Marco Bodt fosse la cosa più giusta e naturale del mondo.
Devo essere impazzito, si disse Jean mentre, senza neanche pensarci, cominciava ad approfondire il bacio.
Anche Marco doveva essere impazzito, perchè non lo scacciò via e anzi, schiuse addirittura le labbra quando l'altro prese a mordicchiarle, permettendo così alla lingua di Kirshtein di scivolare sulla sua.
Entrambi gemettero mentre le loro lingue si intrecciavano.
Quando però fu il ragazzo moro a prendere l'iniziativa e le sue mani si posarono sulla schiena di Jean in una lenta, ma esplicita carezza, quel panico che il giovane biondo credeva di aver dimenticato, riesplose come una bordata di cannone.
Fu paura, ma non di quello che stava accadendo, bensì di quello che sarebbe potuto succedere se avessero continuato.
Di ciò che Jean non poteva, non voleva, pensare di fare con un altro uomo.
Paura pura. 
Paura dell'ignoto.
Così afferrò Marco per le spalle e lo allontanò da sè così bruscamente, che il poveretto sbattè la testa contro la parete dietro di lui.
"Ahio!" gridò dolorante.
Jean nemmeno lo sentì, intento com'era a scivolare giù dal suo bacino alla velocità del fulmine e a rifugiarsi nel proprio letto.
Una volta sul materasso, si ritirò sotto le coperte come un paguro nella conchiglia.
"Jean, ma cosa ti è pre..." 
"Non dire niente!" ululò, interrompendo sul nacere la domanda di Marco.
Era nel panico più totale. Provava timore e imbarazzo per quel che aveva- che avevano- fatto. E da essi si lasciò dominare.
 "Non dire niente! Non mi parlare...Io..Io..sono sonnambulo!" disse, in preda ad un'improvvisa ispirazione. 
"Sì, io sono sonnambulo."" ripetè. Ecco, la scusa plausibile che stava cercando prima! 
Oh, perchè gli era venuta solo adesso?
 Il sonnambulismo era la giustificazione perfetta per tutti i suoi comportamenti di quella notte.
La posizione in cui l'altro l'aveva trovato, lo scuotimento, le teste vicine e.....quello.
 Sì, grazie al sonnambulismo Jean non avrebbe dovuto dare spiegazioni a Marco del -arrossì al solo pensarlo- loro Bacio. 
"Eh già, sono sonnambulo, quindi non mi rendo conto di quello che dico e di quello che faccio. Ma tu non ti preoccupare per me, eh! Domani mattina sarà tutto normale e avrò dimenticato. Perciò anche tu dimentica, ok?". Era ufficiale, Jean Kirshtein stava straparlando.
 "Quindi dato è già tutto dimenticato...Buonanotte!" concluse in tono stridulo, per poi dare la schiena al compagno.
Sentì da dietro Marco augurargli "buona notte", in tono assai poco convinto, e poi nel dormitorio calò il silenzio.
Jean rimase così da solo con i propri pensieri. 
Non riusciva a credere a credere di aver davvero baciato Marco. 
Però, stranamente, non si sentiva in colpa per averlo fatto. 
Anzi provava uno straniante senso di leggerezza, come se si fosse appena tolto un peso. 
E con questo ultimo, stravagante, pensiero si tirò la coperta fin sopra la testa e chiuse gli occhi.

§§§

Alla fine Marco era rimasto solo, nel silenzio del dormitorio. 
Era ancora un po' confuso, gli eventi si erano succeduti così in fretta, che per un attimo il ragazzo si chiese se non avesse sognato tutto quanto. 
Ma poi il dolore pulsante alla nuca e la sensazione fantasma delle labbra di Jean sulle sue, gli confermarono che era stato tutto reale.
Il ragazzo moro arrossì ricordando quel bacio.
Il loro primo bacio.
Era contento che fosse stato Jean a fare la prima mossa.
 Lui si era accorto da tempo dei propri sentimenti per il ragazzo biondo, ma era stato troppo timido per farsi avanti.
 Quindi era anche sollevato che Kirshtein si fosse dichiarato per primo. Tuttavia avrebbe voluto lo stesso chiedergli perche, per farlo, avesse usato una scusa così assurda come il sonnambulismo. 
Insomma, era una storia che non stava in piedi nemmeno un po'. 
Quando però si volse verso il suo compagno, non ebbe cuore di dire niente. 
Jean infatti dormiva della grossa, la coperta che era scivolata giù a mostrarne il volto incosciente. 
Era riuscito ad assopirsi nel giro di pochi minuti.
Strano, si disse Marco, eppure Eren e gli altri gli avevano riferito che l'altro aveva problemi di insonnia in quei giorni. 
A questo proposito, il ragazzo moro aveva sentito dire che, a volte, le persone non riescono a dormire, non per cause esterne, ma perchè sentono di dover ancora fare qualcosa, pur non essendone consapevoli a livello conscio.
Beh, qualunque fosse stata la "questione irrisolta" di Jean, il ragazzo doveva averla sciolta, dato che ora si trovava nel mondo dei sogni. Chissà di cosa si era trattato, comunque.
Marco guardò di nuovo l'amico dormiente e lo trovò molto carino. 
Peccato solo che russasse un po'. 


§§§


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti <3
 questa è la mia prima fiction nel fandom e anche la mia prima shonen-ai, perciò non sono sicura di niente, nemmeno del rating. Quindi vi pregherei di recensire, anche per dire che non vi piace, così almeno mi chiarisco le idee.
Detto questo, grazie a tutti dell'attenzione e alla prossima! (si spera)

P.S. Marco russa perchè secondo me anche un Gesù con le lentiggini deve pur aver un difetto u.u




 



 
  
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