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Autore: Vahly    29/06/2008    7 recensioni
Tom e Daniel si conoscono abbastanza a fondo… ma quanto?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Daniel Radcliffe, Tom Felton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap.03 - Confusione - i pensieri di Tom




Tom era disteso sul suo letto, una braccio piegato sulla sua fronte che gli copriva in parte gli occhi socchiusi.
Quel giorno non si era fatto vedere per nulla ed aveva evitato ogni possibile contatto con Daniel… non si sentiva pronto ad affrontarlo.
Del resto, cosa avrebbe potuto dirgli?
Non sapeva se l’amico avrebbe o meno affrontato l’argomento, o se invece avrebbe preferito glissare e far finta che nulla fosse accaduto. Ma entrambe le opzioni avevano le loro conseguenze, e Tom non sarebbe stato in grado di decidere quali preferiva.
Se ne avessero parlato, Tom avrebbe dovuto mettere in chiaro la propria posizione al riguardo… ed in quel momento davvero non sapeva cosa pensare: nonostante sapesse da qualche anno di essere bisex, ed avesse avuto un paio di flirt con dei ragazzi, non si era mai spinto oltre, quindi non sapeva gestire un rapporto con un ragazzo… ma già pensando una cosa del genere stava correndo troppo.
Se anche Daniel l’aveva baciato, ciò non voleva necessariamente dire che volesse stare con lui. Forse era stato solo uno sfogo momentaneo, o forse si sentiva attratto fisicamente ma la cosa finiva lì… d’altro canto, se non ne avessero parlato affatto, non avrebbe mai saputo cosa l’altro pensava di lui, le ragioni della sua azione; e senza un confronto probabilmente Tom stesso non avrebbe saputo comprendere i suoi veri desideri.
Si era sempre considerato amico di Daniel, ed era stato con Emma per mesi. Ciononostante, quando anche Dan si era fidanzato, aveva provato una punta di fastidio. Nulla di più, ed all’epoca quasi non ci aveva fatto caso, raccontando a se stesso che semplicemente gli dispiaceva non poter più stare con lui come prima, perché una volta fidanzato avrebbe passato quasi tutto il suo tempo con Katie, probabilmente a discapito della loro amicizia.
Ma non si era mai posto il problema di cosa provasse o meno, non aveva mai preso in considerazione l’idea di volere qualcos‘altro da lui, qualcosa che andasse oltre il rapporto fraterno che li legava. Eppure ciò che lo aveva sconvolto di più non era stato il bacio in sé, ma il fatto che al di là dello shock iniziale non si era sentito disgustato, o tradito dal suo amico… ed anzi, il pensiero di loro due in un altro senso continuava a tormentarlo, sotto forma di un interrogativo che si riproponeva di continuo nella sua mente. In quelle ultime 24 ore non aveva fatto altro che pensare se Daniel lo amasse, se lo volesse, se voleva una relazione… si domandò se Daniel avrebbe provato a baciarlo di nuovo - ed in quel caso lui che cosa avrebbe fatto? - oppure avrebbe lasciato stare, continuandogli a stare vicino.
E questi pensieri non lo disgustavano, sebbene si sentisse confuso come non mai. Perché si sentiva in quel modo? Era come se improvvisamente il suo cervello avesse ricevuto troppe informazioni per riuscire a rielaborarle tutte.
Non riusciva a venirne a capo.
Sarebbe stato incredibilmente più semplice, se solo avesse potuto prendere da parte Daniel e dirgli che non era interessato e di non provarci mai più.
Ma per qualche ragione, sentiva di non poterlo fare.
Si alzò di scatto dal suo letto, come se le coperte su cui era disteso scottassero.
“Stare seduto qui non mi aiuterà per nulla…” meditò fra sé e sé.
Sospirò, si passò una mano sulla fronte, quasi a voler scacciare via gli ultimi sgraditi pensieri, e si mise a posto la camicia.
Poi si diresse verso la porta, ed uscì silenziosamente, chiudendola talmente lentamente da rendere impercettibile ogni altro rumore che non fosse lo scatto della serratura.


- Ehi, Tom!
Lo raggiunse una voce, non appena ebbe messo un piede fuori dalla villa dove erano alloggiati.
Un po’ per evitare fotografi e paparazzi e un po‘ per smorzare i sentimenti di nostalgia causati dalle asettiche stanze degli hotel, infatti, la troupe aveva preferito evitare i bellissimi alberghi a 5 stelle e prendere in affitto una villa in campagna, vicino ad un paesino di periferia. Ciò che aveva spinto la produzione a rispettare quella scelta, in realtà, era stato soprattutto il fatto che i paesaggi erano perfetti per ambientare “Harry Potter e il calice di fuoco”, con le vaste praterie a disposizione per organizzare il labirinto, e quel vecchio parco giochi dove avrebbero potuto girare la scena iniziale di Harry e Dudley. Nonostante all’inizio la sorveglianza avesse creato qualche pensiero agli organizzatori, in quanto era molto più complicato controllare una villa e i dintorni che impedire ai curiosi di entrare nell’albergo, tutto stava procedendo per il meglio, ed i ragazzi sembravano essersi ambientati benissimo. E questo era molto positivo, perché quando si sentivano rilassati lavoravano molto meglio.
Tom si voltò, sentendosi chiamare, e sorrise al suo interlocutore.
- Ciao Rupert!
Lo salutò, andandogli incontro.
Il rosso fece altrettanto, ed in breve si ritrovarono faccia a faccia.
- Senti… - iniziò, come se non sapesse bene cosa dire, - volevo chiederti una cosa. Ho visto Daniel un po’ giù di corda, da quando ha rotto con Katie, anche se lui dice che non è per quello… ma a me ed Emma dispiace vederlo così. Sai mica se c’è qualcos’altro… qualche altro motivo per cui…
Tom si accigliò improvvisamente.
- E cos’altro vuoi che ci sia? - lo interruppe, - lui e la sua ragazza si sono appena lasciati, credo che sia legittima un po’ di depressione.
Rupert annuì.
- Sì, sì hai ragione. È solo che lui… continua a negare che sia per la fine del rapporto, ed io non me lo spiego… perché non c’è nient’altro che sia successo in questi giorni che avrebbe potuto…
- No, infatti, non c’è.
Mormorò Tom, sentendosi un po’ in colpa.
In fondo era stata anche una sua responsabilità: sebbene in teoria avrebbe avuto tutto il diritto di essere sconvolto dal bacio ricevuto da Daniel, in pratica era stato da perfetto stronzo abbandonarlo ed evitarlo in quel modo, in un momento di difficoltà. Sapeva che il moro doveva essere confuso, e tutto quello che era accaduto doveva aver pesato come un macigno su di lui.
Guardò Rupert, senza sapere cosa dire.
Non poteva rivelargli la verità…
- E comunque, anche se ci fosse un motivo, come farei a saperlo?
Domandò infine, fingendo una tranquillità che non gli apparteneva.
Rupert sospirò.
- So che siete molto amici… credevo che forse, con te, sarebbe riuscito a confidarsi.
- No, non l’ha fatto. Mi dispiace.
Ribatté con naturalezza il biondo.
- Capisco. Comunque, se ti viene in mente qualcosa… non è per farci gli affari di Daniel, ma se ti viene in mente qualcosa in cui possiamo essergli d’aiuto, magari puoi dircelo. Abbiamo provato a sondare il terreno con lui, ma è impenetrabile.
Ammise il rosso.
“E ne capisco il motivo…” meditò fra sé e sé Tom. Dopotutto, anche se si conoscevano da anni, era perfettamente normale che Daniel non riuscisse ad aprirsi su un argomento del genere. Sempre che avesse avuto qualcosa da dire, ovviamente… per quel che ne sapeva lui, il bacio poteva anche non avere nulla a che vedere con la tristezza dell’amico.
Ma nel caso che fosse stata una delle cause… beh, Tom riusciva perfettamente a capire perché l’altro non volesse parlarne: e se loro non avessero accettato, né capito? Se l’avessero rifiutato?
Erano stati gli stessi pensieri che avevano ronzato per la sua mente, imperterriti, per giorni e giorni, quando aveva compreso la sua bisessualità.
Per questo riusciva a comprendere ciò che poteva provare Daniel.
E per questo, ammise con sé stesso, avrebbe dovuto aiutarlo, o per lo meno stargli accanto, invece di scacciarlo come se fosse un appestato.
Si era comportato da stupido, e doveva porre rimedio a quell’errore.


Salutato Rupert, decise che era ora di parlare con Daniel.
Aveva promesso al rosso che se gli fosse venuto in mente qualcosa per sollevare il morale del loro amico in comune, glielo avrebbe fatto sapere… ma era conscio del fatto che non avrebbe potuto mantenere quella promessa.
E non ce ne sarebbe stato bisogno.
Per una volta, sarebbe stato lui a farsi carico della depressione di qualcuno, perché teneva a lui e non voleva vederlo soffrire.
Anche se lo considerava solo un amico… sì, anche se era solo un amico, era una delle persone più care e a cui più teneva. E non gli avrebbe permesso di abbattersi per una cosa del genere.

Girò nei giardini della villetta, e controllò lungo il perimetro della casa, ma senza alcun risultato. Decise quindi di guardare all’interno, ma fu inutile. Stava quasi per recarsi nella sua stanza, quando incrociò Emma, intenta a dialogare con Bonnie.
Si avvicinò alle ragazze e domandò loro:
- Scusate, avete visto Daniel?
Emma scosse la testa, ma Bonnie rispose:
- Sì, ma non è qui… oggi era un po’ nervoso, quindi ha deciso di farsi un giro.
- Sai dov’è andato?
- No, mi dispiace… ha preso la macchina ed è andato via.
Tom imprecò a bassa voce.
- C’è qualche problema?
Domandò Emma, un po’ preoccupata.
- Io… beh, volevo solo chiedergli cosa non andasse… mi ha detto Rupert che è un po’ giù, vorrei capire il perché, - mentì il biondo, - tutto qui.
Bonnie stava per dire qualcosa, ma il biondo continuò.
- E comunque è un cretino. Uscire così, da solo… e se gli succedesse qualcosa? La villa è piena di controlli e sempre sorvegliata… ci sarà un motivo, no?
Emma alzò il sopracciglio, in un modo molto Malfoyesco, come aveva visto tante volte fare a Tom nelle scene in cui compariva.
- Non sarai troppo apprensivo?
Il ragazzo strinse i pugni, e assottigliò gli occhi.
- No, non lo sono. Vado a cercarlo.
Detto questo, salì nella propria stanza a prendere le chiavi dell’auto, ed uscì.

Si recò al bar dove qualche volta era andato con Daniel, ma lì non c’era.
Alla fine decise di prendere il telefonino e chiamarlo.
Squillò numerose volte, fino a che non partì la segreteria.
Il biondo riattaccò, maledicendo quel cretino del suo amico, ed invertì la direzione di marcia, per dirigersi nel parco dove si trovava quando gli aveva dato quel bacio… Ma quando vide che era deserto, capì che probabilmente non sarebbe riuscito a trovarlo.
La soluzione migliore era tornare a casa ed aspettarlo… ma lui non era il tipo. Era capace di far snervare gli altri nell’attesa, poteva evitare qualcuno per ore, giorni, ma quando toccava a lui aspettare qualcuno… perdeva il controllo.
Soprattutto se si trattava di qualcuno con cui voleva chiarire la situazione, a tutti i costi.
Scese dalla macchina, e prese il cellulare.
Se lo rigirò fra le mani per un po’, prima di decidersi a chiamare Dan.
Esattamente come prima, rispose la segreteria. Ma questa volta non riattaccò… Un po’ titubante, domandò dopo il segnale acustico:
- Dove sei? Per favore, quando trovi questo messaggio chiamami… devo parlarti.
Richiuse il telefonino, ma non fece in tempo a metterlo in tasca che udì una voce alle sue spalle.
- Eccomi. Cosa devi dirmi?

   
 
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