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Autore: Piuma D oro    13/03/2014    0 recensioni
Continuava ad osservarmi, come volesse capire cosa stessi pensando in quel momento. Non lo sapevo nemmeno io. Mi limitavo a guardare da un lato e ad ascoltare vari rumori che interrompevano il nostro silenzio.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 agosto.

Mi fermai, presi fiato, ricominciai a correre. La mia vita era una battaglia alla sopravvivenza dei miei pensieri.
Continuai a correre, correre e correre. Mi rifermai. Il fiatone era come un'anima che ti trapassava da parte a parte
e tu non te ne rendevi conto, ma in quel momento prendevi fiato e continuavi a respirare.

Perché pensavo a queste cose?

Mi voltai e non vidi nessuno; neppure un'ombra, un movimento improvviso, un rumore, niente, il vuoto più totale.
Allora iniziai a camminare e mi ritrovai nel parco in cui incontrai per la prima volta Jackob, dove non eravamo stati
solo noi ad incontrarci, ma anche i nostri occhi che parlavano di amore. Alzai lo sguardo e osservai il tramonto;
il sole era davvero rosso, così come tutto il cielo. Mi ritornò alla mente quel pezzo di vetro che raccolsi quel giorno;
volevo riprovare lo stesso piacere, così con una pietruzza appuntita mi tagliai leggermente il palmo della mano sinistra
e iniziai a premere per fare uscire qualche gocciolina di sangue.

All'improvviso il sole calò e con lui tutto il rossore del momento. Rimanemmo soltanto io e i miei inutili pensieri, forse inutili
per la gente, ma per me fondamentali alla mia vita.

Mi sentii prendere la mano destra, mi voltai di scatto. Ero sorpresa, allibita, anche un po' stordita dalla situazione che si
stava stravolgendo. Era lui. Di nuovo lì. Con quegli occhi e quel suo essere maledettamente intrigante, di fronte a me.
Come d'istinto gli portai la mano sinistra sulla guancia, lo accarezzai dolcemente e chiusi gli occhi. Aveva una pelle così
morbida, così candida e liscia che pareva un non so che di indescrivibile. Gli prolungai una striscia di sangue che partiva
dall'orecchio sino al mento e rimasi lì, a contemplarla.

Avevate mai pensato a quante cose può esprimere una striscia di sangue rossa?

Se ci si pensa profondamente potrebbe esprimere una lacrima di dolore, una ferita non rimarginata, la nascita di un figlio,
un cuore infranto o semplicemente la felicità.

La felicità. Che strana parola. Di solito se si ha a che fare col sangue non si pensa alla felicità ed invece io in quel momento
ero particolarmente felice. Ma felice per cosa?

Questa sensazione ingannevole finì nel momento stesso in cui lui iniziò a trainarmi e ponendomi un casco salimmo sulla sua
vespa arancione. Provai un brivido lungo la colonna vertebrale, quasi impercettibile, ma esistente come l'aria che in quel momento
ci accarezzava le guance arrossate da un magico momento.

 

*E poi il nulla. Un attimo di puro spavento seguito dal nulla. Quando aprimmo gli occhi eravamo entrambe per terra, coricati, ammaccati;
ci voltammo e vedemmo il motorino sbattuto contro un muro. Un incidente.*pensai.

 

Ci speravo ed invece eravamo ancora sulla vespa che percorrevamo la strada solitaria, tra il canto dei grilli e le poesie del vento.
Posteggiammo sul marciapiede di una stradina che portava ad una casetta abbandonata, o forse era lì che viveva, non avevo idea
di cosa mi sarebbe venuto incontro.

 

L'aspetto era interessante: immersa nel verde, la legna per terra, un sentiero poco accogliente, finestre rotte e porte stranamente oliate.

 

“E' il mio rifugio” incominciò. “E' interessante” annuii io. Era tutto ciò che ci dicemmo nel giro di dieci minuti. Mi fece entrare e ci sedemmo.

 

“Ti va un bicchiere d'acqua?” introdusse, “Si grazie, ma nel frattempo raccontami di te. Ora sei tu che devi dirmi chi sei...” cercai di portare
avanti la nostra conversazione che altrimenti sarebbe morta come il fuoco nella piccola stufa accanto al tavolino. “Io sono interamente
corpo e nient'altro” spiegò. “Qualche filoso?” “Per l'esattezza è Nietzsche” affermò, “Beh si, lo sapevo ahaha” accennai una risata;
entrambi ci guardammo e sorridemmo. “Dai sul serio, tu chi sei?” cercai di estrappolargli qualche informazione oltre al fatto che fosse
un corpo. “Sono Jackob, Jackob Tane, questo tu lo saprai già. Vivo qui, o meglio, mi rifugio qui. Sono perennemente avvolto dai miei
pensieri, dal silenzio e dalla natura.”

Era una descrizione non particolarmente dettagliata, ma quella sensazione di avvolgimento dei pensieri aveva suscitato un grande
interesse in me “e a cosa pensi?” “ penso a mio fratello, Hane, a come sarebbe stato se lui fosse ancora...” si interruppe.
*Ancora cosa? Cosa? Cosa era successo a suo fratello? * Lo guardai incuriosita come per invogliarlo a proseguire; “a come sarebbe
stato se lui fosse ancora qui, vivo, con me.”

Suo fratello era morto. Hane era morto. Ormai entrambe erano entrati a far parte dei miei pensieri e della mia vita. Si alzò di scatto
facendomi spaventare e prese un pezzo di legno da mettere nella stufa per rianimarla un po'. Tornò a sedersi e gli posi una domanda
“Perché me?” stetti in silenzio per pochi secondi di riflessione “non ci conosciamo nemmeno e tu sei venuto proprio da me, due volte. Perché?”

Rimase per un po' con la testa bassa e dopo un po' di attesa mi confidò che aveva sentito parlare di me, che ero l'unica in grado di
aiutarlo. Aiutarlo a fare cosa?

“Vedi... avevo bisogno di un tuo aiuto, ma quando per la prima volta ti ho vista ho iniziato ad amarti” spiegò. Rimasi sconvolta da quella
confessione improvvisa e soprattutto prima in tutta la mia vita.

Arrossendo continuai “Di cosa hai bisogno?” “Ho bisogno che tu mi accompagni da un certo Hurricane, lo conosci vero?”

Hurricane. Era da una vita che non sentivo più quel nome ed era impressionante come solo sentirlo pronunciare riuscisse a provocare
dei brividi enormi sul corpo “certo, ma è da tanto che non lo vedo. Cosa ti serve da lui?” “Esattamente non lo so” si zittì, pareva confuso.
“Mio padre prima di partire mi disse che lui aveva qualcosa che mi apparteneva e che quando avrei raggiunto i 18 anni avrei dovuto
recuperare”. Questa faccenda mi stava facendo incuriosire, ma mi spaventava allo stesso tempo; proseguimmo ugualmente la
conversazione a tal punto da arrivare a capire che l'oggetto in questione fosse una scatolina dal contenuto segreto.

Decisi di iniziare allora quest'avventura con lui. Partimmo il giorno seguente.

  
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