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Autore: Signore_Oscuro    13/03/2014    3 recensioni
Tutto è calmo e tranquillo nella serena Canterlot, dove la notte accompagna i pony nei loro sogni sereni.
Ma non per tutti sarà un riposo piacevole e rilassante.
La principessa della notte si ritroverà faccia a faccia con un vecchio nemico sconfitto da tempo, nel suo incubo più buio e tetro.
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Ciao ragazzi! Rieccomi al lavoro dopo così tanto tempo! Ho pensato di prolungare questa oneshot sotto consiglio di alcuni amici e lettori, utilizzandola come punto di partenza per una storia! Che dire, Enjoy It! :)
Genere: Dark, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Princess Luna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Aprii lentamente gli occhi, disturbata da uno spiffero d’aria che portava con sé un nauseabondo ed insolito odor di marciume (cosa alquanto strana, specie qui a Canterlot).

Mi guardai intorno, avvolta dal buio più totale.

Percepivo qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa che non era… beh… di Canterlot.

Alzai lo sguardo, quando mi accorsi con terrore che non mi trovavo più nella mia stanza.

«Dove… Dove sono?».

L’enorme atrio era illuminato dalla luce della Luna, che penetrava silenziosa dal soffitto in parte crollato.

Rimasi immobile in mezzo ad alcuni detriti caduti sul pavimento in pietra, avvolta da un sinistro silenzio tombale.

Non si udiva nulla. Né il vento che soffiava, né il fruscio delle foglie degli alberi.

Niente. Eravamo soltanto io ed il silenzio.

Avanzai a piccoli passi in quell’atrio così familiare, udendo ad ogni mio passo l’eco dei miei zoccoli pestare la pietra sotto di me.

«Ehilà?… C’è nessuno qui?…».

La mia voce si disperse nell’aria, rimbalzando tra una parete e l’altra.

Inciampai improvvisamente su un gradino in pietra, urtandolo con lo zoccolo.

«Ahi!… Ma che…?».

Strizzai gli occhi ed alzai lo sguardo, fissando quello che una volta era un maestoso affresco dipinto su un’enorme tela color bordò che raffigurava un alicorno dal manto bianco.

Era impossibile non riconoscere all’istante quella figura che si ergeva di fronte ai miei occhi.

«Sorella!…».

La mia voce echeggiò nuovamente tra quelle vecchie mura decrepite, affievolendosi poco dopo nell’aria.

«Ma… ma allora questo…».

Roteai lo sguardo in tutte le direzioni, scorgendo numerose vetrate consumate dal tempo che splendevano in tutti i loro numerosi colori sotto i raggi lunari.

«… Questo è il vecchio castello!».

Udii nuovamente l’eco della mia voce disperdersi tra le mura, accompagnata da un misterioso rumore proveniente dalle mie spalle.

Mi volsi di scatto, colta di sorpresa.

«Chi c’è?!».

Scorsi, in un angolo buio, una vecchia porta in legno.

Le trottai incontro, appoggiando lo zoccolo sul legno marcio ed impolverato ed ascoltando il sinistro cigolio che emise nell’aprirsi lentamente, svelandomi con mia grande sorpresa una scalinata a chiocciola.

Non ricordavo la presenza di una scala simile, non in quel punto almeno…. Sembrava essere comparsa dal nulla, come per magia.

Un rumore di zoccoli attirò la mia attenzione, facendo svanire i mille pensieri che avevo nella testa in quel momento.

Scorsi una flebile luce illuminare quel passaggio, facendosi via via sempre più fioca.

«Sorella? Sei tu?».

L’unica risposta che ottenni fu la dolce risata di una puledrina che mi riempì le orecchie.

«Ehi! Aspetta!».

Scesi le scale con gran fretta, giungendo in breve tempo nelle segrete del castello.

«Ma… cosa… come sono finita qui?».

Numerose fiaccole si accesero in una magica sequenza, illuminando il lungo corridoio in cui ero finita.

«Non era così che me lo ricordavo, questo posto…».

Udii nuovamente quella dolce risata riempirmi le orecchie, accompagnato da un trottare che si faceva via via sempre più distante.

«Ehi piccola! Non scappare! Non voglio farti del male, sono tua amica!».

Iniziai a correre nel corridoio mentre il mio sguardo saettava da una parte all’altra, speranzoso di scorgere la misteriosa puledrina.

«Dove sei piccolina? Vieni fuori, io sono un’amica. Non ti farò del male».

Continuai a correre senza mai fermarmi, giungendo improvvisamente in un’ampia stanza nel bel mezzo di quello strano posto.

«Ma... cosa…?».

Una grossa fornace riscaldava l'ambiente, illuminando una vecchia panca in legno su cui erano stati riposti dei vecchi attrezzi da fabbro che attirarono la mia attenzione.

«Ehi, c’è qualcuno qui?… Dove siete?… Non abbiate paura, non voglio farvi del male».

Ascoltai l’eco della mia voce disperdersi nel corridoio, affievolendosi sempre più e senza ottenere alcuna risposta.

Mi guardai intorno curiosa, quando volsi nuovamente lo sguardo su quei ferri.

«Quale fabbro verrebbe mai a lavorare qui sotto, in un vecchio castello decrepito?…».

Sentii nuovamente quella tenera risata provenire da dietro le mie spalle e cogliermi di sorpresa.

Mi volsi di scatto, scorgendo di fronte a me tre piccole puledrine intente a giocare serenamente con la corda vicino alla grossa fornace.

Tutte e tre vestivano un elegante e raffinato vestito bianco.

«Oh cielo! Bambine, venite via da lì! E’ pericoloso!».

Sembravano non darmi retta, continuando a giocare indisturbate.

Il rumore degli zoccoli della puledrina intenta a saltare la corsa echeggiava continuamente nella stanza.

«Piccole, i vostri genitori sanno che siete qui?… Potrebbero essere preoccupati…».

Nonostante la mia presenza continuavano ad ignorarmi, iniziando a canticchiare all’unisono una filastrocca che mi fece drizzare tutti i peli.

«Il caduto non è morto, nei tuoi sogni è gia risorto… ti sta cercando, stai attenta sai, da lui non farti trovar mai… non entrar mai nell’oscurità, o nell’aldilà ti trascinerà…».

All’udire quelle parole sentii il sangue ghiacciarmisi nelle vene. Quella filastrocca mi metteva addosso un senso di disagio indescrivibile.

Mi guardai intorno in entrambe le direzioni, colta da un insolito senso di timore; le fiaccole che illuminavano i corridoi iniziarono ad affievolirsi, lasciando spazio alle tenebre.

«Piccole, per favore, venite con me! Andiamo via da questo posto!».

All’udire quelle mie parole le tre si fermarono all’improvviso, restando in silenzio e dandomi le spalle.

«… Bambine…?».

«… I suoi artigli son gia pronti ad afferrarti. Corri, non voltarti, andranno ben oltre il semplice graffiarti…».

Quella volta percepii chiaramente dei brividi corrermi lungo la groppa e pervadermi tutto il corpo.

Il disagio si trasformò in paura.

Non vedevo l’ora di andarmene da quel posto che parve improvvisamente così spettrale ed inquietante ai miei occhi… Ed io ero la principessa della notte, c’era ben poco che potesse farmi paura.

Le tre puledrine si volsero finalmente verso di me, mostrandomi i loro musetti brutalmente sfigurati e scuoiati che mettevano in risalto i loro denti marci, come per mostrarmi un terrificante e macabro sorriso che mi paralizzò letteralmente dal terrore.

«No… No… NO!».

Si avvicinarono lentamente a me, osservandomi attraverso i loro occhi vitrei.

«Questo deve essere un incubo!… Non può essere vero!… NON PUò!…».

Udii improvvisamente un’agghiacciante risata rintronare tra quelle mura, gelandomi il sangue per la seconda volta .

Mi guardai intorno, arretrando dalle tre puledrine che si facevano sempre più vicine.

«Chi sei?! Chi c’è qui?!».

Avvertii improvvisamente un forte dolore al collo; una delle tre piccole mi era saltata addosso, mordendomi e strappandomi ripetutamente pezzi di carne morso dopo morso.

Lanciai un urlo di dolore, mentre il sangue mi colava dalla ferita senza sosta.

«Lasciami!… Lasciami…!».

Un senso di stanchezza mi avvolse all’improvviso, facendomi barcollare e cadere a terra.

Ero senza forze. Sentivo le palpebre farsi sempre più pesanti, ogni volta che chiudevo gli occhi, le altre due puledre si facevano sempre più vicine, aprendo e chiudendo ripetutamente la bocca.

Poi fu il buio totale.

«NO! NO! NOOOO!».

Riaprii improvvisamente gli occhi e mi guardai intorno. Il mio cuore batteva all’impazzata.

Ero a terra, terrorizzata ed impaurita. Il sudore mi colava dalla fronte, e le fiamme della fornace mi riscaldavano con un piacevole calore.

«Perché sono ancora qui?!… Celestia! Sorella! Aiutami, ti prego!».

Le mie urla rintronarono nel corridoio con prepotenza, interrotte all’improvviso da una risata agghiacciante.

«Perché urli, se non ti ho ancora fatto nulla?…».

Quella voce…

Drizzai le orecchie e rimasi in silenzio, cercando di capire da quale direzione proveniva.

«Fatti vedere! Chiunque tu sia!».

Mentii. Avevo riconosciuto perfettamente quella voce, ma non volevo credere che fosse sua. Non ci avrei mai creduto e mai avrei voluto crederci.

Tutt’intorno a me calò il silenzio, interrotto poco dopo da dei passi provenienti dal corridoio buio di fronte a me.

Attivai il mio corno che si caricò di una luce celeste. Ero pronta a colpirlo, semmai si sarebbe fatto vedere.

«Vieni fuori, coraggio! E’ inutile che ti nascondi nell’ombra!».

Cercai di mascherare la paura che provavo in quel momento. Non volevo dargli la soddisfazione di farmi vedere terrorizzata.

Ci fu un’altra risata, questa volta più sonora, seguita dalla stessa voce.

«Io sono il buio, principessa… sono come le tenebre che alloggiano nel tuo cuore...».

Rimasi immobile senza scompormi nemmeno di un centimetro. Il mio corno mi supplicava di sferrare un colpo magico nella sua direzione.

«…La tua amata sorella non può fare nulla per salvarti da me… non qui… e non questa volta…».

«Mostrati, codardo! O hai forse paura?».

Cercavo disperatamente di reprimere la paura dentro di me, mentre aspettavo soltanto il momento giusto; quello in cui si sarebbe mostrato per poterlo colpire con tutta la potenza che avevo.

«Paura?… Io?…».

Ci fu un lungo ed intenso attimo di silenzio in cui non sentii più nulla, nemmeno lo sfrigolio delle fiamme.

Rimasi immobile al centro della stanza, continuando a tenere il corno puntato verso il corridoio.

Mi aspettavo qualsiasi cosa. Un rumore, un movimento… qualsiasi cosa.

Improvvisamente, con la coda dell’occhio, scorsi impietrita la figura del vecchio nemico comparire al mio fianco, cogliendomi di sorpresa e facendomi sussultare il cuore dallo spavento.

Sui suoi denti cromati potevo vedere chiaramente il riflesso delle fiamme.

«… Io sono la tua paura, Luna… Te lo leggo negli occhi…».

Feci per puntare il corno verso il suo viso, quando mi sentii lanciare con violenza contro la parete alle mie spalle.

Caddi a terra, urtando la panca su cui erano appoggiati i ferri che si sparsero sul pavimento.

«Ugh!… Non… non può essere!…».

Alzai lo sguardo verso di lui. Lo vidi osservarmi in silenzio, a braccia incrociate.

Gli ingranaggi del suo braccio riflettevano nitidamente il danzare delle fiamme.

«Fallen!… Noi… noi ti avevamo distrutto!».

Si avvicinò a me, fissandomi negli occhi ed afferrandomi per il corno in una solida stretta.

«Lasciami andare! Lasciami!…».

Mi sollevò da terra con una facilità terrificante, sbattendomi poi contro il muro ed osservandomi in silenzio.

Avevo i suoi denti a poco più di un centimetro dal mio naso. Sentivo il suo sguardo agghiacciante penetrarmi l’anima.

«Ho sempre amato vedere la paura riflettersi negli occhi di chi mi guarda… e tu, tu ne hai più di quanta ne ricordassi,

principessa».

«Lasciami andare, maledetto!».

Mi osservò divertito, avvicinandosi sempre più a me e fissandomi in silenzio.

Chiusi gli occhi umidi. In quel momento cercavo di trattenere le lacrime, seppur con scarsi risultati.

Sentii la sua rivoltante lingua appoggiarsi sul mio collo, leccandomi fin sul muso e riempiendomi di disgusto.

Scoppiai a piangere come una puledrina, in balia del terrore più assoluto.

«Lasciami andare!… Lasciami andaree!…».

«Oh, sì… è proprio questo quello che volevo vedere… la paura…».

Udii uno schiocco metallico, accompagnato subito dopo da un sinistro cigolio che mi fece riaprire gli occhi ricolmi di lacrime.

«La mia rinascita è ormai vicina, mia cara Luna… presto tornerò a comandare gli eserciti di Canterlot e riesumerò il mio titolo di Generale! Il titolo che tu e la tua amata sorella mi avete strappato quando mi bandiste dal regno, rilegandomi sulla Terra ed imprigionandomi in questo corpo... lo ricordi quel momento?».

«Quando mia sorella ti vedrà ti distruggerà di nuovo, maledetto traditore! La tua misera vita è prossima al termine!».

Singhiozzai dalla paura mentre sentivo le lacrime segnami i lati del muso.

Fallen sghignazzò ancora compiaciuto. Riuscii a scorgere da dietro le sue spalle la porta della fornace spalancata.

«Sì... può anche essere che tu abbia ragione, principessa…».

Mi lasciò cadere sul pavimento tra i ferri, afferrandomi nuovamente per il corno e trascinandomi senza troppa fatica vicino alla fornace.

Puntai lo sguardo su di lei, osservando terrorizzata le fiamme al suo interno danzare ardentemente, facendomi percepire il loro calore.

«… E se così fosse, allora, sarà meglio iniziare a godermi già da adesso la mia vendetta!».

Le sue parole mi strinsero il cuore in una morsa di puro terrore.

Mi sollevò di nuovo, i suoi occhi iniziarono a brillare di un rosso quasi accecante, come l’Amuleto che portava incastonato nel petto.

«Il mio ritorno è ormai prossimo, Luna…».

La sua stretta si avvinghiò con più forza attorno al mio corno.

«… Ma questa volta sarete voi che andrete a far visita al creatore… a cominciare… DA TE!».

Il cuore mi si fermò all’istante. Ogni muscolo del mio corpo smise di rispondere ai miei comandi, completamente pietrificato dalla paura.

Non riuscivo a reagire.

Venni lanciata all’interno della grossa apertura della fornace, le fiamme mi avvolsero con voracità.

Lo sportello alle mie spalle si richiuse al'improvviso, emanando lo stesso cigolio di quando si aprì.

Sentii il mio corpo bruciare con la stessa rapidità di una foglia secca. Le mie carni sfrigolavano, la mia criniera e la mia coda evaporarono come misero vapore.

La mia carne si scioglieva lentamente, facendomi urlare in preda ad una lenta e dolorosa agonia, fino a quando tutto non divenne buio e silenzioso.

«NOO!!».

Riaprii gli occhi e mi guardai intorno.

Ero nel mio letto. Nella mia camera.

Ansimavo a grandi respiri, mentre il sudore mi gocciolava dalla fronte segnandomi i lati del muso come fossero lacrime.

Qualcuno bussò improvvisamente alla porta, facendomi sussultare dal terrore.

«Sorellina? Va tutto bene?».

«Sorella?!… Sei… sei proprio tu?!».

Celestia spalancò la porta, osservandomi con aria preoccupata.

«Certo che sono io. Chi dovrei essere altrimenti?».

Mi lasciai cadere all’indietro, sprofondando la testa nel cuscino bagnato di sudore.

«Hai fatto un brutto sogno, sorellina?».

«Si… si, non puoi immaginare…».

Iniziai a calmarmi, mentre nella mia testa mi ripetevo che era tutto soltanto un sogno. Nulla di reale. Nulla che potrà mai avverarsi.

«Ti lascio riposare allora. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi».

Sentii la porta chiudersi lentamente. Mia sorella si allontanò a passi leggeri.

Chiusi gli occhi e feci un lungo respiro, tirandomi indietro un ciuffo della criniera.

«Era soltanto un sogno… Soltanto uno stupido sogno…».

Sorrisi, felice di essere ritornata finalmente alla realtà, quando sentii un flebile spiffero d’aria rinfrescare la stanza.

Alzai la testa e puntai lo sguardo verso la finestra, dove una sagoma nera mi osservava in silenzio.

«I sogni celano sempre un fondo di realtà, principessa…».
   
 
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