ANOTHER
WAY
UN
ALTRO
MODO DI ESSERE VAMPIRO
Capitolo
Bonus
Legame spezzato
Stoccolma,
gennaio del 1699
Stoyán
si
era da poco seduto ad un lunghissimo tavolo, tamburellando le dita sul
piano
liscio di ciliegio e dando un’occhiata alla lussuosa stanza
in cui lo avevano
fatto accomodare, dove regnava un silenzio quasi innaturale.
Era ampia, ben strutturata e con un soffitto dipinto con scene tratte
da
antichi miti religiosi, probabilmente greci; agli angoli erano poste
delle
poltroncine molto comode di colore verde e oro,
così come attorno al tavolo c’erano molte sedie,
come se si fosse svolta da
poco una riunione. Alle pareti c’erano altri quadri,
raffiguranti delle persone
molto belle e con un’aria altezzosa, almeno una decina.
Voltò la testa quando sentì la porta dietro di
sé cigolare, da cui sbucarono
altre due persone, un uomo e una donna.
“Stoyán, che piacere vederti.”
Commentò la donna, alta, bionda e con un’aria
nordica, avvicinandosi a lui per accarezzargli le spalle.
“Nonostante tu abbia più di trent’anni,
sei sempre un bell’uomo…Come stai?”
“Bando ai convenevoli… come mai mi avete chiamato
qui? Chi è morto?” sputò
l’interpellato, tornando a fissare il tavolo con uno sguardo
spento.
L’uomo, che al contrario era poco più basso della
compagna e dai capelli
castano caldo, scoppiò a ridere, raggiungendolo a sua volta:
“ Sempre
perspicace…”
“Non sono stupido. Allora, chi è morto?”
richiese Stoyán, con un tono
impaziente.
“Hansel. Il solito motivo, per amore…”
commentò sprezzante il moro, continuando:
“ Ha privato di tutto il sangue la sua amata umana e,
impazzito, è uscito al
sole. Ha spaventato un paio di passanti, abbiamo dovuto andare a
rassicurarli e
ipnotizzarli per far credere loro che non fosse successo
nulla…”
Stoyán sospirò pesantemente, mentre una leggera
stretta gli attanagliava il
petto in una morsa.
L’ennesimo vampiro, che moriva per amore.
“Sii più chiaro Enrique, dove devo
andare?”
“Austria. Devi reclutarne uno nuovo, cerca di seguire
qualcuno di giovane, così
da potergli dire quanto più possibile dopo la sua
trasformazione.”
Già. Quando un umano veniva trasformato in vampiro, perdeva
sia l’anima, sia i
ricordi, e toccava al creatore raccontare quello che sapeva alla
propria
progenie. Non era possibile mentire, e questo faceva parte del legame.
“Ne sei in grado? Ci puoi riuscire, nonostante tu abbia perso
da poco…?”
domandò la bionda, prima di venir bruscamente interrotta.
“Posso farcela, Adelhild.”
Assicurò Stoyán, smettendo di tamburellare solo
per
stringere la mano in un pugno.
“Posso farcela.”
Belgrado,
16 agosto del 1717, notte
fonda
Stoyán
aveva
sudato freddo.
Il ragazzo che aveva scelto di seguire, Niklas Reiter, era stato
reclutato
nella battaglia austro-turca e, successivamente, gravemente colpito al
petto,
rischiando la morte.
Non poteva permetterlo, non poteva buttare tutti quegli anni che lo
aveva seguito
con attenzione.
Senza contare che quel ragazzo dai capelli castano scuro gli ricordava
terribilmente la persona che aveva amato anni fa, una persona che
aveva, però,
perso la vita.
Non sarebbe stato capace di sopportare una seconda perdita, non a
così poca
distanza l’una dall’altra.
Senza curarsi degli spari e dei colpi di cannone, l’uomo dai
lunghi capelli
neri, raccolti in una coda stretta, attraversò il campo di
battaglia e si
lanciò sul ragazzo per prenderlo tra le braccia e trarlo in
salvo, lontano da
quella pazzia.
Ansante e con l’adrenalina che gli scorreva in corpo, una
volta nella sua tenda
al sicuro, piantò i denti nel collo di Niklas e
iniziò a succhiargli del
sangue, poco meno della metà che aveva dentro di
sé e si staccò, mordendo poi
il proprio polso per far fuoriuscire il liquido rossastro e accostarlo
alle
labbra del giovane.
“Bevi.” Lo implorò, premendolo e
insistendo affinché se ne cibasse.
“Bevi!” gli
ordinò, ancora.
Era necessario per la trasformazione, o non si sarebbe salvato.
Ma fortunatamente, anche se il ragazzo era più
nell’aldilà che tra i vivi,
riuscì nell’impresa e avvenne quella specie di
trasfusione, che lo avrebbe reso
una creatura della notte.
Quando stava per finire, sul volto di Niklas apparvero smorfie di
dolore, la prova
che la metamorfosi stava avvenendo, e tolse il polso, per leccare e
cicatrizzare la ferita.
Stoyán non perse tempo e iniziò a scavare una
buca per poterlo sotterrare, come
la procedura richiedeva per completare la mutazione in vampiro.
Lo depose nella fossa e lo ricoprì di terra con attenzione,
cercando di
calmarsi e riprendere il controllo della situazione.
Era stato precipitoso, ma necessario.
Ora avrebbe dovuto aspettare il suo risveglio la notte dopo, sperando
che fosse
andato tutto bene...
***
Rinn,
provincia di Innsbruck, Austria,
fine agosto del 1717, sera.
Un vampiro.
Niklas era stato trasformato in vampiro da poco meno di una settimana
da un
uomo che diceva di chiamarsi Stoyán, e di averlo fatto per salvargli la vita, o
qualcosa di simile, ma
faticava a crederci.
Attorno a lui erano morti un sacco di uomini, quindi perché
lo aveva scelto tra
quelle tante vittime?
Qualcosa non tornava, ogni volta che chiedeva qualcosa relativo a
quella notte,
l’altro era sempre evasivo, o generico.
In quella settimana aveva bevuto il sangue da lui. Non
perché lo avesse voluto,
ma perché il corvino gli aveva spiegato che prima avrebbe
dovuto istruirlo di
come muoversi e di cosa comportava la sua nuova natura.
Il primo passo del suo ‘addestramento’ era tornare
nella sua terra natia, nella
città doveva aveva vissuto, per poter prendere gli effetti
personali.
Non avrebbe potuto parlare con la propria famiglia, perché
da quello che Stoyán
gli aveva raccontato, i suoi parenti erano molto cattolici, certamente
non
avrebbero accolto un cadavere maledetto a braccia aperte,
anzi…
Quell’uomo, quel Stoyán, era quindi
l’unica persona che gli era rimasta e sulla
quale poteva contare.
Sentì come una sensazione di familiarità, quando
mise piede nella piccola corte
davanti a casa.
Sensazioni, ecco cosa gli rimaneva. Aveva perso i ricordi, ma gli erano
rimaste
delle sensazioni, ed era una magra consolazione.
Strinse le labbra, mentre l’uomo gli faceva cenno di seguirlo
nella casa diroccata
di fianco.
Salirono delle scale che erano tutto fuorché sicure, e
raggiunsero il tetto,
notando che da quel punto si vedeva una stanza.
“La tua camera, Niklas. Ora dovremo entrare e prendere un
paio di vestiti, qualche
tuo oggetto e …qualcosa che per te significhi qualcosa.
Chiaro?” gli spiegò, in
un sussurro.
Il moro annuì, seppur non del tutto convinto, e insieme al
compagno saltarono
verso la finestra, aggrappandosi a una delle imposte a fatica.
Quasi scivolò, visto che era al secondo piano, ma piantando
le unghie nel legno
riuscì a sostenersi per un soffio, trattenendo il respiro
per lo spavento.
Facendo attenzione, Stoyán riuscì ad aprire la
finestra, penetrando all’interno
della stanza, che mostrava un letto, un armadio, una cassettiera, un
comodino e
una piccola scrivania, tutto rigorosamente in legno,
dall’aria ben tenuta.
Il ragazzo si guardò attorno, avvicinandosi
all’armadio e accarezzando un’anta
con lentezza, quasi trattenendo il respiro.
Non ricordava nulla, eppure tutto questo era appartenuto a lui.
Strinse le labbra, mentre il maestro prendeva dei vestiti e li buttava
alla
rinfusa in un sacco.
“Sbrigati!” sussurrò l’uomo
ancora, incitandolo a muoversi.
Niklas si riscosse e si guardò ancora attorno, alla
disperata ricerca di
qualcosa che potesse trasmettergli qualcosa.
Si avvicinò a quello che doveva essere il suo vecchio letto,
e prese un vecchio
animaletto di pezza che aveva la forma di un coniglio, cucito a mano.
Lo faceva sentire sicuro, protetto, legato a…qualcosa.
“Questo. Questo…significa qualcosa.”
Mormorò, deciso, lanciando un’occhiata
all’uomo, che annuì e gli indicò una
custodia.
“Prendi anche quella.” Ordinò, prima di
saltare di nuovo giù dalla finestra,
atterrando con grazia nella piccola corte.
Niklas lo fissò a bocca aperta, ammirato.
Il corvino gli sillabò un Salta!,
facendogli cenno con la mano di seguirlo ancora una volta.
Niklas deglutì a vuoto e, seppur tremante, saltò
a sua volta, stringendo i
denti e gli occhi per la paura di farsi male, ma il suo risultato fu
solo quello
di ruzzolare un po’.
Okay, non era stato per nulla figo come Stoyán…
Si rimise in piedi e seguì il maestro fino in strada e poi
nella stanza che avevano
preso per quella notte.
Una volta dentro, il maestro accese il cero e lo porse al neo vampiro,
serio in
volto.
“Ora dovrai bruciare quel pupazzetto.” Disse solo,
mentre il ragazzo sgranava
gli occhi.
“Perché?”
chiese, più perché era
sconvolto che per reale curiosità.
“È come una specie di taglio con la tua vita
precedente. Devi farlo, brucialo,
e sarà meglio. È come un rito di iniziazione, poi
riuscirai a bere il sangue
altrui.”
Il solo pensiero di bere del sangue, di essere umani…gli
faceva contorcere lo
stomaco.
Sospirò, tremante, e prese incerto la candela, mentre,
nell’altra mano, teneva
quel coniglietto di pezza. Sarebbe stato come bruciare una parte di
sé…
Lo sguardo del suo creatore gli metteva talmente pressione addosso che
decise
di compiere quel gesto.
“D’a…d’accordo.”
L’odore della stoffa bruciata era nauseante…
Così come la sensazione che si stava impadronendo di lui
dall’interno.
***
Russia, Odessa,
sul Mar Nero, anno 1801
Gli era
capitato il ragazzo più scansafatiche del mondo.
“Maestro, quando andiamo a casa?”
domandò Niklas, prendendo una delle ceste di
pesce che erano incaricati di portare al mercato. “Manca poco
al sorgere del
sole…”
“Lŭzhliv! Abbiamo ancora un’ora buona, piccolo mio.
Riusciamo a fare un altro
giro.” Assicurò l’uomo dai capelli neri,
fissando il ragazzo con severità ma
anche dolcezza.
Nonostante soleva lamentarsi spesso, alla fine era una buona compagnia,
e non
passava giorno in cui pensava di raccontagli la verità per
cui l’aveva scelto.
Solo che, ogni volta, qualcosa lo bloccava.
Aveva paura di allontanarlo da sé…
Gli accarezzò la testa e lo spinse in avanti, per farlo
muovere, seguito da uno
sbuffo imbarazzato del moro.
Il mercato di non era lontanissimo, e in quel periodo invernale la
notte durava
di più e significava più tempo per loro.
Una volta
consegnata la merce, vide Niklas adocchiare una donna dai capelli rossi
e dalla
carnagione chiara all’angolo della strada, intenta a
civettare con un uomo,
probabilmente un commerciante.
“…Maestro, cosa fa quella signorina?”
domandò il moro, con un’ingenuità che
poteva appartenere solo a un ragazzo ancora illibato, curioso ma anche
timoroso.
“Quella, pupillo mio, è una…prostituta.
Il mestiere più antico del mondo.” Rise
di gusto, circondandogli le spalle con un braccio, per stringerlo a
sé.
“Se facciamo attenzione, possiamo portarcela a casa come
cena.” Propose, girandosi
per guardarlo.
“V…va
bene…”mugugnò l’altro,
abbassando appena il capo, in imbarazzo.
“E or dunque andiamo.” lo esortò,
avvicinandosi alla signorina con un sorriso
sornione.
“Buonasera.” Salutò l’uomo,
facendo un piccolo inchino e dando un leggera
gomitata al suo allievo per intimargli di fare lo stesso.
“Buonasera.” Salutò affabile la donna di
rimando, lasciando perdere l’altro
uomo per dedicare più attenzione ai nuovi arrivati, molto
più invitanti e
probabilmente, danarosi.
“Vorrebbe accompagnarci sino alla nostra
abitazione?” domandò il corvino,
offrendole il braccio.
La donna sorrise, perdendosi nei suoi occhi neri.
“Con piacere.”
***
“Quello
che
devi ricordarti sulle donne è…”
Stoyán si era lanciato in un discorso dettagliato di cosa
dovevano fare gli
uomini in un letto, o possibilmente in un luogo comodo, con una donna.
“..trattarle con rispetto innanzitutto, e dedicare del tempo
ai preleminari,
che si eseguono facendo…”
Niklas era a dir poco allucinato da quello che stava udendo.
Gli occhi erano sgranati, la donna dai capelli rossi nella stanza
accanto al
corridoio dove era ora e il suo maestro stava facendogli una lezione di
educazione sessuale talmente dettagliata da far venire
l’ansia.
Lo trovava…terribilmente sconveniente!
“Ma…ma…” balbettò,
cercando di bloccare quel fiume in piena.
“Che c’è? Vuoi che te lo rispiego,
c’è qualche parte poco chiara?”
“NO!” Non voleva di nuovo udire – e
soprattutto immaginare quelle cose- “Ma…quindi
quella signorina serve per…”
“Ah, malandrino, vuoi andare subito alla parte interessante!
Certo, devi fare…”
No, non ancora!
Era sconvolto…
Il ragazzo si coprì, vergognoso, la faccia con le mani, e ne
voleva un altro
paio per tapparsi anche le orecchie.
“ …e mi raccomando, sii gentile anche alla fine e
chiedi loro se sono state
bene, se desiderano qualcosa o se…”
“N…non voglio nulla maestro, non voglio nulla di
tutto questo.” protestò
debolmente, lanciando un’altra occhiata alla signorina che lo
salutò maliziosa
con un cenno della mano.
ARGH.
Stoyán inarcò un sopracciglio, stranito:
“Un ragazzo della tua età, che
non…”
“Davvero, nulla.” Ripeté, sicuro come
non mai e terribilmente in ansia.
Il maestro sorrise, scompigliandogli i capelli per poi raggiungere la
signorina
in camera.
“Tu vai nell’altra stanza, ti chiamerò
quando sarà…pronta per la cena.”
Promise, chiudendo la porta.
Il sole era
sorto da almeno un’ora, ma le tende scure e i muri spessi lo
proteggevano dalla
luce e quindi dalla morte.
Anche se l’avrebbe volentieri preferita, visto i rumori che
sentiva nella
stanza accanto.
Tremendo.
Avrebbe solo voluto mangiare e andare a letto, complice anche la
stanchezza del
lavoro di quella notte, e invece…
Sospirò, appoggiato ad una colonna portante del muro, quando
vide finalmente la
porta aprirsi, dove fece capolino la figura del suo maestro, ancora
vestito.
…Cosa aveva fatto in quella camera allora? In effetti aveva
sentito solo gli
ansiti della signorina.
Deglutì a vuoto, mentre l’uomo gli faceva cenno di
avvicinarsi e di entrare
nella stanza.
“Io ho bevuto solo qualche goccio, il resto lo lascio a
te.” Soffiò, indicandogli
la donna stesa sul letto che aveva un’aria trasognata.
Si avvicinò a lei, titubante, e accostò le labbra
al suo collo, prima di
piantare i canini e iniziare a bere il suo sangue, ferroso e con un
retro gusto
salato che, in fondo, non era niente male.
Ormai quel senso di nausea che aveva provato le prime volte era
scomparso,
lasciandogli solo una fredda necessità, ovvero quella di
sopravvivere.
Era un predatore della notte, e come tale doveva nutrirsi.
E ci aveva preso anche gusto, nel farlo…
Romania, Tulcea,
sul Mar Nero, anno 1848
“Voglio
quello.”
“No.”
“Ma tu hai i soldi! Sei pieno di soldi!”
“Lŭzhliv! Io non sono ricco, ho giusto il mio stipendio
guadagnato con il
sudore della fronte.”
Niklas sbuffò, esibendo poi un verso esasperato davanti ad
una vetrina.
Si era fissato su una bellissima scacchiera, e diamine, la voleva da
matti.
Sarebbe entrata nella collezione di oggetti che teneva nel suo baule
del
sedicesimo secolo, un baule regalatogli dal suo maestro e che
–doveva
ammetterlo- gli aveva fatto piacere e gli era dannatamente utile.
Non avrebbe occupato molto spazio, in fondo quel bagaglio era ancora
vuoto,
visto che conteneva solo il suo violino, qualche biglia colorata con
cui era
solito giocare e i vestiti che usava abitualmente.
Quella scacchiera era unica e la voleva.
Poteva concedersi un capriccio almeno una volta al secolo!
Chiedeva solo un piccolo prestito, ma quell’uomo che si
definiva suo creatore
era più che certo di non volergli scucire nulla.
Sbuffò ancora, fissando malissimo l’uomo di fronte
a lui che non ammetteva
discussioni.
“Non chiedo mai nulla. E suono anche il violino per te,
qualche volta.”
Mormorò, con un tono sofferto, cercando di farlo sentire in
colpa.
Già, il violino, era il suo orgoglio. Ricordava ancora
quando lo aveva aperto,
per la prima volta, da vampiro.
Nella
stanza in cui alloggiavano,
dopo aver bruciato il pupazzetto, Niklas aveva appoggiato la custodia
misteriosa sul tavolo e l’aveva accarezzata con dolcezza.
Anche questa gli stava trasmettendo qualcosa, ma cosa?
“Aprilo.” Lo invitò Stoyán,
accarezzandogli la schiena “Non aver timore.”
Seppur incerto, il ragazzo lo aveva aperto e ci aveva trovato uno
splendido
violino.
“Questo violino è uno Stainer, del suo terzo
periodo, acquistato da tuo padre
per regalartelo quando avevi sei anni. È unico nel suo
genere, questo artista
non aveva allievi e perciò non ne troverai altri in giro,
fai attenzione.” Gli
raccontò l’uomo, preciso.
“Ma…lo so suonare? Davvero?”
domandò Niklas sempre più titubante, prendendolo
in mano e studiandolo da tutte le sue angolazioni.
Stoyán gli aveva allora sorriso incoraggiante:
“Provaci.”
Ci aveva provato
eccome. Quella sera aveva eseguito il suo primo concertino privato al
suo
maestro.
Certo, era ancora un po’ inesperto e rozzo, ma era tutta
questione di pratica:
già dopo un secolo, il suo stile era migliorato, e nel tempo
libero era pure riuscito
a comporre un pezzo.
Gli dispiaceva tenerlo solo come hobby; Stoyán non faceva
che ripetergli che
quello del musicista era un lavoro precario e che non avrebbe portato a
nulla,
e che se voleva avere del reale denaro in tasca avrebbe dovuto sudare
parecchio
con lavori di fatica.
Oltretutto, anche fosse stato bravo, non poteva esporsi troppo:
avrebbero
scoperto che quel ragazzo talentuoso e che non invecchiava mai era un
maledetto
vampiro. Non avrebbero esitato un secondo a fargli la pelle…
Lanciò un’occhiataccia ferita a Stoyán,
che strinse le labbra e lo fissò di
rimando.
“Credimi Niklas, è per il tuo bene. Pensa al
futuro, a quanto ancora hai da
vivere, devi avere dei soldi da parte.”
Ma quando mai gli aveva fatto del bene?
Già il solo fatto di averlo trasformato in vampiro gli aveva
rovinato la vita,
la sua vita da essere umano vivo,
che
si nutriva come tutti gli altri.
“Li guadagnerò più avanti quando
sarà il momento.”
“Lŭzhliv! Ragazzo mio, il costo della vita sarà
sempre più alto, rammendalo.”
“E cercherò un lavoro adatto al mio tenore di
vita.”
“Lŭzhliv! Non sarà sempre così semplice
trovare lavoro…”
Quant’era saccente! Si comportava come se fosse il detentore
della verità
assoluta.
Il solo fatto che quell’uomo fosse più vecchio di
lui di almeno cinquecento
anni non voleva dire nulla!
Il vampiro più giovane sbuffò ancora, irritato
per quel comportamento.
Quell’uomo continuava a correggerlo, non poteva sbagliare
qualcosa che il
maestro era subito pronto a bacchettarlo con quel suo Lŭzhliv!,
che odio!
“Forza, andiamo a casa, non abbiamo tutta la
notte.” Gli ordinò il vecchio
vampiro, facendogli cenno con la mano di andare.
Oh, sì che lo avrebbe seguito a casa….per il
momento.
Mancava solo
un’ora all’alba.
Niklas, silenziosamente, aveva raccattato tutte le sue cose
–che non erano
molte, in fondo- e le aveva messe nel proprio baule.
I soldi erano pochi, sì, ma per un po’ sarebbe
sopravvissuto.
Ma non riusciva più a stare sotto il tetto con
quell’uomo.
Non lo sopportava più.
Essere vampiro era una noia mortale, odiava da matti sottostare al suo
creatore
e ormai si reputava abbastanza adulto e responsabile per badare a
sé stesso.
Sempre facendo attenzione, controllò che il maestro fosse
ancora impegnato nei
propri conti e prese il proprio bagaglio, per uscire dalla porta.
Doveva fare pianissimo, anche solo il più piccolo rumore
avrebbe attirato la
sua attenzione e quella era la sua unica occasione.
Non l’avrebbe sprecata.
Uscì e scese le scale con lentezza, sperando che il legno
non scricchiolasse, e
di non incontrare qualcun altro degli inquilini, anche se a
quell’ora di notte
dubitava che sarebbe successo.
Per sua fortuna, riuscì a raggiungere l’atrio e
poi la strada fuori.
Inspirò l’aria e gettò un ultimo
sguardo al condominio, prima di dare un’occhiata
in giro.
Doveva nascondersi da qualche parte; non sarebbe riuscito ad andare
troppo
lontano, ma avrebbe dovuto far credere a Stoyán di esserci
riuscito.
***
Il corvino
aveva appena finito di fare il conto dei soldi che aveva, di cosa
avrebbe
dovuto pagare quel mese di affitto e altro.
Non c’era
male, avanzava qualcosa…
Forse avrebbe potuto
prestare i soldi a Niklas per quella scacchiera, ma quel
ragazzo doveva imparare il valore del denaro e a tener conto di tutto
ciò che
aveva attorno…
Non poteva sperperare
così.
Magari avrebbe potuto
fargli un regalo, se si fosse comportato bene…
Sorrise un
po’ tra sé, cercando di recuperare contegno e
tornare serio, o
sarebbe sembrato sospetto.
E lui voleva fargli
una sorpresa.
Si alzò,
per andare a vedere se il suo pupillo stava già dormendo, ma
una volta
arrivato sulla soglia della stanza dove riposava il giovane, rimase
come
pietrificato.
Era completamente
vuota.
Non vi era un solo
oggetto nella camera, solo il letto ancora sfatto dalla
notte precedente e che l’altro non rifaceva mai, per
pigrizia.
Si voltò di
scatto, andando a vedere nelle altre stanze, ma anche lì non
vi era
traccia del compagno.
Rapido,
uscì di casa e scese frettolosamente le scale, quasi
affannato, raggiungendo
il piccolo atrio che dava poi sulla via.
Dovette fermarsi
perché, appena mise piede fuori, un raggio di sole lo
investì,
facendolo gemere di dolore e ritrarre immediatamente di nuovo
all’interno, al
sicuro tra le mura.
Maledizione,
c’era già la luce fuori…
Si sedette a terra
,ansante ed esausto, gli occhi chiusi.
Niklas era fuggito.
Era fuggito e lui non
se ne era accorto.
Sentiva un profondo
vuoto, dentro di sé, e non riusciva a concepire la sua
assenza.
Come aveva potuto
abbandonarlo in quel modo?
Nemmeno un biglietto,
una parola, un tentativo di mettere le cose a posto.
Lo aveva scelto tra i
tanti perché gli ricordava quella persona, ma dopo averlo
conosciuto, dopo averci vissuto…
Si era affezionato a
lui.
Tantissimo.
E non voleva stare
senza la sua presenza, seppur pigra.
Serrò le
labbra e riaprì gli occhi, dopo aver preso una decisione.
Lui avrebbe ritrovato
il suo piccolo ad ogni costo.
Ad ogni costo.
AskAnotherWay
Il gruppo Facebook
La storia principale
Parla Tomocchi:
One-Shot Premio per Blackrose_96, ovvero il passato di
Niklas e Stoyán :3
Ci ho messo parecchio
a riordinare le idee, a mettere a posto le cose, e ci
sono riuscita dopo…quanto? Un mese?x°D
Come potete notare,
anche i vampiri hanno problemi con l’affitto (lol) e ci
sono ragazzi ancora pudici…sì, credetemi,
esistono eccome.
Quest’ultima
parte volevo che fosse un po’ straziante (?) spero di esserci
riuscita…
Comunque spero ti
piaccia ragazza mia, fammi sapere *3* e grazie anche a chi
passa e chi legge! :3