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Autore: holmeslessassbutttimelord    15/03/2014    1 recensioni
Castiel non ha parlato per quasi vent'anni, e sembra sul punto di essere mandato fuori dall'ennesimo ospedale psichiatrico. È irrispettoso, non cooperativo ed antisociale rende difficile a chiunque essergli amici. Ma quando Dean viene internato nello stesso ospedale, l'intero mondo di Castiel cambia.
(Mental Hospital!AU)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fandom: Supernatural.
Capitolo: 1/24 (+2 capitoli extra)
Note: Allora, ho trovato questa fanfiction su "fanfiction.net" l'autrice è "holmesless-assbutt-timelord". Questa long mi ha colpito davvero molto. Mi sono messa in testa che il fandom italiano avrebbe dovuto amarla come me. Perciò prometto di essere il più precisa possibile con gli aggiornamenti e anche con la traduzione.
La storia originale si trova qui https://m.fanfiction.net/s/9196303/1/Alone-Together
Vi prego fatemi sapere cosa ne pensate e io provvederò a comunicare all'autrice i vostri commenti :) Per ragioni a me prima sconosciute (perdonate la mia ignoranza) ho dovuto creare un account con lo stesso nome dell'autore originale, chiedo umilmente scusa a tutti coloro che l'avevano messa nelle seguite. Scusate tanto T.T


Era seduto da solo ad osservare le persone girovagare nel “centro nutrizionale” come sempre. Odiava il modo in cui lo chiamavano “centro nutrizionale”, sembrava un vano tentativo per rendere la stinta e sudicia caffetteria sofisticata e adulta che, proprio come i suoi occupanti, non lo era affatto. In realtà la caffetteria gli ricordava molto le sue esperienze al liceo. Tutto era relativamente uguale: era un ragazzo solitario, escluso e preferiva sopratutto osservare che partecipare. L'unica differenza adesso era che anziché avere atleti pompati e cheerleaders ad infastidirlo, ci sono un gruppo di casi umani egomaniaci. A dir la verità, a pensarci bene, forse non era poi così diverso.

La maggior parte delle persone lo lascerebbe da solo, ma ogni tanto un nuovo paziente o un ottimista speranzoso provano ad intrattenere una conversazione con lui. Alla fine si annoiano a parlare ad un muro, lasciandolo, così, da solo ancora una volta. Preferisce così, in fondo. Tutta la gente in quel posto è troppo falsa per i suoi gusti. I loro sorrisi sembrano forzati, le loro parole ipocrite. A lui non piace perdere tempo con i bugiardi.

Parlando di persone false, ecco entrare Mr. Ken, che si agghinda come Ken, o Dustin come in genere viene chiamato, cammina lentamente verso di lui, un ampio sorrisetto sul volto e dice “La dottoressa Perri vorrebbe vederti, Castiel. Ha detto che è importante.” Castiel alzò gli occhi al cielo. A Dustin piaceva troppo scortarlo nell'ufficio della Dottoressa Perri. Forse gli piaceva vedere Castiel ignorare la dottoressa per l'ora che gli spettava, o amava vedere Castiel mettersi nei guai per essere “difficile” e “irrispettoso” giorno dopo giorno. Comunque sia era una strana perversione.

Castiel si alzò, lasciando il suo toast e i suoi cereali intatti; Becky se ne prenderà cura più tardi. Seguì Dustin attraverso i corridoi fino a quando non giunsero davanto l'ufficio della dottoressa Perri. La porta era chiusa, ad indicare che era con un paziente. Castiel odiava quando faceva così. Perché doveva farlo arrivare fin lì per poi farlo aspettare fuori?

Appena si lasciò scappare un sospiro annoiato la porta si aprì. Un uomo alto ed abbronzato passò accanto a Castiel. I suoi occhi erano puntati sul pavimento e le sue mani erano chiuse a pugno lungo i suoi fianchi. Se ne andò dall'ufficio con passi pesanti ed arrabbiati, era letteralmente infuriato. Era un uomo particolare, soprattutto per le sue gambe a parentesi. La bocca di Castiel si sollevò in un quasi sorriso. In fondo non era l'unico ad essere arrabbiato dopo una seduta con la dottoressa Perri.

Senza aspettare un invito, Castiel entrò nell'ufficio. Lei alzò lo sguardo dal suo bloc-notes e gli fece segno di sedersi. Come di consueto si sedette sulla sedia più lontana da lei. Accavallò e scavallò le gambe in attesa di una domanda.

“Buongiorno Castiel. Come stai?” Posò la sua penna sulla scrivania e puntò attentamente lo sguardo su di lui. Castiel alzò vagamente le spalle. “Vuoi parlare di qualcosa?” Castiel alzò lo sguardo sull'orologio, guardando i secondi passare. Alzò le spalle di nuovo.

“Okay. Cosa hai fatto questa mattina? Hai mangiato la tua colazione?” un tono duro si fece largo nella sua voce, stava iniziando ad irritarsi. Era in procinto di alzare di nuovo le spalle, solo per farle un dispetto, quando gli venne in mente una domanda. Fece cenno alla dottoressa di passarle block-notes e penna. Lei sospirò.

“Non puoi semplicemente chiedermelo, Castiel?”

Lui scosse la testa, allungando la mano per il blocco-note, la dottoressa Perri sospirò di nuovo, sconfitta, e glielo passò. Lui scarabocchiò un messaggio per lei.

CHI ERA QUELL'UOMO CHE È USCITO DAL TUO UFFICIO QUESTA MATTINA?

Castiel glielo porse per farglielo leggere, guardandola in attesa. “Perché lo vuoi sapere?” gli chiese, con malcelata curiosità, inclinando la testa. Castiel indicò nuovamente la domanda, ignorando la sua domanda. Quando rimase lei rimase in silenzio, scrisse un altro messaggio.

È UN PAZIENTE?

“Sì, ovviamente è un paziente.”

COME MAI È QUI?

“Sai che non posso dirtelo. Perché non parliamo un po' di te? Come mai non hai partecipato al Gruppo?” la voce della dottoressa era speranzosa, ma Castiel si perse nuovamente nei suoi pensieri. Sentiva di aver condiviso abbastanza in questa sessione. I suoi occhi vagarono di nuovo verso l'orologio. “Ti prego Castiel, non escludermi ancora! Questa è la prima volta che comunichi così tanto da mesi.”

Castiel la guardò di nuovo, i suoi occhi vuoti. Non era sicuro di cosa lei si aspettasse da lui. Pensava davvero di potercela fare? Di poterlo cambiare? Lui aveva abbandonato la speranza anni fa. Era al Centro di Riabilitazione Mentale Blue Grass da sei anni, ed ancora non era stato “aggiustato”. Non che avesse molta speranza già da quando arrivò nel primo centro. Questo non era il primo ospedale in cui è entrato. In realtà, ha lasciato casa quando aveva diciassette anni, è stato spostato da un ospedale all'altro per anni. Ogni volta che un dottore si stancava di lui, lo mandava in un altro ospedale, così da essere il problema di qualcun altro. Il Blue Grass era il posto in cui era stato per più tempo, ma sentiva che non ci sarebbe stato ancora a lungo. La dottoressa Perri stava perdendo la pazienza con lui, e di certo non poteva incolparla.

“Pensi di ignorarmi per tutta la durata di questa sessione?” gli chiese. Il silenzio di Castiel le bastò come risposta. “Oh va bene, Dustin, riportalo nella sua stanza, fino all'ora del Gruppo. Mi aspetto la tua partecipazione questa volta, Castiel.”

Castiel passò il pomeriggio a guardare fuori dalla finestra gli uccelli volare. Gli piaceva vederli planare e andare in picchiata nell'aria. Sperava di poter avere la loro stessa libertà. Avevano il cielo a loro disposizione; potevano andare dove volevano. Ma quegli sciocchi uccellini non si allontanavano mai troppo dal loro nido. Castiel non capiva perché perdevano tempo a casa piuttosto che volare lontano. Questo è tutto ciò che ha sempre voluto, la possibilità di andarsene dove voleva, quando lo voleva. Non l'ha mai detto a nessuno. Potrebbero pensare che era da immaturi e ridicolo avere un desiderio del genere. E probabilmente avevano ragione. Ma non gli ha mai evitato di sperare. Ha passato quasi tutta la sua vita rinchiuso con ogni singolo momento pianificato per lui. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter fare una semplice passeggiata per la strada e vedere le macchine sfrecciargli accanto.

“Sogni ancora ad occhi aperti, Castiel?” Dustin era appoggiato allo stipite della porta della stanza di Castiel, quel brutto ghigno stampato sul volto. Castiel lo guardò corrucciato. “È ora del Gruppo.”

Secondo Castiel il Gruppo era senza senso. Sempre le stesse persone si offrivano per parlare ogni volta, e dicevano sempre le stesse cazzate. Qualcuno racconta una storia triste per racimolare un po' di compassione, qualcuno ha avuto una svolta ed altri hanno avuto un collasso. Era una cosa matematica e strutturata. Appena entrò nella stanza della terapia di gruppo, però il suo atteggiamento cambiò. L'uomo di quella mattina era seduto scomposto su una sedia con le braccia incrociate e le gambe stese. Sembrava annoiato e irritato; finalmente qualcuno che condivideva le sue stesse emozioni.

Con sgomento appurò che l'unico posto libero era alla sinistra della dottoressa Perri. Per un istante prese in considerazione l'idea di uscire semplicemente, ma poi decise che ascoltare la storia di quell'uomo sarebbe valsa la tortura. Appena si sedette la dottoressa si schiarì la voce, segno che stava a significare che era il momento di iniziare.

“Ora che tutti hanno preso posto, che ne dite se facciamo un giro per presentarci? Come probabilmente avrete notato, abbiamo un nuovo membro nel gruppo, e penso che sarebbe appropriato se iniziamo a farci conoscere. Perciò, per favore, dite il vostro nome e qualcosa di interessante su di voi.” disse sorridente. “Perché non inizi tu, Jenny?”

Jenny, seduta alla destra della dottoressa, si alzò e si lisciò la gonna nervosamente. “Beh, mi chiamo Jenny, e penso che qualcosa di interessante su di me sia il fatto che so fare qualsiasi cosa all'uncinetto.” Il tipo nuovo rise e Jenny lo guardò indignata. “Cosa ci trovi di divertente?” Anche se scosse la testa il suo ampio sorriso diceva diversamente.

“Okay saputello, che ne dici se ci parli di te se sei così fantastico.” affermò Allen aggressivamente.

L'uomo si alzò velocemente, con la testa alta, prima di iniziare fece un altro sorriso. “Il mio nome è Dean, la cosa interessante su di me è che ho lasciato la scuola ed ho una taglia sul mio nome.”

“E pensi che ci sia da ridere riguardo quello che ha detto Jenny?” lo rimbeccò Allen. Dean alzò semplicemente le spalle prima di tornare al suo posto.

“Okay Allen, basta così. Perché non ti presenti?” propose la dottoressa Perri.

“E lasciar fare a questo imbecille qualche battutina? No grazie.”

“Allen-”

“Ho detto no.”

Un silenzio scomodo riempì l'aria. Tutti evitavano di guardarsi negli occhi. Eccetto Castiel che fissava Dean. Dean non fece altro che battere gli occhi sotto lo sguardo di ghiaccio di Castiel.

“Okay allora, qualche altro volontario? Che ne pensi, Tim?”

“Perché io? Perché non Kim o Castiel?” borbottò polemico Tim.

“Pensi che Castiel voglia parlare? Stai scherzando?” lo sbeffeggiò Jenny.

“Può scriverlo.” disse Kim sperando di poter aiutare.

“Sì certo. Castiel non ha tempo per le persone come noi, lui è troppo importante.” disse Allen con voce satura di sarcasmo.

“Non attaccate i membri del Gruppo.” disse la dottoressa Perri severamente. “Vuoi condividere qualcosa con noi, Castiel?”

Con sorpresa di tutti, Castiel annuì, prendendo la carta e la penna che gli offriva la dottoressa e scrisse:

CIAO DEAN, SONO CASTIEL. E NON C'È NULLA DI INTERESSANTE SU DI ME DA CONDIVIDERE.

Lo passò a Dean che era proprio di fronte a lui. Dean lesse e sorrise. “Piacere di conoscerti, Castiel.” disse, allungando la mano. Castiel annuì semplicemente.

Dopo questo, la dottoressa Perri costrinse Kim e Tim a presentarsi, Allen continuò a rifiutare e saltò il suo turno per condividere, Dean si era ovviamente fatto un nemico. Quando il Gruppo finì e tutti stavano mettendo le sedie a posto. Dean si avvicinò a Kim.

“Quindi cos'è successo a quel tipo, Castiel?” sussurrò.

“Che cosa intendi?” gli chiese.

“Voglio dire... Perché non parla? È malato o qualcosa del genere?”

“Cosa? No. Perché dovrebbe essere malato?”

“Non so, provavo a capire. Parla mai? O scrive sempre le cose?”

“No, non parla mai, ed in genere non scrive neanche. Tu sei, in realtà, la prima persona con cui condivide qualcosa, sono qui da sei mesi, e da quanto ho visto, semplicemente ignora le persone.”

“Dovrei sentirmi speciale o spaventato?” chiese scherzando.

“Sicuramente speciale. Ho passato tre settimane cercando di farlo parlare con me. Mi sedevo con lui a pranzo, lo seguivo nella sala ricreativa, gli facevo domande nei Gruppi, e lui a malapena mi guardava. Alla fine ho mi sono praticamente arresa, perché, ovviamente, non voleva avere nulla a che fare con me. Ma pare che tu abbia attratto il suo interesse. Forse sarai quello che riuscirà finalmente a farlo aprire.” continuò Kim vagamente sorridente. “Spero tu ci riesca, mi piacerebbe vederlo abbassare le sue difese.”

“Non ci conterei troppo. È solamente curioso. Sono solo un tipo nuovo, non appena si renderà conto che non c'è niente di speciale in me, ignorerà anche me.”

“Questo non lo so, Dean. Castiel è uno che trova la genialità in cose apparentemente ordinarie.”

Kim fece un sorriso smagliante prima di uscire dalla stanza. Dean si sentiva confuso da quanto quello che aveva appena detto Kim lo aveva lusingato, ma quelle parole gli diedero una speranza. Forse non era completamente inutile dopotutto.

  
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