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Autore: arwen5786    30/06/2008    22 recensioni
Il ragazzo iniziò a salire le scale, con Hinata sempre rannicchiata tra le braccia, incapace di articolare parola.
Nemmeno lui parlò, limitandosi a sorreggere quel peso piuma, salendo gli scalini senza fiatare.
Soltanto quando la posò sul letto, con grazia, si costrinse a guardarla fisso negli occhi. Adesso anche Hinata aveva alzato lo sguardo, ancora umido, e il corpo non smetteva di tremare.
Neji sospirò intensamente, sedendosi accanto a lei a debita distanza.
«Hinata-Sama, prima che diciate qualsiasi cos…»
«Ti prego Neji io non voglio, ti prego fai qualcosa!»
Hinata, colta da uno spasmo di disperazione, gli si era tuffata tra le braccia, il respiro mozzato, i singhiozzi che violenti la scuotevano interamente.
Piangeva stringendo forte la tunica di Neji, il viso stremato nascosto sul suo grembo, mentre lui la fissava paralizzato dallo stupore.
[Prima classificata al contest Hyugacest indetto da Killer Queen 7 e Ladykiki]
NejiHina, HinaNeji, spero non troppo ooc. Io non l'ho messo, ma giudicare sta a voi.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bianco è puro.
E Hinata è la purezza.
Il bianco è innocente.
E Hinata è l’innocenza
Il bianco è armonioso.
E Hinata è l’armonia.


Il bianco è freddo.
E Neji è la freddezza.
Il bianco è austero.
E Neji è l’austerità.
Il bianco è perfetto.
E Neji è la perfezione.




Quello che Neji e Hinata non sapevano era che le loro anime non erano affatto candide come sarebbero dovute essere. E che il bianco, a volte, si macchia semplicemente di rosso
.


JUST A PALE IMPRESSION



Villa Hyuga era un trionfo di candore.
Le stanze spaziose, linde e sempre perfettamente sistemate, anche se davano lo stesso effetto opprimente di bugigattoli scuri.
Le pareti immacolate, il giardino dove fiorivano rose bianche e camelie, la servitù impeccabilmente in ordine.
Anche Hinata e Neji non mancavano di sottostare a quelle regole non scritte della loro famiglia; Hinata indossava sempre, quando non era in missione, un morbido e candido kimono, che nascondeva le procaci forme del suo corpo minuto.
Del resto il suo generoso seno era qualcosa da nascondere, agli occhi dell’irreprensibile Hiashi Hyuga.
Neji vestiva ormai da parecchio di bianco, lo yukata leggero che celava il fisico snello e ben definito.
Anche l’incarnato di entrambi era esangue e opalescente, come se la pelle fosse tanto sottile da risultare trasparente.
Poi c’erano gli occhi, i famosi occhi.
Quelle iridi lattiginose che li facevano riconoscere ovunque andassero, che facevano subito bisbigliare le persone “Ehi guarda, gli Hyuga!”
All’apparenza un colore come il bianco era il più neutro di tutti, ma già dagli occhi di Neji e Hinata si intuivano le differenze.
Le pupille dilatate di Hinata comunicavano purezza, ma anche grande smarrimento e fragilità, come se il suo candore fosse una vera e propria barriera nei confronti del mondo.
Neji invece aveva sempre uno sguardo molto serio e altero, le sfumature violette dell’iride che trasmettevano grande freddezza e impenetrabilità.
Un’intera vita sotto le caratteristiche di un colore, per entrambi.
Un’intera vita passata sotto la riservatezza, seppur con le debite differenze, che nascondeva però profonde e insanabili crepe.
E bastava poco, molto poco, a infrangerle.

«Ti senti mai ingabbiato, Neji?»
Era una di quelle mattine quiete, un po’ uggiose, sature di umidità e con un cielo coperto di nubi,

cielo bianco con nuvole bianche


una di quelle mattinate in cui non c’era nulla da fare, se non pensare. Quello che stava facendo Hinata da lunghe ore, seduta pensierosa sulla panchina del giardino, in mano una tazza di tè che mescolava distrattamente col cucchiaino.
Neji era arrivato da poco, degnandola di un lieve ma cortese cenno di saluto, sedendosi accanto a lei a bere il tè.
In silenzio. Ma fu la cugina, una volta posata la tazza vuota al suolo, a rompere quel riserbo contemplandolo dritto negli occhi.
Neji l’aveva guardata di sottecchi, aggrottando la fronte senza apparenti cambiamenti nell’espressione del viso.
Aveva finito la bevanda con un'unica, lunga, sorsata.
«Non so sinceramente a cosa alludiate, Hinata-Sama»
Hinata aveva scosso la testa, testarda, torcendosi involontariamente la veste, senza badare a stazzonarla.
«Non vuoi mai…scappare? Non ti viene mai voglia di urlare, gridare, dire a tutti che sei stufo di certe regole, di certe imposizioni?…»
Neji aveva posato la tazza, fissandola stavolta con aria severa, soffermandosi sul colorito più acceso, le pupille così simile alle sue.
«Non dovreste fare discorsi di questo tipo, Hinata-Sama. Sono assolutamente fuori luogo, lo sapete bene» aveva sentenziato in tono duro, afferrando però la brocca e versandosi ancora del tè, ormai tiepido.
Hinata era arrossita, chinando timidamente il volto.
«Hai ragione. Perdona i miei toni, Neji niisan.»
Il ragazzo non aveva annuito, né emesso suoni. Si era limitato a fissare il vuoto, davanti a sé, sempre perfettamente composto.
Vi era stato qualche minuto di silenzio, e poi Hinata si era alzata, leggermente imbarazzata, abbassando il capo in cenno di saluto.
«Vado nelle mie stanze, Neji. Ci vediamo più tardi, a pranzo.» aveva sussurrato sbrigandosi ad andarsene, a passi leggeri, il fruscio della veste che sfiorava il prato.
Neji era rimasto ancora qualche momento seduto, solo. Solo dopo aveva guardato verso la porta, dove poco prima era entrata la cugina, mormorando parole udibili soltanto da lui.
«Molto di più di quanto pensi, Hinata.»


Tra le regole del clan Hyuga una delle più radicate era la deferenza che la casata cadetta doveva portare nei confronti della casata principale. Hiashi aveva accolto Neji come un figlio, allenandolo personalmente, ma vi erano certe cose che non sarebbero cambiate mai.
Tra queste, gli ordini di Hiashi, che erano legge, sempre e comunque. Se anche non avesse voluto, Neji non avrebbe mai potuto rifiutarsi di allenare Hinata.
Doveva prendersi cura di lei, senza recriminazioni. E se quello era risultato agli inizi un compito tedioso e snervante, col tempo Neji aveva iniziato ad apprezzare la cugina.
Così diversa da lui. La gente li vedeva spesso insieme, alle cerimonie, alle cene ufficiali, sempre vicini, così apparentemente simili: eppure non erano altro che due facce di un colore che assumeva mille sfumature.
Neji era il ghiaccio, Hinata la neve.
Il primo duro come il marmo, granitico, capace di fare male: ma si scioglieva al sole, il suo punto debole.
La seconda morbida, fresca, scintillante nella sua purezza: eppure bastava poco, a sporcare il suo candore.
E dietro le loro facciate, Hinata e Neji covavano segretamente istinti repressi.
La libertà, fondamentalmente.
Quello che Hinata e Neji non avevano ancora capito, però, era che c’era qualcosa che avrebbe potuto sciogliere uno, sgretolando la sua barriera invalicabile, e sporcare l’altra, portandola via dall’alone di ingombrante rettitudine che l’aveva sempre contrassegnata.
Sarebbe bastato che si girassero a guardarsi, reciprocamente.


Il giorno in cui tutto esplose era cominciato nella maniera più ordinaria possibile: una giornata di allenamento pomeridiano con le rispettive squadre, la mattinata invece sarebbe stata libera.
Neji osservava Hinata cercare di allacciarsi quello scomodissimo kimono, tutto intrecciato sulla schiena; armeggiava a fatica coi lacci, le mani piccole che cercavano di stringere il più possibile.
«Hinata-Sama, lasciate stare. Vi aiuto io.»
Hinata annuì debolmente, dando la schiena al cugino, che iniziò ad allacciarle i nodi con perizia. Nella stanza ovattata si sentiva solo il fruscio delle mani di Neji, che per un attimo toccarono un lembo di pelle nuda, appena sotto il kimono.
Hinata trasalì, così come lui.
«Mi scusi per…»
«Non fa nulla, Neji! figurati…» sussurrò la ragazza paonazza, ignorando il curioso batticuore che l’aveva assalita.
Ma doveva essere stata solo la sorpresa del contatto, non c’era nulla di più.
Giusto?
Neji finì di allacciare la veste, incrociando per un attimo lo sguardo della ragazza nello specchio davanti a loro. Lo distolse all’istante, nervoso. C’era un che di molto intimo nello stare in quella situazione: di fronte a uno specchio, lui dietro di lei ad abbottonare un abito, lei con lo sguardo chino a terra.
Intimo, e molto imbarazzante.
«Fatto, Hinata-Sama».
Hinata si girò, il volto candido lievemente arrossito, sorridendogli timidamente.
«Grazie mille, Neji-niisan».
E per una seconda volta lui si sentì stranamente nervoso.
«Avete qualche programma per la mattinata?» le chiese deferente spostando lo sguardo fuori dalla finestra, mentre Hinata finiva di raccogliere le sue cose dal pavimento.
«Non penso. Credo che metterò in ordine la stanza, e raggiungerò Shino e Kiba nel pomeriggio per la sessione di allenamento. Tu inv…»
Il sonoro bussare alla porta li fece voltare entrambi, interrompendo le parole di Hinata sul nascere. Una cameriera si affacciò referente, incrociando lo sguardo freddo di Neji e quello timido di Hinata.
«Madamigella Hinata, vostro padre richiede urgentemente la vostra presenza. La prego di seguirmi, cortesemente».
Fu spontaneo che gli occhi chiari di Hinata si posassero d’istinto su Neji, velati di preoccupazione.
Aveva ancora paura del padre, e nessuno meglio di lui, dopo tanti anni, capiva e comprendeva perfettamente i suoi timori. Hinata seguì docile la cameriera, sforzandosi di apparire serena e padrona di sé, ignorando le fitte al petto che la prendevano ogni volta che l’ angoscia la coglieva.
Neji rimase a guardarla andare via, per poi dirigersi verso il giardino, non potendo fare a meno di chiedersi il perché di quella convocazione mattutina. Era strano, senza dubbio, dal momento che Hiashi Hyuga non si faceva mai vedere, oberato dagli impegni come era, se non per i pasti, o i giorni in cui allenava lui.
Strano. E non sapeva se questo fosse un bene o un male.
Bastò una mezzora.
Hiashi uscì per primo, l’aria arcigna di sempre, camminando svelto. Vedendo Neji che lo guardava, scosse la testa, seccato.
«Neji, cerca di fare ragionare tu Hinata, per favore. Sua sorella è troppo piccola, un ragazzo maturo ed equilibrato come te saprà sicuramente trovare le parole giuste per farle capire quanto la mia scelta sia giusta per il clan».
Neji avrebbe voluto chiedere di che diavolo stesse parlando, visto che era riduttivo dire che non aveva la benché minima idea di cosa intendesse Hiashi.
Ma lo zio era già scomparso, uscendo di fretta e furia da villa Hyuga, probabilmente diretto dagli altri membri del clan.
Il ragazzo si alzò, perplesso, e fece per entrare in casa, quando si bloccò, vedendo Hinata ferma sulla soglia.
Il volto era solcato da lacrime che le rigavano le guance, bagnandole addirittura il colletto del kimono. E tremava.
«Hinata-Sama…», sussurrò quasi spaventato Neji, andandole incontro cauto ma vistosamente inquieto, mentre la cugina tremava sempre più, le lacrime che silenziose non si arrestavano.
«N-N-Neji io non voglio…per favore…per f-f-favore io non voglio…»balbettò con voce rotta, nascondendo il volto tra le mani.
Neji rimase per un attimo smarrito e interdetto, quasi imbarazzato

Il bianco incolore
Il bianco glaciale
Il bianco indefinibile



Ma poi la prese delicatamente tra le braccia, cercando di consolarla, anche se ignaro di quanto fosse accaduto.
Ma Hinata adesso singhiozzava troppo forte per cercare di sapere qualcosa.
«Piange sempre, Hinata. È piuttosto penoso, il tutto».
La voce tagliente di Hanabi lo raggiunse da dietro, e se la trovò accanto, mentre guardava Hinata con indifferenza, e subito dopo con un sorriso Neji.
«Hanabi…» sussurrò Hinata stremata, ancora rannicchiata tra le braccia di Neji, che non sapeva più dove guardare. La sorella minore le lanciò un’occhiata di sprezzo, come suo solito.
«Sei pietosa, Hinata. Invece di essere fiera di quanto nostro padre ha deciso, ti comporti come una ragazzina immatura e patetica, cercando rifugio come sempre nelle persone più forti di te. Sei una vergogna» sibilò la ragazzina aggrottando la fronte. Hinata si accasciò a terra, incapace di controbattere, lo sguardo vitreo fisso dinanzi a sé.
«Hanabi…volete spiegarmi cosa sta succedendo?» le chiese Neji indispettito, ancora turbato dal comportamento delle sorelle, così all’estremo.
Hanabi sbuffò, assottigliando gli occhi bianchi.
«C’è che nostro padre ha organizzato per Hinata un prestigioso matrimonio, e lei sa solo lamentarsi. Dio, pure io riesco a capire quante convenienze ne verranno! Sarà un unione vantaggiosissima per il clan Hyuga, senza contare il prestigio per la casata principale. Il signor Matsuo Tsume è uno dei più ricchi e famosi uomini del paese dell’Acqua, nonché un famoso uomo politico, uno dei più in vista. Da quel che ho capito, dopo questo matrimonio promuoverà la figura di nostro padre per fare in modo che possa entrare nel Consiglio Amministrativo Nazionale dei governanti dei cinque villaggi ».
Neji non aveva ancora detto una parola, e Hanabi proseguì.
«Il Consiglio Amministrativo Nazionale annovera solo gli uomini più capaci. Ne fanno parte solo dieci membri, scelti dai cinque paesi principali: Fuoco, Acqua, Terra, Fulmine, Vento. Due per ciascuno. Bene, il signor Tsume è uno dei consiglieri del paese dell’Acqua. Il che significa che ha un peso molto rilevante, e che certamente appoggerà nostro padre quando si candiderà. Metterà una buona parola con tutti gli altri consiglieri».
Neji la fissò ancora per qualche istante, ammutolito.
Un matrimonio con uno dei più potenti uomini politici della nazione.
Matrimonio.
Dopo, non aveva più sentito molto altro.
«Quanti anni ha quest’uomo?» si ritrovò a chiedere con voce piana, l’aria sempre apparentemente imperscrutabile. Hanabi scrollò le spalle, annoiata.
«Che ne so. Sentendo i discorsi di mio padre, ho solo intuito che la moglie è morta prematuramente di malattia. Non avevano figli. Mah…avrà una quarantina d’anni, suppergiù».
Allo sguardo costernato di Neji Hanabi replicò con uno sbuffo, facendo un cenno distratto della mano.
«Andiamo, Neji, Hinata ha diciotto anni. Non fare quella faccia, non ti si addice molto. E poi, pensa: con mio padre impegnato niente meno che nel consiglio nazionale, chi vuoi che nominerà reggente del clan? Chi è la persona della quale si fida di più ultimamente? Chi è il famoso “genio” di Konoha?».
Neji non rispose, gli occhi nivei che guardavano davanti a sé, non un muscolo del viso che si muoveva. Hanabi lanciò un ultimo sguardo a Hinata, sempre accasciata al suolo, che non emetteva un suono. Silenziosa e spettrale come una bambola rotta.
«Io vado, ho gli allenamenti. Sempre che quegli idioti dei miei compagni di squadra decidano di fare sul serio. Ora capisco come devono essersi sentiti Shino e Kiba cinque anni fa…» sentenziò Hanabi velenosa, girando i tacchi diretta verso il cancello. Un ultimo sguardo di sprezzo, lo stesso identico sguardo di Hiashi, e sparì.
Tredici anni, ma il cervello calcolatore e l’arroganza di una donna adulta.
Neji era sempre immobile.
Ancora non riusciva a proferire parola, nonostante un inspiegabile dolore al petto l’opprimesse. Dopo qualche istante, chinò lo sguardo verso Hinata, e si inginocchiò di fronte a lei.
«Hinata-Sama…»
Lei non rispose, gli occhi socchiusi, le lacrime che impietose continuavano a inzupparle il colletto dell’abito. Neji sospirò, la fitta al petto leggermente più forte.
Inspiegabilmente, sempre più forte. Con un gesto delicato, la prese in braccio senza alcuna fatica, mentre Hinata non oppose alcuna resistenza, le braccia che in automatico cinsero il collo per non cadere, il volto nascosto nell’incavo della sua spalla.
Neji iniziò a camminare come un automa, ignorando dapprima gli sguardi sorpresi della servitù, fulminandoli poi con occhiate gelide e altezzose.
«Hinata-Sama non sta bene, non c’è bisogno di avvisare l’onorevole Hiashi-Sama. La porto in camera sua, e nessuno la disturbi», ingiunse con voce misurata e fiera. Le cameriere annuirono, ossequiose.
«Ai suoi ordini, Neji-san».
Il ragazzo iniziò a salire le scale, con Hinata sempre rannicchiata tra le braccia, incapace di articolare parola.
Nemmeno lui parlò, limitandosi a sorreggere quel peso piuma, salendo gli scalini senza fiatare.
Soltanto quando la posò sul letto, con grazia, si costrinse a guardarla fisso negli occhi. Adesso anche Hinata aveva alzato lo sguardo, ancora umido, e il corpo non smetteva di tremare.
Neji sospirò intensamente, sedendosi accanto a lei a debita distanza.
«Hinata-Sama, prima che diciate qualsiasi cos…»
«Ti prego Neji io non voglio, ti prego fai qualcosa!»
Hinata, colta da uno spasmo di disperazione, gli si era tuffata tra le braccia, il respiro mozzato, i singhiozzi che violenti adesso la scuotevano interamente.
Piangeva stringendo forte la tunica di Neji, il viso stremato nascosto sul suo grembo, mentre lui la fissava paralizzato dallo stupore.
E quando lei rialzò la testa, il viso ridotto a una maschera di disperazione, per la prima volta Neji cedette, lasciando cadere i suoi timori.
Le accarezzò piano i capelli, ancora intimorito, e con un braccio le cinse la schiena.
Hinata…
«Non v-v-voglio sposarmi, non voglio…la m-m-mia vita finirà, non posso sposare u-u-un…un vecchio! Cosa ne sarà di me? Dei miei s-s-s-ogni?»
Parlava a singulti, Hinata, il volto soffocato dalla stoffa dell’abito di Neji. Il ragazzo, per un attimo memore delle maniere Hyuga, delle ferree regole che dominavano il suo clan, della sua rigida e irreprensibile educazione, assunse un tono fermo e uno sguardo ancora più deciso.
Mentendo spudoratamente a quanto gli ordinava il suo più profondo io.
«Hinata-Sama, dovete rispettare la decisione di vostro padre, e onorare questo impegno. Voi siete la figlia maggiore, la sua erede, tutto questo gioverà molto a…»
Si interruppe da solo, conscio della marea di insulsaggini che stava blaterando. Hinata si rialzò, guardandolo, asciugandosi il volto con una manica.
«E…l’amore? Cosa è un matrimonio senza amore? Io non l’ho mai conosciuto…pensavo che fosse Naruto, ma il tempo ha chiarito cosa invece sarebbe potuto nascere tra noi, nulla più che un’amicizia. Io non posso sposare qualcuno che…che non amo! Ho solo diciotto anni, e ancora non ho nemmeno dato il mio primo bacio…come sposarmi?! Come?!» e il torrente di lacrime la fece ancora esplodere in tremiti.
E, d’un tratto, abbracciò stretto Neji.
«Ti prego Neji…almeno tu…ti prego fai qualcosa…ti prego non lasciarmi…stammi vicino…» mormorò al suo orecchio, la testa tristemente appoggiata sulla spalla. Neji per un attimo non reagì.
Ma poi una mano si appoggiò sui capelli, l’altra le cinse la vita, e lentamente la strinse a sé.
Come se d’un tratto le sue barriere fossero del tutto cadute. Soprattutto, non sentiva più quel dolore forte al petto.
«State tranquilla, Hinata-Sama…e ora respirate piano, va bene? Calmatevi, ci sono qui io con voi» le disse con tono più carezzevole, come se stesse cullandola. E Hinata, nel mentre, respirava, cercando di regolarizzare il suo respiro.
Dopo qualche minuto, alzò il capo, nello stesso identico istante in cui Neji si voltò verso di lei, in direzione della sua testa.
Attoniti, rimasero per un attimo a guardarsi, a pochi centimetri di distanza.
Potevano specchiarsi nei reciproci occhi cristallini. Hinata aprì incerta la bocca, Neji si sentì tutto d’un tratto come sull’orlo di un precipizio.
Il ghiaccio che si scioglie al sole.
La neve che macchia il suo candido manto.

«N-Neji?» sussultò piano Hinata, come ipnotizzata, improvvisamente ancora più incapace di intendere e di volere, ma soprattutto di allontanarsi.
Neji non emise suono. Deglutì soltanto, fissandola, sempre più vicino, incapace di fermarsi.
Entrambi poco consapevoli di quanto stava accadendo, entrambi come prigionieri di un filo, che li tirava, e li tirava ancora.
Poi le loro bocche si unirono, l’una fredda, quella di Neji, e l’altra morbida, quella di Hinata.
Per qualche secondo ancora incerte, paralizzate. Ma poi le lingue si cercarono, assaporando i reciproci sapori, e in quell’istante ogni cosa sparì.
Per qualche secondo, Neji e Hinata dimenticarono ogni cosa.
L’oblio più totale. Fino a che Neji, in un barlume di raziocinio, si staccò, e vedendosi davanti il volto arrossato e le labbra turgide della cugina indietreggiò spaventato, quasi cadendo dal letto.
Hinata si mise una mano sulla bocca, scossa. Neji si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta, sbattendola con foga alle spalle.
E cadde realmente il silenzio più totale.


I primi giorni i due si ignorarono. O meglio, Neji ignorava Hinata. Le parlava il meno possibile, stando sempre attento a non trovarsi da solo con lei.

Un rischio troppo pericoloso


Sempre molto freddo e distaccato.
Una volta si scontrarono per sbaglio, e lui si ritrasse come se Hinata avesse avuto la lebbra.
«Scusatemi Hinata-Sama» aveva bofonchiato tirandosi indietro, e l’aveva lasciata sulla soglia immobile e dolente.
Così per alcuni giorni, fino a che Neji non partì per una missione con il suo team., che lo tenne lontano per tre lunghe settimane.
Settimane in cui pensare fu impossibile, in cui combattere era l’unica cosa che dava un senso alle sue giornate.
E trovava quasi confortanti le baggianate del maestro Gai e di Rock Lee, oltre che naturalmente l’appoggio di Tenten, che gli stette sempre accanto, intuendo che qualcosa non andava nel suo criptico compagno di strada.
Dopo ventuno giorni Neji rientrò a villa Hyuga verso sera, stanco, la tuta sporca e i capelli lunghi arruffati.
Appena entrato in casa, trovò nell’atrio Hiashi, accanto a lui Hanabi.
E Hinata.
Neji distolse lo sguardo, come Hinata. Che a dire il vero aveva gli occhi abbassati, e guardava un punto in terra senza parlare. Hiashi lo scrutò assorto.
«Mi scusi per la tenuta poco decorosa, Hiashi-Sama, vado immediatamente a cambiarmi» mormorò Neji riverente. Ma l’uomo inaspettatamente sorrise.
«Non preoccuparti, Neji, spero che la missione sia andata bene. Ad ogni modo, la cena non è pronta, fai con comodo. Abbiamo avuto ospite sino a poco fa il venerabile Tsume»
Alla pronuncia di quel nome, gli occhi di Neji si sgranarono all’istante.
E tutto tornò alla memoria.
Il matrimonio.
«Finalmente Hinata ha deciso di agire come una ragazza sensata, e non come una stolta. Il signor Tsume è rimasto incantato da mia figlia, e le nozze saranno celebrate già il prossimo mese» asserì fiero Hiashi dando una carezza sulla guancia di Hinata.
A quel punto anche Hinata alzò lo sguardo.
E Neji vide gli occhi gonfi, spenti, lucidi.
La disperazione più nera.
La morte nel cuore.
Neji rimase immobile, zitto. Non riuscendo a replicare, Hinata lo guardò ancora un istante, ma poi si voltò.
«P-padre io sono molto stanca. Vado nelle mie stanze, non ho m-molta fame. Scusatemi» sussurrò in un tremito, e si mise a camminare svelta su per le scale.
Passò poco meno di un minuto, nel quale Hiashi ordinò ad Hanabi di andare a controllare che fosse in ordine la sala da pranzo.
E nel mentre, in quel minuto, Neji capì che doveva soltanto fare una cosa.
Superò lo zio e la cugina, ad andatura sostenuta.
«Neji, dove stai and…»
«Hiashi-Sama, non aspettatemi per cena, scusatemi ma ho urgenti questioni da risolvere».
L’uomo aggrottò la fronte, sbalordito, mentre Hanabi a suo fianco sibilò un “non è possibile…” perfettamente udibile.
Gli occhi di chi aveva capito ogni cosa, ma era stata troppo cieca e ottusa per ammetterlo.
Ma Neji aveva già salito le scale, spalancando la porta di Hinata senza bussare, trovandola per terra, le braccia intorno alle gambe, i capelli sciolti.
«Cosa vuoi, Neji? Sei venuto a burlarti di me? A vedere il patetico destino dell’infelice figlia maggiore del capoclan?» sussurrò Hinata stancamente, appoggiando la fronte alle ginocchia. Il ragazzo, dopo un profondo sospiro, le si avvicinò, e la prese tra le braccia, mozzandole il respiro.
«N-N-N-Neji…» balbettò Hinata tremando, sentendo il cugino che le carezzava la schiena, i capelli.
«Hinata…scusami».
Gli occhi della giovane si riempirono di lacrime, mentre anche lei avvolgeva le braccia intorno al collo di Neji, mentre lui le prendeva delicatamente il volto tra le mani.
«Sono stato un codardo. Sono stato un vigliacco. Ma stavolta non fuggirò. Tu non devi sposare nessuno. Nessuno.»
E poi, scostandole dal volto i capelli, la baciò.
E stavolta non ci fu nessuna incertezza, mentre le lingue si sfioravano prima piano e poi sempre più avide, mentre automaticamente i corpi si stringevano più vicini, alla ricerca del reciproco calore.
Hinata non fermò Neji che la sollevò attirandola a sé, facendola poggiare con le gambe intorno a lui.
Neji non si staccò quando avvertì un’ondata di eccitazione soffocante al basso inguine.
Si baciarono ansimando, cercandosi a vicenda, incapaci di smettere di accarezzarsi e toccarsi. Hinata fremente

La neve che si macchia


E Neji anche

Il ghiaccio che si scioglie

.

Quando si staccarono, Hinata arrossì, gli occhi candidi ancora umidi, incredula.
«Sai quando mi hai chiesto se sentissi mai l’esigenza di scappare? Bene, Hinata. Forse quel momento è arrivato. Ora più che mai» le sussurrò Neji prendendole la mano. La ragazza annuì deglutendo.
«Cosa possiamo fare, Neji?»
«Dire la verità. E affrontare il nostro destino. Insieme. Se non accetteranno tutto questo, scapperemo Hinata. Non vedo altra soluzione».
Hinata gli prese il volto tra le mani, appoggiandovi la fronte.
«Neji…tu faresti tutto questo per me? Vorrebbe dire rinunciare al tuo futuro, al potere che mio padre vuole darti. Vuol dire rinunciare alla casata principale! Neji, tutto questo è troppo…»
«Non mi importa del mio destino, Hinata. Quello che sarà, sarà. Ho smesso da anni di pensare che tutti noi abbiamo una sorte prestabilita. Ma di certo so che devo stare accanto a te. E’ l’unica certezza che ho».
E di nuovo si abbracciarono, fondendo i loro respiri, intrecciando le gambe, i battiti dei loro cuori che si sentivano a vicenda.
A vedersi da lontano, un’indistinta macchia bianca.
Solo da vicino si sarebbe capito quanto traboccante di intenso sentimento fosse quell’immacolata visione.
Perché Hinata era la purezza, ma anche il peccato.
Neji la freddezza, ma anche la passione.
Poi sarebbero giunti i giorni dello scandalo, delle liti, della pubblica ammenda.
Gli scontri con la famiglia, le parole, le maldicenze, i sussurri pettegoli.
Ma tutto quello, al momento, sembrava privo di qualsiasi senso.
C’era Neji.
C’era Hinata.
Il resto, a loro non importava. Avevano già qualcosa che li avrebbe fatti andare avanti.
Insieme.



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Credo sia il concorso di cui vado più fiera...cercate di capirmi, io stravedo letteralmente per Neji e Hinata insieme, e quindi questa vittoria non può che rendermi davvero felice.
Credo che siano anche relativamente ic (nei limiti di vedere Neji innamorato, come saggiamente dicono tutti^^), anche se ovviamente il giudizio spetta a voi:
Ringrazio le giudici che sono state velocissime e molto precise nei loro giudizi, e soprattutto faccio i complimenti alle altre podiste: Leti (non avevo dubbi sul valore della tua fic, cara mia^^), Kokò (vedi quanto ho detto a Leti^^), e Maochan91, novella nejihina, e già così brava!
E naturalmente, complimenti a tutte le partecipanti, soprattutto a michi e alla mia neechan cos!

Ricordate, riempiamo il fandom di NejiHina che fanno sempre bene alla salute, e soprattutto chiunque voglia prenda dal mio account il Manifesto Hyugacest: mia creazione fondamentale per la diffusione del pairing eheh!
Un bacione e grazie a chi leggerà e lascerà un commentino!

  
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