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Autore: GottaBeLou    15/03/2014    6 recensioni
"Mentre Kogoro sbraitava, il piccolo Conan non emetteva un suono, sembrava quasi non respirasse. Sentiva un enorme peso sul cuore guardando il viso della ragazza. I paramedici avevano chiesto più volte al bambino di rimanere sul posto ma lui non aveva ceduto. Era solo colpa sua se Ran si trovava in quella situazione, colpa sua e di nessun altro, la sua vita era appesa a un filo e se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato."
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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prologo
L’ambulanza si faceva largo a sirene spiegate tra la coda di macchine che si era formata lungo la statale, la via più breve per arrivare all’ospedale. La situazione si stava rivelando più tragica del previsto, l’urto aveva sicuramente causato la frattura di almeno due costole e c'era la possibilità di un trauma cranico. Non c’era alcuna sicurezza di arrivare al pronto soccorso prima che fosse troppo tardi e purtroppo tutti gli elicotteri dell’ospedale di Tokyo erano stati chiamati in una zona poco a ovest della città, dove un grosso edificio era andato a fuoco, causando una strage.
Sul viso di Ran era posta una mascherina per l’ossigeno e i vestiti strappati in diverse zone lasciavano entravedere graffi ed ematomi. Kogoro non faceva altro che urlare al conducente di andare più in fretta, invano. La vita di sua figlia era appesa a un filo e rimproverava se stesso per averla lasciata andare a quello stupido incontro con quel detective da quattro soldi.
Mentre il padre della ragazza sbraitava, il piccolo Conan non emetteva un suono, sembrava quasi non respirasse. Sentiva un enorme peso sul cuore guardando il viso di colei che amava di più al mondo. I paramedici avevano chiesto più volte al bambino di rimanere sul posto ma lui non aveva ceduto. Era solo colpa sua se Ran si trovava in quella situazione, colpa sua e di nessun altro, la sua vita era come appesa ad un filo e se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Aveva i pugni tanto chiusi che le nocche erano ormai bianche per la mancanza di sangue. Più volte durante gli ultimi venti minuti aveva cercato di ricacciare indietro le lacrime che sembravano sempre sul punto di fare capolino dai suoi occhi blu.
Quello che più lo faceva stare male era la consapevolezza di aver avuto la possibilità di evitare ciò che era successo.
La coda sembrava pian piano dissolversi grazie alle sirene dell’ambulanza. Erano quasi arrivati all’ospedale quando Conan sentì poche parole provenire dalle labbra di Ran e alzò di scatto gli occhi su di lei. La voce era flebile ma era assolutamente certo di averla sentita parlare. Forse si stava riprendendo, c’era ancora una speranza, tutto si sarebbe sistemato.
Tieni duro Ran, andrà bene. Te lo prometto.
Prese una delle mani della ragazza e la strinse tra le sue, tempo prima aveva promesso di proteggerla a qualunque costo ma, inspiegabilmente, era sempre lei che finiva per proteggere lui.


Due giorni prima.

“Di che hai bisogno Kudo? Ti avevo detto che in questi giorni sarei stato occupato, ho un esame importante domani.” sbraitò Heiji dall’altro capo del filo.
“Come va con Kazuha?”
“Cosa?! Ti ho appena detto che devo studiare e tu mi disturbi per una cosa del genere? E poi non sono affari tuoi.”
“Ran mi ha raccontato quello che è successo.”
“Non so di che parli.” mentiva, era palese.
“Heiji..”
“E va bene, ma in mia difesa dico che non è stata colpa mia, almeno non del tutto”
“Sei suo amico da anni, perché fare una cosa del genere?”
“Non so cosa ti abbia detto Mouri ma evidentemente ha frainteso la situazione..” cercò di difendersi lui.
“Io non credo, fossi in te le parlerei”
“Fossi in te le parlerei? Ma ti senti quando parli? Non sei nelle condizioni di dispensare consigli d’amore, Kudo” continuò lui, seccato.
“Con questo cosa vorresti dire? Sai benissimo com’è la situazione, non posso fare niente per ora” la vocina infantile di Conan non riusciva a dare abbastanza enfasi a quelle parole.
“Non è carino rifilare scuse su scuse a quella povera ragazza, sono mesi che vai avanti così!” il tono di voce del ragazzo si era alzato.
“Pensi che possa fare altrimenti?” ringhiò l’altro.
“Potresti semplicemente chiudere tutto, una volta per tutte”
“Vai al diavolo, Hattori!” urlò contro l’interlocutore poco prima di riagganciare. Alle volte sapeva veramente essere irritante, come poteva dirgli certe cose?
Appoggiò il cellulare sulla scrivania e si alzò per aprire la finestra, aveva bisogno d’aria. Heiji era il suo migliore amico, avevano collaborato insieme più volte per risolvere casi complicati, erano simili sotto molti aspetti e sapevano di potersi fidare ciecamente uno dell'altro. Amavano punzecchiarsi a vicenda, rifilarsi insulti dalla mattina alla sera per poi dimenticare tutto solo pochi secondi più tardi; ma forse quella volta sarebbe stato diverso, i loro litigi non erano mai così, si limitavano a discussioni attinenti il numero di casi che avevano risolto -che alla fine non era mai quello reale-. Heiji evitava di provocarlo, non parlava mai di Ran a sproposito, era a conoscenza di quanto fosse difficile per l'amico vivere in quelle condizioni, tra bugie e sotterfugi.
Conan, in piedi davanti alla finestra, non faceva altro che ripensare alle parole dette dal detective dell'Ovest, a cui inizialmente non aveva dato troppo peso, insomma, troncare i rapporti con Ran per sempre? No, era impossibile, lei faceva parte della sua vita da troppo tempo, si conoscevano fin da quando erano piccoli e, per quanto lui si sforzasse di ricordare, non si erano mai lasciati per più di un paio di settimane, mai, o almeno non fino a quel giorno, quel giorno maledetto al Tropical Land. Ogni piccola certezza che aveva era stata spazzata via e si era trovato costretto a cominciare una nuova vita: per lo stato del Giappone lui neanche esisteva, non c'era nessun Conan Edogawa segnato nei registri dell'anagrafe di Tokyo. Ogni giorno, appena sveglio, sperava di vedere nello specchio il suo vero riflesso, quello di un liceale diciassettenne, ma ancora non era successo.
Gli mancava la sua vecchia vita, non era così che doveva andare; certo, come Conan poteva stare con Ran ogniqualvolta volesse, ma non era lo stesso. Spesso si sorprendeva a pensare che sarebbe stato meglio se quel farmaco avesse pienamente funzionato, se lo avesse ucciso. Almeno non sarebbe stato costretto a vivere in quel corpo che non era altro se non una prigione per lui.
Conan era completamente assorto nei suoi pensieri e nemmeno aveva notato che la porta della camera si era aperta, lasciando il via libera ad un curioso visitatore.


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Konbanwa!
Allora, è la prima storia che pubblico in questa sezione, spero vi sia piaciuto come inizio. Sono consapevole che tutto è piuttosto confuso, ma prometto di chiarire ogni vostro dubbio nei prossimi capitoli, scoprirete cosa ha fatto di tanto grave il nostro amico di Osaka alla sua cara amica d'infanzia e l'identità dell'ospite di casa Mouri.
Assocerò ad ogni capitolo alcuni versi di varie canzoni, ma suppongo di non poter ritenere questa storia una song-fic.
Mi farebbe piacere sapere le vostre opinioni su ciò che scrivo, accetto qualsiasi tipo di critica, siamo in un paese libero, no? Quindi sentitevi liberi di dire ciò che volete.
Non so quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma è già pronto quindi non dovrete aspettare molto.
A presto,
Gaia


 
  
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