Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Meg Explosion    16/03/2014    3 recensioni
-Lui non lo vuole. Lui vuole vederti fiero e vuole vederti invecchiare e solo dopo che hai vissuto la tua vita, ti vuole riavere. Jean, ti ama anche lui e…-
-Berthold basta, almeno dagli un nome-
-Marco ti ama e Marco ti vuole vivo. -
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Una parte del testo, la fine, precisamente.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Berthold Huber, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Note della scrittrice: Salve, sono quell'user inutile che legge fanfiction a più non posso ma non lascia quasi mai recensioni o qualsiasi altra cosa. In realtà passo molto tempo a leggere su questo sito, ma ho troppa paura a lasciare recensioni perché poi mi faccio problemi tipo "sembro una stupida, sono stupida, tutti mi odieranno", ma prometto che d'ora in poi cercherò di far capire a tutti quanto apprezzo i loro scritti e il loro duro lavoro. Questa è una storia che ho scritto in classe durante una supplenza e mi sembrava troppo strappalacrime per non essere pubblicata. Quindi, here we go, spoiler, lacrime e tanti jeanmarco feelings.
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La lettera.








  “Caro Marco, …” ha scritto Jean su quel foglio di carta mezzo strappato*. Ha le lacrime agli occhi e un nodo alla gola. Non sa cosa gli prende, ormai Marco è morto. Marco non leggerà, Marco non piangerà per quelle parole. Marco è morto. Eppure Jean vuole scrivergli. Ha bisogno di raccontargli tutti i viaggi che hanno fatto insieme nella sua immaginazione. Vuole dirgli di quanto sta male senza di lui, di quanto, ogni tanto, ha pensato di farsi mangiare da un gigante per tornare dal suo lentigginoso amico. Vuole raccontargli di come pensa solo a lui, anche quando Eren stava per morire di nuovo, lui sussurrava il suo nome.
mi manchi…” Baka Jean, si dice, non puoi solo scrivergli due parole così futili e insensate. Comincia a pensare al significato delle lettere, al perché se esse sono messe vicine, formano parole che possono far piangere una persona.  Con lui quei segni ci riescono a farlo pregare come uno stupido prete e a deprimerlo facendogli pensare il peggio.
Scusami Marco, tu che mi guardi da lassù. Scusami perché devi sempre stare attento a ogni gigante che cerca di ammazzarmi. So che è solo per te che sono in vita e questa volta te lo dico io. Hai ragione a pensare che io non sia poi così forte, che io sappia solo cosa fare, perché sono arrivato al limite” Jean ora singhiozza e cerca di asciugarsi le lacrime con la mano, si accorge però che le lacrime sono troppe.  Ora ha la mano bagnata e ha paura di bagnare il foglio. Come se non avessi già paura di troppe cose, pensa.
Non so se tu riesca a leggermi nel pensiero o robe simili, se lo sai fare, per favore, non leggere le prossime righe, perché so che faccio a schifo a esprimermi. Marco, tesoro, io voglio morire. Più di una volta ho sperato che tu ti dimenticassi di me e mi lasciassi morire, mangiato e lasciato a marcire nello stomaco di un fottuto gigante. So che non potresti mai farlo, perché so che tu desideri che io porti questo mondo alla libertà. Però, Marco, io non potrò mai farlo. Io me lo sento che presto sarò di nuovo tra le tue braccia.”. Ora Jean s’immagina di ridere di nuovo con il suo amico, di fare scommesse su chi si farà il primo occhio nero durante gli allenamenti e di darsi la buonanotte raccontando di quanto sarebbero felici le loro vite senza quei giganti del cazzo. Non riesce a continuare, ma si sforza, perché il suo Marco aspetta un suo sorriso e un avvenimento felice in quella lettera.
“Marco, ti ho sognato molte volte. Una volta siamo andati nell’oceano, tu ti eri tolto la maglia e non avevi nessuna cicatrice. Quando ti ho detto la parola “giganti” tu hai sorriso e hai detto “Che diavolo dici, Jean? Devi aver fatto un brutto sogno” ed io ci ho creduto. Volevo credere che tutto quello che è successo fosse un brutto gioco della mia immaginazione. E’ stato brutto tornare alla realtà, quella dove tu non ci sei. Dove io mi sporco di sangue e spero di morire. Quella dove Annie è impazzita, quella dove io rivoglio indietro la mia 104esima squadra. Ma soprattutto quella dove io rivoglio te. Perché tu ora sei solo nei miei sogni. Armin mi dice sempre “Jean, lui non è morto, è sempre con noi e ci aiuta tutti”. Non ti chiamano più nemmeno per nome, Marco. Io lo ripeterei ogni secondo. Ho paura di dimenticarti, ho paura di arrivare a un punto nella mia vita nel quale ho perso così tante persone che non le ricordo nemmeno. Ho tanta paura, Marco, ne ho così tanta che non riesco nemmeno a muovermi” Jean ora nemmeno più piange. La mano gli trema e decide che è ora di scrivere qualcosa di bello.
Marco, quando ero in vita forse non te l’ho detto. La voce che a me piaceva Mikasa si è sparsa velocemente. Non pensavo di poter superare così velocemente una cotta, perché Mikasa è carina, lo ammetto, ma lei non sei tu. Io vedo il bene in lei, ma vedo tutto in te. Vedo quel sorriso stupendo che hai, ma poi sento anche l’odore all’alito che ti viene ogni mattina e amo tutto. Solo ora mi accorgo di quanto mi mancano i tuoi capelli bagnati dopo una doccia o una pioggia. Ti dicevo “Sembri un cane bagnato, non farti vedere in giro con quei capelli!” e tu ridevi, ma non ho mai aggiunto che li amavo. Mi ucciderei solo per questo. Ti ho fatto del male, ti sto facendo del male e sono quasi certo che ti farò del male. Marco, perdonami, perdona questo soldato che piange come un bambino. Mi dico “Diamine Jean! Sei un soldato, non un umano!” ma non ce la faccio. Non riesco a non pensare a quanto faccia male. Perché io ti amo. Ti amo, per Dio, ti amo.”  In quel momento Jean ha capito che non può scrivere cose felici perché lui non lo è. Ha deciso di fermarsi, ma la mano ha vita propria ora, scrive i pensieri senza controllo.
“Ti voglio sposare. Sposerò tutto di te, il tuo alito, i tuoi capelli, le tue dita dei piedi storte e il sorriso da ebete. Marco, ti prego, torna indietro. Ti cucirò un bel vestito, anzi lo farò Krista perché io non so nemmeno come si usa un ago, poi ti raccolgo dei fiori e ti prendo un bell’anello. Solo così sarò felice, solo così potrò vivere. Sorriderò veramente solo se ci sarai anche tu. Se torni, prima di sposarti, ti picchio, capito? Mi manchi amore mio, mi manchi troppo. Ti amo.”  Jean ha capito che se continuava moriva sul serio, moriva disidratato per tutte le lacrime che aveva pianto. Non voleva nemmeno firmare quella lettera, ma poi lo fece, voleva lasciarla sotto un albero, sperare che volasse via e arrivasse a Marco. Che cosa stupida, dice ad alta voce. Sente dopo la porta aprirsi e per non farsi vedere in quelle condizioni, si copre il viso con le mani. Entra Berthold, che ha anche lui bisogno di una candela e Jean si era preso l’ultima. Quando vede l’amico gli chiede cos’ha.  Ma da Jean esce solo un singhiozzo. Berthold vede poi la lettera, indicandola fa un cenno con la testa per chiedere se può leggerla. Jean annuisce, sapendo che l’amico è una persona giusta, buona**.
Quando Berthold, in lacrime, da la lettera in mano a Jean, si sente l’amaro in bocca. Abbraccia l’amico e lo tiene stretto. Per la prima volta Kirschtein sente il calore di un’altra persona.
-Jean, non devi ucciderti, lo sai?-
-Berthold, io non intendevo veramente…-
Jean piangeva e continuava a tenere stretto il compagno di squadra.
-Jean, per favore, non farlo, non farlo, non farlo…-
-Berthold, voglio solo tornare da lui-
-Lui non lo vuole. Lui vuole vederti fiero e vuole vederti invecchiare e solo dopo che hai vissuto la tua vita, ti vuole riavere. Jean, ti ama anche lui e…-
-Berthold basta, almeno dagli un nome-
-Marco ti ama e Marco ti vuole vivo. -
Ora nessuna sa più chi è il più triste fra i due: se Jean che ha perso la sua vita o Berthold che ne ha fatte perdere***.


 

Caro Marco,
mi manchi. Scusami Marco, tu che mi guardi da lassù. Scusami perché devi sempre stare attento a ogni gigante che cerca di ammazzarmi. So che è solo per te che sono in vita e questa volta te lo dico io. Hai ragione a pensare che io non sia poi così forte, che io sappia solo cosa fare, perché sono arrivato al limite. Non so se tu riesca a leggermi nel pensiero o robe simili, se lo sai fare, per favore, non leggere le prossime righe, perché so che faccio a schifo a esprimermi. Marco, tesoro, io voglio morire. Più di una volta ho sperato che tu ti dimenticassi di me e mi lasciassi morire, mangiato e lasciato a marcire nello stomaco di un fottuto gigante. So che non potresti mai farlo, perché so che tu desideri che io porti questo mondo la libertà. Però, Marco, io non potrò mai farlo. Io me lo sento che presto sarò di nuovo tra le tue braccia.
Marco, ti ho sognato molte volte. Una volta siamo andati nell’oceano, tu ti eri tolto la maglia e non avevi nessuna cicatrice. Quando ti ho detto la parola “giganti” tu hai sorriso e hai detto “Che diavolo dici, Jean? Devi aver fatto un brutto sogno” ed io ci ho creduto. Volevo credere che tutto questo fosse un brutto gioco della mia immaginazione. E’ stato brutto tornare alla realtà, quella dove tu non ci sei. Dove io mi sporco di sangue e spero di morire. Quella dove Annie è impazzita, quella dove io rivoglio indietro la mia 104esima squadra. Ma soprattutto quella dove io rivoglio te. Perché tu ora sei solo nei miei sogni. Armin mi dice sempre “Jean, lui non è morto, è sempre con noi e ci aiuta tutti”. Non ti chiamano più nemmeno per nome, Marco. Io lo ripeterei ogni secondo. Ho paura di dimenticarti, ho paura di arrivare a un punto nella mia vita nel quale ho perso così tante persone che non le ricordo nemmeno. Ho tanta paura, Marco, ne ho così tanta che non riesco nemmeno a muovermi.
Marco, quando ero in vita forse non te l’ho detto. La voce che a me piaceva Mikasa si è sparsa velocemente. Non pensavo di poter superare così velocemente una cotta, perché Mikasa è carina, lo ammetto, ma lei non sei tu. Io vedo il bene in lei, ma vedo tutto in te. Vedo quel sorriso stupendo che hai, ma poi sento anche l’odore all’alito che ti viene ogni mattina e amo tutto. Solo ora mi accorgo di quanto mi mancano i tuoi capelli bagnati dopo una doccia o una pioggia. Ti dicevo “Sembri un cane bagnato, non farti vedere in giro con quei capelli!” e tu ridevi, ma non ho mai aggiunto che li amavo. Mi ucciderei solo per questo. Ti ho fatto del male, ti sto facendo del male e sono quasi certo che ti farò del male. Marco, perdonami, perdona questo soldato che piange come un bambino. Mi dico “Diamine Jean! Sei un soldato, non un umano!” ma non ce la faccio. Non riesco a non pensare a quanto faccia male. Perché io ti amo. Ti amo, per Dio, ti amo.
Ti voglio sposare. Sposerò tutto di te, il tuo alito, i tuoi capelli, le tue dita dei piedi storte e il sorriso da ebete. Marco, ti prego, torna indietro. Ti cucirò un bel vestito, anzi lo farà Krista perché io non so nemmeno come si usa un ago, poi ti raccolgo dei fiori e ti prendo un bell’anello. Solo così sarò felice, solo così potrò vivere. Sorriderò veramente solo se ci sarai anche tu. Se torni, prima di sposarti, ti picchio, capito? Mi manchi amore mio, mi manchi troppo. Ti amo.

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 Note nel testo: 
*: ok, sono la persona più orribile di questo mondo, ma giuro che ho fatto apposta di scrivere "mezzo strappato" perché l'unico modo per non piangere sulla morte di Marco è scherzare su di essa.
**: sono una persona orribile anche perché sto infierendo sul fatto che il mio povero Bertl è, è *piange come una disgraziata*
***: la stessa cosa di prima, solo che volevo avvisare per lo spoiler.

Grazie per essere arrivate in fondo, o voi anime coraggiose. 
Exploser.
  
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