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Autore: Elly J    17/03/2014    1 recensioni
- Ti credi tanto superiore ad uno schiavo che sa combattere come un perfetto soldato romano? - mi disse con voce di rimprovero.
- Certo. Noi tutti siamo superiori a qualsiasi schiavo e di certo tu meriti un insegnante adatto al tuo rango, padre. - risposi senza alcun fremito nella voce.
Lui fece una piccola risata ironica. - Evidentemente non sai che questo schiavo che tu ritieni inferiore è stato un gladiatore e campione dell’Arena. Qui non c’entra il fatto che è uno schiavo. Qui centra il fatto che combatte meglio di un soldato romano.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marcus Licinius Crassus, Tiberius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: tutti i personaggi di Spartacus presenti in questa fan fiction non appartengono all’autrice, ma appartengono alla STARZ e a chi detiene i diritti sulla serie tv. Questo racconto è stato scritto per puro divertimento personale e quindi non a scopo di lucro. Di conseguenza nessun copyright è stato violato.
Gli intrecci del racconto sono ispirati ad una puntata di Spartacus, raccontata però attraverso le parole dell’autrice (Elly J) che quindi ne detiene il copyright, vietandone così la riproduzione altrove.
La riproduzione altrove e qualsiasi citazione è ammessa solo se l’autrice ne ha dato il consenso.





Ogni giorno, la stessa storia.
All’alba, quando il sole non era ancora sorto, mio padre entrava nella mia stanza, destandomi dal sonno.
- Tiberius, alzati. Fra poco si comincia. - mi diceva. E poi usciva dalla stanza senza proferir altro, fiducioso che non avrei fatto tardi.
Con un movimento fulmineo delle gambe che esprimeva tutto il mio fastidio, scostai le coperte dal mio corpo e mi misi a sedere sul letto, la testa fra le mani.
Ero stufo di assistere ogni santo giorno agli stupidi allenamenti di mio padre. Non capivo il perché di quella scelta, non capivo che cosa si aspettasse da me obbligandomi ad assistere a quella banale forma di combattimento. La sua scelta mi sembrava estremamente inutile, come inutili erano le sue parole che di tanto in tanto blaterava durante le pause. Io ero già stato addestrato al combattimento e per di più avevo ricevuto uno dei più illustri degli insegnamenti, quindi non riuscivo minimamente a cogliere il perché di quella decisione. Ma la cosa che maggiormente non comprendevo era il motivo per il quale mio padre si ostinasse a farsi allenare da uno stupido e lurido schiavo. Con tutte le ricchezze che possedevamo avrebbe potuto benissimo permettersi un addestramento degno di un uomo del suo rango, assumendo un qualche veterano di guerra o un maestro d’armi con anni ed anni di esperienza alle spalle.
E invece no. Ogni santo giorno faceva chiamare quel lurido selvaggio, di cui nemmeno mi impegnavo a ricordarne il nome, e passava ore intere a brandire la sua spada cercando di abbattere quell’animale. E per di più, cosa che odiavo profondamente, era il fatto che mio padre, dalla tanta foga con cui combatteva, urlava in modo estremamente assordante. Non capivo se quei gemiti fastidiosi servivano per dare più enfasi al combattimento o cosa.. Sapevo solo che mi irritavano particolarmente.
Mi alzai dal letto sbuffando rumorosamente e feci chiamare una serva che mi aiutasse a prepararmi. Mi vestii con estrema lentezza, con la speranza che mio padre iniziasse l’allenamento anche senza la mia presenza, cosicché sarei riuscito, almeno per una volta, a perdermi qualche minuto di quello stupido rito giornaliero.
Ma invece non riuscii a perdere proprio nulla. Non appena entrai nella sala adibita agli allenamenti, mio padre mi fulminò con un occhiata. Stava in piedi al centro del riquadro di sabbia destinato al combattimento con una spada per mano e mi fissava con severità.
- Sei in ritardo, Tiberius. - mi disse con voce estremamente dura.
Io gli passai davanti senza nemmeno guardarlo in faccia e mi sedetti sulla solita panchina posta in cima alla sala, di fianco alla quale stava Kore, la schiava di mio padre.
- Potevi iniziare benissimo senza di me, padre.  - risposi con voce fredda una volta seduto.
Lui mi lanciò un’altra occhiataccia. - Sai benissimo che devi assistere ai miei allenamenti, Tiberius.
Alzai il mento verso di lui. - Possiamo iniziare? Avrei altre cose urgenti da sbrigare.
L’espressione che mi riserbò mio padre come risposta mi fece rabbrividire. Avevo esagerato, ne ero consapevole. Però volevo che lui conoscesse il mio pensiero riguardo a quei stupidi allenamenti.
- Possiamo iniziare. - disse poi mio padre, accompagnando la voce con un cenno del viso rivolto verso lo schiavo che lo allenava giornalmente. L’uomo raggiunse mio padre al centro della pista e, dopo aver fatto un inchino in segno di saluto, iniziarono a combattere.
Il combattimento iniziò e per una buona mezz’oretta nessuno dei due sfidanti sembrava prevalere sull’altro.
- Che noia mortale. - commentai a voce bassa rivolto a Kore che stava al mio fianco.
La giovane si sporse verso di me e mi riempì con del vino il bicchiere che reggevo nella mano sinistra. - Vostro padre è un allievo diligente. - commentò.
- Non lo metto in dubbio, ma di certo non approvo quel lurido schiavo come suo insegnante. - risposi con disprezzo.
All’improvviso mio padre si bloccò e fece segno allo schiavo di fermarsi. Dopodiché si girò verso di me con sguardo duro. Non sapevo come, ma evidentemente mi aveva sentito.
- Ti credi tanto superiore ad uno schiavo che sa combattere come un perfetto soldato romano? - mi disse con voce di rimprovero.
- Certo. Noi tutti siamo superiori a qualsiasi schiavo e di certo tu meriti un insegnante adatto al tuo rango, padre. - risposi senza alcun fremito nella voce.
Lui fece una piccola risata ironica. - Evidentemente non sai che questo schiavo che tu ritieni inferiore è stato un gladiatore e campione dell’Arena. Qui non c’entra il fatto che è uno schiavo. Qui centra il fatto che combatte meglio di un soldato romano.
- Lo stai sopravvalutando, padre. E ribadisco che meriteresti un insegnante degno del tuo rango.
Mio padre fece alcuni passi verso di me e alzò una delle sue spade per indicarmi. - Tu invece lo stai sottovalutando. Tutti noi qui abbiamo sottovalutato Spartacus. Anche lui era un gladiatore, uno di quelli che tu ritieni inferiore. Ma soffermati sulle sue abilità di combattimento, sulla sua maestria di maneggiare le armi.. Guarda cosa lo hanno portato a compiere.
Piantai i miei occhi in quelli di mio padre. - Riconosco le abilità di Spartacus, ma rimarrà sempre e comunque un essere inferiore a noi.
- Ti ritieni dunque superiore a questo schiavo? - mio padre girò lievemente il busto indicando con la spada il suo lurido insegnante.
Alzai il mento. - Certo. - risposi con decisione.
Mio padre rimase fermo a fissarmi per alcuni secondi, dopodiché si avvicinò a me e, dopo aver impugnato una delle due spade per la lama, me la porse dalla parte dell’elsa.
- Dimostralo, allora.
Io lo fissai sbalordito. - Vuoi che combatta con uno schiavo?
- Hai affermato di ritenerti superiore a lui. Dimostralo. - mi rispose, calcando particolarmente sull’ultima parola.
Potevo sentire la tensione di Kore al mio fianco, la quale stava immobile con la sua solita brocca tra le mani.
Fissai mio padre negli occhi molto intensamente e dopo mi alzai strappandogli la spada dalle mani.
“Adesso ti faccio vedere io.”
Molto infastidito raggiunsi lo schiavo al centro del campo da combattimento e lo fissai con disprezzo.
“Mi tocca combattere con questo animale.” pensai stringendo forte l’elsa della spada “Tra poco saprà chi è davvero superiore.”
Mi misi in posizione di combattimento e anche l’uomo fece lo stesso. Sentivo su di me gli occhi severi di mio padre e quelli preoccupati di Kore.
“Non sono più un bambino.”
Attaccai con tutta la rabbia che avevo in corpo, urlando come mio padre. Iniziai con diversi fendenti, ma nessuno andò a buon fine. Quel maledetto schiavo riusciva a pararli tutti. Lui non attaccava, schivava e basta e questo stupido comportamento da parte sua mi fece irritare particolarmente.
“Crede che non riesca a difendermi?”
Tentai un affondo. Ci misi tutta la mia forza e fui quasi certo di ferire quel maledetto. Mi lanciai su di lui con rabbia, i miei occhi brillavano d’odio.
Accadde tutto troppo in fretta. Un rumore sordo, un dolore acuto al naso, un rivolo caldo che mi entrò in bocca e sabbia negli occhi. La spada mi scivolò dalle mani senza che nemmeno me ne rendessi conto.
Quel lurido animale mi aveva assestato un pugno in pieno viso, scaraventandomi a terra.
- Mi dispiace padrone, non volevo. - la voce di quel bastardo mi fece tornare in me.
Sentii i passi di mio padre, il quale si portò più vicino a me, ancora a terra. - Gli hai semplicemente dato una lezione di vita. - rispose con tranquillità.
Quelle parole mi fecero salire una strana sensazione lungo tutto il petto. Atterrato da uno schiavo, un lurido animale senza onore.. come era potuto accadere? Come aveva potuto mio padre permettere un simile affronto, affermando poi che quella bestia mi aveva inflitto un insegnamento?
Ancora a terra, strinsi i pugni. Gli avrei uccisi tutti quei maledetti, nessuno sarebbe sopravvissuto, nessuno.
C’era solamente un modo per provare a mio padre che io ero superiore a quelle bestie.
Uccidere Spartacus.
E lo avrei fatto, ad ogni costo.
  
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