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Autore: Lechatvert    17/03/2014    3 recensioni
Nel 1500, dopo tre settimane di assedio alla città di Forlì, il Valentino si insedia a Palazzo Numai, ospite del consigliere di Caterina Sforza.
Nello stesso anno, Niccolò Sartori dipinge di verde i cieli della Romagna.
In quel momento, forse, si sentiva un po’ la falena dei racconti di suo padre. Piccolo e impotente dinanzi alle fiamme mentre le grida della guardia cittadina si avvicinavano, eppure così affascinato dalla sua opera da non poterla lasciare.
Continuava a fissare il fuoco a pensare: “
Non smettere, non ancora”. Serrava le palpebre quando gli occhi cominciavano a fare male e subito li riapriva, preoccupato come un bambino dinanzi alla prima nevicata di ottobre, per assicurarsi che nulla fosse cambiato.
Era la sua luce, la sua fiamma, la sua Vittoria che bruciava come la più brillante delle comete.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Rinascimento
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polverenera

Per iniziare

 

"Polvere nera" è stata un'idea fulminante, una di quelle che ti colgono la sera quando vorresti dormire in santa pace e che non ti mollano fino a che non hai scritto almeno un paio di pagine.

Sebbene quasi tutto ciò che scrivo veda la luce nel modo sopracitato, però, per questa storia la faccenda è stata un po' diversa. Mi sono lasciata infatti ispirare da una canzone italiana, per giunta neanche tanto famosa, in un cui sono incappata dopo tanto tempo dal primo ascolto. Quale sia, bé, temo non sia poi così difficile capirlo. E' comunque mia intenzione lasciare al lettore il compito di indovinare ;)

Non amo particolarmente le introduzioni troppo lunghe, ma stavolta volevo inserire una piccola premessa: l'ambientazione è la Forlì del 1500, quella appena conquistata da Cesare Borgia, quella che ha appena subito l'incursione e le barbarie di un esercito intero. Quella in cui, purtroppo, Caterina Sforza è tenuta prigioniera.

Cercherò di essere il più precisa possibile nelle note, a partire dal titolo, la famigerata "polvere nera", per finire con qualche delucidazione sugli avvenimenti dell'epoca, per chi magari non è così informato sui gossip rinascimentali. Se in ciò dovessi peccare ... sentitevi invitati a schiaffeggiarmi le mani!

Cosa aggiungere?

Sia Vittoria che Niccolò sono personaggi totalmente inventati da me, mentre i restanti, eccezioni a parte che saranno comunque indicate, sono più o meno rubati a Mamma Storia. 

Con ciò auguro buona lettura a chiunque voglia fermarsi per qualche riga o per il testo intero.

Un abbraccio,

        Lechatvert

 

 

 

 

Polvere nera
Prologo: la tigre e la falena

https://www.youtube.com/watch?v=yKNxeF4KMsY




Ho tracciato una linea,
l’ho tracciata per te.”
Coldplay – Yellow



Cari fratelli, caro padre, amata madre,
Numerose volte, prima di coricarmi, ho pensato a cosa scrivere in queste poche righe che sto per lasciarvi.
Mi sono spesso interrogata se fosse il caso di lasciarvi un ricordo della mia risata, piuttosto che qualche goccia d’inchiostro su un pezzo di carta, eppure, nell’ora in cui il Signore mi richiama a sé, nulla mi pare più doveroso che ribadire quanto amore ho provato per voi, quanto affetto e quanta felicità voi mi abbiate donato nella mia breve esistenza.
Porterò il vostro ricordo nel Regno dei Cieli e lo custodirò fino al giorno in cui non saremo di nuovo tutti assieme.
Vi prego, non siate tristi.
Sto andando in un posto infinitamente più bello, infinitamente più luminoso.
Ricordatemi sotto l’albero di limoni, intenta a ricamare il mio nome sui fazzoletti o a leggere le stupende poesie di mio padre.
Siete stati la mia anima, la mia guida, il mio sole.
Ora e per sempre, sarò le vostre stelle.
Con amore,

                                   





 

Basilica di San Pellegrino Laziosi, Forlì, 1500


La falena è innamorata di ciò che fa paura alla tigre, aveva detto una volta suo padre, eppure non c’erano falene, in quel momento, né grossi felini a ruggire dinanzi alla chiesa in fiamme.
Steso a terra, con i capelli castani impregnati di cenere e schegge di legno, con le vesti strappate e la pelle bruciacchiata, Niccolò trattenne a stento una risata, osservando dal viale la sua ultima opera d’arte schiudersi con la stessa dolcezza di un bocciolo di rosa.
Luci verdi e rosse si stagliavano sul cielo forlivese per poi tornare a essere semplice fuoco, tanto comune quanto indomabile.
«Vittoria! Vittoria!», cantò il ragazzo, mentre con le braccia protese verso il cielo disegnava dei grandi cerchi di polvere. «Se lo vedessi, amor mio! Se solo vedessi la magnificenza che ti ha strappata alle mie braccia!»
Scoppiò a ridere, rimettendosi in piedi per allontanarsi prima che l’intera struttura cedesse sotto la furia delle sue fiamme. Con allegria si calcò sul viso gli occhialini da lavoro con il quale aveva messo in sesto più armi di un artigliere e, una volta trovato posto nel camposanto adiacente alla chiesa, rimase a guardare ciò che era rimasto del suo spettacolo.
Sperava tanto che suo padre fosse lì, tra quelle lapidi di gesso e marmo, magari complice della stessa risata che in quell’istante lo obbligava a scuotere le spalle.
Perché sì, Angelo Sartori sarebbe stato fiero di lui, anche se non c’erano falene innamorate né tigri vigliacche, anche se quella che era appena saltata in aria era la sua chiesa preferita.
Perché quando si fa il bombarolo non importa nulla se non l’esplosione, l’effimero attimo in cui l’aria si ferma, in cui ogni respiro è di troppo e stona nella magnificenza della polvere che s’infiamma per colorare il cielo delle tonalità più disparate.
Ma non si sentiva bombarolo, Niccolò. Non in quel momento.
In quel momento, forse, si sentiva un po’ la falena dei racconti di suo padre. Piccolo e impotente dinanzi alle fiamme, mentre le grida della guardia cittadina si avvicinavano, eppure così affascinato dalla sua opera da non poterla lasciare.
Continuava a fissare il fuoco a pensare: “Non smettere, non ancora”. Serrava le palpebre quando gli occhi cominciavano a fare male e subito li riapriva, preoccupato come un bambino dinanzi alla prima nevicata di ottobre, per assicurarsi che nulla fosse cambiato.
Era la sua luce, la sua fiamma, la sua Vittoria che bruciava come la più brillante delle comete.

 

 

 

 

 

 

 

Note d'autore

Non che ci siano tutte queste note finali da aggiungere, anzi, avrei probabilmente fatto meglio a chiudere il capitolo con quel segno carino che il mio Photoshop ha deciso di creare oggi pomeriggio.

Tuttavia, mi sento in dovere di accreditare la citazione della falena e la tigre a Giovanni Papini. Per intero, ciò che scrisse è: "La falena è innamorata di ciò che fa paura alla tigre. Ma l'uomo – fiera destinata a diventar farfalla angelica – è nello stesso tempo sbigottito e attirato dal fuoco." Sappiate che è su questo concetto che voglio lavorare durante gli otto capitoli che (per ora) compongono questa storia.

Per chi volesse qualche anticipazione, posso rivelare un'impiccagione, una mano in fiamme e un albero di limoni, a cui per altro ho fatto appello per decorare il titolo della storia :)

Arrivata a questo punto, non mi resta che salutare e abbracciare chiunque sia arrivato fin qui. Prometto di dare il meglio di me nella stesura di questo (breve) progetto e spero di trovare qualche "compagno di viaggio"!

Un bacio a tutti,

        Lechatvert


   
 
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