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Autore: Meg___X3    01/07/2008    11 recensioni
Inuyasha e Sesshoumaru, all’alba delle vacanze estive, ricevono la notizia che una ragazza sarà ospitata in casa loro. Ma chi l’ha deciso? E soprattutto, chi è questa sconosciuta? Riguardando il testamento del loro defunto padre, le cose cominciano a complicarsi più del dovuto… * Ciao! ^^ Questa è la mia prima pubblicazione! Spero vi piaccia <3 Meg.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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fanfiction

 

Alchimia dei sensi.

 

Ma buongiorno a tutti XD Io sono Meg, di nome vero Linda, scrittrice alla prima pubblicazione *cominciano a tremarle le gambe* Difatti… XD Beh, cosa dire? Questa storia dovrebbe avere dei toni comici… ma mi sa che alla fine sarà parecchio avventurosa, perché quello è il mio genere e finisco per fare sempre quello XD Ovviamente ci sono tutti i nostri più adorati personaggi: Inu, Kaggy, Miro, Sango, Sesshi e Rin. E le coppie potete benissimo immaginarle… >O< Cos’altro posso dirvi? È ambientata nel nostro tempo, a Tokyo, e beh… ci saranno parecchi segreti da svelare… *_* (o almeno credo X3) Mi raccomando, lasciatemi un commento, gentilmente <3 Bacioni, Meg.

 

 

 

 

 

Capitolo uno

Un’umana in più.

 

 

 

«No che non voglio un’altra umana per casa» sussurrò un frustrato Sesshoumaru.

Inuyasha annuì, fervido. «Pure io!» esclamò, testardo.

La donna anziana li fissò, al limite dell’indifferenza. «Cavoli vostri miei cari» replicò, sistemando accuratamente i libri sulle mensole. «quella ragazza ha ogni diritto di soggiornare in casa sua» disse, riprendendo a spazzare la polvere.

Inuyasha si infervorò velocemente. «Casa sua?!» ripetè, acuto «questa non è casa sua!».

Sesshoumaru la fissava, atono. «È scritto nel testamento di nostro padre, vero?». Gli occhi color ambra del demone si puntarono in quelli marroni della donna.

A quella domanda Inuyasha si zittì, sorpreso.

«Ma certo. Non ve l’avevo forse detto?» disse, cadendo dalle nuvole.

Il sopracciglio di Inuyasha sfiorò il cielo. «No stupida vecchiaccia!».

La donna lo fulminò con un solo sguardo, mettendo a tacere qualsiasi altra esclamazione velenosa. «Quella ragazza verrà ad abitare qui. Se non vi fidate di ciò che dico, guardate voi stessi il testamento» borbottò, indignata.

Sesshoumaru tentò di calmare le acque. «Kaede, grazie dell’informazione» poi lanciò un’occhiata ad Inuyasha «non avremo bisogno di conferme».

L’anziana donna sorrise radiosa al primogenito. Era sempre così riflessivo e responsabile… tutto il contrario di Inuyasha, testardo e irascibile! Condividevano proprio gli estremi caratteriali del loro padre. Però Inuyasha non ha preso proprio niente da sua madre, riflettè, sconsolata, una donna straordinaria. «Meglio per voi».

Inuyasha ridusse gli occhi dorati a due fessure, quasi dovesse incenerirla. Stava per mandarla direttamente a quel paese quando Sesshoumaru lo strattonò per il braccio, trascinandolo nella stanza accanto.

«La smetti di fare il bambino?» esclamò, serafico.

Il mezzodemone puntò lo sguardo in quello del fratello. «E tu la smetti di fare l’adulto?» replicò, velenoso.

«Mh… che noia» borbottò «Inuyasha, non siamo più bambini in continua rivalità. Ragiona e smettila di aggrapparti all’orgoglio».

L’hanyou incrociò le braccia, ostentando un’offesa che non c’era. «Io non sono orgoglioso» biascicò, convinto.

Sesshoumaru alzò un sopracciglio cesellato. «…Certo» concluse, sarcastico «ma ti prego di fidarti di Kaede e di accettare l’arrivo di questa ragazza. Casa nostra è grande e non sarai costretto a vederla ogni istante».

Inuyasha lo fulminò con uno sguardo. «Com’è che improvvisamente sei contento che arrivi?» domandò, indagatore.

«È nel testamento» rispose, semplicemente.

L’hanyou aggrottò le sopracciglia. «Non è che cominci ad essere gentile verso gli umani?» soffiò, maligno.

Sesshoumaru sospirò. «Smettila» lo zittì.

«Gentile…» ripetè, divertito.

«Non sono gentile» esordì, infastidito «era una richiesta di nostro padre. Punto».

Inuyasha lo fissò, atono.

«…E io voglio rispettare i suoi ultimi voleri, ecco tutto».

Il mezzodemone sospirò. «Va beh. Un’umana in più…» sussurrò, più a se stesso che al fratello maggiore. «Ma solo una!» esclamò, livido. Non ne poteva più di quel fetore umano che emanavano. Erano davvero fastidiosi.

Sesshoumaru gli lanciò uno sguardo di comprensione. Anche lui faticava a sopportarne l’odore.

 

 

 

 

 

«Kachan, ma sei davvero sicura…?» sussurrò, preoccupata.

La ragazza annuì, fervida. «Ma certo Rin. Sono persone ricche. Credi che abbiano problemi ad ospitare una persona in più?» borbottò, ricontrollando scrupolosamente il borsone ed i suoi averi.

La piccola Rin la fissò. «Beh… forse è comunque il caso di avvisare…» suggerì.

Kagome scosse la testa, intenta a controllare da cima a fondo la stanza. «Non ti preoccupare Rin! Stai tranquilla» infilò la testa nel bagno, lasciando qualche momento di silenzio «e poi tu sei sotto la mia tutela».

La piccola si lasciò andare sul divano. «Questo è vero, ma…» biascicò, lasciando cadere il discorso. Indossava una svolazzante gonna bianca ed una canottiera rosa. «Kachan, quando arrivano… a prendere i mobili?» domandò, curiosa, guardandosi attorno. Le sarebbe mancata la loro piccola casa. Ora non più loro.

La risposta giunse ovattata. «Credo nel pomeriggio».

Rin sospirò.

Kagome ritornò in salotto con in mano la spugna della doccia. «L’avevo dimenticata…»  disse, imbarazzata.

Rin scoppiò in una risatina. Kagome era tremendamente sbadata. Non era goffa - non fisicamente per lo meno; però aveva tutta l’aria di esserlo. Era ritardataria, smemorata e poco amante degli sport. «Che novità» replicò, con un sorrisino.

Kagome la inchiodò con uno sguardo fintamente offeso. «Ehi, piccola antipatica, guarda che tu sei a tutti gli effetti alle mie dipendenze!» esclamò, autoritaria, lanciandosi su Rin e cominciando a farle il solletico.

La piccola lo soffriva terribilmente, e dappertutto, per sua sfortuna. Cominciò a ridere e singhiozzare allo stesso tempo, dimenandosi come un animale in gabbia. «No Kachan… no… Ka…» esclamava, acuta, fra le risate smorzate.

La mora, a cavalcioni su di lei, placava la sua ira tramite la vendetta. Quando un calcio la colpì sullo stomaco, si accasciò sul lato e la lasciò libera. «Ora sei ufficialmente in debito con me» esordì, seria.

Rin aggrottò le sopracciglia. «E per quale motivo?» domandò la pimpante sedicenne.

«Ma è ovvio» esclamò la mora «perché ti ho perdonato quella battuta insolente!».

La piccola Rin la fissò, con la bocca spalancata. Offesa, esordì un «Ah si?!» ed afferrò in fretta il cuscino, tirandoglielo in volto «Ecco, ho saldato il mio debito!» urlò, cominciando una frenetica battaglia di cuscini.

Saltarono in piedi sul divano, cominciando a lanciarsi tutti i cuscini che gli capitavano a tiro.

«Ehmm… scusate!» fu un commento maschile alla loro sinistra. Un uomo, avvolto da una massa maschile in tuta, era a pochi metri da loro, decisamente contrariato.

Le due arrossirono di botto e scesero velocemente dal divano. Che sciocche! I traslocatori erano arrivati prima del previsto.

«Ops» esordì Kagome, gettando un’occhiata fugace a Rin «scusateci, non volevamo disturbare il vostro lavoro. Ora ce ne andiamo» borbottò, avviandosi direttamente verso il suo borsone e il trolley.

«Non disturbavate affatto!» fu il commento malizioso e provocatore di uno, nascosto fra la folla.

Kagome si sentì avvampare di umiliazione e si affrettò ad allontanarsi. «Scusate ancora… Rin?» chiamò, subito dopo, vedendo che anche la piccola era parecchio indaffarata a coricarsi di valigie.

«Ehm.. si… arrivederci» sussurrò acuta, abbozzando un sorriso. Un uomo le fece una veloce radiografia e si sentì decisamente fuori posto.

Schizzarono fuori dall’appartamento ad una super velocità. Presero l’ascensore, mute, e non appena si chiusero le porte, sospirarono entrambe. Poi scoppiarono a ridere.

«Kachan, guarda cosa ci hai fatto fare!» esclamò, un pochino arrabbiata. Per Rin era insolito fare figuracce e gaffe: le capitava di rado di esserne vittima, e le detestava particolarmente. Kagome, invece, col suo animo testardo e a volte insolente, era più che abituata. Aveva una certa faccia tosta.

«Scusa Rin» mormorò «pardon» disse, sarcastica.

L’altra sbuffò. «Dobbiamo chiamare un taxi» disse, imitando l’accento francese dell’amica.

Kagome annuì. «Lo faccio subito» esordì, mentre l’ascensore suonava debolmente, indicando che erano giunte al piano terra. Uscirono, cariche, e si diressero vicino alla Portineria del palazzo. La mora prese il cellulare dalla tasca e digitò velocemente il numero del servizio taxi. «Salve, senta vorrei…».

Rin si voltò, distratta, incrociando con lo sguardo le auto veloci che sfrecciavano di fronte al portone in vetro. Rimase un tempo indeterminato impalata a fissarle, ricordando quando una notte si era ritrovata quasi presa sotto da una di loro…

«Cinque minuti e arriva»  esplicò la voce di Kagome, che le carezzò delicatamente una spalla. «Ricordi ancora?» domandò, dolcemente.

Lei annuì, delicatamente. «Sempre» ammise.

Kagome non ebbe nulla da dire, perché si allontanò da lei e si avvicinò alle cassette della posta. «Ehi! Hanno già messo un altro nome!» esordì, offesa «non ce ne siamo neanche andate!» biascicò.

Rin scoppiò in una risatina. «Kachan, noi – per loro – ce ne siamo andate eccome» mormorò. Il suo sguardo cadde sul citofono. Anche lì il loro cognome era scomparso.

«Saitou?! Che schifo di cognome è?! Così corto… e…» esclamò, vaneggiando su un’offesa non subita.

Rin scosse il capo. Il taxi si fermò proprio di fronte al portone. «Ehi Kachan! È arrivato».

Raccolsero in fretta le valigie e con l’aiuto del taxista, salirono sull’auto.

«Residenza No Taisho, grazie».

 

 

 

 

 

Sesshoumaru No Taisho era inclito a non fidarsi delle persone. Solitamente non accettava l’aiuto di nessuno, e questo gli aveva permesso di diventare una persona in grado di cavarsela da sé. Tuttavia, non era nemmeno un egoista – non normalmente, e finiva quasi sempre per aiutare coloro che ne avevano bisogno. Un esempio era proprio Inuyasha, il quale si ficcava sempre nei pasticci. In rari casi, però, si prendeva il merito di una buon’ azione. Preferiva essere considerato un asociale, piuttosto che un benefattore.

Il Demone entrò nello studio di suo padre. Era una sala rotonda, ben arredata, con stile inconfondibile: sulla parte troneggiava un enorme albero genealogico della famiglia Taisho, fin dalla prima fondazione, il loro tris-trisnonno. Oltrepassò i divanetti in pelle e raggiunse a grandi falcate la scrivania in mogano. Nel secondo cassetto a destra, chiuso a chiave – di cui vi era una sola copia esistente – c’era il testamento di Inu No Taisho.

Aprì il cassetto con due veloci mandate ed estrasse l’allegato di fogli e clausole legali. Era tutto avvolto in una cartelletta marrone, rilegata con un nastro rosso. Lo sciolse e lo aprì. Suo padre aveva scritto tre pagine di discorso d’addio, prima della sua morte, ed erano state lette al suo funerale. Dov’era dunque la clausola che permetteva a questa ragazza di soggiornare nella sua casa?

In fondo alla cartelletta, adocchiò un foglio mai visto. Da dov’era uscito? Lo prese in mano, controllò la firma e la scrittura. Erano assolutamente autentiche. Le confrontò anche con il discorso, e combaciavano.

 

Tokyo, 30 giugno 2006

 

Sesshoumaru rilesse velocemente la data. Era stato scritto prima del discorso funerario. Prima di tutti gli altri testamenti che erano giunti fino a loro.

 

Io sottoscritto Inu No Taisho, reclamo il bisogno di trasmettere la seguente informazione ai miei figli, Sesshoumaru No Taisho e Inuyasha No Taisho, o chiunque abbia il possesso della Residenza No Taisho.

 

Il demone aggrottò le sopracciglia. Parlava della casa.

 

L’albero genealogico presente nel mio studio, nella Residenza No Taisho, riporta tutti i nomi, cognomi, data di nascita e morte dei nostri parenti passati, presenti e prossimi. Il valore di quest’opera è enorme: revoco ogni mia precedente disposizione e ne affido la custodia ai miei posteri, Sesshoumaru o Inuyasha, o chiunque discenda da loro.

 

Come mai? Nel discorso lo aveva ceduto a chiunque avesse comprato la casa. Come mai ora lo dava a loro?

 

In questo albero genealogico ci sono tutti i tesori della famiglia No Taisho, anche se, non è questo ciò di cui vi voglio parlare. Questo mio scritto, è rivolto ai possessori della Residenza No Taisho, al fine di permettere la salvaguardia di una vita.

 

La salvaguardia di una vita…? Lo rilesse, pensoso. Poi decise di andare avanti. Si accucciò sulla poltrona di suo padre.

 

La mia seconda moglie, Izayoi Inezumi, ed io, ci sposammo nel settembre del 1990, convolando a nozze un amore cresciuto lentamente nei nostri animi. Quello stesso anno, venne alla luce il piccolo Inuyasha, il mio secondogenito. Due mesi dopo, assistetti al terzo parto della mia vita.

 

Sesshoumaru spalancò gli occhi sconvolto… non era possibile… Izayoi aveva avuto un altro figlio?

 

La sorella di mia moglie, Sumiko, aspettava una bambina. Il legame fra Izayoi e Sumiko era infrangibile. Me ne accorsi quando si dovettero separare, per permettere alla mia amata di raggiungermi alla Residenza No Taisho.

 

Lanciò un sospiro di sollievo ma la curiosità lo divorò, e riprese a leggere.

 

Sumiko aveva ereditato un lato caratteriale della madre che Izayoi non possedeva: l’ingenuità. Fu così che la piccola appena nata, ebbe un padre disgraziato, scialacquatore di beni e dedito alla poligamia. Capì subito che quell’unione non sarebbe durata, e se anche lo fosse, la piccola bambina sarebbe nata sbagliata, senza un’infanzia felice. E fu per quello che promisi a me stesso di prendermi cura di lei.

 

Sesshoumaru fu completamente assorbito dalla lettura. Erano particolari scottanti… non era a conoscenza di tante verità su suo padre.

 

Promisi ad Izayoi, che qualunque cose fosse successo, avrei accolto quella piccola nella mia casa, proteggendola da un padre tanto crudele.

 

         E con questo scritto, dunque, che richiedo ed esigo, che Kagome Higurashi, figlia di Sumiko Inezumi e Kaii Higurashi, in caso di bisogno, esigenza o necessità, soggiorni nella mia dimora (Residenza No Taisho) per tutto il periodo di cui abbia bisogno. Nessuno potrà impedire che questo avvenga.

 

In fede e con amore, Inu No Taisho.

Lì, Residenza No Taisho, Tokyo, Giappone.

 

Sesshoumaru alzò lo sguardo sorpreso. Quanti altri segreti nascondeva quel testamento? Quante altre clausole nascoste sarebbero presto comparse?

Ripiegò il tutto e richiuse il nastro rosso con cura. Ripose la cartelletta nel cassetto e lo bloccò con due mandate.

«Padre… quante altre cose nascondi?» domandò, nel silenzio. Si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla porta. Il suo sguardo cadde sull’albero genealogico, scritto da diverse mani minuziose. Si avvicinò all’ultimo ramo, dove compariva anche il suo nome e quello di Inuyasha. Seguì il filo di Izayoi. Come avevano fatto a non accorgersene prima? Di fianco, compariva il nome Sumiko. E più, sotto, Kagome.

 

 

 

 

 

Continua nel prossimo capitolo...

 

 

 

  
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