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Autore: Pandora86    18/03/2014    6 recensioni
Hanamichi ha finito la riabilitazione ma una nuova sfida lo attende: quella con il suo vero volto.
Ma non sarà solo; ad accompagnarlo ci sarà l’onnipresente Yohei che, nel frattempo, si troverà alle prese con la domanda più importante: cos’è l’amore?
Ultima parte de “Il tuo vero volto”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con la quarta e ultima parte de “Il tuo vero volto”.
Un ringraziamento a tutti quelli che leggeranno, vecchi e nuovi lettori.

Spero che il primo capitolo vi piaccia.

Per gli eventuali nuovi lettori specifico che la storia potrebbe non essere comprensibile senza prima aver letto le tre storie che precedono questa.

Ci vediamo a fine capitolo per le note e le informazioni riguardo le prossime pubblicazioni.

Per ora… buona lettura!

 
 
Il Tuo Vero Volto – Stagione Finale
 


Capitolo 1. Separazione
 

“Sei serio, Yo?” domandò Hanamichi, squadrando il suo migliore amico con la stessa faccia di chi assiste a un’invasione aliena e non riesce a crederci.

“Ti sembra la faccia di uno che scherza?” rispose imperturbabile Yohei, infilando un’altra maglia nel borsone.
“Beh, a me questo scherzo non piace neanche un po’” continuò Hanamichi, togliendo la maglia appena messa nel bagaglio.

“E, infatti, non è uno scherzo!” chiarì ancora l’altro, infilando nuovamente la maglia nella borsa da viaggio.

“E adesso ti vesti, oppure vuoi uscire così?” domandò con tono neutro, senza scomporsi.

D’altro canto, Mito aveva previsto quel teatrino fin dall’inizio, quindi continuò come se nulla fosse.

“Io rimango qui!” s’imbronciò Hanamichi, sedendosi sul letto e assumendo la migliore faccia offesa del suo repertorio.

“Sai che la stanza deve essere liberata” non gli badò Yohei.

“Allora pianto una tenda nel giardino!” s’impuntò l’altro, incrociando le braccia e sbuffando come un treno a vapore.

“Sì, va bene! Ma cominciamo a uscire da qui!” decretò Mito chiudendo, si sperava definitivamente, il borsone.

Per sicurezza, se lo caricò sulla spalla e si avvicinò alla porta aspettando che Hanamichi si decidesse a infilare la maglia.

Era da più di un’ora, infatti, che se da un lato Yohei infilava capi in valigia, dall’altra Hanamichi non faceva che toglierli.

Almeno, il problema bagaglio era risolto.

Vide che Hanamichi si decise a indossare la maglia e aprì la porta uscendo.

Il numero dieci fu immediatamente fuori dopo di lui.

“Non sono un dannato invalido, Yo!” ci tenne a ricordargli, provando ad afferrare la borsa.

Yohei fu veloce a scansarsi.

“Infatti, non è per quello che te la porto!” rispose avviandosi.

Solo allora Hanamichi notò che fuori dalla porta della sua stanza c’erano due persone che lo aspettavano.

Rukawa, ma quello, in fondo, l’aveva previsto, e Sendoh.

Persone che avevano atteso pazientemente per più di un’ora che lui uscisse, sentendo chiaramente i dibattiti che si svolgevano all’interno della stanza.

“Che diamine ci fanno qui?” domandò, fermandosi a metà corridoio e attirando l’attenzione di tutti i presenti.

“Beh, la presenza di Rukawa mi sembra ovvia!” ghignò Yohei.

Gli altri due assistevano a quel teatrino senza parlare.

Mito era stato chiaro: nessuno doveva interferire o sarebbe stato impossibile convincere Hanamichi.

Tuttavia, non si lamentavano; erano comunque felici di poter essere presenti.

Ognuno per le proprie ragioni certo, ma comunque contenti di poter essere parte della vita delle due persone che avevano di fronte.

“E il porcospino?” assottigliò lo sguardo Hanamichi.

“Beh…” fece finta di pensarci Yohei, portandosi una mano al mento.

“In effetti, non lo so!” liquidò la faccenda girandosi e continuano a camminare.

Hanamichi lo seguì a passo di marcia, continuando a borbottare con una pentola a pressione.

“Non dobbiamo passare a saldare il conto?” si fermò nuovamente Hanamichi davanti all’uscita.

“Non mi sembra che tu, come minorenne, possa avere delle carte di credito” gli rispose Mito con noncuranza, aprendo la porta d’ingresso e facendo cenno al suo migliore amico di uscire.

Il numero dieci non trovò nulla da ribattere e uscì in silenzio.

Silenzio che non sarebbe durato molto, Mito lo sapeva, quindi si preparò mentalmente alla prossima obiezione.

Obiezione che comparve, come volevasi dimostrare, quando raggiunsero la macchina che li attendeva fuori la clinica.

“Di chi è questa macchina?” domandò Hanamichi sospettoso.

“L’ho rubata per l’occasione!” gli rispose serio Yohei, cedendo il bagaglio all’uomo seduto al posto di guida.

“E hai rubato anche l’autista?” lo riprese sarcastico Hanamichi.

“Ovvio!” gli diede ragione Mito.

“Ho preso in ostaggio la sua famiglia che libererò quando saremo arrivati a destinazione” disse, aprendo la porta e facendo cenno all’altro di salire.

“E se non volessi entrare?” ghignò Hanamichi, portandosi le mani ai fianchi.
Rukawa si trattenne a stento dal dargli del do’hao.

Sendoh, invece, assisteva attento osservando soprattutto Yohei.

“E se ti prendessi di peso?” lo minacciò Mito, sorridendogli in modo fintamente conciliante.
Hanamichi, a quel punto, decise di salire.

Sapeva che se Mito lo minacciava di una cosa del genere, era benissimo in grado di metterla in pratica perciò decise di fare quello che l’altro chiedeva.

Ma non era una resa, no!

Avrebbe continuato a far valere le sue ragioni, a costo di sfinire Yohei a suon di chiacchiere.

A quel punto, anche gli altri si decisero a salire.

Hanamichi, Yohei e Sendoh accomodati sul sedile posteriore (Mito al centro) e Rukawa seduto davanti.

“Io non sono paralitico e potevamo prendere il treno!” ricominciò Hanamichi, non aspettando neanche che la macchina mettesse in moto.

“Infatti, usiamo la macchina perché così facciamo prima!” gli rispose pratico Yohei.

“Voglio andare a casa mia!” incrociò le braccia Hanamichi.

“Quale casa?” gli domandò innocentemente Yohei e Rukawa si mise sull’attenti sapendo, che a breve, sarebbe successo il putiferio.

D’altro canto, Mito era stato abbastanza scaltro da decidere di rivelare quel piccolo particolare solo quando sapeva che sarebbero stati al sicuro nell’abitacolo della macchina.

“La mia!” si alterò Hanamichi.

“Quale delle due?” domandò ancora Yohei, e Hanamichi lo guardò come se avesse appena detto un’eresia.

“Quella dove sono stato nell’ultimo anno!” assottigliò la voce, scandendo lentamente le parole.

“Oh!” finse di capire Yohei. “Quella!”.

“Sì! Quella!”.

“Mi sono dimenticato di dirti che quella non è più disponibile!” buttò lì Mito con tono neutro.

“E perché?” indagò Hanamichi.

“Vedi, la padrona ti ha buttato fuori!” iniziò a spiegargli Yohei.

“E come avrebbe fatto a buttarmi fuori se ero bloccato in quella dannata clinica?” s’infervorò Hanamichi.

“Beh, sai…” incominciò Yohei con un tono fintamente incerto.

“Cosa?” lo invitò a continuare Hanamichi con tono minaccioso.

“Diciamo che non essendo stato versato l’affitto, la padrona ha trovato un altro inquilino”.

“CHE COSA?” tuonò Hanamichi, come previsto.

“Niente affitto, Hana!” gli ribadì Yohei.

“E perché non ha ricevuto i soldi dell’affitto?” chiese Hanamichi, assottigliando le labbra.

“Beh, vedi, temo di essermene dimenticato” gli spiegò Yohei con tranquillità sistemandosi meglio sul sedile.

“Sai, sono stato un po’ occupato” aggiunse, guardando l’amico di sottecchi.

Rukawa sentì Hanamichi sospirare e pensò che veramente non esistesse nessuno in grado di reggere testa al suo do’hao tanto quanto Mito.

Il braccio destro del do’hao era stato molto furbo, decidendo di prendersi la colpa dell’avvenuto; sapeva, infatti, che Hanamichi non se la sarebbe mai presa con lui.

“Quella baldracca!” esplose, per l’appunto, il numero dieci.

“Se aveva urgente bisogno di soldi, poteva andare a battere il marciapiede” continuò a inveire contro la donna.

“Sono sempre stato puntuale” aggiunse con tono lamentoso, continuando il suo monologo.

“Poteva almeno ascoltarti quando hai provato a spiegare perché ti sei dimenticato” concluse, incrociando le braccia.

“Che ci vuoi fare!” sospirò Mito con tono conciliante.

Proprio come Yohei aveva previsto, Hanamichi aveva tratto le sue conclusioni.

Rukawa lo guardò dallo specchietto, sorridendo a mezza bocca.

Ovviamente, Hanamichi aveva creduto che realmente Mito si fosse dimenticato di versare la somma e che la donna non avesse voluto ascoltare ragione sui ritardi.

Inutile specificargli che quella casa fosse stata liberata quasi una settimana, dopo che Hanamichi era stato ricoverato, insieme all’ultimo affitto.

“Quindi, hai dovuto rimediare su questa soluzione! Beh, potevi dirlo prima!” disse Hanamichi dopo un po’, guardando fuori dal finestrino.

“In realtà, non mi sarebbe dispiaciuto averti a casa mia” rispose Mito sincero.

“Era quella l’idea iniziale. Ma qualcuno è stato molto insistente!” ghignò Yohei e Rukawa lo guardò storto.

Hanamichi invece, arrossì fino alla punta dei capelli, decidendo di guardare ostinatamente fuori dal finestrino.

A breve, si sarebbe trovato a casa di Rukawa.

Da soli! Pigolò nella sua mente.

Comunque, era inutile pensarci. Quando sarebbero arrivati a destinazione, si sarebbe regolato di conseguenza in qualunque tipo di situazione si fosse trovato.

Era o non era un Tensai, in fondo?

Il resto del tragitto fu silenzioso; ognuno era troppo preso dai propri pensieri.

Hanamichi sbuffava di tanto in tanto, ma non aveva più obiettato su nulla.

Yohei, con il collo poggiato sul sedile, lo guardava di sottecchi, tenendosi pronto alle eventuali obiezioni del numero dieci.

Sendoh invece, seduto di fianco a Mito, non poteva fare a meno di sospirare.

Sapeva perché si trovava lì; la sera prima, aveva sentito Yohei a telefono che lo aveva avvisato su quello che avrebbe fatto il giorno dopo. Inutile dire che Sendoh se lo aspettava. Sakuragi era il discorso per eccellenza: lo era stato agli inizi della loro conoscenza, e lo era tuttora visto che le sue dimissioni erano oramai imminenti.

Tuttavia, sapeva che obiettare sarebbe stato poco carino e non era nel suo essere perdersi in simili idiozie; sarebbe stato assurdo mettersi a fare i capricci quando Yohei aveva cose ben più importanti da sbrigare.

Motivo per cui, non aveva avuto dubbi in proposito la sera precedente: lo avrebbe accompagnato a tutti i costi.

E ora si trovava lì, a osservare il suo ragazzo che si districava alla perfezione tra gli sbalzi di umore del suo migliore amico.

In effetti, Sendoh sospettava che Yohei fosse l’unico a sapere come prendere Hanamichi, anche più di Rukawa. Lo dimostrava l’abilità con cui lo aveva convinto ad accettare quella nuova situazione, rinunciando a quella precedente, di cui Sendoh, tra le altre cose, non sapeva ancora nulla.

Non aveva idea, infatti, di che casa parlassero e non sapeva che Hanamichi vivesse da solo, prima del suo ricovero.

Mito non gli aveva mai detto nulla, non ancora almeno. Tuttavia, non aveva fatto domande, riproponendosi di aspettare quando lui e Yohei sarebbero stati da soli.

Rukawa, invece, non poteva fare altro che pregustare il momento in cui lui e Hanamichi sarebbero stati da soli.

Aveva diviso volentieri le incombenze con Mito, accettando senza obiettare che fosse lui a comunicare al numero dieci la sua nuova sistemazione.

In fondo, non aveva mai preteso di escludere Mito dalla vita del suo do’hao e poi, adesso che c’era anche Sendoh, non aveva motivo di provare fastidio verso il migliore amico del suo do’hao.

Non adesso che le cose erano arrivate a quel punto.

Agli inizi dell’anno scolastico, l’antipatia verso Mito c’era eccome, ma il motivo era piuttosto semplice, in effetti: sapeva di non avere speranze con Hanamichi e invidiava Mito per la sintonia che sembrava avere con la testa rossa.

Una sintonia unica nel suo genere; Rukawa, infatti, da buon osservatore qual era, si era sempre accorto delle occhiate particolari e degli sguardi complici.

Poi, l’antipatia era mutata in rassegnazione, verso quella figura che sembrava essere onnipresente.

E in ultimo, erano subentrate la stima e la realizzazione che Mito era una figura fondamentale nella vita di Hanamichi; accettare lui, significava di conseguenza accettare anche il suo fidato amico.

E, proprio come il basket, Rukawa aveva imparato che in alcuni casi è necessario dividersi i compiti. Motivo per cui, non aveva avuto nulla da ribattere quando Mito gli aveva comunicato che ci avrebbe pensato lui a convincere Hanamichi.

Chiuse gli occhi, perso tra questi pensieri.

Il tragitto sarebbe stato ancora lungo e Rukawa sapeva che avrebbe dovuto tenersi in forze per l’arrivo di un uragano rosso nella sua casa.
 

***
 

Hanamichi si sedette sul letto, sospirando stancamente.

Come diamine fosse finito in quella situazione, ancora non lo sapeva.

Si guardò intorno, studiando la camera.

Conosceva quella casa, ma in quella stanza non c’era mai stato.

Costatò che era più grande della sua intera abitazione dell’ultimo anno.

Guardò il borsone che aveva accanto, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare adesso.

In macchina, aveva cercato di non pensarci ma adesso il problema era più imminente che mai: come avrebbe dovuto fare per gestire quella convivenza?

Lui aveva le sue abitudini, i suoi modi di fare e, non per ultimo, aveva i suoi gusti culinari.

Una cosa semplice in una convivenza, ma che per loro poteva essere uno scoglio insormontabile.

E poi, lui era abituato a fare quello che voleva a qualsiasi orario desiderasse.

Come ci si comportava quando invece in casa c’era un'altra persona?

Non che Rukawa gli avesse messo i lucchetti alla porta, anzi.

Gli aveva mostrato la sua camera, decidendo di lasciarlo immediatamente solo con i suoi pensieri.

Anche Mito si era defilato sapendo che più sarebbe rimasto con lui, più sarebbe stato difficile lasciarlo andare.

Hanamichi aveva, infatti, ritenuto poco dignitoso attaccarsi alle gambe del suo amico, pregandolo di non lasciarlo da solo.

Un abbraccio, solo un abbraccio c’era stato fra loro prima di separarsi.

Non che fossero in partenza per due continenti diversi, solo che era la prima volta che non affrontavano qualcosa insieme.

Persino durante la riabilitazione, Mito si era piantato stabilmente in clinica allontanandosi solo durante la notte.

E anche durante la fisioterapia, Yohei lo raggiungeva in palestra facendo gli esercizi con lui.

Era vero, nell’ultimo anno aveva abitato da solo; ma poco contava considerando che comunque
Mito gli faceva da autista e spesso gli faceva compagnia durante il lavoro.

Per entrambi, quella era una separazione a tutti gli effetti.

D’altro canto, ora tutti e due avevano qualcuno accanto.

Era bello ma anche strano prenderne atto.

Forse, era questo il significato della parola crescere.
 

Continua…
 

Note:

Cronologicamente, la fic è ambientata circa un mese dopo la fine del manga, in pratica quando Hanamichi termina la riabilitazione e torna a scuola, mentre Rukawa conclude il ritiro con la nazionale.
Ho immaginato, infatti, un ipotetico continuo del manga, tenendo conto degli avvenimenti da me inventati nelle precedenti fic.

Spero che questo primo capitolo sia piaciuto.

Come sempre, attendo i vostri commenti.

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
  
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