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Autore: Maia Scott    18/03/2014    2 recensioni
"Portare alto il nome dei Lyn era praticamente impossibile, eppure sembrava essere nato solo per quello. Probabilmente l’unico momento in cui i suoi genitori si erano resi conto che anche lui era un essere umano era stato quel lontano 10 agosto del 1992, quando per la prima volta aveva rivolto uno sguardo al mondo. Sin dal giorno dopo non era più Chris, il bel bambino con gli occhi a mandorla del padre, ma Christopher Lyn, figlio di un grande imprenditore cinese e di un’ereditiera californiana."
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Extra della long Fear of Me, sul passato di Chris
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
- Questa storia fa parte della serie 'Discover me'
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COMING BACK TO PAST

Portare alto il nome dei Lyn era praticamente impossibile, eppure sembrava essere nato solo per quello. Probabilmente l’unico momento in cui i suoi genitori si erano resi conto che anche lui era un essere umano era stato quel lontano 10 agosto del 1992, quando per la prima volta aveva rivolto uno sguardo al mondo. Sin dal giorno dopo non era più Chris, il bel bambino con gli occhi a mandorla del padre, ma Christopher Lyn, figlio di un grande imprenditore cinese e di un’ereditiera californiana a cui era sconosciuto il termine “lavorare”.
Appena compiuti i dieci anni, gli furono insegnate le regole a cui attenersi durante i pasti e una serie di vocaboli formali da utilizzare per rivolgersi agli insegnanti e ai genitori quando erano in presenza altrui. L’unica libertà che aveva era quella che la madre gli aveva concesso nei riguardi della “servitù”, che era autorizzato a chiamare per nome.
In occasione dei suoi tredici anni i genitori gli avevano regalato un abbonamento per il teatro, quindi una volta al mese l’educatore lo accompaganava ad assistere ad opere liriche e balletti di danza classica dei migliori artisti mondiali.
Al suono della campanella vedeva i suoi compagni correre nel cortile inciampando nei pantaloni della tuta e inforcare la bici per tornare a casa. Lui invece usciva compostamente dal portone principale, sistemando le pieghe dei pantaloni nuovi di sartoria, raggiungeva uno degli autisti dei suoi genitori e con lui si dirigeva verso l’imponente villa.
Era un ragazzo abituato al silenzio, alla disciplina e alla solitudine, ma avrebbe dato qualunque cosa pur di poter vivere un giorno nei panni del suo vicino di banco che trascorreva i suoi pomeriggi al parco con gli amici.

 Se fino a quel momento Chris si era accontentato della grande casa sempre vuota, di impiegati al suo servizio, dell’eleganza e della compostezza, entrare in un liceo gli provocò non pochi problemi.
Era stato obbligato a seguire l’unico corso di studi che prevedeva come materie il greco e il latino, inoltre seguiva un corso di approfondimento della lingua cinese, in quanto secondo suo padre non avrebbe dovuto trascurare le sue origini.
I progetti dei suoi genitori erano chiari, dopo il liceo l’avrebbero fatto trasferire a Shanghai e gli avrebbero dato le redini degli innumerevoli hotel della famiglia Lyn, trasformandolo in una fotocopia del padre con una trentina di anni in meno.
Sfortunatamente, accanto al suo istituto si trovava un college pubblico frequentato da fin troppi studenti, la maggior parte dei quali si dichiarava dark e giocava a perseguitare i più piccoli o i ragazzi della scuola adiacente. Era successo anche a lui.
Era appena sceso dall’auto sistemandosi gli occhiali e lo zaino quando lo avvicinarono tre ragazzi con qualche anno in più di lui. La prima volta si limitarono a rivolgergli insulti e prese in giro, accompagnati da risate interminabili, poi ebbero inizio i furti e qualche volta le aggressioni.
Lo aspettavano sul cancello, lo trascinavano nel parco di fronte alle scuole e si nascondevano dietro un’enorme fontana. Lì aprivano il suo zaino e prendevano la merenda che Mrs. Jane aveva accuratamente preparato, si impossessavano di materiale di cancelleria nuovo e anche dei suoi effetti personali. Una volta Chris aveva indossato il prezioso orologio che i nonni paterni avevano spedito dalla Cina, l’aveva ben nascosto sotto la manica del maglione della divisa scolastica, ma era servito a poco. Appena i ragazzi avevano visto una strana luce provenire dal suo polso, l’avevano afferrato brutalmente e avevano strappato via l’orologio.
Chris era solo. Nonostante il suo liceo fosse privato e i suoi compagni provenissero da famiglie simili alla sua, non riusciva ad avvicinarsi a nessuno e nessuno si avvicinava a lui, probabilmente a causa del suo carattere timido.

 
 
A sedici anni aveva trovato una ragazza che l’aveva impressionato.
Si chiamava Juliet. Era solita portare i capelli lunghi e biondi poggiati delicatamente sulla camicia bianca che indossava, a volte decorati con fermagli. Chris aveva studiato ogni sua mossa. Quando le si diceva qualcosa di nuovo o di assurdo, sgranava teatralmente gli occhi blu, enormi, cerchiati da un filo di matita nera tracciato con mano decisa. Era stata lei ad avvicinarsi a lui.
Aveva usato la scusa delle ripetizioni, dicendo che se non fosse riuscita a recuperare l’insufficienza in filosofia e in greco i suoi genitori l’avrebbero trasferita nella scuola vicina e pregando Chris di darle una mano.
E così si erano ritrovati nel salone della villa del ragazzo, seduti uno di fronte all’altra attorno al grande tavolo di mogano, sorseggiando spremuta d’arancia accompagnata dai meravigliosi sandwiches di Mrs. Jane, a ripetere teorie di filosofi e a declinare sostantivi della terza declinazione greca. Probabilmente Chris non l’avrebbe mai ammesso, ma Juliet non era affatto portata per il greco. Se, con qualche confusione, le lezioni di filosofia le avevano recuperate, quando avevano letto la prima versione di greco la ragazza aveva dimostrato lacune sul programma del primo anno.
Erano andati avanti per mesi, uscivano da scuola e la ragazza si fermava per il pranzo a casa Lyn, poi i due studiavano e alle sei si recavano all’incontro letterario settimanale tenuto nella sala congressi di un albergo nel centro città.
Un giorno poi, mentre studiavano seduti al tavolo del giardino della casa di lei, Juliet gli si era avvicinata e aveva sussurrato di essere rimasta colpita da lui. Poi lo aveva baciato. Aveva poggiato prepotentemente le sue labbra rosse su quelle di Chris che, preso alla sprovvista, e si era adattato ai movimenti della ragazza. Da quella volta avevano cominciato a fare coppia fissa, o almeno questo era ciò che pensava lui.

 
Stettero insieme per ben due anni, avevano diciotto anni ed erano all’ultimo anno del liceo quando Chris aprì finalmente gli occhi.
Continuava ad essere vittima degli stessi ragazzi del primo anno, bocciati, e l’unica persona con cui scambiava due parole era Juliet.
Lei era un bel problema. Sempre più distante, proiettata nel mondo universitario e destinata a seguire le orme della madre, direttrice di una rivista famosa in tutti gli Stati Uniti. Ormai si ricordava del suo ragazzo in vista di un compito in classe o un’interrogazione, quando andava da lui con uno sguardo da cerbiatto smarrito e lo supplicava di aiutarla. Se poi si trattava di un compito di una materia che avevano in comune, lei gli si sedeva di fianco e si faceva passare l’intera prova. Per Chris era questo che faceva un perfetto fidanzato, non era a conoscenza di quello che era un vero rapporto. Lui si era veramente reso conto del piano di cui faceva parte solo quando un giorno, quel giorno, ebbe inizio il suo cambiamento.

 
Quella mattina aveva visto dei ragazzi passarsi delle sigarette, che fino a quel momento aveva visto solo in mano alla madre quelle rare volte in cui tornava dai suoi viaggi. Mentre osservava i suoi coetanei portare l’oggetto alle labbra e aspirarne il contenuto, aveva sentito il bisogno di provare. D’altronde a lui nessuno aveva mai spiegato i rischi che avrebbe corso da quel momento, nonostante avesse diciotto anni.
Nel pomeriggio era uscito e si era recato in un bar, dove l’aveva attirato la marea di scatolette colorate esposte ordinatamente alle spalle della cassiera, che gli si era rivolta gentilmente. Lui aveva espresso la sua volontà e aveva chiesto un pacchetto dei tanti, puntandolo a caso con il dito, aveva comprato anche un accendino e aveva ordinato un caffè.
Seduto al tavolo ad aspettare la sua tazza fumante, si era concentrato sul testo della canzone che stavano trasmettendo in quel momento, così diversa dalle orchestre che era abituato ad ascoltare. Gli erano rimaste impresse alcune parole, I wanna runaway and open up my mind, inconsapevole che da quel giorno sarebbero diventate il suo motto di vita.
Era uscito dal locale e, dopo qualche tentativo, era riuscito ad accendere una sigaretta. Fu difficile imparare ad aspirare e a non tossire, ma alla fine imparò anche quello. Gli piacevano le sensazioni che provava quando il fumo invadeva la sua gola, quando gli si formavano davanti agli occhi le nuvolette. 
Gli piaceva fumare.


Inoltre quella sera stessa aveva digitato la frase sul suo pc e aveva finalmente trovato il brano. L’aveva scaricato, per la prima volta, illegalmente e l’aveva aggiunto alla sua playlist del mp3 che cominciava a fargli schifo.
Da quel giorno viveva con quel motto in testa, lui sarebbe scappato da quell’orrore, da quella superficialità e avrebbe aperto la sua mente ad un altro stile di vita.
Christopher Lyn era finalmente rinato.

 
Nel giro di qualche settimana, Chris non era più lo stesso. Un pomeriggio aveva inventato un’altra scusa ed era uscito di casa correndo, per arrivare presto nel centro città, in un negozio che aveva visto su Internet.
Una volta entrato, quasi si vergognò dei suoi abiti così terribilmente eleganti, soprattutto quando qualche ragazzo si era girato a fissarlo con un ghigno sulle labbra.
Odiava essere giudicato, ma probabilmente questo lo odia tuttora.
In quel locale aveva speso quasi tutti i suoi risparmi in abiti che per la prima volta nella sua vita sarebbe stato felice di indossare. Non aveva mai sopportato le polo estive ed i maglioni eleganti che la madre gli faceva trovare sul letto, per non parlare dei pantaloni che era costretto a sfoggiare costantemente. Quel giorno aveva comprato enormi felpe nere, tshirts con frasi e disegni che lo avevano affascinato. Aveva riempito un’intera busta di jeans strappati e pantaloni di tuta larghissimi e a vita bassa, poi aveva concluso lo shopping con l’acquisto di un paio di Vans nere che aveva visto in pubblicità.
Fu una vera impresa portare il suo nuovo guardaroba in camera, ma soprattutto fu difficile nasconderlo dagli occhi indiscreti dei genitori. Mise disordinatamente tutti gli abiti in tre borsoni e li pose sotto il letto, ben coperti.
Ogni mattina, prima di andare a scuola, prendeva dei vestiti dal nascondiglio e li metteva furtivamente nello zaino, in modo da potersi cambiare indisturbato negli spogliatoi della palestra.

 
Juliet non apprezzò questo cambiamento anzi, sembrava addirittura soffrire per la mancanza del vecchio, docile Chris. Non era più lo stesso da quasi un mese quando la ragazza perse completamente la pazienza. Lo vide fumare poggiato distrattamente ad un albero del cortile, mentre ascoltava musica dagli auricolari e aveva la mano libera infilata nella tasca dei jeans. Non aveva più tagliato i capelli, se ne era accorta. Probabilmente aveva dato buca al barbiere e inventato una scusa patetica con i genitori.
Avevano appuntamento in biblioteca per studiare per il compito di matematica, ma lui si era limitato a far trovare il suo zaino abbandonato su una sedia e un messaggio sul cellulare di Juliet.
Fu proprio dopo aver letto il messaggio che lei si alzò dalla sua postazione e si diresse frettolosamente in giardino. Arrivò davanti alla figura del suo ragazzo, gli tolse bruscamente le cuffie e improvvisò una sceneggiata degna di una commedia drammatica.
Recitò molto bene la parte della giovane indifesa che si domanda il perché del cambiamento del suo partner, citò i genitori del ragazzo, disse che sicuramente sarebbero rimasti molto delusi da quel comportamento, ma alla fine lasciò cadere la maschera. Scoppiò a ridere davanti a Chris, che nel frattempo era rimasto impassibile, gli disse qualcosa, poi si girò e lo lasciò lì, da solo, ad autocomplimentarsi per essersi liberato di quel parassita che l’aveva solamente usato quando aveva avuto bisogno e a cui non stava bene che anche lui sapesse prendere decisioni.
Anche se non l’aveva mai dimostrato, Chris non aveva reagito bene al fatto di essere di nuovo completamente solo. Certo, Juliet aveva solo finto per due anni, ma almeno qualche volta si era addirittura divertito. Comunque, fu proprio quello il momento in cui giurò che non sarebbe più caduto in trappola, che nessuno avrebbe più visto quello che era stato prima. Fu quello il momento in cui cominciò a costruirsi una corazza che in pochi avrebbero distrutto.

 
Sembrava avere tutto sotto controllo, gli esami finali erano andati alla grande e finalmente si era potuto chiudere alle spalle il portone di quell’orribile scuola, ma non sapeva che presto tutte le sue certezze sarebbero crollate.
In una delle tante mattine di agosto, Chris era uscito di casa con i vestiti nello zaino, si era fermato ad un bagno pubblico e si era cambiato, poi aveva ripreso il suo cammino verso il centro della città.
Non conoscendo nessuno, era solo anche d’estate e non aveva nessuna voglia di andare in spiaggia come tutti i suoi coetanei.
Faceva davvero molto caldo, fortunatamente si era ricordato di prendere dal cassetto della scrivania un elastico, e aveva potuto raccogliere i capelli in una coda disordinata. Aveva lavorato tantissimo per convincere i genitori che i capelli lunghi non sarebbero stati un problema e alla fine aveva ottenuto il permesso anche grazie alle parole di Mrs. Jane, che aveva spiegato ai signori Lyn che era tipico della sua età avere certi desideri e che presto sarebbe passato.
Nell’ultimo mese aveva anche deciso di smettere di cambiarsi gli abiti di nascosto e di tenere i CD rinchiusi nel borsone sotto il letto, quindi al ritorno da quella sua passeggiata evitò la solita tappa ai bagni per indossare nuovamente gli abiti eleganti e tornò a casa nei suoi veri panni.

 

Forse fu tutta colpa del destino, o della sfortuna, ma sua madre l’aveva preceduto. I suoi genitori erano rientrati proprio quel giorno, senza preavviso, da una vacanza di tre settimane a Miami e la donna aveva trovato uno dei borsoni sul letto del figlio. Si era avvicinata e l’aveva aperto, convinta di vedervi all’interno costumi da bagno e il necessario per un’escursione al mare, ma la sua espressione era cambiata totalmente quando aveva riconosciuto gli abiti.
Aveva svuotato tutto il contenuto della borsa sul letto, insieme a quello degli altri borsoni che aveva ritrovato, poi li aveva mostrati al marito ed insieme avevano deciso che Chris non poteva uscire di casa vestito così e che non poteva mostrare alla gente che nella sua famiglia era permesso ascoltare quel rumore che lui chiamava musica.
Avevano aspettato il ragazzo sulla soglia della porta e gli avevano rivolto uno sguardo inorridito quando lo avevano visto apparire con una tshirt nera e un paio di jeans a vita bassa completamente strappati sulle ginocchia. Non avevano di certo limitato le urla e i rimproveri, gli avevano detto qualsiasi cosa.
Era diventato ad un tratto il disonore della famiglia Lyn, la vergogna di suo padre e la delusione di sua madre.
La reazione che i signori avevano sperato era stata ben diversa da quella che invece avevano ottenuto: totale indifferenza. Con una calma disarmante, Chris aveva risposto ai suoi genitori che avrebbe subito tolto il disturbo, era salito in camera e aveva raccolto tutto quello che gli apparteneva in una grande valigia, lasciando nell’armadio tutti gli abiti costosi che gli erano stati comprati.
Quando fu pronto per andare via definitivamente, non salutò l’uomo e la donna seduti sul divano che lo avevano sempre trattato come una fonte di guadagno, ma rivolse un sorriso a quella persona che aveva sempre considerato la sua vera madre, Mrs. Jane. Lei per lui c’era sempre stata, l’aveva cresciuto come non aveva fatto sua madre ed era l’unica che gli sarebbe sempre mancata.
Le lasciò il suo numero di cellulare, in cambio della promessa di non darlo ai signori Lyn.
Chris si girò verso l’uomo e la donna, alzò la mano in cenno di saluto, rivolse il suo sguardo alla porta e si liberò finalmente del peso di essere l’erede di un imprenditore.
Non si sentiva vivo dal suo secondo giorno di vita, dopo diciotto anni era pronto ad assaporare il mondo.

 Andò in banca, cambiò il codice di accesso al suo conto corrente e controllò i risparmi a sua disposizione, poi andò in aereoporto, prenotò un posto per il primo volo disponibile e, in qualche ora si ritrovò catapultato nella metropoli della Grande Mela.

 
Un anno dopo Chris era riuscito a sistemarsi, aveva preso un piccolo appartamento nella periferia e aveva trovato lavoro in una libreria. Gli dispiaceva doversi mostrare sempre scontroso nei confronti di Jenny, l’altra commessa, ma aveva paura di abbassare le difese. Era infinitamente riconoscente a Will, il proprietario del negozio, che l’aveva accolto come un figlio e gli aveva dato subito il posto. Anche se non si era mai liberato della sua corazza, sapeva di poter considerare sia Will che Jenny come i suoi primi amici, ed era davvero felice di questo.
Pensava però che forse non sarebbe più riuscito a far uscire il vero Chris, quello segnato dalle delusioni, era convinto che nessuno avrebbe mai trovato il modo di liberarlo.
Purtroppo o per fortuna dovette ricredersi quando ormai aveva ventidue anni e i suoi occhi incontrarono quelli di una ragazza identica a lui.
Isabelle Lower.

Ciao!
L'altra sera mi sono resa conto che il tenebroso Chris non aveva un passato ben definito, quindi ho deciso
di scrivere questa storia per raccontarvelo.
Ho preferito inserirla ora in modo tale da cominciare a delineare i personaggi.
Non ho pubblicato prima quella su Izzy, che non ho ancora iniziato, perchè vorrei far capire prima qualcosa
di più dai capitoli veri e propri.
Bè, non so davvero cosa dire... ;)
Volevo solo ringraziare tutti quelli che sono arrivati fino qui, spero vi sia  piaciuta e spero di essere
riuscita a trasmettervi un pò delle idee di Chris, che a me sta particolarmente simpatico..ahahah.
Grazie davvero a tutti. Vorrei aggiornare a breve Fear of Me, ma per il capitolo ho bisogno di ancora un pò di tempo.
Alla prossima.
Maïa
  
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