COMING BACK TO PAST
Portare alto il nome dei Lyn era
praticamente impossibile,
eppure sembrava essere nato solo per quello. Probabilmente
l’unico momento in
cui i suoi genitori si erano resi conto che anche lui era un essere
umano era
stato quel lontano 10 agosto del 1992, quando per la prima volta aveva
rivolto
uno sguardo al mondo. Sin dal giorno dopo non era più Chris,
il bel bambino con
gli occhi a mandorla del padre, ma Christopher Lyn, figlio di un grande
imprenditore cinese e di un’ereditiera californiana a cui era
sconosciuto il
termine “lavorare”.
Appena compiuti i dieci anni, gli furono insegnate le regole
a cui attenersi durante i pasti e una serie di vocaboli formali da
utilizzare
per rivolgersi agli insegnanti e ai genitori quando erano in presenza
altrui.
L’unica libertà che aveva era quella che la madre
gli aveva concesso nei
riguardi della “servitù”, che era
autorizzato a chiamare per nome.
In occasione dei suoi tredici anni i genitori gli avevano
regalato un abbonamento per il teatro, quindi una volta al mese
l’educatore lo
accompaganava ad assistere ad opere liriche e balletti di danza
classica dei
migliori artisti mondiali.
Al suono della campanella vedeva i suoi compagni correre nel
cortile inciampando nei pantaloni della tuta e inforcare la bici per
tornare a
casa. Lui invece usciva compostamente dal portone principale,
sistemando le
pieghe dei pantaloni nuovi di sartoria, raggiungeva uno degli autisti
dei suoi
genitori e con lui si dirigeva verso l’imponente villa.
Era un ragazzo abituato al silenzio, alla disciplina e alla
solitudine, ma avrebbe dato qualunque cosa pur di poter vivere un
giorno nei
panni del suo vicino di banco che trascorreva i suoi pomeriggi al parco
con gli
amici.
Era stato obbligato a seguire l’unico corso di studi che
prevedeva come materie il greco e il latino, inoltre seguiva un corso
di
approfondimento della lingua cinese, in quanto secondo suo padre non
avrebbe
dovuto trascurare le sue origini.
I progetti dei suoi genitori erano chiari, dopo il liceo
l’avrebbero fatto trasferire a Shanghai e gli avrebbero dato
le redini degli
innumerevoli hotel della famiglia Lyn, trasformandolo in una fotocopia
del
padre con una trentina di anni in meno.
Sfortunatamente, accanto al suo istituto si trovava un
college pubblico frequentato da fin troppi studenti, la maggior parte
dei quali
si dichiarava dark e giocava a perseguitare i più piccoli o
i ragazzi della
scuola adiacente. Era successo anche a lui.
Era appena sceso dall’auto sistemandosi gli occhiali e lo
zaino quando lo avvicinarono tre ragazzi con qualche anno in
più di lui. La
prima volta si limitarono a rivolgergli insulti e prese in giro,
accompagnati
da risate interminabili, poi ebbero inizio i furti e qualche volta le
aggressioni.
Lo aspettavano sul cancello, lo trascinavano nel parco di
fronte alle scuole e si nascondevano dietro un’enorme
fontana. Lì aprivano il
suo zaino e prendevano la merenda che Mrs. Jane aveva accuratamente
preparato,
si impossessavano di materiale di cancelleria nuovo e anche dei suoi
effetti
personali. Una volta Chris aveva indossato il prezioso orologio che i
nonni
paterni avevano spedito dalla Cina, l’aveva ben nascosto
sotto la manica del
maglione della divisa scolastica, ma era servito a poco. Appena i
ragazzi
avevano visto una strana luce provenire dal suo polso,
l’avevano afferrato brutalmente
e avevano strappato via l’orologio.
Chris era solo. Nonostante il suo liceo fosse privato e i
suoi compagni provenissero da famiglie simili alla sua, non riusciva ad
avvicinarsi a nessuno e nessuno si avvicinava a lui, probabilmente a
causa del
suo carattere timido.
A sedici anni aveva
trovato una ragazza che l’aveva impressionato.
Si chiamava Juliet. Era solita portare i capelli lunghi e
biondi poggiati delicatamente sulla camicia bianca che indossava, a
volte
decorati con fermagli. Chris aveva studiato ogni sua mossa. Quando le
si diceva
qualcosa di nuovo o di assurdo, sgranava teatralmente gli occhi blu,
enormi,
cerchiati da un filo di matita nera tracciato con mano decisa. Era
stata lei ad
avvicinarsi a lui.
Aveva usato la scusa delle ripetizioni, dicendo che se non
fosse riuscita a recuperare l’insufficienza in filosofia e in
greco i suoi
genitori l’avrebbero trasferita nella scuola vicina e
pregando Chris di darle
una mano.
E così si erano ritrovati nel salone della villa del
ragazzo, seduti uno di fronte all’altra attorno al grande
tavolo di mogano,
sorseggiando spremuta d’arancia accompagnata dai meravigliosi
sandwiches di
Mrs. Jane, a ripetere teorie di filosofi e a declinare sostantivi della
terza
declinazione greca. Probabilmente Chris non l’avrebbe mai
ammesso, ma Juliet
non era affatto portata per il greco. Se, con qualche confusione, le
lezioni di
filosofia le avevano recuperate, quando avevano letto la prima versione
di
greco la ragazza aveva dimostrato lacune sul programma del primo anno.
Erano andati avanti per mesi, uscivano da scuola e la
ragazza si fermava per il pranzo a casa Lyn, poi i due studiavano e
alle sei si
recavano all’incontro letterario settimanale tenuto nella
sala congressi di un
albergo nel centro città.
Un giorno poi, mentre studiavano seduti al tavolo del
giardino della casa di lei, Juliet gli si era avvicinata e aveva
sussurrato di
essere rimasta colpita da lui. Poi lo aveva baciato. Aveva poggiato
prepotentemente
le sue labbra rosse su quelle di Chris che, preso alla sprovvista, e si
era
adattato ai movimenti della ragazza. Da quella volta avevano cominciato
a fare
coppia fissa, o almeno questo era ciò che pensava lui.
Stettero insieme per ben due anni, avevano diciotto anni ed
erano all’ultimo anno del liceo quando Chris aprì
finalmente gli occhi.
Continuava ad essere vittima degli stessi ragazzi del primo
anno, bocciati, e l’unica persona con cui scambiava due
parole era Juliet.
Lei era un bel problema. Sempre più distante, proiettata nel
mondo universitario e destinata a seguire le orme della madre,
direttrice di
una rivista famosa in tutti gli Stati Uniti. Ormai si ricordava del suo
ragazzo
in vista di un compito in classe o un’interrogazione, quando
andava da lui con
uno sguardo da cerbiatto smarrito e lo supplicava di aiutarla. Se poi
si
trattava di un compito di una materia che avevano in comune, lei gli si
sedeva
di fianco e si faceva passare l’intera prova. Per Chris era
questo che faceva
un perfetto fidanzato, non era a conoscenza di quello che era un vero
rapporto.
Lui si era veramente reso conto del piano di cui faceva parte solo
quando un
giorno, quel giorno, ebbe inizio il suo cambiamento.
Quella mattina aveva visto dei ragazzi passarsi delle
sigarette, che fino a quel momento aveva visto solo in mano alla madre
quelle
rare volte in cui tornava dai suoi viaggi. Mentre osservava i suoi
coetanei
portare l’oggetto alle labbra e aspirarne il contenuto, aveva
sentito il
bisogno di provare. D’altronde a lui nessuno aveva mai
spiegato i rischi che
avrebbe corso da quel momento, nonostante avesse diciotto anni.
Nel pomeriggio era uscito e si era recato in un bar, dove
l’aveva attirato la marea di scatolette colorate esposte
ordinatamente alle
spalle della cassiera, che gli si era rivolta gentilmente. Lui aveva
espresso
la sua volontà e aveva chiesto un pacchetto dei tanti,
puntandolo a caso con il
dito, aveva comprato anche un accendino e aveva ordinato un
caffè.
Seduto al tavolo ad aspettare la sua tazza fumante, si era
concentrato sul testo della canzone che stavano trasmettendo in quel
momento,
così diversa dalle orchestre che era abituato ad ascoltare.
Gli erano rimaste
impresse alcune parole, I
wanna runaway and open up my mind, inconsapevole che da quel giorno sarebbero
diventate il suo motto di vita.
Era uscito dal
locale e, dopo qualche tentativo, era riuscito ad accendere una
sigaretta. Fu
difficile imparare ad aspirare e a non tossire, ma alla fine
imparò anche
quello. Gli piacevano le sensazioni che provava quando il fumo invadeva
la sua
gola, quando gli si formavano davanti agli occhi le nuvolette.
Gli piaceva
fumare.
Inoltre quella sera
stessa aveva digitato la frase sul suo pc e aveva finalmente trovato il
brano.
L’aveva scaricato, per la prima volta, illegalmente e
l’aveva aggiunto alla sua
playlist del mp3 che cominciava a fargli schifo.
Da quel giorno
viveva con quel motto in testa, lui sarebbe scappato da
quell’orrore, da quella
superficialità e avrebbe aperto la sua mente ad un altro
stile di vita.
Christopher Lyn era
finalmente rinato.
Nel giro di qualche
settimana, Chris non era più lo stesso. Un pomeriggio aveva
inventato un’altra
scusa ed era uscito di casa correndo, per arrivare presto nel centro
città, in
un negozio che aveva visto su Internet.
Una volta entrato,
quasi si vergognò dei suoi abiti così
terribilmente eleganti, soprattutto
quando qualche ragazzo si era girato a fissarlo con un ghigno sulle
labbra.
Odiava essere
giudicato, ma probabilmente questo lo odia tuttora.
In quel locale aveva
speso quasi tutti i suoi risparmi in abiti che per la prima volta nella
sua
vita sarebbe stato felice di indossare. Non aveva mai sopportato le
polo estive
ed i maglioni eleganti che la madre gli faceva trovare sul letto, per
non
parlare dei pantaloni che era costretto a sfoggiare costantemente. Quel
giorno
aveva comprato enormi felpe nere, tshirts con frasi e disegni che lo
avevano
affascinato. Aveva riempito un’intera busta di jeans
strappati e pantaloni di
tuta larghissimi e a vita bassa, poi aveva concluso lo shopping con
l’acquisto
di un paio di Vans nere che aveva visto in pubblicità.
Fu una vera impresa
portare il suo nuovo guardaroba in camera, ma soprattutto fu difficile
nasconderlo
dagli occhi indiscreti dei genitori. Mise disordinatamente tutti gli
abiti in
tre borsoni e li pose sotto il letto, ben coperti.
Ogni mattina, prima
di andare a scuola, prendeva dei vestiti dal nascondiglio e li metteva
furtivamente nello zaino, in modo da potersi cambiare indisturbato
negli
spogliatoi della palestra.
Juliet non apprezzò
questo cambiamento anzi, sembrava addirittura soffrire per la mancanza
del
vecchio, docile Chris. Non era più lo stesso da quasi un
mese quando la ragazza
perse completamente la pazienza. Lo vide fumare poggiato distrattamente
ad un
albero del cortile, mentre ascoltava musica dagli auricolari e aveva la
mano
libera infilata nella tasca dei jeans. Non aveva più
tagliato i capelli, se ne
era accorta. Probabilmente aveva dato buca al barbiere e inventato una
scusa
patetica con i genitori.
Avevano appuntamento
in biblioteca per studiare per il compito di matematica, ma lui si era
limitato
a far trovare il suo zaino abbandonato su una sedia e un messaggio sul
cellulare di Juliet.
Fu proprio dopo aver
letto il messaggio che lei si alzò dalla sua postazione e si
diresse
frettolosamente in giardino. Arrivò davanti alla figura del
suo ragazzo, gli
tolse bruscamente le cuffie e improvvisò una sceneggiata
degna di una commedia
drammatica.
Recitò molto bene la
parte della giovane indifesa che si domanda il perché del
cambiamento del suo
partner, citò i genitori del ragazzo, disse che sicuramente
sarebbero rimasti
molto delusi da quel comportamento, ma alla fine lasciò
cadere la maschera. Scoppiò
a ridere davanti a Chris, che nel frattempo era rimasto impassibile,
gli disse
qualcosa, poi si girò e lo lasciò lì,
da solo, ad autocomplimentarsi per
essersi liberato di quel parassita che l’aveva solamente
usato quando aveva
avuto bisogno e a cui non stava bene che anche lui sapesse prendere
decisioni.
Anche se non l’aveva
mai dimostrato, Chris non aveva reagito bene al fatto di essere di
nuovo
completamente solo. Certo, Juliet aveva solo finto per due anni, ma
almeno qualche
volta si era addirittura divertito. Comunque, fu proprio quello il
momento in
cui giurò che non sarebbe più caduto in trappola,
che nessuno avrebbe più visto
quello che era stato prima. Fu quello il momento in cui
cominciò a costruirsi
una corazza che in pochi avrebbero distrutto.
Sembrava avere tutto
sotto controllo, gli esami finali erano andati alla grande e finalmente
si era
potuto chiudere alle spalle il portone di quell’orribile
scuola, ma non sapeva
che presto tutte le sue certezze sarebbero crollate.
In una delle tante
mattine di agosto, Chris era uscito di casa con i vestiti nello zaino,
si era
fermato ad un bagno pubblico e si era cambiato, poi aveva ripreso il
suo
cammino verso il centro della città.
Non conoscendo
nessuno, era solo anche d’estate e non aveva nessuna voglia
di andare in
spiaggia come tutti i suoi coetanei.
Faceva davvero molto
caldo, fortunatamente si era ricordato di prendere dal cassetto della
scrivania
un elastico, e aveva potuto raccogliere i capelli in una coda
disordinata. Aveva
lavorato tantissimo per convincere i genitori che i capelli lunghi non
sarebbero stati un problema e alla fine aveva ottenuto il permesso
anche grazie
alle parole di Mrs. Jane, che aveva spiegato ai signori Lyn che era
tipico
della sua età avere certi desideri e che presto sarebbe
passato.
Nell’ultimo mese
aveva anche deciso di smettere di cambiarsi gli abiti di nascosto e di
tenere i
CD rinchiusi nel borsone sotto il letto, quindi al ritorno da quella
sua
passeggiata evitò la solita tappa ai bagni per indossare
nuovamente gli abiti
eleganti e tornò a casa nei suoi veri panni.
Forse fu
tutta colpa
del destino, o della sfortuna, ma sua madre l’aveva
preceduto. I suoi genitori
erano rientrati proprio quel giorno, senza preavviso, da una vacanza di
tre
settimane a Miami e la donna aveva trovato uno dei borsoni sul letto
del
figlio. Si era avvicinata e l’aveva aperto, convinta di
vedervi all’interno
costumi da bagno e il necessario per un’escursione al mare,
ma la sua
espressione era cambiata totalmente quando aveva riconosciuto gli
abiti.
Aveva svuotato tutto
il contenuto della borsa sul letto, insieme a quello degli altri
borsoni che
aveva ritrovato, poi li aveva mostrati al marito ed insieme avevano
deciso che
Chris non poteva uscire di casa vestito così e che non
poteva mostrare alla gente
che nella sua famiglia era permesso ascoltare quel rumore che lui
chiamava
musica.
Avevano aspettato il
ragazzo sulla soglia della porta e gli avevano rivolto uno sguardo
inorridito
quando lo avevano visto apparire con una tshirt nera e un paio di jeans
a vita
bassa completamente strappati sulle ginocchia. Non avevano di certo
limitato le
urla e i rimproveri, gli avevano detto qualsiasi cosa.
Era diventato ad un
tratto il disonore della famiglia Lyn, la vergogna di suo padre e la
delusione
di sua madre.
La reazione che i
signori avevano sperato era stata ben diversa da quella che invece
avevano
ottenuto: totale indifferenza. Con una calma disarmante, Chris aveva
risposto
ai suoi genitori che avrebbe subito tolto il disturbo, era salito in
camera e
aveva raccolto tutto quello che gli apparteneva in una grande valigia,
lasciando nell’armadio tutti gli abiti costosi che gli erano
stati comprati.
Quando fu pronto per
andare via definitivamente, non salutò l’uomo e la
donna seduti sul divano che
lo avevano sempre trattato come una fonte di guadagno, ma rivolse un
sorriso a
quella persona che aveva sempre considerato la sua vera madre, Mrs.
Jane. Lei per
lui c’era sempre stata, l’aveva cresciuto come non
aveva fatto sua madre ed era
l’unica che gli sarebbe sempre mancata.
Le lasciò il suo
numero di cellulare, in cambio della promessa di non darlo ai signori
Lyn.
Chris si girò verso
l’uomo e la donna, alzò la mano in cenno di
saluto, rivolse il suo sguardo alla
porta e si liberò finalmente del peso di essere
l’erede di un imprenditore.
Non si sentiva vivo
dal suo secondo giorno di vita, dopo diciotto anni era pronto ad
assaporare il
mondo.
Un anno dopo Chris
era riuscito a sistemarsi, aveva preso un piccolo appartamento nella
periferia
e aveva trovato lavoro in una libreria. Gli dispiaceva doversi mostrare
sempre
scontroso nei confronti di Jenny, l’altra commessa, ma aveva
paura di abbassare
le difese. Era infinitamente riconoscente a Will, il proprietario del
negozio,
che l’aveva accolto come un figlio e gli aveva dato subito il
posto. Anche se
non si era mai liberato della sua corazza, sapeva di poter considerare
sia Will
che Jenny come i suoi primi amici, ed era davvero felice di questo.
Pensava però che
forse non sarebbe più riuscito a far uscire il vero Chris,
quello segnato dalle
delusioni, era convinto che nessuno avrebbe mai trovato il modo di
liberarlo.
Purtroppo o per
fortuna dovette ricredersi quando ormai aveva ventidue anni e i suoi
occhi
incontrarono quelli di una ragazza identica a lui.
Isabelle Lower.
L'altra sera mi sono resa conto che il tenebroso Chris non aveva un passato ben definito, quindi ho deciso
di scrivere questa storia per raccontarvelo.
Ho preferito inserirla ora in modo tale da cominciare a delineare i personaggi.
Non ho pubblicato prima quella su Izzy, che non ho ancora iniziato, perchè vorrei far capire prima qualcosa
di più dai capitoli veri e propri.
Bè, non so davvero cosa dire... ;)
Volevo solo ringraziare tutti quelli che sono arrivati fino qui, spero vi sia piaciuta e spero di essere
riuscita a trasmettervi un pò delle idee di Chris, che a me sta particolarmente simpatico..ahahah.
Grazie davvero a tutti. Vorrei aggiornare a breve Fear of Me, ma per il capitolo ho bisogno di ancora un pò di tempo.
Alla prossima.
Maïa