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Autore: PinkBubble    18/03/2014    0 recensioni
Mio fratello sospira, gettando un’ultima occhiata al poster strappato di netto che ora giace, miseramente appallottolato, per terra.
-Mi piaceva Ashton, sai?- Butta lì, con un profondo sospiro rassegnato.
“Anche a me, Cal”..- E’ quello che penso, mentre una fitta di dolore mi attraversa il petto.
Però, non lo dico.
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Verdena De Morgue è la figlia di un Assistente Sociale con la mania di 'salvare il mondo'.
Ashton Irwin è un ragazzo difficile, che ha imparato tutto ciò che sa dalla strada.
Perchè quando due solitudini si incontrano, tutto il resto, cambia.
Ma non sempre in meglio.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Numero un
maglione color prugna, qua e là intarsiato dai peli del suo stupidissimo gatto.
Numero due bacchette della  batteria, qua e là smozzicate dal segno dei suoi stupidissimi denti.
Numero tre bandane sudaticce, che ancora trattengono il profumo della sua maledettissima pelle.
Numero un paio di pattini di ghiaccio: troppo larghi per i miei, ma perfetti per i suoi maledettissimi piedi.
 
-ANCHE questi..?- Mi domanda affranto Calum, mentre getto con un gesto rabbioso i pattini di ‘Irwin’ all’interno dello scatolone più malconcio che mi sia riuscito di trovare.
Lo fisso, inarcando il sopracciglio.
A volte mi chiedo quale strano morbo abbia colpito la mia genitrice, quando le è balzato in mente di adottare, diciassette anni fa, un marmocchio neozelandese alto come un palo della luce e intelligente quanto un crauto: moro, scuro di pelle e a volte palesemente cretino nell’animo, Calum è mio fratello adottivo , nonchè palla al piede di notevoli dimensioni.
Le sue specialità sono, in ordine:  sfottermi per il mio status di diversamente alta, ruttare (in tedesco, come dice lui)nel modo più rumoroso e scopertamente buzzurro possibile e dimostrarsi, immancabilmente, in disaccordo con qualunque cosa io faccia o dica.
In due parole? Estremamente irritante.
-Calum, te ne prego. Quando hai acconsentito ad aiutarmi, con la promessa che avrei evitato di riferire a nostra madre di averti beccato a fumare una canna delle dimensioni della Torre di Londra, mi sembrava l’avessi giurato sul tuo onore...- Scandisco, gettando all’interno dello scatolone anche un paio di Vans marce, qualche cd dei Coldplay  ed un pezzo di tela rosso -...nessuna stramaledetta lamentela. Ok?
Calum sospira, abbandonandosi con aria sofferente sulla sponda destra del letto.
-Mi sarebbe piaciuto tenere i suoi pattini...  - Sospira, affranto -..erano dalla mia esatta misura e, come ben sai, nostra madre non mi sgancerebbe, qualora volessi comprarne di nuovi, il becco di un quattrino.
-Nostra madre non sgancerebbe neppure per una Crociera intima sulle sponde del Mar Morto con George Clooney: ma me ne fotto, Cal. Ho fatto ciò che dovevo...- Butto lì mentre mi guardo intorno, decisamente provata. Perfetto. La mia stanza è stata ufficialmente disinfestata. -...Come mai sei così al verde, piuttosto? I tuoi business da spacciatore vanno così male?
-Fatti i cazzi tuoi, Iena.
-Stagna, chiappe a pera.
Stringo le labbra,decisamente seccata: è vero che, quando ti chiami Verdena, i soprannomi decenti non si sprecano, ma c’è da dire che Calum è sempre stato mostruosamente abile nel brevettare quelli più orripilanti del Creato; soltanto lui mi chiama Iena da quando siamo bambini, nella perpetua convinzione che io sia sadica.
E’ sempre stata l’unica persona a farlo,oltre ad Ashton: o almeno, fino alla scorsa, maledettissima notte.
-E’ tutto pronto, Cal. Ho eliminato ogni traccia della sua merda...- Concludo, soddisfatta -..ora siamo pronti. E ti giuro su Dio che ogni rimasuglio dell’esistenza di quell’idiota di dimensioni planetarie finirà nel Tamigi; o non mi chiamo più Verdena Clara De Morgue- Hood. Che la Damnatio Memoriae abbia inizio.
Calum sbatte le palpebre, fissandomi come se fossi pazza.
-Sei proprio sicura di volerlo fare? -Domanda, perplesso -..Voglio dire, Dena...non credo che Ashton la prenderà bene, quando realizzerà che hai buttato tutte le sue cose e dato fuoco alle sue mutande sulla veranda di casa.
-Questa non è più casa sua, Calum...- Gli dico con voce stentorea, mentre strappo dalla parete una grossa fotografia -...ricordi? Ed ora, fammi un favore: accompagnami al fiume. Abbiamo delle cianfrusaglie di cui disfarci.
Mio fratello sospira, gettando un’ultima occhiata al poster strappato di netto che ora giace, miseramente appallottolato, per terra.
-Mi piaceva Ashton, sai?- Butta lì, con un profondo sospiro rassegnato.
“Anche a me, Cal”..- E’ quello che penso, mentre una fitta di dolore mi attraversa il petto.
 
 
Però, non lo dico.
 
                                                             ***
Che mia madre abbia deciso di chiamarmi, con tutti i nomi normali esistenti in circolazione proprio “Verdena”, mi sembra francamente il primo nonchè il più grave dei miei problemi.
Il secondo è probabilmente il fatto che sono alta un metro e una ceppa, e che per arrivare al ripiano dei Kinder Bueno in cucina ho costantemente  bisogno di usare, come scala, il mio “Perennemente- -Domiciliato- A- Casa-Nostra” cugino Micheal, aumentando esponenzialmente il rischio che me li fotta.
Il terzo è che essendo mia madre un ‘Assistente Sociale ‘altamente qualificata’, orgogliosamente divorziata, in carriera e con il perenne desiderio di salvare il mondo, da quando mio padre ha avuto la brillante idea di cornificarla con una spogliarellista di London Fields, la sunnominata ha scelto di sopprimere la solitudine decidendo di adottare qualunque essere semisenziente che si sia parato sulla sua strada.
 
-Dena,...quanto fa ottocento meno venti per trecentosessanta al quadrato diviso radice di tre?
-Iena, hai dato da mangiare a Lord Buffington?
-Verdie, i Kinder Bueno sono finiti? Come hai fatto a raggiungere i pensili senza di me?Sei salita in piedi sul tavolo, dì la verità.
-Veddena, ‘Ilke dice che c’è un mottro nella mia ‘tanza.
 
E così, eccomi qua: eccomi mentre  cerco vanamente di studiare Chimica per recuperare l’ennesima “F” affibbiatami da quella baffuta sfuggita al circo equestre della signorina Iggles con un cane idrofobo sui piedi, un pappagallo sulla spalla, un cugino risentito per non essere riuscito a fregarmi per l’ennesima volta la cioccolata e tre fratelli adottivi rispettivamente di tredici, due e diciassette (ma mentalmente parlando, zero) anni.
Ditemi voi come potrei anche solo pensare di riuscire a memorizzare la fottuta formula di struttura del Benzene in questo modo.
-Rilke, cazzo ne so di quanto fa. Prendi una calcolatrice..- Ordino a mio fratello più piccolo, un ragazzino di origine tedesca pallido e dai capelli platinati -..e smettila di dire a Corinne che c’è un mostro nella sua stanza. L’unico mostro presente in questa casa è Calum.
Sorrido, cercando di rinfrancare la mia sorellina adottiva (un’ adorabile bambina malese dai capelli -invidia- perfettamente lisci) mentre Calum mi mostra il dito medio.
-No, Micheal, che non sono salita sul tavolo. Sono riuscita a levitare. Quanto a te Cal: non lo vedi che diamine sto facendo? Sto studiando. Alza il culo e occupatene tu...-Gli impongo, fissando con aria scettica Lord Buffington, il nostro gigantesco nonchè pelosissimo pastore del Caucaso che striscia sul pavimento come un marines in ricognizione, lamentandosi di continuo.
Questa casa è un covo di depravati.
 
-Suonano alla porta, ahrr. Ahrr. Suonano alla porta.
 
Emetto un gemito semiagonizzante mentre Hegel, il volatile variopinto sino a qualche istante prima posato sulla mia spalla, si alza in volo, scrutando con interesse attraverso la finestra che da sul giardino.
GesùGiuseppeMaria.
Maledetto il giorno in cui mi ha madre ha deciso di insegnare al pappagallo a parlare.
-Che nessuno si scomodi ad aprire. Mi raccomando. Qui c’è solo gente che sta cercando di evitare l’ennesima sospensione per cattivo rendimento scolastico. Niente di importante, insomma..- Borbotto rivolta a mio cugino che fissa il vuoto, forse meditando sul prossimo, assurdo colore col quale tingersi i capelli.
Quello che vedo, una volta aperto lo stipite, è uno spettacolo in grado di sconcertare perfino un imperturabile monaco shintoista: un ragazzo biondo con larghi pantaloni cargo bucherellati, una t-shirt oversize dei Ramones ed un bini nero in testa mi sorride incoraggiante, protendendo in mia direzione un  minaccioso e obeso gatto, che mi scruta coi suoi occhi gialli ridotti a due fessure.
-Salve. E tu saresti?-Indago, scrutando scettica la borsa a tracolla (apparentemente molto pesante) del tizio.
-Puoi chiamarmi fratellino, se ti va..- Mi risponde lui di rimando, con un sorriso malizioso.
Io sbatto le palpebre, senza capire.
 
E’ evidente che ci deve essere un errore.
E’ evidente che mia madre non può avermi taciuto una cosa del genere.
E’ evidente che questo tizio debba essere un Testimone di Geova, un venditore di aspirapolveri o, forse, tutti e due.
Tutto ciò che riesco in ogni caso a domandare, mentre un terrore superiore a quello di quando vidi Calum vestito segretaria sexy, lo scorso carnevale, invade le mia stanche membra è un fiacco, arrendevole:
 
“Come, prego?”
 
  
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