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Autore: Lost on Mars    19/03/2014    14 recensioni
A diciassette anni non sai cosa sia la morte e perché debba capitare proprio a lei. Non sai perché il destino abbia deciso di fare questo scherzo proprio a voi. Perché tu debba soffrire così.
A diciotto capisci che non si può più cambiare nulla, allora provi ad uscire di casa, ma tutto ti ricorda troppo lei.
A diciannove ricominci a vivere, ma sei ancora legato ai fantasmi del passato,tant’è che non riesci più a legarti a nessuno, perché ti sembra di tradirla, perché la ami ancora, anche se è morta.
Ashton ha diciannove anni ed è convinto che il tempo che guarisce ogni ferita sia un gran cazzata: lei è morta da due anni, ma lui non smette di sanguinare dentro.
E se fosse una persona a guarire ogni ferita? Se il tempo non c’entrasse proprio niente?
-
«Non credo quanto possa interessarti la storia di un ragazzo depresso.»
«Oh, non credo che tu sia depresso. Non hai l’aria da depresso.»
«Allora devi essere una pessima osservatrice.»
«Hai l’aria da distrutto, a dir la verità, ma hai anche l’aria di uno che ne è uscito, da qualsiasi cosa tu fossi dentro. Hai un sacco di arie, in effetti.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
«I have been hurting and now only time will tell, time will heal.»
(Elisa – Broken)
 
La vita di Ashton era sempre stata più o meno tranquilla, come le onde del mare di quella sera di Novembre, dove lui e Lilian stavano seduti sulla spiaggia, vicino al fuoco, a guardare l’oceano.
Ashton amava l’oceano, amava vedere il sole scintillare sull’acqua e amava i Ray-Ban di Lilian, ma quella sera, Ashton l’oceano lo odiava, lo odiava da morire; lo odiava come i biglietti aerei per la California nella scrivania di Lilian e come odiava la valigia di lei già caricata in macchina.
Lilian era accoccolata tra le sue braccia, in silenzio, mentre Ashton le accarezzava i capelli biondo scuro e ogni tanto le lasciava un bacio sulla tempia.
Non c’erano parole da dire, nessuna lacrima da piangere, ora rimaneva solo il tempo da passare insieme, quelle poche ore che li separavano dal cuore spezzato.
Ashton lo sapeva da quattro mesi, e sapeva anche che, tra i due, quello che doveva essere forte per entrambi era proprio lui; aveva cercato di convincersi che quella partenza avrebbe aiutato Lilian, che, forse, in California avrebbero trovato un modo per curarla e che poi lei sarebbe tornata da lui.
Ma la verità era ben altra: le probabilità che sarebbe tornata erano pochissime.
Ashton era convinto che i ragazzi non piangessero, che fosse una cosa da deboli, ma da quattro mesi a quella parte, piangeva ogni notte, e ogni notte si sfogava prendendo a pugni il cuscino. L’unica cosa che riusciva a pensare era: perché lei?
Perché Lilian? Perché toglierle il suo bel sorriso, perché vederla diventare piccola e fragile ogni giorno di più? Perché vederla morire e  non poter fare niente?
Lilian, d’altra parte, fingeva solamente di avere grandi speranze. Gli aveva detto di avere un tumore ai polmoni con una tranquillità quasi snervante e con un sorriso sulle labbra come a dirgli “Non ti preoccupare, amore mio, non sono ancora morta.”
Lilian sapeva che le possibilità di guarire e di riabbracciare Ashton erano minime, quasi inesistenti. Tuttavia, gli sorrideva sempre, anche se sapeva che sarebbe morta. Quello che le dispiaceva, però, era lasciare tutti quelli che amava. Suo padre, sua madre, il suo fratellino, le sue amiche, e poi Ashton.
Le dispiaceva sapere che loro avrebbero sofferto, perché si era rassegnata all’idea di perdere contro il cancro già da tempo, quello a cui non si era rassegnata era lasciarli tutti lì, a piangere per lei.
Non voleva che Ashton piangesse. Voleva solo che, il giorno dopo, lui si sarebbe potuto svegliare con un vuoto di memoria e non ricordarsi di lei, così da non soffrire.
Per il momento, si limitava a rimanergli abbracciata, ad osservare il mare.
«Sai una cosa, Ash?» iniziò, facendo sobbalzare il ragazzo, che smise di accarezzarle i capelli per un momento. «Il mio ospedale ha la vista sul Pacifico.»
«Possiamo non parlare di te in quell’ospedale?» rispose Ashton, stringendola ancora di più.
«Ma io parlavo dell’oceano. Io lo vedrò dalla mia stanza e tu lo vedrai da qui, ci saremo sempre l’uno per l’altra, oltre l’orizzonte.» disse Lilian, alzò la testa e  sfiorò il naso di Ashton con il suo. Per un attimo si dimenticò dei tubi attaccati al suo corpo, che passavano dietro le orecchie, collegati alla bombola d’ossigeno che giaceva sulla sabbia accanto a loro, come un normale zaino.
«Guarda» riprese Lilian, puntando l’indice verso il mare. Ashton seguì ogni suo movimento. «Domani sera, indica l’oceano, io sarò lì.»
«Lily, mi mancherai da morire.» sussurrò Ashton contro il suo orecchio, lei sorrise: amava quando Ashton la chiamava Lily, quando le dava quel soprannome, quando accorciava il suo nome in modo così carino e grazioso.
«Non ci metterò molto, non sentirai nemmeno la mia mancanza.» disse Lilian.
«Non illuderci, Lilian» rispose lui. Non illuderci. Aveva usato il plurale, aveva parlato di loro come fossero una persona sola. «Lo sappiamo entrambi.»
Lei sospirò. «Lo so, Ash. Per questo devi promettermi una cosa.» mormorò.
«Cosa?»
«Se io non dovessi farcela – lei deglutì – e sai che potrei non farcela» iniziò Lilian, prendendo un grande respiro, per quando le consentissero i suoi polmoni.
«Ce la farai.»
«Promettimi che ti rifarai una vita, che non penserai sempre a me, che ti innamorerai di nuovo… perché qui fuori c’è una ragazza meravigliosa che ti meriterà quando io non ci sarò più.» continuò Lilian. «Vivi per me, Ashton.»
«Parli come se fossi già morta. Ma se ritornerai qui, su questa spiaggia, starai bene e staremo insieme. Non mi arrenderò mai, Lily, anche se non voglio illudermi, anche se lo so che è quasi matematicamente impossibile.» disse lui. Le speranze erano poche, era vero, ma non per questo bisognava già darsi per vinto.
«Non sopporterei vederti stare male per colpa mia, Ash, morta o meno.»
 
Il pugno di Ashton fu così forte che, per un attimo, il ragazzo pensò di poter buttare giù il muro.
Sua madre, nella stanza accanto, sussultò e chiuse gli occhi per un momento: le era sembrato giusto farglielo sapere, ma adesso che lo sentiva urlare e prendere il muro a pugni si chiedeva se non avesse dovuto nasconderglielo.
Aprì la porta della stanza del figlio e lo trovò ancora col pugno chiuso appoggiato al muro, la testa bassa. Allora sospirò e «Ashton…» tentò a bassa voce. Lui fece silenzio e si gelò.
«Voglio stare da solo.» sibilò con la voce tremante, poi si tradì da solo, tirando su col naso. Non gli  importava così tanto, alla fine, dare l’impressione di essere invincibile, perché la verità era che faceva male da morire, che senso aveva nascondere d’aver pianto?
«Volevo solo sapere come stavi.» disse ancora sua madre.
«È morta» si limitò a rispondere Ashton. «E sono morto anche io. Adesso, lasciami da solo.»
E lui era rimasto lì, con l’ultima volta che l’aveva vista ancora impressa nella mente. Era meglio che l’avesse vista felice e stretta a lui, l’ultima volta, e non in un letto d’ospedale, con il viso pallido e scarno.
In California non erano riusciti a curare Lilian, le avevano solo allungato la vita. Era morta dopo sei mesi anziché tre. Aveva insistito tanto per andarla a trovare, aveva lavorato per due mesi ed era riuscito a mettere da parte trecento dollari, abbastanza per un volo di andata e uno di ritorno, ma i suoi genitori non gliel’avevano lasciato fare.
Si ricordava ancora di quella sera sulla spiaggia, di quando Lilian gli aveva detto di continuare a vivere per lei, ma come faceva se lui si sentiva morto dentro?

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Angolo di Marianne
Buongiorno, buonsalve, buonasera! La suddetta ""autrice"" invece di studiare cosa fa? Pensa a postare nuove long con cui s'incasinerà la vita, ma è assolutamente logico! Le cose vanno sempre così.
Anyway, non voglio parlare a vanvera perché almeno nel prologo voglio sembrare una persona seria (Io. Persona seria. PFF). Allora, il prologo non è uno dei più felici, lo riconosco da me, ma è di fondamentale importanza per capire la storia. Lilian non è la protagonista ma anche lei è importante ("Fai morire i personaggi quando la storia nemmeno è inizata" -cit) per i miei pazzi disegni che ho in testa. La vera protagonista, invece, arriverà nel prossimo capitolo, ovvero il primo capitolo vero e proprio. Spero vorrete pazientare un po' e non mi abbandonerete subito. ♥
Vorrei ringraziare la prova gratuita di PSPx5 (è ostrogoto, i know) che scadrà ta ventiquattro giorni (piangerò) con cui ho realizzato il banner prima di sclerare per sempre.
Facendo le persone serie, ringrazio Nanek perché mi appoggia e non vedeva l'ora di leggere e perché la sua "So out of reach" mi ha tenuta incollata al computer per troppo tempo. ♥
Credo di non aver più nulla da dire se non che spero di aggiornare il più presto possibile ^_^ Oh, e lasciate qualche recensione, ('cause i'm tireeeed of feeling alone) positiva o negativa che sia, io non mordo né sbrano nessuno, anzi, se recensite avrete una dose d'amore e polvere di unicorno.
Ecco, sono sfociata nella demeza, again. Alla prossima! :3
Marianne


 
 


 
   
 
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