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Autore: BlackLuna    19/03/2014    0 recensioni
Anne Kuspe è una bambina di sei anni che, nel 1995, scopre un segreto a lungo taciuto all'interno della sua famiglia: suo nonno , una SS che, durante la guerra, ha servito con fedeltà la causa nazionalsocialista, e per tale ragione è disprezzato dal figlio, un uomo travolto dalla Ostalgie dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della DDR.
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO DUE
 
“ Porto il dolce, se per voi va bene”, disse Gretel alzandosi dal tavolo e cominciando a sparecchiare. Vide che la nipotina Anne aveva avanzato gli spinaci nel piatto, ma non disse niente ai genitori per evitare che la riprendessero alla prima occasione. “Ho fatto la torta di mele.”
“Mmh, che buona! Quella con la cannella?” chiese la nuora, che sapeva essere estremamente golosa di dolci. “Dovresti andare a chiamare tua figlia, o si perde il dolce” aggiunse rivolta a Peter. L’uomo fece per alzarsi per recuperare Anne, ma questa fu più svelta e si presentò nella stanza con uno sguardo pensieroso.
“Sono qui” disse semplicemente, e si andò a sedere al tavolo.
“Eccoti!” esclamò la madre spostando la sedia alla bambina per permetterle di mettersi a tavola più facilmente.  “Ti stavi per perdere la torta della nonna, cosa sei andata a fare di sopra?”
La bambina aspettò qualche secondo prima di rispondere, nella mente le ronzavano ancora le lettere in bella calligrafia con le quali era stato scritto il nome di suo padre. Doveva chiedere spiegazioni? Doveva tacere? Forse era un segreto della nonna, ecco perché ci aveva messo tanto a scovarle. Forse la nonna non voleva che nessuno le vedesse, e se avesse scoperto che Anne aveva passato il suo tempo a ficcanasare nelle sue cose private si sarebbe arrabbiata. Ad Anne non era mai piaciuto fare arrabbiare la nonna, le veniva un colorito rosso acceso che non la convinceva per niente, sembrava le faccione dei cartoni animati quando si indispettiscono, ed in genere precede una fumata dalle orecchie accompagnata dal fischio di un treno. Ecco, alla nonna non era mai uscito fumo dalle orecchie, ma Anne non voleva che ci fosse una prima volta a questo evento, e soprattutto davanti alla mamma e al papà. In particolare davanti a quest’ultimo.
“Ero al bagno” si limitò a rispondere, senza convincere nemmeno se stessa.
“Al bagno,eh?” disse la nonna entrando in sala da pranzo con la torta e strizzandole l’occhio.
“Non hai combinato marachelle la sopra, vero?” indagò Peter.
Maledizione, la stavano mascherando.
“Oh, no. Solo il bagno..” fece in modo vago.
“Se hai allagato tutto mentre cercavi di giocare con l’acqua..” disse con tono minaccioso suo padre e lasciando intendere qualcosa di irripetibile.
“Oh, per l’amor del cielo! Lasciatela un po’ stare questa bambina!” intervenne la nonna in sua difesa. “Se ha allagato il bagno passerò strofinaccio, non è certo la fine del mondo!”
“Ma non ho allagato il bagno!” esclamò la bambina, carica per la consapevolezza di avere dalla sua parte la nonna, l’autorità in quella casa. “Eh, mamma, non l’ho allagato!” ripeté.
“Visto, non l’ha allagato, siamo tutti più sereni adesso, no?” tagliò corto la nonna cominciando ad affettare la torta.
Peter si lasciò cadere sulla sedia impotente davanti all’alleanza della madre e della bambina di sei anni: un fronte invincibile.
“Allora, la mangiamo questa torta?” chiese la madre, con rinnovata tranquillità: vedere suo marito battuto dalla suocera la divertiva molto.
Saltellante sulla sedia, Anne ricevette la sua fetta di torta alle mele con la cannella, e cominciò a divorarla, dimenticandosi presto del misterioso Peter Kuspe con il quale la nonna si scambiava lettere negli anni Quaranta, e di tutte le altre scoperte fatte poco prima. La mente dei bambini è meravigliosa da questo lato, tutto diventa improvvisamente di primaria importanza con la stessa facilità  e rapidità con la quale viene posto in secondo piano. Forse è proprio questo che li rende così spensierati, privi di grandi preoccupazioni: sanno dimenticare in fretta.
E così fece Anne durante il resto della giornata: la torta e le chiacchiere a tavola le fecero scordare le sue preoccupazioni, e per tutto il tempo guardò la televisione battendosi aspramente (e perdendo) contro il padre per i cartoni animati al posto del solito telegiornale o giocò a fare castelli di carta con la nonna (dopo la sconfitta).
Il tempo fuori era grigio e freddo e non accennava a volere migliorare, per cui giochi a palla erano fuori questione. Per tanto, per quanto giocare a fare i castelli di carta fosse divertente, dopo un quinto o sesto tentativo Anne cominciò  inesorabilmente ad annoiarsi, e la sua mente cominciò a macinare e a ritornare su argomentazioni che aveva messo in disparte.
Peter Kuspe intanto era seduto sul divano che guardava i notiziari, mentre sua moglie leggeva una rivista per donne, un articolo sulla vita che stava conducendo la principessa Diana. Molto probabilmente parlando più dei suoi abiti a questa o quella occasione mondana, piuttosto che della sua vita politica.
“Sei sempre li a leggere queste sciocchezze” commentò il marito. La donna non alzò nemmeno la testa e continuò la sua lettura.
“Almeno non mi rischia di partire un ictus tutte le volte che guardo il telegiornale” rispose secca la donna.
Anne giocherellò con un Re di Fiori che teneva in mano. “Vuoi cambiare gioco?” chiese Gretel notando il disinteresse farsi strada negli occhi della nipote. “Vuoi che giochiamo a Rubamazzetto?”
La bambina si riscosse dal torpore provocato dalla noia del pomeriggio e dal caminetto acceso. Le piaceva Rubamazzetto. “Oh, sì nonna!” esclamò, distruggendo con una manata il mezzo castello di carte che stavano costruendo. La nonna prese a distribuire le carte. Peter Kuspe venne rimesso nel suo angolino buio nella mente di Anne.
“Guardalo! Guardalo!” sbottò Peter, suo padre, rivolto un po’ a sua moglie, un po’ al televisore, un po’ a nessuno in particolare. Il notiziario stava parlando di un uomo paffuto con i capelli bianchi, e apparentemente innocuo. Il cancelliere Kohl.
“Guarda!” sbottò ancora Peter colmo di disprezzo verso il cristiano-democratico, questa volta chiaramente rivolto alla moglie.
“Ho visto!” si indispettì lei, “Helmut Kohl, cos’hai da sbraitare sempre quando vedi Helmut Kohl?”
“Oh, mi chiedi cos’ho da…”
“Tocca a te, cara, prendi la carta che ti serve dal tavolo” Gretel incitò Anne a giocare, dal momento che la bambina si era persa a guardare cosa stesse combinando suo padre. Tornò al gioco: in mano aveva un sette di picche, un due di quadri, un sei di quadri, un asso di fiori e una donna di cuori, e in tavola non c’era una sola carta che potesse fare al caso suo. Scartò la donna perché non sapeva che farsene.
“Oh, oh! Non avresti dovuto!” ridacchiò la nonna appropriandosene con una sua donna di fiori.
“Quell’uomo lì, lo vedi? Quello è il burattino degli americani!” riprese Peter rivolto alla moglie.
“E’ stato eletto con elezioni democratiche, tesoro, ricordi?” rispose svogliatamente la moglie.
“Certo! Sono sicuro che all’ovest l’hanno votato in molti, ma qui? Chi è che qui ha voltato per la Pera? Tu non hai idea delle macchinazioni che accadono dietro le quinte, cara mia!”
“Oh, per l’amor del cielo!”
Improvvisamente Anne si rese conto della presenza di un cinque di cuori e un due di picche che potevano dare una svolta interessante alla partita: con il suo sette di picche se ne appropriò e fece linguaccia alla nonna, che si finse terribilmente offesa. Posizionò le sue carte di lato a formare un piccolo mazzetto e pensò alla prossima mossa: doveva assolutamente riuscire ad appropriarsi del mazzetto della nonna e vincere! Le piaceva vincere.
“Io non l’ho votato, cara! Tu, si?” continuò Peter, rivolto ad una sempre più insofferente moglie.
“Cosa ti interessa a te di cosa voto io? Il voto è segreto, lo sai?” lo rimbeccò lei, non che avesse mai votato CDU[1], solo per infastidire il marito, che sembrava avere un’opinione così bassa di lei.
Una volta non era così, una volta Peter Kuspe era un uomo sagace e divertente, autoironico addirittura. Era quell’uomo che aveva sposato, quell’uomo perso dietro all’ideologia di popolo tedesco (il vero popolo tedesco, non quello in mano al capitalismo americano), e sposando lui ne aveva sposato l’ideologia, la fede. Prima della caduta del muro, Peter non aveva mai dato eccessivi segni della sua adesione al partito, almeno non quanti ne stava dando ultimamente. Quello che significava per lui la vita prima della Svolta era una sola cosa: equilibrio. Era grazie a quell’equilibrio che aveva vissuto ogni giorno della sua vita, e aveva ringraziato quello stesso equilibrio ogni qual volta ne avesse avuto l’occasione, partecipando a manifestazioni e a riunioni, portando alto il nome della sua causa, e della sua fedeltà, contro quelli che lui definiva ‘i traditori’, gente meno fortunata economicamente di lui che cercava, a proprie spese, spesso a costo della propria vita, di cercare un futuro più roseo dall’altra parte. La caduta del muro aveva fatto crollare le fondamenta dell’equilibrio, gettandolo nella confusione, e ora più che mai sembrava voler dimostrare la fede verso un dio che era morto nel 1989.
“Il voto segreto è da codardi” decretò Peter, sperando nel profondo di aver se non altro scalfito l’orgoglio della moglie.
Con un gesto rapido della mano, preceduto da una risatina colma di soddisfazione, Anne agguantò il mazzetto della nonna.
“Ehi, tu! Ma con che diritto?” disse Gretel fingendosi stupita, nonché un po’ risentita.
Anne sorrise scoprendo un buco derivato dalla caduta di un dente, qualche settimana prima. Mostrò orgogliosa il suo due di quadri, con il quale aveva il diritto di rubare il mazzetto della nonna, sul quale torreggiava un due di fiori. “Accidenti, mi sa che vincerai di nuovo tu! Guarda, mi hai lasciata senza carte!” fece la nonna con tono drammatico. Anne rise saltellando sul posto, ma la sua risata venne interrotta dallo sbottare di sua madre, che rabbuiò non poco anche la nonna.
“Mi stai forse dando della codarda?!”
“Non lo so, sto parlando con una codarda?” la incalzò Peter, quasi felice di aver portato la discussione sul piano personale, in modo da poter iniziare un litigio, che lo lasciava quasi sempre con l’amaro in bocca, ma che sul momento gli dava un po’ di sollievo. Non le permise di rispondere. “E’ per gente come te che è andato tutto a scatafascio, gente che non sa quello che vuole, gente che non sa pensare con la propria testa!”
La nonna aveva buttato un re di fiori, ma Anne aveva la testa altrove: dovevano sempre litigare tutte le volte che accendevano la televisione?
" ‘Gente che non sa pensare con la propria testa’, Peter? Tu vieni a dire a me questo, quando non eri in grado di fare un passo se non era il partito a dirtelo?!”
“Sei brava solo a sparare stronzate!” scattò Peter alzandosi di scatto e facendo sobbalzare Anne.
“Ehi, voi! Piano con le parole, c’è tua figlia, qua Peter, nel caso te ne fossi dimenticato” esclamò Gretel, che tutto sopportava tranne le parolacce dette di fronte ai bambini.
“Tu stanne fuori, mamma, è una discussione tra me e mia moglie!” disse Peter, ormai adirato, rivolto verso la madre. Questo zittirla fece scaldare anche l’anziana donna, che dimenticò improvvisamente il gioco che stava facendo con la nipotina e prese a roteare in aria la sua mano di carte (per altro mostrandole tutte ad Anne) come se fosse un’arma.
“Tu non vieni a casa mia a dirmi cosa posso e non posso fare, Peter! Stai urlando e cercando rogne da mezz’ora, Dio solo sa come faccia tua moglie a sopportarti!”
Anne sapeva a memoria tutte le carte che aveva in mano la nonna, avrebbe potuto vincere in modo relativamente facile ora, ma il gioco aveva perso interesse anche per lei. Per qualche ragione la giornata era stata rovinata, e ora tutti erano in piedi a urlarsi contro, presumibilmente per colpa di quell’uomo con i capelli bianchi che aveva visto di sfuggita alla televisione.
 Non era la prima volta che succedeva: Peter andava in escandescenza quasi tutte le volte che lo vedeva, e Anne aveva imparato a temere quel volto rigato dalle rughe tutte le volte che lo vedeva spuntare fuori in un qualche programma televisivo. Dato che la sua presenza sembrava irritare moltissimo il padre, anche Anne aveva imparato a non trovare particolarmente simpatica questa fantomatica Pera (Peter lo chiamava così, quindi presumibilmente quello era il suo nome), anzi col passare del tempo aveva imparato ad odiarlo. Non sapeva di preciso chi fosse, né cosa facesse, e tanto meno sapeva cosa in lui facesse arrabbiare tanto il padre, ma fatto sta che Peter diventava furibondo, e di conseguenza se la prendeva con la mamma (che lei avesse qualcosa a che fare con le pere?), e il tutto finiva esattamente come quel pomeriggio: paroloni che volavano e i suoi genitori che si attaccavano l’uno con l’altra, quasi dimenticando quale fosse la vera origine della discussione e chi fosse il vero nemico.
“Questa è anche casa mia!” ribatté Peter.
“Ha ragione tua madre, Peter, stai cercando rogne e per giunta non a casa tua! Ma dov’è l’educazione?” esclamò la moglie, grata dell’intervento, apparentemente a suo favore, della suocera. Non poteva sbagliarsi di più.
“Oh, anche tu non è che hai fatto molto per interrompere la cosa! Continui a dargli corda!” le fece notare sbottando la nonna, le carte abbandonate sul tavolo.
Questa sua affermazione provocò altro baccano tra i tre, che non fece che preoccupare sempre ancora di più Anne. La bambina appoggiò le sue carte sul tavolo, decretando che il gioco era finito. Rimase piccola piccola sulla sedia, sperando di non essere notata e di non essere tirata dentro quel vortice di voci arrabbiate. Guardava la punta delle sue scarpe e faceva ciondolare le gambe, aspettando la fine della discussione che non sembrava arrivare mai. Sempre più a disagio, la sua mente prese a vagare: ripensò all’albero colpito dal fulmine che decretava che si era quasi arrivati alla casa della nonna, ripensò alla torta di mele, ripensò al pranzo tranquillo. Poi le tornò in mente: Peter Kuspe. L’uomo misterioso che scriveva alla nonna. Sarebbe potuta tornare di sopra per vedere se riusciva a scoprire di più, ma temeva che se l’avessero sorpresa a ficcanasare si sarebbero arrabbiati anche con lei. Maledetta Pera, era tutta colpa sua.
Peter Kuspe. Peter Kuspe. Peter Kuspe. Quel nome le volteggiava nella testa come a domandare di essere pronunciato ad alta voce. Peter Kuspe. Forse avrebbe dovuto chiedere alla nonna, in fin dei conti, così, almeno lei, si sarebbe liberata da quell’assurda discussione che andava avanti da fin troppo tempo e che sembrava tirare dentro chiunque ci si avvicinasse. Peter Kuspe. Peter Kuspe. La curiosità cominciava ad avere il sopravvento: se avessero continuato a litigare, probabilmente avrebbero finito con l’andarsene prima del previsto, e allora Anne come avrebbe fatto a sapere? Doveva farlo ora: doveva scoprire ora la verità.
“Oh, ma falla finita!” stava sbottando suo padre, rivolto forse alla nonna, forse alla moglie.
Anne si voltò verso gli adulti e chiese con voce acuta e chiara: “Nonna, chi è Peter Kuspe?”
I tre non la udirono. Questo la indispettì. “Peter Kuspe!” esclamò di nuovo. Scese dalla sedia e si avvicinò al trio, ripetendo il nome come se fosse una cantilena. “Peter Kuspe! Peter Kuspe!!” urlò.
Finalmente tutti zittirono. “Cosa c’è, Anne? Non vedi che il papà sta parlando di cose serie?” le chiese annoiato il padre.
“Non tu!” esclamò velocemente Anne, temendo che quel breve momento di silenzio e di attenzione dato tutto a lei potesse finire da un momento all’altro.
“Cosa vuoi dire, tesoro?” le chiese dolcemente la mamma. Gretel stava zitta e rigida, la bocca ridotta a una linea netta.
“Peter Kuspe!” ripeté Anne come fosse ovvio, poi si voltò verso la nonna. “Nonna, tu sai chi è non è vero?”
Tutti si voltarono a guardare Gretel. “Lui..lui..lui..” prese a dire la nonna, lanciando degli sguardi colmi di ansia verso il figlio.
“Io ho visto che tieni delle foto e delle lettere nel cassetto in camera tua. E c’è sempre questo Peter Kuspe! Allora volevo sapere chi è!” spiegò Anne.
La nonna sembrava incapace di rispondere. “Peter Kuspe è tuo nonno” si intromise Peter.
Quello che stupì Anne non fu subito la consapevolezza di aver trovato suo nonno rinchiuso nel cassetto del comodino di sua nonna. Non fu nemmeno il fatto che quella fosse la prima volta che si nominava suo nonno in tutta la sua vita. Quello che la sconvolse fu il tono carico di disprezzo con cui il padre aveva pronunciato quel nome. Nemmeno la tanto odiata Pera aveva mai raggiunto quei livelli.
“Mio nonno…” mormorò, senza sapere esattamente cosa dire. Si voltò verso Gretel, che si teneva una mano sulla bocca e guardava quasi implorante suo figlio.  “E dov’è adesso?” chiese ancora Anne, vedendo che nessuno le rispondeva.
L’atmosfera nella casa ora era diversa. Prima era un vulcano in eruzione, caos e rabbia, ed era terribile. Terribile ma forse accettabile. Adesso non era più un vulcano, e forse sarebbe stato meglio se lo fosse stato. Sembrava che tutti stessero trattenendo il respiro, tutti sapevano ma nessuno parlava, come se il suono di una voce avrebbe potuto fare succedere qualcosa di terribile in quella stanza. Era il silenzio che separa il fulmine dal tuono, era l’attesa di qualcosa di terribile, e questo era intollerabile. Anne, dal piccolo della sua età, capì che aprire quel cassetto e rivelarne il contenuto aveva provocato qualcosa di inarrestabile, aveva risvegliato qualcosa che dormiva quieto da molto molto tempo.
“Forse dovremmo andare a casa!” esclamò la mamma con una voce falsamente serena, ma che comunque tremava. Guardava insistentemente Peter e sua madre, prima uno e poi l’altro. Lo sguardo del marito era accusatorio, fissava sua madre con una smorfia, si, disgustata e sembrava che nemmeno respirasse.
Gretel, dal canto suo, non aveva ancora tolto le mani da davanti alla bocca, e, dove prima sembrava essere una donna forte di carattere, ora era una persona debole e indifesa. Gli occhi erano lucidi e il suo petto si alzava e abbassava velocemente, aspettando una nuova e più terribile esplosione da parte del figlio. Gretel sapeva che non era più una astratta questione politica, per quanto potesse essere sentita in modo vivo da Peter. Si trattava di qualcosa di ben più importante: di lui e suo padre.
“Peter andiamo!” esclamò di nuovo la madre di Anne afferrando un braccio del marito, ma lui rimase fermo dov’era.
“Mamma...” disse con una voce che non sembrava appartenergli. Gretel sussultò e una lacrima sgorgò dai suoi occhi.
“Peter lo sai che non lo potevo fare” lo bloccò Gretel con voce rotta, e con le braccia tremanti tese cercò di avvicinarsi al figlio, che però si allontanò, e si liberò della presa della moglie.
“Avevi detto che le avevi buttate…” continuò Peter controllando la sua voce come se questa fosse un’arma e lui non volesse ancora utilizzarla.
“Come? Come potevo?” cercò di giustificarsi Gretel, e nuove lacrime le rigarono le guance.
“Sai cos’era lui, mamma! Lo sai perfettamente! E io non voglio feccia del genere in questa casa!” scattò Peter, spaventando sia Gretel che Anne, che, un po’ per la rabbia del padre, un po’ per la consapevolezza di aver messo nei pasticci la nonna, cominciò a piangere. Ma nessuno badava a lei ora, tutto nella stanza sembrava fissato su quello che stava succedendo tra Peter e Gretel.
“E’ tuo padre, non è feccia!” ribatté arrabbiata Gretel.
“Basta, ora andiamo” si intromise la mamma, riagguantando i braccio del marito, e la manina di Anne. Peter sembrava persuaso, quindi si lasciò tirare verso l’ingesso.
“Buttale!” intimò l’uomo a Gretel, e lei scosse la testa, tremante.
Anne si stava domandando cosa aveva combinato: cos’era tutto questo mistero intorno alla figura del nonno? Dov’era finito? E soprattutto, perché suo padre lo odiava tanto? Aveva risvegliato l’attenzione su una persona dimenticata da tempo, ma non aveva ancora capito chi fosse. Sapeva che era suo nonno, ma non era abbastanza. Peter Kuspe era suo nonno, e lei aveva il diritto di sapere.
“No!” urlò infine puntando i piedi. Si divincolò dalla stretta della madre e corse dalla nonna. “No! Io voglio sapere! Voglio sapere dov’è il mio nonno! Io non vado via, mamma”. I genitori della bambina rimasero per un po’ fermi a guardarla: sembrava diversa, risoluta e cresciuta.
“Certe cose è meglio non saperle, Anne” le disse in tono pacato il padre scoccando un’occhiata colma di risentimento verso la madre. Anne non si lasciò intimidire e prese la mano di Gretel, che la strinse forte. “Non per me” affermò con fermezza Anne.
Gretel si schiarì la voce per nascondere il pianto “Forse…forse potrei raccontarle…”
“No!” sbottò il padre. “Vieni qui, Anne”.
La bambina non si mosse. “Se non saprà mai si farà chissà quale idea di tuo padre”. La moglie di Peter aveva parlato. Era la prima volta che si schierava contro il marito sulla questione di Peter Kuspe senior. Peter la guardava interrogativo. “Se saprà la storia non ci costruirà castelli in aria. E’ meglio così.”
“Si!” confermò Anne, anche se non aveva del tutto capito cosa aveva detto la madre.
“Ha ragione, Peter” disse Gretel, più tranquilla ora che sapeva di non essere sola contro il figlio. “Lascia che le racconti. Capirà. Lasciatemela qua per questa notte, la verrete a riprendere domani. Staremo sole io e lei, e io le racconterò tutto. Domani le sarà passato il pallino del nonno e tutto tornerà normale. Sei d’accordo?”
“Io si!” rispose la madre. Si voltò a guardare il marito “Così tu non sarai obbligato a sentire la storia. E’ ora che lei sappia, non è più così piccola”.
Peter allargò le braccia in segno di resa. “Ho tutti contro” decretò, “che altra scelta ho?”.
Anne gli sorrise e si sentì improvvisamente più felice: la grande tensione che era presente prima sembrava momentaneamente sparita. Gretel aveva smesso di piangere e ora ringraziava Peter promettendogli che non sarebbe successo niente di male a sua figlia durante la permanenza a casa della nonna. E avrebbe finalmente scoperto chi era Peter Kuspe.
Fremente, Anne salutò i genitori e li guardò mentre si allontanavano con l’auto. Non appena questa abbandonò il vialetto, la bambina agguantò la mano della nonna e la tirò dentro casa, su per le scale, diretta verso la stanza da letto.
Una volta raggiunta la postazione, le due si sedettero sul letto. Il cassetto della nonna era rimasta aperto, anche se le lettere e le foto che aveva sfogliato erano state riposte al suo interno.
Gretel prese tutto il contenuto del cassetto e lo appoggiò sul letto. Foto, lettere, cartoline: tutto il passato di Gretel era appoggiato sul suo copriletto, e ora Anne avrebbe scoperto quali segreti nascondeva. Non stava nella pelle.
Gretel passò la mano sui suoi ricordi, come se fosse indecisa su cosa dire per iniziare, come se non riuscisse a capire quale delle foto e delle lettere fosse la più adatta ad iniziare il racconto di una vita intera.
“Non so da dove iniziare” ammise. “Ogni singolo foglio di carta su questo letto è un frammento della mia vita, è difficile dire quale sia il più importante.”
Rimase un po’ in silenzio scrutando le fotografie. Poi ne prese una e la mostrò ad Anne, che aspettava con il fiato sospeso. Mostrava un uomo in giacca e cravatta seduto dietro ad una scrivania, con un cipiglio orgoglioso e dei folti baffi ben curati.
“Questo era mio padre. Il suo nome era Franz Strauss, come il musicista, solo che non eravamo parenti, nonostante lo stesso cognome. Mio padre aveva fatto carriera da ufficiale nell’esercito tedesco, e aveva iniziato a prestare sevizio per la patria già prima della Repubblica di Weimar. Ha partecipato alla Grande Guerra, quando io non ero ancora nata, ed è tornato a casa nel 1918 sconfitto ma decorato. Ero molto orgogliosa di mio padre. Io e mia sorella Heidrun lo adoravamo. Nostra madre era morta di vaiolo quando avevamo io quattordici e lei dodici anni, e da allora nostro padre era diventato tutto il nostro mondo. Non ci lasciava mai e stava sempre con noi, tranne ovviamente quando doveva compiere i suoi doveri di Generale. Una di quelle volte è stata in occasione dell’annessione dell’Austria al Reich tedesco. Erano giorni di festa. Adolf Hitler era arrivato al potere da alcuni anni ormai, il popolo tedesco godeva di un buon reddito e di buone condizioni di vita, e la cosa sembrava non volersi arrestare.”
Anne ascoltava a bocca aperta anche se non capiva tutto quello che la nonna diceva, ma non voleva interromperla per non rompere la magia. Tutte le parole le si manifestavano davanti come se fosse un film.
“Era il 1938…”     
 
 
[1] Christlich Demokratische Union: il partito cristiano-democratico tedesco, eletto dopo la riunificazione della Germania in seguito alla caduta del Muro di Berlino. Il cancelliere Helmut Kohl (CDU) fu cancelliere della Germania dell’ovest e, dopo la riunificazione, delle due Germanie unite. Fortemente contrastato dalla sinistra tedesca, veniva soprannominato ‘pera’ a causa delle rappresentazioni satiriche che lo vedevano, appunto, rappresentato come una pera.
  
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