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Autore: HikariMoon    19/03/2014    3 recensioni
(Post-Dan il Guerriero Rosso e Pre-Brave) La battaglia contro il Re del Mondo Altrove è ormai alle spalle e i sei Maestri della Luce si godono la fama della loro vittoria. Ma improvvisamente la direzione del vento cambia. Da un giorno all’altro, i giornalisti, che li rincorrevano per intervistarli, cominciano a sollevare dubbi che ben presto di trasformano in accuse. Pian piano tutti i compagni di scuola e anche gli amici cominciano ad evitarli, arrivando a convincersi anche loro che i Maestri della Luce abbiano privato la Terra del Sistema dei Nuclei. I sei ragazzi, però, sono decisi a continuare la loro battaglia nonostante tutto e questo li porta a scontrarsi con le proprie famiglie. Ma, alla fine, le accuse e le derisioni finiscono per minare la determinazione e la volontà dei Maestri della Luce, portandoli uno a uno, ad arrendersi…
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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Capitolo 5

Era stato un colpo duro da superare. La partenza di Hideto, così improvvisa, li aveva colpiti molto più di quanto avrebbero mai potuto credere. Per la prima volta in tutti quei mesi la realtà, così come stava veramente, era stata loro sbattuta in faccia. E, quando i loro sguardi si erano incrociati, vi avevano letto per la prima volta la paura e la sconfitta.

Non era successo quando tutti avevano cominciato ad attaccarli, non era successo quando si erano visti voltate le spalle da amici e famiglie… era stato difficile, erano stati cambiati e resi più fragili, ma insieme erano riusciti a resistere. Ma dover separarsi da uno di loro era molto diverso: loro erano i Maestri della Luce, i sei Guerrieri di Gran RoRo, non uno di più non uno di meno, dovevano restare insieme come nella battaglia contro il Re del Mondo Altrove. Era quello che si erano ripetuti in tutti quei mesi. Ora, si stavano rendendo veramente conto che non sarebbe bastato. Forse lo avevano saputo da sempre, qualche volta, quando erano stati soli, probabilmente lo avevano anche ammesso… ma nessuno di loro aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, per paura che si potesse avverare davvero. Ma anche quello non era servito.

Ed ora, con la partenza di Hideto, dovevano affrontare la dura realtà: era una battaglia troppo grande per loro. Si sentivano svuotati. Clarky, seduto sul divano, si era preso la testa tra le mani fissando il pavimento. Kenzo, con lo sguardo perso, si era seduto accanto a lui. Mai aveva abbassato la mano che teneva il foglietto di Hideto, ancora non in grado di capacitarsi di quello che era successo. Ma era soprattutto Dan che non riusciva a credere a quello che era accaduto e continuava a camminare avanti e indietro per la stanza. Yuuki, in piedi, guardava i suoi amici: aveva temuto che sarebbe successo, aveva sempre sospettato che potesse essere quello l’obbiettivo, separarli. Ma si era sempre detto che i Maestri della Luce che aveva conosciuto a Gran RoRo sarebbero riusciti a superare anche quella difficoltà…

Un’unica domanda si ripeteva nelle loro cinque teste: cosa avrebbero fatto ora?

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Dopo la partenza di Hideto, era passato luglio ed era iniziato agosto. Molti andavano in vacanza e loro combattevano una battaglia che sembrava ormai inutile. Come Don Chisciotte contro i mulini a vento. Avevano cercato di far finta che la partenza di Hideto non fosse stato un colpo così forte. Se continuavano a combattere, si ripetevano, presto sarebbero stati di nuovo in sei perché Hideto sarebbe tornato.

Ma ormai praticamente nessuno gli ascoltava più. Gridavano al vento con il solo risultato di far riaccendere per qualche giorno le critiche e gli attacchi contro di loro. La loro battaglia si stava trasformando in un qualcosa che loro portavano avanti solo perché non sapevano cos’altro fare… senza più nessuna convinzione.

Era a questo che pensava Kenzo mentre fissava il ventilatore che si muoveva rinfrescando l’aria della stanza. Era frustante. Si sentiva così inutile. Quando a scuola non riusciva a risolvere un qualche problema, bastava che si impegnasse un paio di giorni e alla fine trovava la soluzione. Ora, invece, gli sembrava di continuare a dibattersi nel nulla.

Un nulla pesante come l’aria di quel giorno di agosto. Soffocante era la parola esatta. Cominciava a capire quello che doveva aver provato Hideto, perché ora lo provava anche lui. Ma dubitava che avrebbe avuto il coraggio del Guerriero Bli: lui non sarebbe mai riuscito a partire e vagare per il mondo senza una meta. Fin da quando era bambino, il suo rifugio era lo studio, i libri. Era il suo piccolo mondo in cui non c’era niente che lui non potesse risolvere: lì poteva trovare una risposta ad ogni cosa. O poteva partire da lì per trovare la risposta che mancava… Mentre invece, ormai, lì non riusciva a fare più niente.

Sì, aveva bisogno di rimettersi a studiare. Di sentire di nuovo di avere la possibilità di avere tutte le soluzioni possibili, di sapere che da qualche parte c’era una soluzione e che lui la poteva trovare. Cosa che non sarebbe successa nella loro battaglia, che era diventata ormai una via senza uscita.

Kenzo sospirò e guardò gli altri. Mai stava leggendo in un angolo del divano. Clarky stava sfogliando malvolentieri un giornale. Dan e Yuuki stavano parlando. Kenzo tornò a sospirare: come facevano quei due? Lui se lo chiedeva proprio. Un’altra di quelle cose a cui non riusciva a trovare risposta. Lui non ce l’aveva più la loro determinazione. Era evaporata senza lasciare traccia.

Tra poco meno di due mesi, poi, sarebbe anche riiniziata la scuola. Aveva ancora un sacco di compiti da fare. Però non voleva abbandonare la battaglia per la verità di Gran RoRo… Non si era mai sentito così combattuto.

“Presto inizierà di nuovo la scuola…”

La sua voce attirò l’attenzione degli altri che annuirono o pronunciarono qualche monosillabo. Kenzo sospirò.

“Ho ancora un sacco di compiti da fare…”

Il ragazzino si chiese se stava parlando con gli altri o con sé stesso. Era da un po’ di tempo che aveva come l’impressione che si fosse creata una sorta di barriera invisibile tra di loro. Ciascuno immerso nei propri pensieri, nelle proprie difficoltà…

Una mosca ronzò attorno al viso di Kenzo che, di scatto, si alzò in piedi attirando l’attenzione degli altri, che si voltarono guardandolo con espressione interrogativa.

“Basta.”

Sì. Voleva gridarlo. Non riusciva più ad andare avanti così. Hideto aveva avuto ragione. Sentiva che anche lui aveva bisogno di ripartire, di ritrovare di nuovo sé stesso. La voce di Dan lo distrasse dai propri pensieri.

“C’è qualcosa che non va, Kenzo?”

Il ragazzino passò lo sguardo da uno all’altro e, alla fine, prese un enorme respiro prima di parlare.

“Devo studiare… torno a casa.”

Le sue parole furono accolte da un silenzio quasi surreale, reso ancora più irreale dal rumore delle pale del ventilatore. Kenzo si rese conto di averli leggermente scioccati: forse avevano sperato che nessun altro se ne sarebbe andato. Anche lui lo aveva sperato…

“Ho un sacco di compiti. Devo finirli prima che inizi la scuola…”

Dan lo guardò sbattendo le palpebre. “Ma devi proprio andartene? Puoi farli qui i compiti.”

Kenzo sospirò. “Vi sarei solo d’impiccio… quando studio, non riesco a dedicare molto tempo ad altro. Non riuscirei a continuare la nostra battaglia.”

Quelle parole gli suonavano come le più ipocrite di tutte. Non ci credeva neanche lui che le aveva dette. Però, doveva andarsene…

“Se è quello che vuoi…”

Kenzo si voltò verso Clarky che lo guardava tranquillo. Chissà che cosa gli passava per la mente… chissà che cosa riusciva a tenerlo lì. Avrebbe voluto avere anche lui quel qualcosa per cui continuare a lottare…

“Mi dispiace, che tu vada via…”

Mai parlò tenendo lo sguardo basso sulle pagine del libro. Kenzo vedeva quanto dispiaceva a ciascuno di loro. Per questo cercò di sforzarsi a sorridere.

“Non è mica un addio… mi prendo solo una pausa.”

Dan e gli altri non dissero nulla, forse perché non sapevano che cosa dire. A quel punto, Kenzo si diresse verso il borsone e in pochi minuti lo aveva riempito. Poi tornò a voltarsi verso gli altri.

“Beh… io vado.”

Clarky e Mai si alzarono e lo abbracciarono. Dan, leggermente triste al vedere un altro amico che se ne andava, lo salutò sorridendo.

“Spero che tornerai a presto, Kenzo.”

Kenzo annuì e fece un cenno di salutò verso Yuuki. Poi si diresse lentamente verso la porta. Sapeva già che i suoi amici gli sarebbero mancati, ma ormai sapeva anche che era quello che doveva fare. Aveva bisogno di tornare alla vita di prima. Kenzo tirò su con il naso mentre usciva dalla porta e salutava ancora una volta gli altri. Per fortuna che era stato un saluto veloce. Sembrava più che altro che stesse uscendo per fare un giro. Sarebbe stato molto più difficile, altrimenti…

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Shizuko stava preparando le ultime cose per la cena di quella sera. Improvvisamente si sentì il rumore di chiavi che giravano nella serratura.

“Sono arrivata!”

La donna si riscosse e posò nel lavabo le verdure che stava pulendo. Asciugatasi le mani, Shizuko si diresse velocemente verso l’ingresso dove incrociò Atsuko che stava indossando le pantofole.

“Signora…”

Atsuko sorrise guardandola interrogativa. “C’è qualcosa che non va, Shizuko?”

La donna cominciò a torturarsi le mani, lanciando ogni tanto delle occhiate al piano superiore. La signora Hyoudo la guardò senza capire.

“Shizuko?”

La governante sospirò. “Al piano di sopra…”

Atsuko inarcò un sopracciglio. “Non mi dirai che c’è di nuovo uno spandimento! L’idraulico è venuto un mese fa!”

Shizuko scosse la testa. “No… Kenzo…”

Atsuko ammutolì e si voltò anche lei verso il piano superiore.

“Kenzo? È tornato? Quando?”

Shizuko mosse le mani per sistemarsi il grembiule. “Da poco prima dell’ora di pranzo… è tutto il pomeriggio sui libri.”

Atsuko rimase per qualche istante senza sapere cosa fare. Non era mica una cosa facile. Per anni aveva delegato ad altri la cura di suo figlio. Poi, quando era scomparso a Gran RoRo (come avevano saputo poi) se ne era pentita. Ma in un solo anno era difficile recuperare un rapporto madre-figlio che praticamente non era mai esistito. La donna sospirò: era arrivato il momento di ricoprire il ruolo di madre. Atsuko passò la giacca a Shizuko.

“Vado a parlarci.”

La governante annuì e Atsuko si diresse verso le scale. Ogni gradino si sentiva sempre più insicura. Che cosa doveva dirgli? E se non voleva parlarle? Se le chiedeva di uscire dalla stanza e lasciarlo in pace? Arrivata davanti alla porta di Kenzo, Atsuko scosse la testa: avrebbe affrontato ogni cosa. In quel momento si sentì la voce di Kenzo provenire dall’altra parte della porta.

“No… uffa, non era questa la formula.”

La donna sorrise. Quanti momenti si era persa… Preso un altro respiro, Atsuko aprì la porta ed entrò lentamente nella stanza. La finestra era aperta e si vedeva il cielo che cominciava ad incupirsi con l’arrivo della sera. Un venticello piacevole stava rinfrescando l’aria calda di quella giornata di agosto appena trascorsa. Kenzo era chinò su un quaderno aperto sulla scrivania e, ai suoi lati, c’erano due pile di libri. La donna sorrise e si avvicinò posandogli una mano sulla testa.

“Ciao, Kenzo.”

Kenzo rimase zittò un secondo. Poi le rispose. “Ciao, mamma.”

La donna esitò un attimo prima di continuare. “E così sei tornato…”

Kenzo annuì continuando a guardare gli appunti sul suo quaderno.

“Come mai?”

Atsuko rimase in trepidante attesa, quasi temendo che Kenzo le dicesse di farsi gli affari suoi come aveva fatto in tutti quegli anni. Ma Kenzo non glielo disse.

“Fra poco più di un mese riinizia la scuola… devo finire i compiti e riguardare gli ultimi argomenti dell’altro anno.”

La donna lo guardò tristemente. Anche lei riusciva a percepire il tono deluso del proprio figlio. Non era certo quello il motivo… studiare era semplicemente il modo di Kenzo per non pensare ad altro. Atsuko inspirò: doveva continuare. Suo figlio aveva bisogno di avere qualcuno che lo confortasse… almeno questo glielo doveva, visto che non era riuscita a supportarlo nella sua battaglia come avrebbe dovuto.

“Tu come stai?”

Kenzo sospirò e voltò una pagina. “Come vuoi che mi senta, mamma? Sto bene, non ti preoccupare.”

Atsuko sorrise e gli passò una mano tra i capelli.

“Non è vero. Sarò anche la peggiore madre di questo mondo, ma riesco ancora ad accorgermi, se voglio, quando hai qualcosa che non va.”

Il Guerriero Verde si morse un labbro. “No… sono solo molto impegnato con questi compiti.”

La donna sospirò con l’aria di credergli.

“E va bene, se lo dici tu. Non ti dispiace se rimango qui, vero? Devo controllare dei dati su una relazione.”

Atsuko non attese risposta e si sedette sul bordo del letto di Kenzo, tirando fuori dalla borsa una cartelletta da cui estrasse un plico di fogli pinzati.

“Così se hai voglia di dirmi come stai davvero, sono qui.”

Kenzo non disse niente. Atsuko finse di leggere il contenuto del plico, ma in realtà continuava a lanciare occhiate al figlio. Era terrorizzata dall’idea di essersi sbagliata: e se Kenzo invece stava bene veramente? Magari era lei che si sbagliava… non poteva certo vantare un chissà quale intuito di madre. Ma, poco dopo, Kenzo posò la penna e si fermò. La madre rimase in attesa. Passò qualche minuto e poi si sentì la voce del Guerriero Verde.

“Mamma…”

La donna sorrise. “Sì, Kenzo?”

Il ragazzino si voltò. Sembra imbarazzato e sul punto di chiederle qualcosa, senza però riuscirci. Forse era anche per lui difficile abituarsi all’idea di avere una madre che aveva il tempo di starlo a sentire. Atsuko sorrise e allargò le braccia posando sul comodino il plico di fogli.

“Vieni qui.”

Kenzo sorrise sollevato e non se lo fece ripetere due volte. Si alzò dalla sedia e raggiunse velocemente la madre. La donna lo abbracciò iniziando a cullarlo. Quanto si pentiva della sua stupidità in tutti quegli anni… chissà quante altre volte il suo bambino aveva avuto bisogno di lei.

Rimasero così per lunghi minuti. Kenzo sembrava voler soltanto sentire la vicinanza della madre, la sensazione delle sue braccia che lo stringevano.

“Ho paura che gli altri mi odino…”

Atsuko venne colta di sorpresa quando Kenzo iniziò a parlare. Sentire la sua amarezza le fece male.

“Perché dovrebbero odiarti?”

Kenzo sospirò. “Perché me ne sono andato… penseranno che sono solo un bambino capriccioso.”

La donna sorrise e scosse la testa. “Secondo me ti sbagli. Mi hai sempre detto che sono i migliori amici che tu abbia mai avuto… allora facevo bene a pensare che tu non dovessi vederli.”

Kenzo scosse la testa. “No… loro sono veramente i migliori amici che avrei mai potuto avere.”

Atsuko gli accarezzò i capelli. “E allora sai benissimo anche tu che non diranno niente di male di te. Ti capiranno.”

Un altro silenzio calò tra i due. Questa volta, però, venne rotto dalla voce di Atsuko.

“Come mai hai deciso di tornare?”

Kenzo sospirò rimanendo in silenzio lunghi istanti prima di parlare.

“Un paio di settimane fa Hideto se ne è andato. Non ce lo aveva neanche detto… ci ha solo lasciato un biglietto in cui ci diceva che aveva bisogno di ripartire da zero, di ritrovare la determinazione di un tempo. Chissà dov’è adesso…”

La donna lo guardò tristemente. “Mi dispiace…”

Kenzo si voltò verso di lei guardandola speranzoso. “Pensi che presto tornerà?”

Atsuko sorrise e annuì con convinzione. “Ne sono certa. E, se non lo fa, posso sempre sfruttare i miei contatti… conosco un po’ di gente alle ambasciate.”

Kenzo scoppiò a ridere. “Non voglio mica farlo arrestare!”

La donna lo guardò con gli occhi sgranati. “Ma io non ho mai detto questo!”

Poi Atsuko scoppiò a ridere e, alla fine, anche Kenzo la seguì a ruota. Dopo qualche momento, la donna tornò seria.

“Ti dispiace aver lasciato gli altri tuoi amici, vero?”

Kenzo annuì. “Sì. Dopotutto questa era anche la mia battaglia… e io ora gli ho lasciati da soli.”

Atsuko gli sfiorò la fronte con le labbra.

“Non si può combattere sempre… anche il guerriero più forte, qualche volta, deve fermarsi per riposare. Ne avete passate così tante… credo che tutti voi vi meritiate un po’ di riposo.”

Il ragazzino non sembrò molto convinto. “Ma non siamo riusciti nel nostro intento…”

La donna sospirò. “Kenzo, nessuno può fare qualcosa che va oltre le sue forze… e nessuno può farsi del male per non deludere gli altri. Se tu sentivi che dovevi fermarti, è giusto così. Loro lo capiranno.”

Kenzo sembrò pensarci un attimo, poi si voltò verso di lei.

“Ti dispiacerebbe rimanere ancora un po’ qui… mentre finisco di studiare?”

Atsuko sorrise, leggermente commossa. “Certo…”

Kenzo sorrise e si alzò tornado a sedersi alla scrivania. Dopo qualche istante, tornò a voltarsi verso la madre.

“Mamma…”

Atsuko alzò gli occhi dal plico di fogli. “Si?”

Kenzo sorrise. “Grazie.”

La donna faticò a trattenere delle lacrime e sorrise. Finalmente sentiva di essersi comportata veramente da madre. “Di nulla, tesoro mio.”

Kenzo riprese a studiare e, finalmente, si sentì un po’ più leggero. Ora che aveva parlato con qualcuno si sentiva molto meglio. E il fatto che fosse stata sua madre, lo aveva fatto sentire bene. Forse avrebbe continuato a sentirsi in colpa, ma sapere di non essere solo lo rassicurava. Sua madre aveva ragione. Doveva ricaricarsi. Poi, sarebbe tornato dagli altri e avrebbe ripreso a combattere con loro. Kenzo sorrise e riprese a concentrarsi sugli appunti.

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Settembre era iniziato. L’estate stava finendo e le scuole presto sarebbero riiniziate. Ma le cose per i Maestri della Luce non erano migliorate. Anzi… dopo che anche Kenzo se ne era andato, si erano fatte più difficili.

Clarky se ne era reso conto. E la cosa peggiore non era dover affrontare la loro battaglia in quattro, ma era dover sopportare il pensiero di due amici che si erano arresi. Era facile dire che tutto sarebbe andato meglio, che era solo un momento difficile che insieme avrebbero superato… ma non era così. Clarky se ne rendeva ben conto. Lo vedeva soprattutto in sé stesso e negli occhi di Mai. Dan era un discorso a parte. Sembrava che più le cose si facevano difficili, più lui si mostrava determinato ad andare avanti, a non mollare. Qualche volta si trovava a pensare che il Guerriero Rosso cercasse di essere determinato anche per gli altri. Forse era così… Dan cercava di lottare anche al posto di Hideto, al posto di Kenzo… E poi c’era Yuuki. Anche lui era un discorso a parte. Come Dan, aveva qualcosa per cui lottare. E, se il Guerriero Rosso non voleva mollare per tutti i loro amici e la promessa che aveva fatto loro, il Guerriero Bianco non voleva arrendersi in ricordo di Kajitsu.

Avrebbe voluto essere come loro. Ed era cero che anche Mai si sentisse così. Anche lui voleva riuscire ad essere immune a tutto quello che stava succedendo, riuscire a non essere scalfito dalle cadute, riuscire a rialzarsi con la stessa determinazione. Ma lui non ci riusciva. Era inutile mentirsi. E ogni giorno che passava se ne rendeva conto sempre di più. Si sentiva sempre più stanco di combattere, senza più uno scopo… e quella volta non ci sarebbe stato un duello con Leon che gli avrebbe schiarito le idee.

E così tirava avanti. In attesa di trovare il coraggio di prendere una decisione qualsiasi. Decisione che, ogni giorno che iniziava, lui non riusciva a prendere. Rimaneva sempre fermo di fronte al bivio: trovare di nuovo la determinazione o tornare a casa e smettere di fingere di riuscire a sopportare tutto.

Anche quella mattina ci stava pensando, mentre facevano colazione. Girando il cucchiaino nel caffelatte, Clarky guardò di sottecchi i suoi amici. Dan e Yuuki stavano discutendo delle notizie apparse sui giornali, cercavano di decidere quale sarebbe potuta essere la loro prossima mossa. Mai, invece, seduta a gambe incrociate sulla sedia, sembrava ascoltarli, mentre inzuppava un biscotto nella sua tazza. Ma si vedeva che, in realtà, non li stava ascoltando. Ogni tanto lanciava loro un’occhiata triste e poi tornava subito ad immergersi nei propri pensieri.

Forse era anche per quello che avevano cominciato ad andarsene. Tutto quello che era successo stava riuscendo a separarli. Ognuno cercava di affrontare i propri fantasmi da solo, senza parlarne con gli altri. Si erano tutti costruiti dei gusci in cui speravano di riuscire a resistere. Anche quello con scarsi risultati…

Clarky sospirò e finì di bere il caffelatte. Non riusciva più ad andare avanti così. Era come in un duello… bisognava avere anche la forza di capire quando il tuo avversario, ormai, aveva vinto. Inutile fingere di avere ancora la vittoria in pugno. Tanto valeva alzare bandiera bianca prima di essere mandati K.O. definitivamente. Tanto, nella realtà, non si poteva avere una rivincita come in Battle Spirits. Sì, doveva trovare il coraggio di fare un passo indietro.

Clarky alzò lo sguardo e fissò i tre amici. Poi si schiarì la voce per attirare la loro attenzione. I tre si voltarono verso di lui incuriositi.

“Devo dirvi una cosa.”

Dan annuì inghiottendo il boccone che aveva in bocca. “Cosa c’è Clarky?”

Il ragazzo sospirò e poi li guardò con espressione determinata.

“Ho deciso di tornare a casa…”

A quelle parole, Dan e Mai sgranarono gli occhi. A parlare fu per prima la ragazza.

“Anche tu…”

Clarky sorrise con rassegnazione. “Chi combatte deve anche sapere quando è il momento di fermarsi…”

Mai strinse le labbra, colpita da quelle parole. Dan, invece, scosse la testa.

“Ma noi non abbiamo ancora perso.”

Clarky si voltò verso di lui sorridendo. “Tu no, Dan. Ma io sì. Questa volta non posso continuare questo duello fino all’ultima vita.”

A quel punto, Clarky si alzò posando la salvietta vicino alla tazza.

“Mi dispiace. Vado a preparare le mie cose.”

Clarky si diresse verso il salotto, consapevole degli sguardi degli altri tre. Lui, però, finalmente era riuscito a prendere una decisione. In un certo senso si sentiva più leggero, meno preda dell’ansia che lo aveva tormentato in quelle ultime settimane. In realtà, si sentiva anche più svuotato… ma a quello ci avrebbe fatto l’abitudine e, alla fine, sarebbe passato.

Gli sembrava così strano star per lasciare quell’appartamento. Era diventata un po’ la sua casa in quei pochi mesi trascorsi da giugno. Ma sarebbe stato ancora più bello se, quei mesi passati insieme ai suoi migliori amici, si fossero svolti in un’atmosfera migliore…

Ma chissà, forse anche per quello ci sarebbe stato tempo. Quando chiuse la zip del borsone, sentì qualcuno fermarsi alle sue spalle. Clarky si voltò e si vide di fronte Mai.

“Perché Clarky?”

Il ragazzo sorrise. “Perché credo che sia la cosa migliore per me.”

La ragazza sospirò. Clarky sollevò il borsone. “Pensa tu a quei due… soprattutto a Dan.”

Mai alzò lo sguardo smarrito. “Io non se ce la faccio…”

Clarky le posò una mano sulla spalla, sorridendo. “È una decisione che devi prendere tu, Mai. A presto.”

La ragazza annuì cercando di sorridere. In quel momento, sulla porta che dava sulla cucina, apparvero Dan e dietro Yuuki. Il Guerriero Rosso fece qualche passo avanti.

“Clarky… non te ne puoi andare. Abbiamo sempre combattuto insieme.”

Il Guerriero Giallo lo raggiunse sorridendo e gli diede una pacca sul braccio.

“Te la caverai benissimo da solo, Dan. Io ho bisogno di fermarmi per un po’… chissà magari presto tornò. Chi può dirlo… que cera, cera.”

Yuuki sorrise e annuì. “Allora, arrivederci Clarky.”

Clarky alzò una mano in segno di saluto. “Ci si vede. Buona fortuna a tutti… Dan continua così.”

Il Guerriero Rosso non sembrava aver molta voglia di arrendersi, ma alla fine sospirò e cercò di sorridere.

“Torna presto, Clarky. I Maestri della Luce devono stare uniti. Dobbiamo farlo per Gran RoRo.”

Clarky annuì e si diresse verso la porta. Gli altri rimasero fermi a fissarlo, finché il Guerriero Giallo non si chiuse la porta alle spalle. A quel punto, Mai si voltò e andò nella propria camera chiudendosi la porta alla spalle. Dan si voltò, continuando a chiedersi come era possibile che tutti volessero andarsene e se c’era qualcosa che lui potesse fare.

Clarky, intanto, era ancora fuori dalla porta, posata ad essa. Teneva lo sguardo basso e un sorriso amaro piegava le sue labbra. Sembrava quasi che non riuscisse a trovare la forza per lasciare definitivamente quella casa. Rimase lì per lunghi minuti, poi si spinse in avanti e si diresse verso l’ascensore, le cui porte, poco dopo, si chiusero davanti a lui. Era arrivato il momento di tornare a casa.

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Andrew fece girare le chiavi della serratura sbadigliando. Quel giorno all’accademia era stato faticosissimo. Non vedeva l’ora di farsi una doccia. Non avrebbe dovuto neanche litigarsi il bagno con Clarky… il ragazzo sorrise tristemente. Quanto gli mancavano anche quei momenti che prima non sopportava… quelle settimane d’estate erano state così difficili, come quelle dell’anno prima quando non avevano avuto notizie di Clarky per tanto tempo.

Andrew sospirò ed entrò, chiudendosi dietro la porta. La casa era avvolta dal silenzio. Sua madre non doveva essere ancora rientrata. Suo padre invece sarebbe tornato il giorno dopo per qualche giorno, forse una settimana e poi sarebbe tornato a pilotare i suoi aerei in qualche parte lontana del mondo. Il ragazzo si diresse verso la propria camera per posare lo zaino. Si sarebbe andato a fare una bella doccia e poi sarebbe andato a mangiare qualcosa. Pensandoci, avrebbe dovuto anche chiamare Kaoru.

Lungo il corridoio, quando passò davanti alla stanza di Clarky, lanciò uno sguardo distratto e tirò dritto. Fatti solo pochi passi, però, Andrew si fermò e tornò indietro guardando con stupore dentro alla stanza. Ai piedi del letto era gettato un borsone e, sul letto, c’era disteso Clarky con un braccio sul viso.

Andrew si fermò fissandolo, senza capire. Da quando era tornato? Stava bene?

“Non sto dormendo, Andy…”

Andrew si riscosse nel sentire la voce di Clarky, che nel frattempo aveva spostato il braccio posandolo sul materasso. Era stato quasi sul punto di rimproverarlo per aver usato di nuovo il nomignolo che odiava, ma poi qualcosa nella voce di Clarky lo aveva fermato. Lentamente, aveva posato lo zaino vicino alla porta e si era avvicinato al letto. Clarky era disteso ad occhi chiusi e sarebbe potuto benissimo sembrare addormentato. Andrew si sedette sul bordo del letto.

“Come va?”

Clarky abbozzò un sorriso. “Sono tornato a casa…”

Andrew gli diede un colpetto sul braccio sorridendo.

“Lo vedo. Non sono ancora arrivato al punto di avere le visioni…”

Clarky rise. “E chi te lo dice che io non sia una tua immaginazione?”

Andrew aprì la bocca ma non seppe cosa dire. Poi sbuffò. “Lasciamo stare… io ti avrei fatto una domanda. Come stai?”

Clarky alzò le spalle. “Come vuoi che stia? Ho capito che era arrivato il momento di arrendersi.”

Andrew lo guardò tristemente. “Mi dispiace. Ti ha fatto male salutare i tuoi amici? Da quanto sei qui?”

Clarky sorrise amaramente. “Da questa mattina… tranquillo, ho mangiato qualcosa a pranzo.”

Andrew lasciò vagare per qualche istante lo sguardo sulla stanza di Clarky e poi tornò a guardarlo.

“Hai… pianto?”

Per lunghi istanti Clarky rimase immobile, poi scosse la testa e sorrise.

“No, non ho pianto… ho pensato. A Gran RoRo, ai nostri amici, a chissà dove è adesso Hideto, a cosa starà facendo Kenzo, come l’avranno presa Dan, Mai e Yuuki… in queste ore avevo troppo cose a cui pensare per piangere.”

Andrew lo guardò tristemente. “Adesso che cosa farai?”

Clarky, a quel punto, aprì gli occhi e si alzò, fissando la parete di fronte a lui.

“Non lo so… è l’unica cosa a cui non ho pensato.”

Il ragazzo rise, ma si sentiva che non era una risata felice, piena di gioia. Era piuttosto una risata carica di rassegnazione.

“Mamma e papà adesso saranno contenti… non combatterò più per la verità di Gran RoRo…”

Andrew lo fissò. “Mamma e papà non si sono mai augurati che tu fallissi per vederti tornare a casa… volevano solo che tu non corressi dei pericoli.”

Clarky annuì. “Lo so… ma alla fin fine avevate ragione. Siamo solo dei ragazzi… non potevamo vincere contro il mondo.”

Andrew lo colpì su una spalla. “Non dovresti abbatterti così… se lo avessero fatto anche i primi che hanno costruito un razzo, alle prime difficoltà, non saremmo mai arrivati sulla Luna.”

Clarky lo guardò scuotendo la testa.

“Tu non riesci proprio a non pensare al tuo spazio, vero?”

Andrew sorrise. “Piacerebbe anche a te… devi solo vederlo da un’altra prospettiva.”

Il Guerriero Giallo alzò le spalle. “Sarà…”

I due ragazzi rimasero zitti per qualche minuto. Poi, Andrew abbracciò Clarky cogliendolo di sorpresa.

“Che fai?”

Andrew sorrise. “Mi sei mancato, fratellino…”

Clarky sorrise e lo guardò poco convinto. “E serviva abbracciarmi?”

Andrew ridacchiò. “Non mi è venuto in mente un modo più intelligente per dirti che ti sono vicino. Mi dispiace che non siate riusciti a far trionfare la verità.”

Clarky sospirò abbracciando a sua volta il fratello. “Dispiace anche a me… ma c’est la vie.”

Rimasero fermi per lunghi istanti, poi Andrew si staccò sorridendo.

“Basta abbracci… far durare troppo questi momenti sdolcinati è controproducente.”

Clarky sghignazzò parlando con tono allusivo.

“Te lo ricorderò quando sarai con Kaoru…”

Il maggiore sgranò gli occhi e colpì con uno scappellotto la nuca di Clarky che sorrise divertito.

“Ti vieto di impicciarti nella mia vita sentimentale, Clarky Ray.”

Il Guerriero Giallo si posò sulle braccia e alzò la testa a fissare il soffitto.

“Stavo scherzando… sono contento che in tutta questa faccenda, ci sia stata almeno una cosa positiva. Intendo tu e Kaoru…”

Andrew sorrise. “Quanto siamo gentili, fratellino. Ma non essere così pessimista…”

Clarky annuì e chiuse gli occhi. “È solo un momento… fra poco passerà. Devo solo riabituarmi alla vita di prima, senza battaglie…”

Andrew si alzò sistemandosi i pantaloni.

“Mi cambio e poi vieni ad aiutarmi a preparare la cena. Così facciamo una sorpresa a mamma.”

Clarky si lasciò cadere sul letto a braccia aperte. “Va bene…”

Quando Andrew uscì dalla sua stanza, Clarky rimase immobile a fissare il soffitto. Si sentiva così strano. In un anno quante cose erano successe, quante volte la sua vita era cambiata… prima Gran RoRo, poi il ritorno a casa, il successo, il cambio di vento e gli attacchi dei mass media e, infine, di nuovo a casa. Prima che riiniziasse la scuola, doveva mettere un po’ d’ordine nella sua vita, capire quello che era rimasto del vecchio Clarky. Improvvisamente, il ragazzo sorrise e mise una mano in tasca tirandone fuori una carta, che portò all’altezza del suo viso.

“Cambiano tante cose, ma tu rimani sempre con me… vero, mia adorata Sophia?”

Per lunghi istanti, Clarky fissò l’immagine sorridente dell’angelo raffigurato sulla carta di Battle Spirits, Grande Angelia Sophia. Era la sua amica, la sua migliore confidente… almeno qualcosa del suo passato era rimasto immutato.

Improvvisamente, Clarky sentì provenire dalla cucina un rumore di pentole che cadevano. Mentre si metteva a sedere sul letto con un’espressione perplessa, sentì la voce di Andrew.

“Clarky… non ti sarai mica addormentato?”

Era tecnicamente impossibile con tutto quel rumore. Il ragazzo rise e si alzò, tornando a sistemare la carta insieme alle altre del mazzo.

“Arrivo, Andrew… cerca di non distruggere la cucina nei secondi che mi servono per arrivare.”

“Spiritosone! Muoviti!”

Clarky sospirò sorridendo e raggiunse il fratello. Arrivato in cucina, vide Andrew che stava finendo di raccogliere le pentole cadute. Raggiuntolo, lo aiutò a tirare su le ultime.

“Sentiamo, cosa dovremmo preparare?”

Andrew alzò le spalle. “Non lo so… qualcosa che ti tiri su di morale.”

Clarky sorrise. “Forse meglio qualcosa con cui non rischiamo di bruciare la cucina… sai che bella sorpresa per mamma.”

Senza altri indugi, i due ragazzi si misero all’opera con pentole, utensili ed ingredienti. Usando il doppio degli oggetti che normalmente una persona usa, ma giustamente erano in due, e sporcando cucina e credenze come se avessero preparato da mangiare per un reggimento, Clarky e Andrew ci misero tutto il loro impegno per preparare qualcosa che fosse almeno mangiabile.

Dopo un’oretta, i due ragazzi si sedettero attorno al tavolo e si guardarono soddisfatti (e leggermente sporchi). Davanti a loro troneggiava, spartito in tre piatti, il risultato del loro impegno. Andrew sorrideva soddisfatto.

“Dai, non è andata così male…”

Clarky rise. “No… la cucina non è bruciata.”

Andrew lo guardò di traverso. “Sempre a guardare il lato negativo… e poi siamo anche riusciti a finire in tempo, mamma presto sarà qui.”

Quel commento fu seguito da un momento di silenzio, poi Andrew tornò a voltarsi verso Clarky.

“Ti senti meglio?”

Clarky sorrise e annuì. “Sì, grazie… però, Andrew…”

Il maggiore gli fece cenno di continuare. “Si?”

Clarky scoppiò a ridere. “La prossima volta che mi devi tirare su di morale, puliamo la casa… penso che mamma apprezzerà molto di più.”

Andrew lo guardò senza capire e poi lanciò un’occhiata alla cucina. Dopo pochi istanti, tornò a voltarsi verso Clarky ridendo.

“Forse hai ragione… magari siamo ancora in tempo per sistemare un po’…”

In quel momento si sentì il rumore della porta aprirsi e, subito dopo, la voce della madre.

“Che cos’è questo odore? Andrew?”

Clarky sorrise. “Mi sa che è tardi…”

Andrew si alzò e lo obbligò ad alzarsi in fretta. “Vai a salutarla… così magari non si accorge…”

Clarky lo guardò scuotendo la testa. “Illuso…”

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Le ore sembravano non passare mai da quando anche Clarky se ne era andato. Aveva lasciato l’appartamento quella mattina, appena si erano svegliati. Ormai, i Maestri della Luce non esistevano praticamente più. Rimanevano solo Dan, Yuuki e Mai. Il primo, quando uno dei suoi migliori amici era andato via, aveva cominciato a guardare le proprie carte. Quell’attività lo aiutava a concentrarsi e a pensare. Non riusciva a capire perché Hideto, Kenzo e poi Clarky avessero deciso di arrendersi. Certo, era una battaglia difficile… ma arrendendosi non sarebbero comunque arrivati da nessuna parte.

Dan alzò lo sguardo. Yuuki era fuori sul terrazzo e guardava la città, immerso nei propri pensieri. Chissà a che cosa stava pensando… forse anche lui si sentiva in colpa. Ogni volta che pensava a Gran RoRo, Dan si sentiva in colpa per non essere riuscito a far trionfare la verità. Forse anche Yuuki si sentiva così… neanche lui era riuscito a ristabilire l’onore di Kajitsu, che tutti ancora consideravano l’emblema dei pericoli di Gran RoRo. Dan sospirò e si voltò verso l’interno della casa. Nel corridoio si intravedeva la porta della camera da letto. Mai si era chiusa dentro da quando Clarky se ne era andato. Probabilmente soffriva anche lei per tutte quelle separazioni.

Dan tornò a fissare le carte. Si stavano separando come era successo a Gran RoRo… ma questo non doveva farli arrendere. Anche lì, non si erano arresi e alla fine erano tornati tutti insieme. Sì, avrebbe fatto di tutto perché anche gli altri tornassero a combattere con loro.

Improvvisamente, la porta della camera si aprì e, quando alzò lo sguardo, Dan si vide davanti Mai che posò a terra il borsone, continuando a tenere sul braccio il computer. Un’espressione confusa e interrogativa si dipinse sul volto del Guerriero Rosso.

Mai non distolse lo sguardo da Dan. “Me ne vado.”

“Che cosa?”

La voce sorpresa, venata da una punta di delusione, di Dan fece perdere a Mai tutta la sicurezza che avrebbe voluto mostrare comunicando a Dan e Yuuki la sua decisione. La ragazza abbassò lo sguardo fissando il computer che aveva sul braccio.

“Me ne vado…”

La voce di Mai fu poco più alta di un sussurro. In quel momento, anche Yuuki rientrò e si fermò sulla porta tra salotto e terrazza. Dan, invece, si alzò guardando Mai senza capire.

“Questo lo avevo capito, Mai. Ma… perché?”

Mai alzò lo sguardo, ma lo distolse quasi subito continuando a spostarlo da un oggetto all’altro della stanza. Non riusciva proprio ad incrociare gli occhi di Yuuki e soprattutto di Dan. Come poteva reggere il suo sguardo deluso Lo sguardo di uno che non si era mai arreso…

“Perché sì, punto. Ho deciso così e basta.”

Dan la guardò costernato. “Come ho deciso così e basta? E la nostra battaglia? Cosa pensi che direbbero gli altri? Da te non me lo sarei mai aspettato… non pensi a tutti i  nostri amici, a Serjou…”

Mai alzò lo sguardo su di lui e interruppe con rabbia le sue parole.

“Cosa pensi che non lo sappia da sola? Credi che sia una tale insensibile, Dan Bashin?”

Dan non seppe cosa rispondere. “Ecco io…”

Mai non lo lasciò parlare, doveva dire quello che aveva in testa prima che le lacrime, che ormai le pungevano gli occhi, riuscissero ad uscire.

“Ci penso sempre invece! E proprio perché ci penso, mi sento così male… mi vergogno anche io per questa decisione, ma non posso fare altro, Dan. Io non ce la faccio più. Mi dispiace.”

Mai non gli lasciò tempo di replicare e prese il borsone, dirigendosi a passo spedito verso la porta. Doveva uscire da lì, andarsene via prima di scoppiare a piangere, prima di non avere più il coraggio di farlo. Dan e Yuuki rimasero immobili a guardarla uscire. Poi, Dan si riscosse e corse verso la porta. Uscito sul pianerottolo, raggiunse Mai e la fermò per un braccio.

“Mai, aspetta…”

La ragazza non disse una parola e non si voltò. Dan riprese a parlare.

“Ti chiedo scusa, ecco… ho sbagliato a dirti quelle cose. Ti prego, Mai. Continua a combattere con noi, almeno tu. Io non penso che tu sia una persona insensibile…”

Mai voltò leggermente la testa sorridendo tristemente, gli occhi lucidi delle lacrime che presto avrebbero rigato le sue guance.

“Lo so, ma non è colpa tua, Dan. È colpa mia. Mi mancherai… spero che mi potrai perdonare…”

Dan fece per dire qualcosa, ma Mai scosse la testa. “Addio, Dan.”

La ragazza sciolse il braccio dalla prese di Dan e si voltò iniziando a correre giù per le scale. Dan rimase immobile con il braccio alzato, finché i capelli viola di Mai scomparvero alla sua vista. Poi, abbassò il braccio continuando a fissare il punto in cui era scomparsa. Dopo qualche minuto, sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Dan si voltò e vide Yuuki accanto a lui.

“Hanno bisogno di tempo.”

Dan guardò verso le scale. “Ma siamo i Maestri della Luce… dobbiamo affrontare anche questa battaglia insieme.”

Yuuki sorrise. “Ognuno ha un modo diverso per affrontare una battaglia. Per loro questo è il modo migliore… noi dobbiamo rispettare questa scelta.”

Dan rimase muto per qualche istante ripensando a Hideto, chissà dove nel mondo, a Kenzo e Clarky nelle loro case, a Mai che stava correndo via da lì. Si avvicinò al parapetto e guardò sulla strada dove, pochi secondi dopo, apparve la figura di Mai, inconfondibile con i suoi lunghi capelli viola che si muovevano nell’aria a causa della corsa. Poi un’espressione risoluta attraversò il volto di Dan che si voltò verso Yuuki con le mani strette a pugno. I suoi occhi brillavano di determinazione.

“Io continuerò a combattere. Anche per loro. Così, quando se la sentiranno, potranno tornare. Io non posso arrendermi... Gran RoRo e tutti i nostri amici contano su di noi.”

Yuuki sorrise con la stessa determinazione. “E io combatterò al tuo fianco… se mi arrendessi, non potrei onorare la memoria di Kajitsu.”

Dan sorrise e tornò a voltarsi verso la strada.

“Sono certo che un giorno torneranno… e, a quel punto, riusciremo a far trionfare la verità. Ma noi dobbiamo continuare, non possiamo fermarci. Dobbiamo continuare la battaglia dei Maestri della Luce.”

Dan si voltò verso Yuuki sorridendo. “Grazie, amico mio.”

Yuuki annuì e si voltò a guardare la città. Dan lo imitò. Erano rimasti solo in due, ma avrebbero continuato… solo così gli altri avrebbero avuto qualcosa a cui tornare. Dan era più che mai determinato: era certo che così, anche Mai, Clarky, Hideto e Kenzo avrebbero ritrovato la determinazione. E, allora, sarebbero tornati ad essere i Maestri della Luce.

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Kaoru stava finendo di mettere nella borsa gli ultimi libri. Allo stesso tempo, stava parlando al cellulare tenendolo vicino all’orecchio con la spalla.

“Sì, dai… speriamo vada bene. In questo periodo ho fatto abbastanza fatica a studiare…”

Kaoru rimase alcuni secondi in ascolto e poi sospirò.

“Era un argomento difficile… comunque fra poco esco e vi raggiungo all’università. Allora a dopo. Ciao.”

Kaoru chiuse la chiamata sospirando. Non era colpa solo dell’argomento difficile. Lei in quel periodo non aveva proprio la testa. Da quando Mai aveva deciso di andare via, la situazione era diventata più difficile. I loro genitori erano sempre in ansia e lei non era da meno: si sarebbe sentita estremamente in colpa se fosse successo qualcosa alla sorellina. E adesso che erano riiniziati i periodi d’esame…

La ragazza inspirò profondamente e si mise la borsa in spalla. Ora, però, doveva cercare di concentrarsi, almeno per quelle poche ore che le servivano per dare l’esame. Dopotutto era solo una mattina. Dopo aver dato un’occhiata alla casa, Kaoru si avviò verso il corridoio d’entrata dove si mise le scarpe.

Proprio in quel momento, Kaoru sentì rumore di passi davanti alla porta. Alzato lo sguardo incuriosita, la ragazza si chiese se potessero essere i suoi genitori che si erano dimenticati qualcosa. Sperava solo che non fosse qualche piazzista: non aveva proprio tempo da perdere.

Improvvisamente la porta si aprì e Kaoru sgranò gli occhi dalla sorpresa vedendosi davanti Mai.

“Mai…”

La maggiore fece appena in tempo a pronunciare il nome che Mai lasciò cadere a terra il borsone e il computer e le gettò le braccia al collo scoppiando a piangere. Kaoru per alcuni istanti faticò a capire che cosa stesse succedendo. Poi, abbracciò a sua volta la sorella e si sedette insieme a lei sul gradino del corridoio.

Kaoru lasciò scivolare la borsa dalla spalla per terra e iniziò ad accarezzare i capelli di Mai, cullandola dolcemente tra le braccia, mentre il corpo di Mai continuava ad essere scosso dai singhiozzi. Per lunghi minuti, nessuna delle due parlò. Poi fu Kaoru a decidersi: doveva sapere.

“Mai, che cosa è successo?”

Per lunghi istanti, Kaoru attese in ansia una qualsiasi risposta di Mai. Non l’aveva mai vista in quello stato, neanche una volta da quando era bambina. La maggiore si morse un labbro: come potevano esistere delle persone che se la prendevano con un gruppo di ragazzi? La voce di Mai, rotta dal pianto, la riscosse dai propri pensieri.

“Non ce la faccio più, Kaoru… non ce la faccio più…”

La voce di Mai morì nella sua gola, sopraffatta di nuovo dalle lacrime e dai singhiozzi. Kaoru la abbracciò ancora più stretta senza sapere cosa fare. Solo di una cosa era certa: ora, Mai, aveva bisogno di lei. Dopo qualche istante, Kaoru inspirò profondamente e si voltò sorridendo dolcemente verso la sorella.

“Ti preparò un bel tè, vuoi?”

Mai annuì e le due ragazze si alzarono lentamente e si avviarono verso il salotto dove Kaoru fece sedere Mai. Poi, la maggiore tornò nel corridoio d’entrata dove raccolse borsa, borsone e computer e chiuse la porta. Kaoru posò le borse vicino al divano e nel farlo fissò Mai. La ragazza aveva gli occhi rossi e le guance ancora bagnate di lacrime, il corpo ancora scosso dai singhiozzi, ma con il dorso di una mano stava cercando di asciugarsi le lacrime. Kaoru sorrise tristemente di fronte al tentativo di Mai di reagire e andò verso la cucina.

“Faccio il tuo tè preferito, ti va?”

Mai annuì lentamente. Kaoru entrò nella cucina e mise l’acqua a bollire. In quel momento il suo sguardo andò verso l’orologio. Lo fissò per lunghi istanti e poi prese il cellulare su cui velocemente scrisse poche righe, inviandolo alla compagna di corso con cui aveva parlato prima.

Non riesco a venire, darò l’esame un’altra volta. Buona fortuna.

Quella decisione le avrebbe incasinato abbastanza i mesi successivi, ma non aveva importanza: ora doveva pensare a Mai.

Quando l’acqua iniziò a bollire, Kaoru versò il liquido caldo nelle tazze e vi immerse le bustine. Poi le prese in mano e tornò nel salotto. Mai era ancora seduta sul divano, aveva sollevato le gambe e le teneva strette con le braccia, il volto era posato alle ginocchia. Kaoru si fermò per qualche istante ad osservarla, senza che Mai desse il più piccolo segnale di essersi accorta di lei. I lunghi capelli viola che le arrivavano quasi a metà della schiena erano leggermente arruffati e cadevano ai lati del viso. Gli occhi ametista fissavano il vuoto davanti a lei. Kaoru non l’aveva veramente mai vista così. Facendosi forza, la ragazza si sedette accanto a lei e le posò la tazza sul tavolino davanti a lei.

“Attenta, è bollente.”

Mai annuì e la sua voce uscì in un sussurro. “Grazie…”

Kaoru, a quel punto, passò un braccio attorno alle spalle di Mai e la attirò delicatamente a sé.

“Te la senti di parlarne? Sfogarti potrebbe farti bene, ma se non te la senti io sono comunque qua. Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

Mai abbozzò un sorriso e prese la tazza che avvicinò alle labbra. Dopo aver soffiato un paio di volte, bevve alcuni sorsi.

“Stavi uscendo?”

Kaoru venne colta di sorpresa da quella domanda e per un istante nella mente le balenò la parola esame. La ragazza, però, la scacciò rapidamente e sorrise.

“Sì, ma non era niente di importante. Dovevo solo incontrarmi con un’amica.”

Mai abbassò lo sguardo. “Mi dispiace…”

Kaoru sorrise, sorprendendosi per la propria faccia tosta. “E di cosa? Non preoccuparti, le ho già detto che possiamo vederci un altro giorno.”

Le due ragazze ripresero a bere il tè, mentre il silenzio tornava ad avvolgere la stanza, silenzio rotto solo dal ticchettio delle lancette dell’orologio e dal rumore del traffico che si sentiva fuori dalle finestre aperte. Alla fine, Mai posò la tazza e prese un respiro.

“Li ho abbandonati, Kaoru. Mi vergogno così tanto…”

Kaoru sorrise comprensiva. “Mai, tu non ti devi vergognare. In tutti questi mesi hai fatto del tuo meglio, impegnandoti al massimo. Ad un certo punto, arriva il momento in cui uno non c’è la fa più. È naturale.”

Mai sospirò. “Ma eravamo compagni di squadra, eravamo amici. E gli io ho voltato le spalle anche io.”

Kaoru le posò le mani sulle spalle e la fece voltare. “Se sono davvero tuoi amici, Mai, ti capiranno.”

Mai abbassò lo sguardo velato di tristezza.

“Mi ero promessa che non mi sarei arresa, che avrei combattuto fino a quando la verità di Gran RoRo sarebbe trionfata…”

Mai abbozzò un sorriso rassegnato.

“Poi, però, ho cominciato ad avere paura, Kaoru. Non riuscivo più ad essere me stessa, mi sentivo in trappola e senza vie d’uscita. Continuavo perché ero convinta che non ci potesse essere un’altra scelta, ma non riuscivo più ad essere determinata…”

Mai si morse un labbro per non piangere. Kaoru sorrise e tornò ad abbracciarla. Mai sospirò e si godette per qualche istante la sensazione di protezione che provava, sensazione che ormai non aveva più provato da tanti mesi.

“La cosa più brutta è stata rendersi conto che voi avevate tutti quanti ragione… era una battaglia troppo grande per noi… forse, se ci fossimo fermati prima, Hideto non se ne sarebbe andato  e nessuno di noi avrebbe dovuto passare tutto quello che abbiamo passato in questi mesi…”

Kaoru sospirò. “No, Mai. Ti sbagli. Certo, noi avevamo ragione quando vi dicevamo che era una battaglia troppo grande, ma voi avevate più ragione di noi. Avete fatto la cosa giusta a combattere per ciò in cui credevate. Nonostante tutto.”

Mai sorrise tristemente. “Nonostante il fatto che abbiamo fallito?”

Kaoru scosse la testa. “Forse, per il momento… ma vedrai che un giorno riuscirete a far trionfare la verità. Penso che per tutti fosse ancora troppo presto per accettarlo.”

Mai non rispose. Per qualche altro minuto rimase abbracciata alla sorella, poi si alzò e si voltò verso Kaoru.

“Sai, dopo l’avventura a Gran RoRo ero ormai convinta di conoscermi. Di sapere quello che volevo, quali erano i miei limiti… questi mesi sulla Terra, invece, sono riusciti a cancellare tutto. Non so più quale sia io veramente, non so più che cosa voglio… mi sembra di aver perso tutti i punti di riferimento.”

Kaoru sorrise e si alzò, stringendola ancora una volta tra le braccia. Mai era sempre stata una ragazza indipendente, molto più matura della sua età, determinata in ogni sua scelta… ma in realtà era ancora una ragazzina e insieme ai suoi amici aveva dovuto affrontare una sfida troppo grande per loro.

“Allora è da qui che devi ripartire, Mai. Devi cercare di ritrovare un equilibrio che ti permetta di capire veramente chi sei, quello che vuoi fare, come vuoi comportarti con gli altri. Sono certa che è la stessa cosa che faranno tutti i tuoi amici. E vedrai che quando sarete più grandi riuscirete a vincere.”

Mai annuì e si separò dalla sorella. “Vado a sistemare le mie cose in camera…”

Kaoru non la fermò e Mai prese borsa e computer, dirigendosi verso la propria camera. Una volta lì, iniziò a svuotare lentamente il borsone. Ad un certo punto, si fermò e si voltò verso la scrivania dove aveva posato il computer. Lo fissò per lunghi istanti, immobile.

All’improvviso, si diresse verso la scrivania e si sedette accendendo il computer. Aveva deciso: era arrivato il momento di dire addio a Mai Viole e di ritrovare sé stessa, ritrovare Mai Shinomiya. E per farlo, doveva cambiare. Senza altra esitazione, prima che potesse cambiare in qualche modo idea, iniziò la procedura per chiudere il suo blog, Parole Violette. Doveva allentare i legami con il passato: ora doveva pensare al suo presente, solo poi avrebbe potuto tornare ad occuparsi del passato. E, solo allora, forse, sarebbe stata pronta per capire che cosa provasse veramente per Dan. Sì, era arrivato il momento di capire chi fosse veramente Mai Shinomiya.

… TO BE CONTINUED …

Salve a tutti! ^-^ Eccomi di nuovo tornata con un nuovo capitolo, capitolo che conclude la Seconda Parte del Prequel… e come annunciato anche Mai, Clarky e Kenzo hanno mollato la spugna. Spero di non avervi fatto troppo piangere o essere troppo tristi… ^-^ Ma un altro episodio è concluso, non siete contenti? Vabbè che se avessero trasmesso Battle Spirits con questa velocità… XD

Ma passiamo alla parte più importante: i ringraziamenti che come sempre vanno a tutti coloro che hanno letto (emozionandosi e divertendosi, spero) questo episodio. E in particolare a chi ha seguito e recensito facendomi sentire tutto il supporto per continuare a scrivere:

chicca12lovestory, LacusClyne, martinacaboni, Osaki Kitsune, Reb e Ju e  ShawnSpenstar

Le difficoltà però non sono ancora finite per i nostri Maestri della Luce. Ad affrontarle, nel prossimo episodio saranno Dan e Yuuki (che saranno anche i protagonisti della parte iniziale dell’episodio… e sì, Mai e gli altri non si vedranno per un po’)… e saprete già come andrà a finire la battaglia dei nostri due Guerrieri. Poi, mentre Dan si riprendere dalle ferite, vedremo come Kenzo, Hideto, Clarky e Mai sono andati nel futuro. A questo punto saremo arrivati finalmente a Brave… e con la conclusione del Prequel, inizierà la vera avventura.

Augurandomi che continuerete a seguirci in questa avventura, vi do appuntamento al prossimo episodio.

Varco Apriti, Energia!

Alla prossima, Hikari

  
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