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Autore: Taila    02/07/2008    1 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Sorgon il Dominatore.
Autore: Taila.
Serie: ambientata cent’anni dopo ‘Il primo re di Shannara’.
Genere: avventura, fantasy.
Tipo: long-fic.
Rating: verde (per ora, per il futuro non so)
Note: a furia di leggere tanti libri di Terry Brooks mi è venuta in mente questa fic, non ho mai scritto fic a capitoli di genere fantasy quindi non sono molto sicura del risultato, di sicuro c’è la mia buona volontà e la voglia di divertirmi. Ho deciso di ambientare la fic cent’anni dopo la battaglia tra Brona e Jerle Shannara perché mi sono chiesta spesso come abbia impiegato quei cinquecento anni Allanon: e se qualcun altro avesse tentato di dominare le Quattro Terre? La risposta è questa fic. Spero che il risultato sia decente e che riesca a non stravolgere troppo il personaggio di Allanon, è molto complesso ed ho paura di non riuscire a coglierne bene le varie sfaccettature…
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno.
Non mi resta che auguravi buona lettura ^.^




Capitolo 1.



Cho Black camminava nella foresta delle Streleheim con passo sicuro e calmo, godendosi il tepore di quel tardo pomeriggio di fine settembre. Il sole tramontando aveva colorato di riflessi ambrati le foglie morenti sugli alberi, insanguinando il morbido tappeto d’erba su cui stava camminando. A Cho piaceva l’autunno: nonostante aprisse la strada all’inverno, era una stagione dai colori caldi del cremisi e del dorato, e si potevano avere ancora giornate come quella, che facevano credere che si fosse ancora in estate.
La gente credeva che le Foreste di Streleheim fossero pericolose, addirittura maledette, apparivano impenetrabili ed oscure con la loro massa di alberi serrati l’uno sull’altro, e poi circondavano la rocca abbandonata su cui sorgeva l’antica Paranor, il maniero dove avevano vissuto ed operato i Druidi, abbandonato un secolo prima durante la cosiddetta Seconda Guerra delle Razze. Cho Black non aveva paura delle Streleheim. Erano anni che aveva abbandonato Varfleet per vivere li in solitudine lontano dalla civiltà, e pian piano aveva imparato a conoscere quel luogo misterioso, a rispettarne gli abitanti sia animali che vegetali. Ormai anche Cho Black era diventato un abitante delle Streleheim, passava le sue giornate in quel mondo fantastico fatto di alberi secolari dalle cortecce rugose e dalle foglie dai colori vivi e brillanti, spostandosi continuamente da un luogo all’altro, raccogliendo rami e radici, tendendo le trappole che aveva costruito il giorno prima: era una vita semplice la sua, fatta sempre della stessa routine, ma che vissuta in quel luogo era eternamente fantastica e stupefacente.
Cho stava tornando al luogo dove aveva posto il suo accampamento, la lepre che aveva catturato gli dondolava sulla schiena, ancora calda. Ringraziò mentalmente il vecchio Baruk che le aveva insegnato tutte quelle cose interessanti utili alla sua sopravvivenza: le aveva insegnato ad usare i coltelli dalla lama lunga che le dondolavano ai lati opposti del cinturone, a lottare corpo a corpo, a cacciare e tendere trappole, a riconoscere bacche e radici per i periodi di magra. Era così che era sopravvissuto fino a quel momento.
Era quasi arrivata all’accampamento che avvertì che c’era qualcosa di strano, l’aria sembrava scossa da una strana sensazione, un brivido le serpeggiò lungo la nuca: non era sola, c’era qualcun altro li, nascosto da qualche parte. Cho Black sorrise: era da tanto che non riceveva visite! Continuò ad avanzare tranquillamente, come se non si fosse accorta di nulla, fino a raggiungere il circolo di pietra che circondava la legna per il fuoco che aveva costruito prima di andare a caccia in una piccola radura che aveva scovato qualche settimana addietro, dove scorse un’enorme ombra nera poggiata mollemente contro uno degli alberi. Sentendo i suoi passi lo straniero sollevò la testa completamente coperta da un cappuccio, Cho Black rabbrividì sotto lo sguardo fiammeggiante di quegli occhi neri che si scorgevano nell’ombra che oscurava il volto: era occhi così penetranti e profondi che sembravano strappare la pelle di dosso. [*]
Evitando movimenti bruschi e senza mai staccare lo sguardo da quell’inquietante uomo, Cho Black si tolse la lepre dalle spalle e la depose accanto alle pietre. L’aria attorno a loro sembrava addensatasi all’improvviso, carica di tensione ed aspettativa. Cho Black fece scivolare la mano fino all’elsa del pugnale che portava a destra.
- Chi sei?- chiese cercando di nascondere la nota minacciosa che voleva colorare le sue parole.
- Solo un viandante che sta cercando te!- rispose l’altro con calma, per nulla turbato dalla lama che la ragazza stava sfilando dal fodero.
La voce dell’uomo era forse più profonda del suo sguardo, densa e potente, dava l’idea di poter raggiungere tutti i toni più bassi, trasmettendo inquietudine e sicurezza allo stesso tempo, così autoritaria da sembrare impossibile anche solo sfiorare l’idea di contraddirla.
- Chi sei?- ripeté Cho Black stavolta calcando pesantemente le parole usate.
- Il mio nome è Allanon!- .
Perfino una come Cho Black, dispersa in quel mondo isolato da anni, conosceva il nome di Allanon, era uno storico che percorreva in lungo ed in largo le Quattro Terre, conosceva qualsiasi evento reale o mitologico si fosse scatenato nel loro mondo. La stessa figura di Allanon si muoveva a metà tra il reale e l’irreale, pochi giuravano sulla sua esistenza ed ancora meno erano quelli che affermavano di averlo incontrato. La persona che aveva davanti era veramente chi diceva di essere?
Quasi come se avesse lette nella sua mente, l’uomo sollevò le braccia, rivelando un paio di mani dalle dita lunghe e sottili, simili ad artigli, che fecero scivolare il cappuccio all’indietro con un movimento fluido, quasi ed elegante, rivelando un volto scarno e pallido, spigoloso, ciuffi sparsi di capelli gli piovevano sulla fronte, le orecchie ed il collo, mentre un sottile strato di barba gli decorava il mento. Cho fissò il proprio sguardo in quello dell’uomo ancora seduto davanti a lei, cercando di reggerne l’intensità. Erano un paio d’occhi impenetrabili, come se spesse barriere fossero state erette davanti ad essi per impedire che i segreti che custodivano fossero svelati, ma, come se fosse stata in qualche modo filtrata, Cho Black vi lesse un profonda sincerità, istintivamente si fidò di quell’uomo, in quello sguardo scoprì che egli era veramente chi diceva di essere, anzi, avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa che lei gli avrebbe creduto all'istante.
- Rinfodera quel pugnale e siediti: non voglio farti del male!- la sua voce era pacata ma era impossibile dirgli di no.
Riluttante Cho Black si sedette di fronte ad Allanon, posando il pugnale sull’erba, accanto alle sue gambe incrociate, pronto per essere impugnato.
- Cosa vuoi da me?- chiese ancora, sempre guardinga.
- Mi serve la tua capacità di vedere la vera natura delle cose, figlia delle fate!- .
Sentendo quella risposta Cho sobbalzò: come faceva a sapere del suo potere? Si diceva che la famiglia Black discendesse direttamente dal regno fatato, per questo possedeva la magia, una maga spesso indesiderata, a volte innocua a volte violenta, mai cercata e mai voluta. Cho aveva il potere di vedere al di la delle cose, poteva guardare al di la del muro di una casa come leggere quello che si nascondeva dietro le pareti delle menti degli altri, una volta le era capitato di osservare cosa ci fosse dietro la magia di un’altra persona. Quando ancora viveva a Varfleet era vista con sospetto, tutti avevano paura che potesse scoprire quali vergognosi segreti custodissero dietro le pareti delle loro menti o, più semplicemente, delle loro case. Uno dei tanti motivi per cui aveva proferito andarsene. Da allora non ne aveva mai più parlato, nessuno era a conoscenza che possedeva la magia. Ora il suo sguardo è decisamente ostile!
- Come sai queste cose?- .
- Io so molte cose! Guarda nella mia mente, allora saprai che puoi fidarti di me!- la invitò poggiando la testa contro il tronco, come se si stesse abbandonando alle sue mani.
Cho Black rimase immobile per un lungo istante, indecisa su come agire, cercando di convincersi che se era stato lui a darle il permesso di farlo non c’era problema. La sua anima portava ancora i segni di tutte le volte in cui era penetrata nella mente degli altri senza permesso, scoprendo che le persone che credeva di conoscere fin dalla nascita in realtà non erano mai esistite, che erano solo una facciata per nascondere desideri ed esigenze inconfessabili. Cosa avrebbe letto nella mente di un uomo come Allanon?
Alla fine prese la sua decisione: abbassò le palpebre per un istante, rallentando il respiro fino a renderlo impercettibile, quando le sollevò esse rivelarono due iridi d’oro da cui non traspariva alcuna forma di coscienza, sembrava lo sguardo vacuo di una persona priva d’anima.
Cho Black tese la sua coscienza oltre la propria mente ed il proprio corpo, fino a che non raggiunse Allanon, in quella situazione gli apparve come un groviglio intricatissimo di nervi e vene sospesi nel vuoto; aumentò la propria concentrazione fino a toccare l’essenza stessa dell’uomo, Cho si sentì risucchiare verso un punto preciso del corpo davanti a lei, era così tutte le volte, le sembrava di essere trascinata da un fiume fino a quando non diventava una cascata che l’agguantava e la risucchiava facendola cadere nel vuoto, fino ad inghiottirla. Quando riaprì gli occhi, Cho si ritrovò in una stanza buia con le pareti ricoperte da quadri. Si avvicinò alla parete e la sfiorò: lo comprese subito, quello era l’unico spazio in cui Allanon aveva concesso che entrasse, schermando tutto il resto. Quell’uomo era molto potente se riusciva a scegliere accuratamente quali pensieri farle leggere, proteggendo tutti gli altri… Rimase ancora un attimo con la mano sulla parete, dominata dalla curiosità di scoprire quali importanti segreti celasse dietro quelle mura, magari sarebbe riuscita a forzarle con la sua magia…
… scosse la testa come per scacciare quella curiosità: se c’era una cosa che aveva imparato era quella che azioni del genere erano una mancanza autentica di rispetto, Allanon si era fidato a lasciarla entrare nella sua mente, certo non fino al punto da lasciarle libero accesso ad ogni angolo della sua mente, ma restava comunque una concessione eccezionale, quanti in futuro avrebbero potuto vantarne una simile? Si staccò dalla parete ed iniziò ad osservare i quadri, la maniera scelta da Allanon per raccontarle il suo passato. Nel primo quadro vide un ragazzino di dieci, forse dodici anni, magro e pallido, con capelli nerissimi lunghi fin sulle spalle ed occhi penetranti, che spingeva con forza un aratro trainato da un bue bianco mentre il padre, sul fondo, spargeva semi sulla terra appena smossa. Nel secondo quadro vide un villaggio bruciare mentre figure nere e deformi sciamavano dalla pianura circostante portando morte e distruzione. Vide lo stesso ragazzo, ora più grande, rannicchiato tremante in un rifugio di fortuna. Nel terzo c’era un uomo anziano vestito di una tunica nera, la pelle raggrinzita e bruciata dal sole, quello che rimaneva dei suoi capelli era una nuvola che gli circondava la nuca da un orecchio all’altro, gli occhi grigi erano lo specchio della sua anima ancora lucida e vigile, tormentata, i tratti con cui era raffigurato trasmettevano un grande affetto, quell’uomo era stato molto importante per Allanon. Nel quarto c’era l’uomo anziano che trovava il ragazzo nascosto e cercava di vincerne la reticenza, e nel quinto si vedevano i due camminare fianco a fianco. Cho continuò la sua lettura vedendo l’uomo anziano che consegnava una spada dall’elsa forgiata a forma di mano che stringeva una fiaccola, ad un giovane elfo dallo sguardo fiero e determinato; li vide prendere parte ad una tremenda battaglia, contro un essere che si nascondeva sotto uno spesso mantello e che guidava uno sterminato esercito di Troll, Gnomi ed esseri mostruosi; vide l’elfo impugnare la spada e fronteggiare l’essere incappucciato; gli ultimi due quadri mostravano il vecchio che indicava qualcosa su un libro al ragazzo seduto dietro un ampio tavolo, ed il ragazzo che guardava il vecchio che veniva portato via da un’ombra verso un lago dalle acque agitate. Fu in quel momento che una sensazione indefinita iniziò a diffondersi dentro di lei, suggerendole l’interpretazione di quello che stava guardando, per poi trascinarla via da quel luogo, come se improvvisamente si fosse trovata al centro di un tornado. Cho ritornò alla realtà riemergendo con un profondo ansito, come se fosse stata a lungo immersa sott’acqua, sentiva la testa confusa, le immagini che aveva scorto nella mente dell’uomo le turbinavano in testa mischiandosi e confondendosi. Rimase ad occhi chiusi a rincorrere il suo respiro irregolare, mentre si chiedeva come fosse possibile quello che aveva visto: l’uomo che aveva davanti, Allanon, era nato più di cent’anni prima, aveva combattuto al insieme a Bremen la cosiddetta Seconda Guerra delle Razze quando Jerle Shannara aveva usato la mitica spada contro il Signore degli Inganni, per poi essere addestrato dallo stesso Bremen come Druido in modo che gli succedesse. Allanon era l’ultimo Druido presente nelle Quattro Terre! Sollevò lentamente le palpebre svelando un paio di iridi verdi tormentate e lucide, quasi febbricitanti: era stato stravolgente vagare in quel poco della sua mente che le aveva concesso di visitare, ed ora ne stava pagando il prezzo. Dopo un altro attimo di smarrimento portò il suo sguardo sul Druido.
- Cosa vuoi da me?- gli chiese con la voce roca e le labbra secche, la gola arida.
Dal suo sguardo Allanon capì che quella ragazza avrebbe seguito qualsiasi sua direttiva ora.
- Conosci Sorgon il Dominatore?- .
- Chi non lo conosce?! È una delle tante favole che si raccontano ai bambini prima di andare a letto per farli stare buoni!- sbuffò lei.
- E se ti dicessi che Sorgon è reale come e più di me e te?- le chiese con un sorriso furbo.
Cho Black fissò Allanon come si guarda un folle.
- Direi che ti sei bevuto il cervello! È solo un mito, un racconto!- .
- Ed invece Sorgon il Dominatore esiste e si sta preparando a sferrare l’attacco definitivo alle Quattro Terre per dominarle. Sorgon è un essere antichissimo, più antico del Re del Fiume Arcobaleno, egli nacque insieme al nostro mondo dalla concentrazione delle energie naturali, è tanto vecchio quanto potente. Nessuno sa con esattezza la sua vera natura ed i suoi poteri, ma dai pochi accenni che si posseggono su di lui, si sa che può modificare la morfologia del nostro mondo e scatenare gli elementi dell’aria. All’inizio non era un essere votato al male, era solo la personificazione di forze della natura e per questo era amorale, la natura non è né buona né cattiva, è solo se stessa; ma con il passare del tempo Sorgon è stato corrotto dalle passioni negative degli esseri umani e si è trasformato nell’essere che sta tramando per impadronirsi delle Quattro Terre. Per millenni è rimasto nascosto accumulando quanta più energia possibile ed aspettando l’occasione più propizia, che è venuta a crearsi dopo la guerra contro il Signore degli Inganni: il nostro mondo porta ancora le ferite di quello scontro, l’aria è rimasta ancora impregnata dell’energia demoniaca usata da Brona e dai Messaggeri del Teschio, ci vorranno secoli prima che questa scompaia, è il momento ideale per attuare il suo piano di conquista. Con la magia nera è riuscito a richiamare dagli Inferi dagli esseri demoniaci chiamati Incubi, creature potenti e crudeli che impersonano il male puro, esseri che contaminano ed infettano il nostro mondo, e che devono essere ricacciati al più presto nel loro mondo.- la voce di Allanon si fermò, come per dare modo a Cho Black di riflettere su quello che aveva appena detto.
Cho spostò lo sguardo verso un punto indefinito alle spalle del Druido e rimase ferma così per una manciata di minuti, incapace di comprendere fino in fondo quello che voleva da lei.
- Non capisco qual è il mio ruolo in questa storia: credi seriamente che la mia misera abilità possa qualcosa contro un essere simile, Druido?…- .
- ‘La tua misera abilità’? È questo quello che pensi del tuo potere ragazzina? Ti sbagli! Non hai idea di cosa puoi fare con ‘la tua misera abilità’! Nemmeno puoi immaginare cosa potresti fare con un simile potere!- la veemenza delle parole di Allanon attirò l’attenzione di Cho che comunque lo fissò perplessa.
- Come pretendi che io possa crederti? Io ho sempre usato la mia abilità per sondare la mente altrui, non ho mai saputo di poterla usare in un altro modo!- .
- Il tuo potere, come qualsiasi altro potere magico, è un’arma a doppio taglio: può essere usata per fini sostanzialmente innocui, come spiare i segreti nella mente degli altri, oppure può essere usata come un’arma ed allora ha effetti assolutamente devastanti!- .
Sentendo quelle parole un lampo passò negli occhi verdi di Cho Black ed il suo volto si oscurò in una maschera di tristezza. Il suo sguardo si fece vacuo mentre sembrava rincorrere chissà quale doloroso pensiero. Allanon rispettò quel momento e rimase pazientemente in silenzio, attendendo la sua risposta.
- Ancora non mi hai detto come vuoi che usi la mia abilità!- le parole erano state pronunciate in tono atono, meccanicamente, mentre lei continuava a fissare il vuoto davanti a sé.
- Sorgon è immortale e non può essere ucciso né dalla magia né dalle armi del nostro mondo, forse avremmo potuto fare qualcosa con le armi del Mondo Antico, ma ormai sono andate completamente perdute. L’unico modo per sconfiggerlo è imprigionarlo in una scatola di diamante viola, una scatola magica costruita dagli abitanti del mondo fatato. È come la porta di una prigione che relega i suoi occupanti in un’altra dimensione dalla quale non potrà mai fare ritorno. Questa scatola è custodita in un labirinto di specchi protetto da una potente magia: tu dovrai usare il tuo potere per eludere la magia e trovare la strada fino alla scatola.- .
Era una follia, un suicidio! Avrebbe dovuto dire di no e mandare via quell’uomo che le proponeva di prendere parte ad un’impresa simile, avrebbe dovuto continuare la sua esistenza isolata e tranquilla fregandosene di questo Sorgon che voleva conquistare il mondo…
… sarebbe stato molto più facile, invece qualcosa dentro di lei si agitava spingendola a seguire Allanon: erano sei anni che si nascondeva in quella foresta, che sperava di sfuggire da se stessa, che cercava di dimenticare. Forse quella era l’occasione di verificare se il suo era un dono o una maledizione, se la magia che la famiglia Black si tramandava da generazione serviva veramente a qualcosa. Sentiva il bisogno di mettersi in gioco, avvertiva il bisogno di usare la magia per fare qualcosa di più che salvarsi la vita. Forse non era potente come le aveva detto Allanon, ma poteva esserci davvero qualcosa di più oltre la lettura della mente.
Si morse il labbro inferiore: le Streleheim erano diventate ormai un rifugio sicuro per lei, come un guscio protettivo che conteneva tutto il mondo che conosceva; aveva paura di varcarne i confini e ritornare nel resto del mondo, era un’idea che la rendeva insicura, aveva paura di abbandonare quel luogo dopo tanti anni: le foreste delle Streleheim l’avevano accolta benevolmente quando era solo una profuga in fuga dalla sua città, dalla sua famiglia e da se stessa, l’avevano sempre protetta facendola sentire a casa, cosa avrebbe trovato una volta fuori da quella schiera di alberi e foglie? Il resto del mondo l’avrebbe ugualmente accettata?
Per sei anni era scomparsa dal mondo, cancellata come se non fosse mai esistita, uscire di li le sembrava come un ritorno alla vita dopo una lunga morte: era pronta? Lo sarebbe mai stata?
Un piccolo sorriso mesto le incurvò appena le labbra: Baruk l’avrebbe buttata fuori da quella foresta a suo di calci, urlandole che non l’aveva allevata così duramente per farla diventare una rammollita, ma perché fosse forte, sempre davanti a qualsiasi situazione!
La decisione era stata presa.
Sollevò le sue iridi verdi sul Druido ancora in attesa della sua risposta, piantandogli negli occhi neri uno sguardo determinato.
- Verrò con te Druido: farò quanto in mio potere per aiutarti!- parlò decisa, con il tono di chi non vuole e non può tornare indietro.
Un sorriso compiaciuto incurvò le labbra del Druido, increspando i lineamenti del suo volto.


[*] Nel 'Primo re di Shannara' Bremen stesso afferma che gli occhi di Allanon sono inquietanti e capaci di strappare la pelle di dosso.

  
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