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Autore: Holly_Shit    19/03/2014    1 recensioni
‘Posso chiederti una cosa?’
‘Dimmi’
‘Mi farai soffrire?’
‘Non lo farò.’
‘Prometti.’
‘Prometto.’
‘Si, però non fare quello che prima promette e poi se ne fotte.’
‘Io non fotto’
‘Se.. tutti così dicono.’
‘Okay. Sono uguale a tutti gli altri, ti farò soffrire e starai male. Ti va bene?’
‘No.’
‘Allora amami porco dio ♥’
Molto bravo con le parole. E ancor di più nel predire. Azzeccò tutto. Tutto, tranne una cosa.
‘…ti farò soffrire e starai male, e poi beh, i ruoli si invertiranno.’
(tratto da una storia vera)
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Di una cosa ero certa, mi aveva colpita. Letteralmente colpita ed affondata.
La scar era stato uno dei miei primi tatuaggi, decisi di farlo proprio in bella vista. Mi piaceva da matti l’idea che tutti potessero vedere quel ragno con il dorso marchiato da una saetta. Mi piaceva anche l’idea che chi lo vedesse potesse pensare: “Diamine, questa è ribelle”, senza sapere minimamente che rappresentava l’album del mio gruppo preferito. Adoravo ascoltare la gente e osservare quanto potesse essere ingenua e manipolabile.
Ed è stato bello anche non ritrovarsi di fronte l’ennesimo superficiale.
Manuel era partito con il piede giusto, non c’era dubbio, e io non avevo nessunissima intenzione di bloccarlo.
‘Non bisogna porsi dei limiti’ mollai la presa dalla sua mano.
‘Chi ha parlato di limiti? Sono preferenze’ si voltò a guardare alle sue spalle, poi posò di nuovo il suo sguardo distratto su di me.
‘Ci sarebbe da fare un discorso su questo’
‘ E non mi trovi il tipo adatto con il quale affrontarlo’
Sollevò un sopracciglio, infilò le mani in tasca, si bagnò delicatamente le labbra e tornò a voltarsi a destra e a manca. Dondolò sul posto per un attimo. Ed io persi la cognizione del tempo.
Fascino. Ne era abbondantemente dotato.
In quel momento trovai estremamente deprimente il fatto di trovarmi in una squallida discoteca a parlare di argomenti talmente delicati per me, come la musica, con un perfetto sconosciuto, ma con il quale sarei restata tutta la notte su a parlare, ammesso che portasse con sé degli argomenti validi.
‘Ti va di prendere una boccata d’aria?’
‘Volentieri’ il suo sorriso limpido mi attraversò ne l profondo, si posò sui miei muscoli e accarezzò le mie ossa.
Profumava di fresco, di menta probabilmente. Quell’ odore mi si impregnò nelle narici, misto all’ alcool e al sudore che aleggiavano per il locale.
Dopo i classici spintoni da ‘passaggio tra la ressa del Punto G’ spinsi la porta d’entrata e subito avvertii una sensazione di sollievo.
Fuori dall’afa.
Fuori dai fiumi di vodka e dalla puzza di vomito.
Fuori, finalmente.
‘Sai cosa penso dei locali così affollati?’ farfugliò tra le labbra, impegnate già a stringere una Marlboro, e dimenandosi per cercare qualcosa nelle tasche, probabilmente l’accendino.
‘Cosa?’ gli porsi il mio.
‘Che impoveriscano il locale in sé, o meglio se un po’ tutti si impegnassero a non sbroccare dove capita, sarebbe più piacevole passare le serate qui.’ Mi fece un cenno con la testa, come per ringraziarmi e l’accese.
‘Mi leggi nel pensiero o cosa?’ aggrottai la fronte.
‘Nah, diciamo che osservo…’ fece.
Ma come fanno ad esistere certe persone? Quelle che dal millimetrico spostamento di un sopracciglio riescono a capire tutto? Che ti analizzano come in una radiografia e ti fanno sentire nudo nella tua integrità?
Sono assurde.
‘Allora, vuoi dirmelo o no qualcosa di te?’ succhiò dal filtro con quanta più forza aveva nei muscoli guanciali, li vedevi incavarsi ad ogni tiro di più.
‘Cosa vuoi sapere?’
‘Ah, non lo so. Sei tu quella che mi ha trascinato qui fuori.’
‘Non mi piace parlare di me, se vuoi conoscermi devi vivermi, io la penso così.’
‘E non la pensi per niente male.’
Quegli squarci di silenzio sono altamente imbarazzanti. Che poi silenzio, si fa per dire. Il frastuono che aveva messo su il dj faceva tremare addirittura il muretto su cui ero appoggiata.
‘E per quel viverti, quanto costerebbe?’
‘Se è di questo che ti preoccupi, non costa un bel niente. Se non pazienza.’
‘Perché?’
‘La pazienza è la virtù dei forti.’
‘E dei sottoni.’
‘Soprattutto dei sottoni.’
Sorrise.
‘Seriamente, perché?’ finì di fumare e spense il mozzicone sul cemento del muretto.
‘Perché di solito tutti se la danno a gambe.’
‘Non gli piacevi abbastanza.’
‘No, si stufano subito.’ Posai lo sguardo altrove, su una macchina, su una coppietta o su un lampione. Tutto pur di non incrociare gli occhi di Manuel, non avrei mai voluto che mi vedesse affranta.
‘Perché gli dai modo di farlo.’
‘Semplicemente perché ne hanno voglia.’
‘Posso farti una domanda?’ calciò una pietruzza.
‘Dimmi.’
‘Perché ti nascondi?’ la sua voce calorosa attenuò i brividi che per un attimo sentii affiorare.
‘Ma neanche mi conosci, come fai a dirlo!’
‘Lo vedo dai tuoi occhi, si trasmette molto più con uno sguardo che con cento parole.’
‘Ti sbagli.’ sbuffai.
‘Perché non ti riveli per chi sei veramente? Forse è questo il motivo per cui gli altri rinunciano’
Mi aveva aperto in due come una noce. Mi sentivo fragile e vulnerabile. In pochi minuti di conoscenza già aveva steso il mio profilo. Figuriamoci dopo settimane.
‘Vuoi saperlo davvero il motivo?’ lo guardai dritto negli occhi stavolta.
‘Certo’ mi sostenne lo sguardo.
‘Perché è stato quando mi sono rivelata per quello che sono, che gli altri se ne sono andati.’
E in un secondo, un freddo glaciale mi avvolse.
 
  
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