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Autore: Ichizomi    19/03/2014    1 recensioni
Piccola fanfiction sull'origine di Gensokyo e su Ichizomi, shikigami della sacerdotessa Hakurei che effettuò il trasferimento. Narra gli avvenimenti più importanti della mia vita (Ichizomi è il mio OC in Gensokyo) in forma di ricordo/diario.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io sono Ichizomi e...e questo è il modo più banale per iniziare il mio racconto, ma non avendo molta inventiva non sono riuscito a pensare ad un incipit migliore. L'inizio non è la cosa che ritengo più importante al momento, ciò che più mi preme è raggiungere lo scopo che mi ero prefissato. Ho deciso di scrivere questa sorta di diario per lasciare una traccia dei periodi più importanti della mia vita ed evitare che vengano perduti. Cercherò di narrare i fatti accaduti in maniera più oggettiva che potrò.

 

Parte 1: Ichizomi

“Ichizomi, Ichizomi! Svegliati, su!” Come ogni mattina quella voce mi svegliò. Non sono mai stato un tipo particolarmente pigro ma quel giorno non avevo la minima voglia di aiutare la mia padrona nei suoi compiti. A quel tempo ero lo shikigami di Lady Hakurei, la sacerdotessa dell'omonimo tempio. Ero ai suoi servigi da tempo immemore, ormai, ma ricordo perfettamente che quel giorno era l'anno 1885, questo non potrò mai dimenticarlo. Quello fu l'anno in cui tutto il mio mondo cambiò. Mi alzai controvoglia e seguii Lady Hakurei per aiutarla come di consueto. Sgobbavamo come schiavi per tutto il giorno, l'unico momento di pausa lo avevamo all'ora di pranzo. Era il momento che preferivo perché in quel breve lasso di tempo lei si occupava un po' di me, grattandomi e accarezzandomi il pelo. Sì, il pelo, il mio bellissimo manto argentato. Non credo di averlo detto prima, ma io sono uno youkai, per la precisione sono un Hoko. Ma non sono un hoko come tutti gli altri, altrimenti Lady Hakurei non mi avrebbe mai preso con sé. Stando a quel che diceva lei, io avevo delle potenzialità al di sopra degli altri, cosa che all'inizio non capii, ma che ora, dopo tanti tanti anni, credo di aver compreso. Inizialmente, quando decise di accogliermi nel suo santuario, non mi disse nulla riguardo ai miei talenti nascosti, ma giustificò il tutto dicendo che aveva bisogno di un aiutante e che aveva scelto me perché le piaceva la barbetta che mi cresceva sotto il muso. Per anni vivemmo tranquilli e felici, occupandoci del santuario e dando la caccia agli youkai che causavano fastidi o che avrebbero potuto rappresentare una minaccia per gli umani. Anni e anni trascorsi in questo modo, in una piacevole routine in cui non trovavo alcuna pecca. Di tanto in tanto andavo a far visita al mio vecchio branco e ogni volta lo trovavo decimato, e tutti i miei vecchi compagni, con i quali ero cresciuto, mi apparivano più vecchi, più stanchi, mentre io conservavo giovinezza e vitalità. Per molto tempo mi arrovellai per capire il perché di questo, lo compresi quando Lady Hakurei decise che ero pronto a studiare le arti magiche sotto la sua guida. Mi disse che era dovuto alla sua magia il mio innaturale invecchiamento ritardato e che aveva fatto ciò per studiare meglio il mio comportamento e vedere se ero degno di apprendere i segreti tramandati nel santuario. Da quel giorno iniziai a studiare le arti magiche, ma non è questo il grande cambiamento di cui ho parlato in precedenza. Da quel giorno avemmo sempre meno tempo per rilassarci e passare del tempo insieme per il piacere di farlo. Tutta la nostra giornata era occupata dai doveri al santuario e quando questi terminavano ci dedicavamo alle arti magiche. Una volta finite le lezioni del giorno eravamo così stanchi che, indipendentemente dall'ora, andavamo immediatamente a dormire. A Lady Hakurei questo non faceva bene, ogni giorno sembrava stare peggio. Arrivai a pensare di interrompere le lezioni inventandomi che non ero così portato per le arti magiche come lei pensava; ma ogni volta che provavo a parlarle mi bloccavo al solo pensiero della delusione che avrebbe potuto provare nel sentirmi dire certe cose. Così lasciai stare e mi impegnai più che potei per padroneggiare tutti gli incantesimi che mi mostrava (anche se alcuni di essi erano di utilità assai discutibile). Francamente non capivo il motivo del suo comportamento, non c'era alcun bisogno di lavorare così tanto e, soprattutto, tutti i giorni. Si svegliava anche prima di me e non riposava un attimo. Ogni giorno la vedevo sempre più debole. Non riuscendo a tollerare la situazione, dopo due settimane le parlai e le chiesi perché non si riposasse, e le proposi di interrompere per qualche giorno le lezioni; si limitò a sorridere e mi disse: “Ormai siamo quasi alla fine, dopo mi riposerò tutto il tempo”. Le sue parole mi rincuorarono e come un sciocco pensai che fosse tutto a posto. Ancora mi pento di non aver insistito di più.

  
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