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Autore: Afrona Di RoccAlta    19/03/2014    6 recensioni
EdxLucy
"Vedete" continuo per lei il marito, "è da così tanto tempo che non facciamo una vacanza" e mise il braccio intorno alle spalle della moglie "quasi dieci anni; perciò abbiamo deciso di andare in America!"
"Ma è... meraviglioso!" esclamo Susan tra un gridolino di felicità ed un battito di mani.
I genitori si scambiarono un'occhiata carica di preoccupazione.
"Che c'è?" si allarmò Peter.
"Il punto è, ragazzi, che non possiamo permetterci di portarvi tutti con noi"
E fu così che tutto ebbe inizio: la convivenza, l'avvicinamento e l'amore!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Era una giornata di febbraio, una di quelle che, con quel timido sole, ti fanno venir voglia di andare a fare una bella camminata con gli amici, quando il signor Pevensie richiamò tutti e quattro i figli con una importantissima notizia come movente.
"Peter, Susan, Edmund e Lucy" li salutò l'uomo con aria quasi impassibile appena li vide entrare in salotto, puntali, "sedetevi: io e vostra madre abbiamo qualcosa da dirvi."
 "Non... Non sarai di nuovo incinta, mamma?" chiese Ed mentre prendeva posto sul divano accanto ai tre fratelli; i grandi occhi d'ebano lo tradivano, rivelando che quella domanda voleva essere più un modo per assicurarsi che non vi fosse in arrivo qualche creaturina capace di svegliare l'intera Finchley con le sue grida.
 "No, no, tranquillo, non è così importante" ridacchiò Helen.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
 "Vedete" continuo per lei il marito, "è da così tanto tempo che non facciamo una vacanza" e mise il braccio intorno alle spalle della moglie "quasi dieci anni; perciò abbiamo deciso di andare in America!"
 "Ma è... meraviglioso!" esclamo Susan tra un gridolino di felicità ed un battito di mani.
 I genitori si scambiarono un'occhiata carica di preoccupazione.
 "Che c'è?" si allarmò Peter.
 "Il punto è, ragazzi, che non possiamo permetterci di portarvi tutti con noi" spiegò Helen. "Peter, tu sei il maggiore e ritengo che sarebbe un di grave errore privarti una simile opportunità." Il Magnifico annuì. "Susan, lo sappiamo che nello studio non eccelli, quindi verrai con noi, tesoro!"
 I più piccoli accusarono il colpo. Con gli occhi pieni di lacrime, Lucy guardò Edmund che, dalla parte opposta del divano, scrollò le spalle come a dire che non potevano far nulla contro quella decisione ormai presa. In realtà lui stesso avrebbe voluto far qualcosa, magari guadagnare in qualche modo i soldi necessari per gli altri due biglietti, ma più ci pensava, più l'idea di racimolare una cifra simile in così poco tempo gli appariva assurda.
 "E noi dove staremo nel frattempo?" chiese Lucy.
 Improvvisamente, mentre un terribile pensiero si insinuava nella sua mente, il Giusto sibilò un "no".
 Helen lo guardò interdetta, poi rispose alla figlia minore:"Dato che non abbiamo altri parenti qui, ho chiesto a zia Alberta di ospitarvi, perciò starete da lei per un pò. Cambridge vi piacerà, ne sono certa."
 "Non è Cambridge il problema..." sussurrò Ed alla sorellina.
 In effetti, se c'era qualcosa capace di irritare davvero Edmund Pevensie, quella era lo stare col suo insopportabile cugino, Eustachio Clarence Scrubb, figlio di Harold ed Alberta, la sorella di sua madre.
 Da parte sua, anche Lucy lo detestava per quel suo orribile vizio di prendere in giro i suoi "stupidi problemi femminili".
 Non c'è quindi da stupirsi se, quando arrivarono a Cambrigde. in una tiepida mattina di giugno, nessuno dei due fratelli si decise ad entrare finchè Alberta non uscì sbuffando.
 Non era mai corso buon sangue tra Edmund ed Eustachio e le cose peggiorarono quando i due scoprirono di dover condividere la camera, mentre Lucy ne avrebbe avuta una tutta per se, perchè, come diceva Alberta, "era più consono ad una signorina!"


 Entrato in camera, Edmund posò ciò che aveva portato da Finchley sull'inferiore dei due letti a castello e disfò una valigia, riponendo sul comodinoo dei libri.
 "Prima cosa" esordì Eustachio prendendo in mano uno di quei libri "quello è il mio letto, seconda cosa..." e qui fissò il libro "...dei gialli?!? Oh, che tortura!"
 Edmund squadrò il biondo, basso, irritante cugino che provava a tiranneggiarlo. "Prima cosa" ripetè facendogli il verso, "scusami se ho rovinato appena il tuo letto appoggiandoci su una valigia, ma, sai, credo di esser stanco dopo un viaggio simile. Seconda cosa, dover respiarare la tua stessa aria è la mia di tortura!" Edmund non aveva mai sopportato i prepotenti, nemmeno quando lo era lui stesso.
 "Non dirlo a me!"
 "Perfetto, allora evita di starmi tra i piedi, così risolviamo il problema"
 "Non puoi cacciarmi dalla mia camera"
 Il moro stava per rispondergli di nuovo, ma dolce e limpida voce della più piccola tra i Pevensie lo rimproverò: "Edmund!"
 
Si guardava allo specchio e non sapeva se quello che vi vedeva era bello o brutto.
-Ed ha ragione, dovrei avere più considerazione di me stessa- il problema era che  non ci riusciva proprio.
Si vedeva brutta e bassa, insignificante paragonata a sua sorella Susan , il suo ideale di bellezza.
“Vorrei essere come te, sorellina!” sospira, guardandosi negli occhi senza vedersi veramente.
“Non hai bisogno di essere come lei, vai bene anche così!” sentì la voce di suo fratello Edmund parlare dall’uscio della porta che credeva d’aver chiuso. Suo fratello era diventato molto bello nell’ultimo anno, era quasi incredibile che fosse lo stesso ragazzo. Gli sorrise e lui le ricambiò il sorriso. I suoi occhi scuri avevano una luce diversa, come se avesse finalmente capito qualcosa.
“Vorrei pensarla come te, Ed!” si sedette sul letto e suo fratello la raggiunse dopo aver chiuso la porta. “Sei diverso, sei cambiato fratello!” lui si passò una mano tra i folti capelli neri.
“Anche tu e, per quanto  non te lo conceda, sei cambiata in meglio!” Alzò lo sguardo chiaro sul soffitto, imbarazzata da quell’affermazione.
“Cosa ne pensi di nostro cugino?” disse, cambiando argomento.
“Che lo butterei volentieri a mare con una pietra legata al collo!” Edmund sembrava un treno a vapore, ci mancava poco che gli uscisse il fumo dalle orecchie.
Lucy gli mise una mano sul ginocchio destro “Non sarà per molto e poi, se la notte devesse darti fastidio, puoi sempre venire da me!” propose “In due, in questo letto, non dico che ci staremo comodi, ma sempre meglio di Eustace!” lui le coprì la piccola mano chiara con la sue, più grande di palmo e dalle dita un po’ più lunghe.
“Ti prenderò in parola sorellina!”
“Allora ti aspetto”
Quella sera Lucy non riusciva a dormire. Si girava e rigirava fra le coltri calde e accoglienti che, in realtà, le sembravano desolate e fredde.
Aspettava l’arrivo di Edmund, con tutta se stessa. Eppure il tempo passava, l’orologio ormai segnava le tre e quaranta. Stava quasi per abbandonare ogni speranza, quando la porta della camera si aprì, lasciando entrare la figura alta e snella di suo fratello che indossava un pigiama a righe nere e rosse, con una maglia a manica corta. Era scalzo, come sempre in casa.
“Lucy, dormi?” sussurrò, dall’uscio.
“No, Ed, non ci riesco”
“Nemmeno io” entrò dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Lucy gli fece spazio, ma lui non entrò subito sotto le coltri.
“Non vieni?” chiese la più piccola, stupita.
“Non voglio dare l’idea sbagliata” questa risposta, così strana per la sicurezza ostentata, di solito, da suo fratello.
“Cosa c’è di sbagliato in due fratelli che dormono insieme per sentirsi meno soli?”
“Nulla, figurati!” un po’ si fece convincere, il moro, un po’ era quello che voleva, senza pensare alle idee giuste o a quelle sbagliate.
“Sai che Eustace russa?” le disse, ad un certo punto. Lucy fece un risolino delicato e attutito dalla spalla di Edmund.
“Davvero?”
“Si!” esclamò, ma sempre molto piano “Sembra uno di quegli omoni che lavorano allo scarico merci al porto!” Lucy non riuscì a trattenere una risata che tentò di attutire portandosi una mano alla bocca. Anche Edmund si fece scappare una risatina.  Poi Lucy si rifece seria. Aggrottò le sopracciglia e il fratello sapeva bene che lo faceva solo quando aveva un pensiero che la turbava “A cosa pensi?”
“A Peter e Susan”
“Anche io, ma presto staremo nuovamente insieme!” Lucy strinse forte il torace del fratello, affondando il volto nell’incavo tra spalla e collo.
“Io ho te, Ed, non mi serve nell’altro!” Edmund le baciò i capelli.
“Anche io ho te, non mi serve null’altro!” e così s’addormentarono, uniti in un abbraccio che non sciolsero nemmeno nel corso della notte.
 
Angolo autrici:
 Ciao sono Afrona. Ho scritto questa storia con Sassa ed entrambe speriamo che vi piaccia.
Vorrei precisare che sono fan delle storie Lund, mentre Sassa no ma ha accettato di condividere con me questa  avventura e per questo la ringrazio tantissimo!
Speriamo di ricevere i vostri pareri, un grande bacio.
Afrona


 
  
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