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Autore: Light Clary    20/03/2014    5 recensioni
Violetta si è appena trasferita a Buenos Aires e quando comincia a frequentare i ragazzi del luogo, la sua vita cambia. Scopre di essere destinata a salvare la luce e per farlo dovrà ricorrere ai poteri che non sapeva di possedere.
Riuscirà Violetta a sfuggire al potere dell'oscurità che vuole impossessarsi di lei ad ascoltare il suo cuore che le indicherà la strada da percorrere per capire chi amare?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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MARIA POV
La notte è buia. Il vento ulula impetuoso e i capelli mi si sbattono tutti in faccia impedendomi la visuale.
Stringo al petto il fagotto e continuo a camminare, senza preoccuparmi delle scarpe, ormai zuppe dopo il bagno in quella pozza gigante.
La città non è molto lontana, mi dico mentre un’altra folata mi strappa dalla testa il cappello e lo porta via.
Coraggiosamente, mi addentro in mezzo alle case vuote. Un grosso orologio appeso al tetto di una villa, segna le 20:10. Ancora presto per i cittadini per andare a letto.
Infatti le luci sono ancora aperte, da come posso vedere sporgendomi a guardare.
Devo sbrigarmi a lasciare il fagotto da qualche parte.
Cerco di prolungare la scelta della casa, per tenermelo ancora un po’. Amo troppo quella creatura e se fosse per me, me la terrei al mio fianco in eterno.
Ma non posso superare il fatto che lei sia in grave pericolo se la tengo con me.
I San Dori, sono stati molto chiari quando sono venuti a parlarmi e anche io lo sono stata quando ho preso questa decisione.
Ne subirò le conseguenze, questo è vero, ma ne vale la pena.
Eccome se ne vale la pena!
Come genitore fai di tutto per tenere i tuoi figli al sicuro. Anche rinunciare alla propria vita.
Beh, è quello che sto facendo io.
Non so se la mia neonata resterà nascosta per sempre. Ma finché avrà il Ciottolo, nessuno oserà toccarla.
Piano, piano, comincia a piovigginare, poi ancora più lentamente a diluviare e anche a grandinare e a tuonare.
Mi fermo davanti la recinzione di una villa non molto grande ma, che mi ispira fiducia.
Scavalco le assi senza problemi e mi avvicino alla porta. Cammino a uno e allora senza staccarmi dal fagotto.
Le luci di quella casa sono chiuse di sotto e aperte di sopra.
Ho ancora qualche minuto.
Continuo ad avanzare facendo lunghissime soste e mi fermo quando i miei piedi incontrano il gradino che porta allo zerbino con su scritto il cognome del padrone di casa.
Gli occhi mi si riempiono e le lacrime iniziano a sgorgare a fiume, mischiandosi alle gocce di pioggia.
È giunta l’ora.
Mi chino fino a sfiorare la terra con i capelli e esitando a lungo, poggio delicatamente la mia creatura sul tappeto, proprio sotto il tettuccio della veranda, per non bagnarla.
Ora il volto della bambina mi è chiaro: i suoi occhi nocciola sono aperti e mi fissano gioiosi di essere lì con loro.
Io le bagno le guance con l’acqua che mi cola dagli occhi ma lei non si muove. Continua a fissarmi sorridente.
Mi chino e la riprendo senza resistere. Dopodiché la stringo al petto, talmente forte da darle un po’ fastidio.
In effetti un suo singhiozzo mi ferma all’istante.
La rimetto sullo zerbino e inchinandomi sul suo faccino ora sul punto delle lacrime, le schiocco un bacio sulla fronte.
Disperata, allungo una mano verso il citofono. Lo pigio e questo produce una strana melodia abbastanza acuta da farsi sentire all’interno della villa.
Mi preparo alla fine.
La piccola alza un braccino e lo agita.
Io le metto nella mano il mio indice e lo lascio stringere dalle sue minuscole dita ancora screpolate.
Piango ancora per qualche minuto. Poi ho la forza di sussurrare: “Addio, amore mio”
Ed ecco che m’infilo una mano nella giacca e stacco la collana che ho appesa al collo da quando sono nata.
Affrettandomi, la metto sulla pancia di mia figlia e mi preparo al peggio.
Sento un calore strano invadermi. Mi ritrovo a fluttuare a pochi centimetri da terra e ora parte il dolore.
Il petto pulsa, facendomi star male. Malissimo.
Il collo inizia a bruciare e gli occhi vedono tutto appannato.
Non mi sento più i vestiti addosso e i capelli s’innalzano da soli trascinandomi in alto.
A tutto questo io non urlo, ma piango e gemo.
Ho l’ultima possibilità di vedere sotto di me, una bimba che piange tra le braccia di un uomo.
Poi scorgo soltanto il buio totale infine, il nulla.
 
  
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