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Autore: Maya98    20/03/2014    4 recensioni
SPOILER
Potenzialmente, Sherlock e Baby Watson. Taaanto Baby Watson.
Bromance e affetto incondizionato per Mary
Fluff, fluff, fluff everywhere
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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T

 

Worth a try

 

 

 

-Se lui se ne fosse andato prima di aver spalancato le finestre, allora sarebbe stato il colpevole, ma non lo ha fatto. Questo, a rigor di logica, fa sì che qualcun altro si trovasse appostato tra il salotto e la cucina per prendere Helena Moore di sorpresa. Non pensi anche tu, Amanda?

La bambina, sentendosi chiamata in causa, alzò lo sguardo verso l’uomo, che la fissava serio con un cipiglio importante. Poi lo spostò verso il muro su cui erano infissi fogli, documenti, appunti, foto, tabelle, grafici, aggrottando la fronte con aria pensierosa. Poi, visto che la sua ritrovata attenzione non sembrava essere conforme alle aspettative, alzò un braccino paffutello verso una foto dai colori brillanti, ed emise un sonoro “Ah!” molto esplicativo.

-Esattamente. Proprio ciò che pensavo.-approvò lui con un cenno del capo, e tornò a fissare l’info wall con aria concentrata, facendo scorrere gli occhi chiari e guizzanti da una parte all’altra, velocemente, come se corressero per stare al ritmo della sua mente.

La bambina, Amanda Sherlock Watson, sei mesi e mezzo di lì a due giorni, vedendo di aver soddisfatto ciò che ci si aspettava da lei, tornò gloriosamente ad occuparsi con le sue piccole dita e la sua bocca del colletto della camicia viola dell’uomo che la stava tenendo in braccio, con vivo interesse.

-Il suo portafoglio parla chiaro su quanto lei tenesse alle cose di lui: gli scontrini possono mostrarci tutto il percorso finanziario degli ultimi tempi, e a quanto pare è stata proprio intenta nello sperperare i beni altrui in doni per l’amante ricco. L’imprenditore a sinistra.-continuò Sherlock con aria decisa, allungando il dito per indicare il soggetto alla piccola, molto seriamente:-Ed è meglio che ti risparmi le mie deduzioni sul suo conto.

Amanda rise, con la sua risata cristallina che si spandeva tutto intorno e gli occhi scuri, gli stessi occhi di John, occhi che Sherlock non si stancava mai di guardare su quel volto così diverso da quello a cui era abituato, perché lì poteva finalmente rimirarli quanto desiderava anche più del consono, anche più del concesso, e non se ne poteva mai sentir sazio. Se la sistemò meglio in braccio, di modo che riuscisse a vedere bene ogni cosa, e continuò a far luce sugli aspetti bui della vicenda, illustrandoli con ampi gesti:-Tuttavia, lui aveva una moglie, e un amante in più, amante uomo, con cui trascorrere il suo tempo e soprattutto per i quali impiegare i suoi soldi. Ma lei era così cieca da non accorgersene. Cieca.-fece una pausa pensierosa, mentre la piccola Amanda alzò lo sguardo su di lui, turbata dal silenzio improvviso, e per distrarlo dagli oscuri e cupi pensieri che sembravano essergli improvvisamente venuti, cominciò a colpirlo freneticamente sulla spalla, con le dita chiuse a pugno, per attirare la sua attenzione. Sherlock sorrise nel guardarla, inavvertitamente:-Hai il gancio destro di tuo padre, Amanda. C’è da sperare che la mira con le armi da fuoco l’abbia presa da tua madre.

Sentendo nominare la mamma, un sorriso raggiante si aprì sul volto della bambina che, per la contentezza, si mise a scalciare allegramente, rischiando di perdere l’equilibrio. Sherlock, pazientemente, la risistemò di nuovo al suo posto, iniziando a camminare avanti e indietro per arrivare ai limiti del paper wall e osservare i documenti e i grafici nascosti alla prima occhiata, con un’espressione tranquilla:-Non può essere stata una discussione con l’amante, degenerata in una lite con omicidio, perché lei era sciocca e non vedeva sicuramente cosa lui le stava facendo. Non che fosse una donna stupida, anche tuo padre è terribilmente idiota e cieco alle volte, ma semplicemente non riusciva a capire. Anzi, non riusciva a realizzare come mai continuasse a stare male nonostante la sua vita avesse una buona piega. Come dimostrano questi documenti, le sue visite dallo psichiatra sono proseguite oltre rispetto a quanto previsto.-picchiettò il dito sulla foto di un uomo brizzolato con un’ossuta montatura di occhiali:-Jordan Morgue, Amanda.

La bambina annuì e agitò le mani verso l’immagine, con fare corrucciato. Sherlock ridacchiò e poi scosse la testa, con fare divertito:-Ti lasci troppo trascinare dalle impressioni. Copia spuntata di tuo padre. Non può essere stato lui perché ha un alibi di ferro, e per di più non sarebbe mai stato così intelligente da fornirmi un caso da sei. Tu non hai idea, una volta John quasi arrivò a scatenare una rissa con un interrogato solo perché era fermamente convinto fosse il colpevole. È sempre stato maldestro e troppo passionale, ma questo deve rimanere tra noi,-abbassò la voce e avvicinò le labbra all’orecchio della piccola, per sussurrarle delicato:-è un segreto mio e di tua madre.

-Escludendo ogni strada, l’unica via possibile è la domestica. Salario troppo basso per mantenere sette figli — mi sorprendo che sia riuscita ad averne così tanti con un marito fedifrago che sta più al pub che a casa, ma sono scelte di vita — e vecchi rancori contro la padrona. Per di più conosceva bene la disposizione delle stanze, e l’affare delle finestre, che avrebbe potuto benissimo incastrare il marito se Lestrade non avesse avuto l’idea di chiamarmi e chiedermi di dare un’occhiata. Ma sono dettagli. Non dire a tuo padre che ti ho fatto fare un giro all’aria aperta, potrebbe rimproverarmi per gli ambienti che frequento.-abbassò il tono di voce, lanciando un’occhiata alle sue spalle, ma senza scostare la testa da quella di Amanda, che lo guardava eccitata e divertita, agitandosi come una cavalletta sotto scossa elettrice:-Anzi, ripensandoci, dì a tuo padre di togliersi quel sorriso ebete dalla bocca.

John rimase pietrificato sulla soglia, colto in flagrante, e assunse uno sgradevole colorito rosso su entrambe le guance. Non si era accorto di essersi messo a sorridere come un idiota, ma stava assistendo ad una scena magnifica ed irripetibile: Sherlock con una bambina in braccio, sua figlia, intento a spiegare un caso esattamente come avrebbe fatto un maestro paziente all’allievo prediletto. Il modo in cui la teneva in braccio, sciolto, rilassato, completamente a suo agio, e le parlava, come se lei potesse davvero capire, anche se non rispondere, trattare con un bambino. Sembrava un miracolo. A pensarci bene, forse, non lo era: Sherlock mentalmente aveva la maturità di un bambino di cinque anni, per questo riusciva a intrattenere buoni rapporti con i piccoli, e prima di avere lui come assistente parlava con un teschio, quindi forse non si sentiva stupido nel farlo. Ma il vero miracolo, quello tangibile, palpabile, era come la guardava: sembrava non avesse occhi che per lei. E John, per questo, avrebbe anche venduto il cielo.

-Credevo non ti fossi accorto del mio arrivo.-borbottò, togliendosi dalla soglia e affrettandosi a chiudere la porta di casa.

-Hai la camminata di un elefante zoppo, non potrei accorgermi di te solo se diventassi improvvisamente sordo.-fu l’incredibilmente dolce risposta di Sherlock, che stiracchiò un sorriso sardonico ai lati del viso, con la pelle che tirava a tal punto che John pensava si sarebbe strappata, prima di tornar serio e voltarsi nuovamente verso il muro, sul quale segnò la domestica con un gran pennarello rosso, quasi a promemoria.

-Mi auguro che non abbiate solo risolto casi, mentre ero al lavoro. Mary si era raccomandata riguardo al pisolino.-continuò John, appendendo il giubbotto all’appendiabiti e lasciandosi cadere pesantemente sulla poltrona, con un sospiro di sollievo.

-Le ho suonato al violino le ninnananne di Brahms, è crollata dopo dieci minuti. Ha resistito un’ora e un quarto prima di svegliarsi per colpa di Lestrade, arrivato qui disperato per il caso e perplesso su quanto vi fidiate voi di me per affidarmi una bambina senza problemi. Credo avesse paura che avessi intenzione di portarla a pedinare i sospettati.

-E invece?
-E invece abbiamo risolto tutto a tavolino più in fretta. È un assistente migliore di te, John.

John rise, scuotendo la testa e tenendo gli occhi sulle due figure, che lo fissavano con gli occhi spalancati e la medesima, medesima espressione furba dipinta sul volto. A volte a John sembrava di averne due, di figli, non una sola. Vederla con quel sorriso raggiante — il sorriso di Mary – acuiva in lui un senso di amore e affetto immenso, tenero, la voglia di prendersi cura di lei, di starle vicino sempre, di proteggerla a costo di qualsiasi cosa.

-Dì a Greg di star tranquillo,-disse poi, alzando le spalle e arricciando le labbra in una buffa smorfia che fece ridere Amanda e alzare gli occhi al cielo a Sherlock:-Con un padre soldato, una madre dei servizi segreti e un padrino consulente detective, posso quasi dire con certezza che le piace, questo divertimento alternativo.

-È una drogata di adrenalina esattamente come i genitori,-rispose altezzosamente Sherlock, dandogli le spalle per non farsi vedere in volto, le spalle incurvate. Gli faceva uno strano effetto ancora allora, che erano passati più di sette mesi, essere chiamato ‘padrino’ e sentire il suo nome affiancato a quello dei due genitori. Dava l’idea di un insieme, di un qualcosa di compatto, paritario...dava l’idea di una famiglia. Era ciò che Mary gli aveva detto, quando gli avevano proposto l’incarico: “Vogliamo che tu sia presente nella sua vita, sempre” e poi lo aveva guardato coi suoi grandi occhi grigi, occhi di una bugiarda, occhi che in quel momento scintillavano di verità assoluta “Perché siamo tutti una famiglia”. Sherlock sapeva che forse non avrebbe dovuto, sarebbe stato più facile anche se non lo avesse voluto, ma voleva bene a quella donna, provava un affetto così sincero che ben poche persone avevano davvero sperimentato.

-A proposito, pretendo di venire a cena da voi questa sera. Mary non si fa sentire da tre giorni e non la vedo da una settimana, per di più vi ho fatto da babysitter.-storse il naso, a quella parola, con un’espressione così disgustata da essere comica:-Appena mando un messaggio a Lestrade con la persona giusta da arrestare.

-Sherlock, mi stavo chiedendo...-lo interruppe John, con quell’aria che caratterizzava sempre un pensiero fisso nella sua testa. Era una delle poche volte in cui non lo ascoltava: quando pensava qualcosa così tanto intensamente da aver bisogno di chiedergliela, di parlargliene. Non accadeva spesso, e in genere Sherlock temeva quando lo faceva. Tuttavia si girò verso di lui, avvicinandosi un passo, e inginocchiandosi per potergli passare Amanda con delicatezza. John prese sua figlia, sollevandola e dandole un bacio sulla testa, prima di posarsela sul petto e tornare a guardare Sherlock:-Mesi fa, prima di partire, mi stavi dicendo qualcosa che mi volevi dire da sempre...ma poi non lo hai fatto. O meglio, hai scherzato, ma non crederò mai che il tuo sia un nome da femmina.

Sherlock attese, in silenzio, pur ben consapevole di dove l’altro volesse andare a parare. Fece un sorrisetto triste, tra sé, senza incontrare il suo sguardo, trovando improvvisamente interessante l’analisi degli strati di polvere tra il tappeto e il pavimento. Polvere già catalogata anni e anni prima.

-Che cosa dovevi dirmi?

Ed eccola, la domanda.

-Io te l’ho detto, John.

-Davvero?

Certe persone sono così cieche.

-Sì. Ovviamente. Sei tu che non hai ascoltato.

-Non iniziare a dire “tu senti ma non ascolti”, che ti ritrovi con un naso rotto per la seconda volta.

-Non cambiare discorso. Non hai capito. Non l’hai sentito.

-Che cosa, Sherlock?

-”Valeva la pena provare”.

 

Per te è sempre valsa la pena provare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino della Skizzata;

Sono viva, eh. Sepolta dalle long-fic che sto scrivendo. Sono 4, tutte angst, e non ho intenzione di pubblicarle finché non lo avrò finite di scrivere perché se no le pianto a metà.

Dedica a Dede, nuovo grillo parlante, che mi costringe a scrivere (santa donna).

Voglio Baby Watson. E volevo scrivere tante cose ma sono troppo stanca quindi amen, ve le dirò un’altra volta. Ah sì. L’ultima è una mia teoria, Sherlock non voleva dirgli ti amo ma valeva la pena provare (e glielo ha detto). Provare ad essere migliore, provare a morire, provare ad uccidere, provare a farsi da parte. Per John. Worth a try <3

Tornerò presto con l’angst, ma se recensite mi fate solo un piacere.

Ah sì. Perché così tanto Sherlolly ultimamente? JOHNLOCK SVEGLIA! 

  
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