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Autore: Tati Saetre    20/03/2014    11 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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“Questo come mi sta

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Primo Capitolo – Perché

 

“Questo come mi sta?” Bella alzò gli occhi al cielo, guardando il completo blu notte che indossava Alice.

“Bene, tesoro. Come gli altri dieci che ti sei provata.” La mora sbuffò.

“Come sei noiosa. E’ arrivata la nuova collezione, e devo provarla io prima di venderla alle mie clienti. Bella soffocò una risata, continuando a sfogliare la sua agenda e prendendo appunti.

“E poi…” Continuò Alice, buttando un’occhiata fugace alla sua amica. “Come posso fidarmi di te, che nemmeno mi stai ascoltando?”

“Scusa.” Isabella chiuse l’agenda, lasciando la penna in mezzo. “Oggi ho il giorno libero, e la Galleria è in mano ad Angela.”

“Ti rendi conto che Angela è fantastica, vero?”

“Sì, lo so.” Bella si mosse sulla sedia, a disagio. “Ma… quella è la mia Galleria. Sono io che contatto gli artisti, espongo i loro quadri, li vendo. Se qualcosa va storto, ricade tutto su di me.

“E sai anche che Angela non manderà nulla a scatafascio, no? Quella ragazza è terrorizzata da te.”

“Non è vero!” Si lamentò Bella, alzandosi per andare a vedere una gonna esposta in vetrina.

Bells, tu terrorizzi tutti i tuoi dipendenti. Sei una perfezionista. Vuoi il meglio da loro, e quando sbagliano una virgola, tu li licenzi senza preamboli. Sarei terrorizzata anch’io se non ti conoscessi.

“Se lo dici tu.” Bella liquidò la faccenda, perché non era così.

Lei era Isabella Swan, laureata in Storia dell’Arte a pieni voti. Con i suoi sforzi si era aperta una Galleria d’Arte, e amava il suo lavoro. Okay, magari era una perfezionista. Ma non troppo.

“Dove sono le mie nipotine?” Bella cambiò immediatamente argomento, forse perché la sua migliore amica aveva ragione. Un po’.

“Con Esme. Fortuna che esiste mia madre. Con il lavoro, io e Jasper siamo in un mare di guai.

“Sai che puoi benissimo lasciarle anche a me.”

Bells, tu lavori più di noi due messi insieme.”

Alice Cullen lavorava in una boutique a New York, composta soltanto da capi di grandi marche. Mentre Jasper Hale, suo marito, era il direttore di una delle più famose catene alberghiere della città. E lavoravano entrambi nello stesso edificio.

“Non vedo l’ora di vederle. Quando ci organizziamo per quella cena?”

“Restiamo per sabato. Ah, ci sarà anche mio fratello.”

Ecco, ora sì che Bella poteva alzare gli occhi al cielo.

Edward Cullen era l’uomo più viziato, presuntuoso ed egoista che Isabella avesse mai conosciuto nella sua vita. E lo conosceva da dieci anni.

“Perché?”

“Perché è mio fratello, Bella. Perché deve vedere le sue nipotine anche lui. Perché io e Jasper non riusciamo mai a vederlo, anche se lavoriamo nello stesso edificio. Perché…” Alice guardò Bella, alzando le sopracciglia. “Lo sai che potrei continuare per sempre, vero?”

“Okay, okay. Ho capi-” Non finì la frase, perché il suo cellulare squillò.

Angela.

Bella alzò il telefono prima di rispondere, facendolo vedere alla sua amica. “Che ti avevo detto? Ora senti che guaio ha combinato.” Sì era proprio una pessimista.

Bella restò con il telefono premuto sull’orecchio per qualche minuto, poi, riattaccò.

“Cos’ha detto?”

“Ha detto che va tutto alla grande. Che ha venduto due quadri.” Rivelò, ancora con il telefono a mezz’aria.

Alice, in risposta, scoppiò in una fragorosa risata.

“Tesoro, nemmeno tu riesci a vendere due quadri in una giornata. Quella ragazza ti darà del filo da torcere. Bella sospirò pesantemente.

Quindi.” Alice prese la giacca della sua amica, insieme alla borsa e all’agenda, porgendogliele. “Ora esci di qui. E’ il tuo giorno libero, e non esiste che resti qui intorno per controllare Angela. Lei è perfetta, Bells. Devi ammetterlo.” Alice parlava a raffica, a volte senza fermarsi per respirare. E questo Bella lo sapeva bene. “Vai al Pub, da Jacob. Esci di qui, perché ci stai tutti i giorni, e non ti fa bene. Forza.” Le diede una lieve spinta sulle spalle. “Via. Sciò. Ci vediamo domattina.” Dicendo ciò, Alice cacciò praticamente la sua amica dalla boutique, chiudendola fuori.

“Ti voglio bene anch’io, Alice!” Disse, mentre la sua amica le tirava un bacio voltante da dietro la vetrata.

Bella si infilò la giacca a vento, mise l’agenda nella borsa e issò quest’ultima sulle spalle.

Con un passo felino e un tacco dodici, uscì dalle Twin Towers.

 

 

“Basta così.” Jacob Black tolse lo shot di tequila dal bancone, allontanandolo da Bella.

“E daaaai. Non sono ubriaca, Jake!” Jacob soffocò una risata, continuando a pulire il locale.

“Bella, sei qui alle nove di mattina, ubriaca.”

“Sono una donna in carriera, io. Non mi ubriaco.”

Jacob fermò per un attimo le faccende che stava per fare, guardandola.

“Ti conosco da quando sei nata, Isabella Swan. Vuoi che mi metta a ricordare tutte le volte che ti sei ubriacata?” Disse con ovvietà.

“Te l’ho detto, Jake.” Gli puntò un dito contro, un po’ traballante. “Io sono una donna in carriera. Mi ubriaco solo di sera. Mai di mattina.” E dopo quelle parole strascicate, Jacob scoppiò in una sonora risata, ritornando a pulire il suo locale.

Si conoscevano da quando erano bambini, lui e Bella. Lei viveva a Forks, e lui a La Push, lì vicino. Finché Bella non aveva avuto la brillante idea di trasferirsi a New York per frequentare il liceo, tornando a vivere da sua madre. Jacob la seguì, prima di iniziare l’Università. Erano inseparabili, due fratelli separati dalla nascita.

“Insomma… dov’è Leah?” Bella si tolse quei trampoli altissimi, appoggiando le gambe su uno sgabello vuoto.

“A casa. I bambini la massacrano.”

Isabella sospirò malinconicamente. “Che c’è?” Chiese Jake, avvicinandosi a lei.

“Sono un caso disperato, Jake.” Piagnucolò, con gli occhi lucidi.

“Oddio, ecco che arriviamo alla parte in cui l’alcool ti fa diventare una zitella isterica.”

“Ogni volta che vi vedo mi sento triste e felice.”

“Chi vedi? I fantasmi?” Bella diede un piccolo colpo con il pugno sul petto enorme di Jake.

“Non scherzare! Alice è la mia migliore amica, e guarda! Sposata con Jasper da nove anni. Si sono sposati dopo il liceo, Jake! Ed hanno due bambine bellissime! E guarda tu. Ti sei sposato tre mesi fa con una donna bellissima, e lei ora è a casa, in attesa di due gemelli. Ed io? Ho ventotto anni, Jacob. Non ho un fidanzato. Non mi passa neanche per la mente l’idea di trovarmi qualcuno e sposarmi. Cos’ho che non va?”

“Cos’hai che non va? Che tua madre ti mette talmente cose in testa, che ecco i risultati. Disse, indicandola. “Bella, tu sei una donna con le palle. Una che si è mantenuta da sola, per una vita intera. Stai bene, ora? Rispondimi.”

Bella annuì distrattamente.

“Ecco, questo è l’importante. L’uomo della tua vita arriverà, Bella. Lo sappiamo tutti e due, questo. Magari non ora. Magari invece, già lo conosci. Ed arriverà. Ora, goditi la vita da single, che rimpiangerai per sempre!” Era inutile chiedere un consiglio a Jacob, perché anche se diceva cose belle e profonde, andava a finire che sdrammatizzava sempre.

“Non si può parlare di niente, con te.” Gli diede un’occhiata minacciosa, che si trasformò in un sorriso.

Finché non senti il vociare della televisione, che prima era soltanto un rumore di sottofondo.

Attentato alle Torri Gemelle, crollata immediatamente l’area meridionale, WTC2. Si parla di attentato terroristico. Oh, aspettate! Un secondo aereo sta per attaccare  WTC1, Oh mio Dio!

La voce della giornalista, shockata da quello che vedeva, si perse fra i vari commenti delle poche persone che erano nel Pub, mentre a Jacob cadde una bottiglia di liquore, riversandosi per terra.

Bella continuava a fissare quel minuscolo schermo della TV, attaccato a pochi metri di distanza da lei.

Gli tornò in mente la domanda che Jacob le aveva fatto qualche minuto prima: . “Stai bene, ora? Rispondimi.”

Aveva detto di sì. Mentre ora, non stava bene per niente.

 

 

“Dove vai!” La voce di Jacob le arrivò distante, quasi fosse lontano mille metri da lei. Invece, era proprio lì. Riusciva anche a sentire la sua mano sul suo polso.

“Devo andare.” Disse appena, prendendo la borsa e correndo fuori.

New York era caotica, e lo sapeva bene. Un altro mondo, rispetto a Forks. Eppure, in quel momento, le sembrò di non aver mai abitato a New York.

Le persone correvano per la strada, ignari dei taxi e delle macchine che passavano. Altri urlavano. La maggior parte, aveva il telefono in mano.

Il Cellulare.

Bella tirò fuori il suo, componendo il primo numero che trovò in rubrica.

Alice.

Squillava. Ma Bella non ottenne una risposta. Riprovò, immobile in mezzo alla strada, ma nulla.

Angela.

Partì immediatamente la segreteria. Era colpa sua. Faceva spegnere i telefoni personali al lavoro. Non voleva distrazioni per i suoi dipendenti.

Jasper.

Jazz non rispondeva mai al lavoro. Mai. Bella provò ugualmente, ma la chiamata andò a vuoto.

Pensò che stava per vomitare, perché sentì il conato salirle proprio in gola. Anzi, stava per sven-

“Isabella! Isabel-” Nessuno la chiamava mai così. Anzi, solo una persona. “ISABELLA!” Alzò gli occhi, ritrovandosene davanti due verdi.

“Togliti dalla strada!” Le issò le spalle, spostandola di qualche metro.

Ma lei non parlava. Ancora immobile, fissava il viso di Edward.

D-dobbiamo andare.” Cercò di sorpassare Edward, schivando la sua spalla. Ma non ci riuscì. Edward la riportò indietro.

“Isabella, devi bere un bicchiere d’acqua. Entra dentro. Vai da Jacob.” Bella cambiò letteralmente colore, alzandosi sulle punte dei piedi… nudi.

“Alice e Jasper sono lì, Edward! Come posso tornarmene dentro?”

Cosa vorresti fare, eh? Andare a recuperarli tu stessa? Isabella, non puoi andare lì. Non possiamo!”

“COSA? Tu non sei normale, Edward.” Lo spintonò, facendolo arretrare di un passo. “Io vado lì. Alice è la mia migliore amica.” Scandì quelle parole, mentre sentiva gli occhi diventarle lucidi.

Edward questa volta la prese per le spalle, facendole quasi male.

“E Alice è mia sorella, Isabella. Jasper, mio cognato. Tutta la Cullen Media Group si trova lì dentro!” Alzò la voce, indicando il fumo che proveniva da… lì.

Bella aveva il suo lavoro, lì. La sua migliore amica. I suoi dipendenti.

Edward, aveva la famiglia. Avevano entrambi qualcosa da perdere, e per cui lottare.

“Entra da Jacob, Isabella.” Disse di nuovo, questa volta con più calma.

Lei non si mosse.

Perché capì.

Capì che 110 piani si sarebbero distrutti a domino. Portando tutti via.

Capì che forse, non c’era nulla da fare, se non aspettare, aspettare ed ancora aspettare.

Tolse le mani di Edward dalle sue palle, portandosele dietro il collo. Poi, si buttò sul suo petto, piangendo.

Perché aveva capito.

 

   
 
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