Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Jo_The Ripper    21/03/2014    4 recensioni
La paura ha il sopravvento, l’oscurità la cattura ed un vortice di piume bianche la circonda. Porta le braccia verso l’alto in un ultimo agonizzante tentativo di sottrarsi all'incantesimo, ma non ci riesce.
Si guarda attorno con la disperazione e lo sconforto impressi nei begli occhi chiari.
Riprende a ballare ma non sono più braccia quelle che muove con leggiadria nello spazio attorno a sé: sono ali.
Ali di cigno.

[Crossover tra Frozen e Le 5 Leggende, con protagonisti Elsa e Pitch Black]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Anna, Elsa
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma appartengono alla Walt Disney Pictures, a William Joyce (ed alla Dreamworks Animation). Si ringrazia inoltre “Il cigno nero”, della Fox Searchlight Pictures per l’ispirazione e alcune citazioni. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.

Il Cigno Bianco

Il sipario, drappo soffice di velluto rosso, si solleva in un fruscio leggero.
Un singolo fascio di luce illumina la ballerina al centro del palco, ferma in posizione croisé, con una gamba incrociata di fronte all’altra ed il braccio morbidamente sollevato in un allongé perfetto.
Le prime note dell’adagio spezzano il silenzio che c’è intorno a lei.
Comincia a danzare sul lucido pavimento nero, all’interno di quel singolo cerchio luminoso che illumina la scena, con movimenti lenti ed aggraziati.
Chassé, demi plié, port de bras.
Il tulle bianco che la avvolge, tessuto quasi impalpabile, segue alla perfezione i suoi movimenti, dando l’impressione che stia fluttuando nell’aria. Il corpetto, impreziosito da cristalli e morbide piume, risalta la sua figura. La rende morbida, flessuosa, eterea, come un elegante volatile che si libra nel cielo terso.
La sequenza di passi la porta ad adagiarsi sul palco, le gambe incrociate sotto di lei. La gonna del vestito le crea una pozza candida attorno e lei ansima leggermente, portandosi una mano accanto al viso in una gentile carezza. Il cuore pulsa, sa che in quel momento tutti gli occhi del pubblico sono puntati su di lei.
La prima ballerina.
La stella.
La Regina dei cigni.
Si guarda attorno indifesa e delicata, fiduciosa e timida.
Poi l’avverte: l’oscura presenza è dietro di lei ed il cuore le si ferma nel petto.
La musica diventa sempre più forte, lei si alza con un movimento fluido e danza al ritmo sostenuto ed incalzante che si crea. Sente la paura invaderle corpo e spirito quando il suo compagno, una figura avviluppata di nero, la tira a sé per la batteria successiva di pas a deux.
Le mani la stringono sui fianchi, emergono e si rintanano di nuovo nell’ombra con un guizzo veloce e, per quanto si sforzi, non riesce a scorgere il volto di quell’uomo misterioso. Con la coda dell’occhio vede solo il volteggiare del suo mantello di piume dal colore cangiante, che sotto la luce del riflettore sono ora verdi, ora blu, ora nere come la notte.
La danza diventa sempre più frenetica, lui la afferra, la solleva e la fa volteggiare. Lei lo respinge, si allontana in una fuga di passi via via più veloci, tende la mano verso il pubblico affinché qualcuno la tragga in salvo.
Ma nessuno arriva a salvarla.
La paura ha il sopravvento, l’oscurità la cattura ed un vortice di piume bianche la circonda. Porta le braccia verso l’alto in un ultimo agonizzante tentativo di sottrarsi all'incantesimo, ma non ci riesce.
Si guarda attorno con la disperazione e lo sconforto impressi nei begli occhi chiari.

Riprende a ballare ma non sono più braccia quelle che muove con leggiadria nello spazio attorno a sé: sono ali.
Ali di cigno.
La trasformazione è completa, il sortilegio è compiuto.
E lei sa, nel più profondo del suo cuore, che solo un atto di vero amore potrà spezzarlo.


“Elsa, Elsa svegliati o farai tardi!”
Elsa aprì gli occhi al suono argentino della voce di sua sorella Anna. Si voltò dall’altra parte con un sbuffo nervoso; la notte precedente non era riuscita a prendere sonno, si era girata e rigirata sotto le coperte, oppressa da una grave ansia che le appariva, alla luce del nuovo giorno, del tutto immotivata. Batté piano le palpebre e, con un piccolo sforzo di concentrazione, riportò alla memoria frammenti del sogno dal quale si era appena destata. Un debole sorriso nacque sul suo viso.

“Ho fatto un sogno strano.” Disse una volta entrata nella piccola cucina, mentre Anna si affaccendava a raccattare tutti i materiali da portare con sé per le lezioni del mattino, sparsi, come al solito, in giro per casa.
“Cosa hai sognato?” le rispose afferrando un pennello che aveva trovato una collocazione inusuale accanto ad un vaso in stile Ming nel soggiorno.
“Ero la prima ballerina ne Il lago dei cigni ma era una versione del balletto molto austera, essenziale. Oscura.” L’ultima parola la fece rabbrividire.
“Ah-ha!” esclamò Anna dopo aver ritrovato un tubetto di tempera. Lo infilò svelta nella borsa e si sedette accanto ad Elsa.
“La stagione sta per cominciare e sei nervosa, vero?”
La ragazza annuì ed Anna le rivolse uno sguardo comprensivo e gentile.
“Dai, vedrai che quest’anno andrà alla grande! Ormai sei nella compagnia di balletto da tanto, e sento che quest’anno riceverai un ruolo da protagonista. Hai lavorato talmente tanto che credo sia giunta l’ora di riconoscere i tuoi sforzi!”
Elsa piegò le labbra in un sorriso, in risposta all’incoraggiamento di quell’ottimista impenitente che era sua sorella minore.
“Lo spero.” Replicò pacata.
“Bene, così ti voglio!” Anna le diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla e saltò giù dallo sgabello. “Io ora scappo, buona giornata sorellona!”
In uno strascichio di gonne ampie e voluminose, Anna imboccò il corridoio e chiuse la porta dietro di sé. Con un sospiro Elsa cominciò la sua routine quotidiana, prima di avviarsi all’Accademia.

Il treno sferragliava sui binari ed il suo dondolio aveva un che di rassicurante. La cabina era affollata come al solito, piena di lavoratori che si accingevano a cominciare la loro giornata in quella che era una città viva e frenetica come New York.
Elsa scese alla sua fermata e, a passo svelto, entrò nell’edificio che era la sua Accademia di ballo. In camerino raccolse i suoi lunghi capelli di quel biondo platino quasi tendente al bianco candido, in una treccia che provvide poi ad intrecciare a mo’ di chignon. Scambiò qualche chiacchiera inconsistente con le altre ballerine e si preparò per cominciare l’allenamento.

Una volta entrata prese posto accanto alla sbarra, sistemandosi in prima posizione. Il regolare battimani dell’insegnante e la musica scandivano i passi per il riscaldamento e trascorse relativamente poco tempo quando la porta della sala da ballo si aprì e vi entrò un uomo.
Elsa riconobbe in lui il direttore artistico dell’Accademia, Pearce –chiamatemi Pitch- Black, che con passo sicuro cominciò a farsi strada tra le fila di ballerini.
Sentì un nodo formarsi alla gola, guardando l’uomo che analizzava con occhio critico ogni loro movimento. Vide alcune ragazze scambiarsi cenni d’intesa ed ombre di sorrisi maliziosi.
Ricordò sprazzi di conversazione carpiti nei camerini, dove ballerine sfacciate, ridacchiando come adolescenti, lo immaginavano nei più ardenti atti di concupiscenza. Bramavano di poter ballare con lui per poter essere afferrate, prese, toccate da quelle mani che consideravano un’autorità nel suo campo. Parlavano della sua fama di ballerino ed amante, di come avrebbero desiderato essere redarguite per un passo sbagliato, calcando sul senso implicitamente carnale della parola redarguite. Commenti come questo facevano arrossire Elsa, nonostante provasse a mostrarsi sempre ferma e composta, estranea alle conversazioni riguardanti le fantasie sul direttore.
Pitch, con quel suo sorriso criptico, era affascinante e pericoloso come solo un uomo che ha raggiunto la cima del successo può essere.
Elsa guardava la sua figura slanciata intimorita e, ad ogni passo che lui faceva, l’agitazione le mozzava il respiro. Mandò giù un grumo di saliva, non era quello il momento di farsi prendere dal panico.

“Quest’anno apriremo la stagione con Il Lago dei Cigni.” Esordì lui, con tono fermo e deciso, continuando a girare tra loro, come un leone che studia ogni possibile preda. “Confido che la storia la conosciate tutti: una principessa, trasformata in cigno da un mago malvagio, ambisce a ritrovare la libertà e solo il vero amore potrà spezzare il suo incantesimo. Ma, con un inganno, il principe del quale è innamorata viene sedotto dalla figlia del mago, trasformatasi nella principessa e lei, dolce sventurata, si toglie la vita. E così, nella morte, ritrova la libertà. Per una nuova produzione, cerchiamo una nuova prima ballerina.” Diede segno di interrompere la musica ed aspettò che la notizia facesse presa nel cervello delle ragazze che lo fissavano incredule. Con un sorriso serafico continuò: “Tutte le ballerine i cui nomi non saranno presenti sul tabellone all’ingresso, continueranno il loro allenamento quotidiano. Le altre dovranno recarsi nel mio studio oggi pomeriggio all’orario indicato. Grazie.” Senza mezzi termini o giri di parole, Pitch era stato diretto e preciso nell’esporre quel nuovo programma. Prima di andarsene, gettò un’occhiata fuggevole ad Elsa. Nonostante fosse stato un breve contatto, la ragazza sentì lo stomaco in subbuglio.
“Calmati Elsa, è solo il nervosismo per la notizia inattesa.” Pensò. Non fece in tempo a notare il fugace sorriso del direttore artistico dopo averla vista.

Era seduta a terra, le gambe stese e le braccia che disegnavano ampi movimenti, mimando i passi che avrebbe dovuto riprodurre di lì a poco. L’aver visto il suo nome comparire tra le prescelte le parve un segno inequivocabile del fatto che stava per compiere un passo decisivo per giungere al coronamento della sua ambizione. Per questo motivo doveva essere impeccabile durante la coreografia.
Quando fu il suo turno, Elsa entrò esitante in sala e prese posizione.
“Controllati, devi essere perfetta, controllati, andrà tutto bene.” Continuava a ripetersi come un mantra.
“Quando sei pronta, puoi partire con il tuo Cigno Bianco.” Le annunciò Pitch.
Elsa annuì ed eseguì la prima coreografia alla perfezione. La sua tecnica era ineccepibile ed i suoi movimenti precisi, frutto dello studio, del duro lavoro e della disciplina.
Il direttore Black annuì soddisfatto e le si avvicinò. Elsa poté scorgere le sfumature dorate nei suoi occhi fiordaliso, ma subito rivolse l’attenzione verso la punta rinforzata delle sue scarpe.
“Se cercassi solo il Cigno Bianco, la parte sarebbe tua.” Le sussurrò all’orecchio e lei avvertì il fiato caldo sulla sua pelle sudata. “Purtroppo però non è così. Ora mostrami il tuo Cigno Nero.” Fece un cenno al pianista e questi prese a suonare un nuovo movimento.
Elsa iniziò a piroettare, una successione di fouettés en tournant che cercò di eseguire nella maniera più perfetta che aveva imparato.
“No, non ci siamo!” la voce di Pitch fu come il suono stridulo del gesso sulla lavagna. “Devi metterci più carattere, più decisione, più dinamismo! In questo atto devi sedurre un principe e tu stai lì, con i tuoi movimenti legnosi e tesi! Smettila di ballare come un blocco di ghiaccio, Elsa!”
La ragazza, sotto il peso di quelle parole mordaci, si distrasse e mise un piede in fallo, rovinando al suolo. Pitch sospirò e passò una mano tra i corti capelli corvini.
“L-lo ripeto?” azzardò la ragazza in un timido sussurro.
Lui la guardò con sufficienza.
“No, ho visto abbastanza. Puoi andare.”
Con il gelo nel cuore e le lacrime che minacciavano pericolosamente di uscire, fuggì via.

*

Quando tornò a casa, Elsa si chiuse direttamente nella sua stanza. A niente valsero i tentativi di Anna che continuava a bussare ripetutamente contro la sua porta, chiedendole di parlare.
La ragazza soffocò le lacrime nel cuscino, con in bocca il retrogusto della delusione, che aveva lo stesso sapore del fiele. Sentiva di aver disonorato la memoria dei suoi genitori, che tanta fiducia avevano riposto nelle sue possibilità poco prima di morire in quel disgraziato incidente. Cocente era anche il senso di aver deluso sua sorella e aver mandato in frantumi un sogno nel quale aveva riposto troppe speranze.
Le avevano insegnato che il controllo era tutto, ma Pitch voleva la passione.
Le avevano insegnato che le emozioni inficiano la riuscita di un buon lavoro, che ciò che contava davvero era la tecnica, l’ambire alla perfezione. Pitch invece voleva un ballo di languida seduzione.
Elsa guardò la boule de neige carillon che i suoi genitori le avevano portato da Parigi: al suo centro c’era una ballerina che, una volta caricato il meccanismo, volteggiava sotto i fiocchi di neve. La prima volta che l’aveva vista aveva cominciato a covare il desiderio di essere quella ballerina che si muoveva leggera sotto la neve cadente. E ci aveva provato, voleva davvero essere la ragazza perfetta che loro volevano. Si era isolata dal mondo, applicandosi con zelo solo alla sua arte, ben lungi dall’essere una persona estroversa e solare, piena di amici come sua sorella Anna, l’artista che con una sola pennellata era capace di riprodurre un vortice di emozioni. Il suo carattere chiuso, schivo, l’avevano portata a costruirsi attorno un’armatura di impassibilità che veniva presa dai più per alterigia e freddezza. Nemmeno Anna, la persona più vicina a lei, poteva dire di conoscere e comprendere a fondo il suo carattere.
Elsa non riuscì a dormire quella notte. Ogni volta che lo faceva un mostro dalle ali nere si impossessava dei suoi sogni e la faceva svegliare di soprassalto. Vi rinunciò definitivamente e stette ad arrovellarsi il cervello sugli eventi della giornata. Dopo un’attenta riflessione decise che avrebbe fatto un tentativo e sarebbe andata a parlare con il signor Black per ottenere la parte. Forse era giunto il momento di mostrare al mondo che non era una stele di ghiaccio come lui insinuava.

*

Durante il viaggio in treno, Elsa sentiva lo stomaco stretto in una morsa gelida ed un senso di nausea sempre più crescente. Una volta arrivata all’Accademia stette ferma a tormentare la tracolla della sua borsa di fronte alla porta di Pitch, prima che trovasse il coraggio necessario per bussare. Quando lo fece, il direttore artistico si mostrò sorpreso di vederla.
“Posso fare qualcosa per te, Elsa?”
“Hai un momento? Vorrei parlarti…” pronunciò timidamente.
Lui le fece un cenno del capo e si scostò dalla soglia della porta, invitandola ad entrare. Si sedette ed Elsa prese posto davanti a lui, posando la borsa sul tavolo.
“Allora, cosa c’è?”
“I-io, sono venuta a parlarti della parte. Volevo dirti che l’ho riprovata a casa e che adesso sono pronta a…” lui tacitò la fine della frase con un gesto risoluto della mano. Storse le labbra mentre formulava un pensiero, ed Elsa intuì che non sarebbe stato qualcosa di bello da udire per lei.
“Elsa, sarò molto franco con te e vorrei che tu comprendessi la situazione. Ad un qualunque osservatore esterno, tu appari come il migliore Cigno Bianco: sei timida, pura, piena di paure, fragile e ingenua, e possiedi una bellezza fine e aristocratica. Ma il Cigno Nero? Tu non possiedi minimamente la sua forza distruttiva, la sua passione. E sai perché? Perché sei una schiava del controllo che non si lascia andare alle emozioni. Ricerchi questa perfezione in maniera così maniacale che hai dimenticato che per ballare ci vuole il cuore. Dov’è il tuo cuore, Elsa? Dov’è la tua fiamma?”
“Io voglio solo essere la ragazza perfetta che vogliano che sia…” mormorò flebilmente.
Pitch rise con scherno a quella debole giustificazione.
“Elsa, qui l’unico ostacolo al tuo successo non è la perfezione. Sei tu.”
La ragazza distolse lo sguardo, senza dire una parola, accusando il colpo.
“Vuoi davvero quella parte?” le domandò infine Pitch.
“Con tutta me stessa.” Rispose risoluta.
Black la osservò attentamente e, per la prima volta, la vide mostrare fermezza. Forse avrebbe potuto concedere un’opportunità a quella ragazza che, dalla prima volta in cui aveva incrociato il suo sguardo, l’aveva stranamente attratto. Elsa, aveva poi constatato con il tempo, era un mare di contraddizioni e paure e nascondeva chissà quali altre sfaccettature. Il mistero, l’enigmaticità, il suo essere sfuggente, erano qualcosa che non riusciva a ritrovare nelle altre ballerine. Queste qualità, se solo avesse saputo sfruttarle meglio, avrebbero potuto farla diventare una stella.
“Non ti farò promesse, Elsa. Devo rifletterci. Ora sono impegnato, ne riparleremo presto. Se vuoi scusarmi.”
Lei si rianimò e gli rivolse un debole sorriso. Prese la borsa e con un cenno di saluto andò via. Non si accorse però di aver perso un quaderno dalla copertina consunta, il blocchetto che portava sempre con sé, sul quale annotava i suoi pensieri più reconditi e che soffocava, tutto quel mondo di fantasie, paure e desideri nel quale indugiava quando era sotto le coperte o nella vasca da bagno.
Pitch se lo rigirò tra le dita, indeciso se leggerlo o metterlo in un cassetto e restituirglielo. Vinto dalla curiosità, scelse la prima opzione ed aprì una delle ultime pagine.
Scritto con una calligrafia elegante vi era un piccolo trafiletto:

“La paura è l’oscura prigione della luce.”

Due settimane dopo, vennero affissi i risultati con le parti assegnate.
Elsa era la nuova Regina dei cigni.
Il quaderno, che aveva a lungo cercato a casa con febbrile accanimento, ricomparve misteriosamente sul tavolo da toeletta del suo nuovo camerino da prima ballerina.

*

“No, no, non ci siamo! Elsa devi essere più sciolta, più morbida! Non essere così dannatamente rigida!”
Ansimanti, i ballerini si fermarono. Pitch era di fronte a loro, a braccia conserte, estremamente corrucciato. Le labbra piccole erano strette in una linea di disappunto.
“Dopo tre settimane di lavoro continui a ripetere lo stesso, stupido errore.” Rivolse ad Elsa uno sguardo insoddisfatto e contrariato.
“S-sto solo ballando come vuoi tu…” cercò di difendersi lei.
Il direttore artistico sbuffò teatralmente.
“Io non ti ho chiesto di trasformarti in un cadavere in principio di rigor mortis, ragazza mia.”
Parole crudeli, affilate come lame di ghiaccio.
“Devi farmi vedere ciò di cui sei capace, devi mostrarmi quell’oscurità che ti porti dentro. Interpretare il Cigno Nero significa questo e tu sei così testarda da non riuscire a fartelo entrare in quella graziosa testolina.”
Elsa strinse i pugni, ostinata. Aveva provato a migliorarsi, a dimostrare che possedeva l’abilità artistica necessaria per interpretare il candido Cigno Bianco ed il perverso Cigno Nero. Ma per Black non era mai abbastanza ed il suo malumore aumentava esponenzialmente ogni volta che si soffermavano sulla variazione del Cigno Nero.
“Va bene ragazzi, per oggi basta. Potete andare.”
Elsa si voltò per prendere le proprie cose ma venne raggiunta dalla voce di Pitch, che suonava infastidita ed esasperata.
“No, no, tu resti qui. Abbiamo ancora parecchio su cui lavorare.”
Elsa venne percorsa da un brivido freddo. La vicinanza di Pitch era qualcosa che riusciva a turbarla e a destabilizzarla. Le altre ragazze sostenevano che ormai, dopo tutto il tempo che trascorrevano insieme alle prove, lei se ne fosse infatuata, cosa che smentiva categoricamente.
“Dai ammettilo, Elsa, che quando torni a casa, sotto le coperte, ti tocchi pensando che sia lui a farlo.” Le dicevano con inflessioni di voce cariche di malizia.
La verità era che Elsa provava verso di lui la stessa attrazione della falena verso la fiamma.
Qualcosa di torbido ed oscuro che si depositava nel suo ventre e restava lì, appostata nell’ombra, in attesa.
Non sentì la porta chiudersi con un tonfo sordo e il direttore fermarsi davanti a lei. Le sollevò il mento e fece in modo che i loro occhi si incontrassero. Elsa trattenne il respiro, incatenata a quelle iridi magnetiche. Con la mano libera, Pitch si avvicinò, sciolse la crocchia ed i capelli le caddero in una treccia laterale che si poggiò sulla clavicola. Osservò con un sorriso soddisfatto il risultato.
“Io sono il principe.” Affermò e cominciò a canticchiare il motivo. La prese facendola piroettare, ma sotto le sue mani era ancora rigida.
“Rilassati, lasciati andare.” Un comando che lei, intimorita, non riuscì ad eseguire.
Lui continuò a stringerla, nella sequenza del pas a deux del terzo atto. La sua mano calda afferrò saldamente la coscia della ragazza.
“Senti la mia mano, Elsa. Rispondile, lasciati andare.” Fu un sussurro roco contro il suo orecchio.
La ragazza si sentì pervadere da un mix di eccitazione e timore, lo guardò persa e confusa e poi gli diede una spinta sul torace, allontanandolo.
Lui fu più veloce e con un moto di stizza, afferrandole il braccio, la riattrasse a sé.
E poi la baciò.
Non fu uno di quei baci da libro di cui Elsa aveva letto e non aveva niente a che fare con i timidi baci inesperti che aveva scambiato con un paio di ragazzi.
Le labbra di Pitch erano esigenti, calde ed impetuose.
Un gemito di sorpresa le sfuggi dalla gola quando si separò da lei sollevando il capo con orgoglio e arroganza.
Elsa non ebbe tempo di razionalizzare il susseguirsi di eventi che Pitch fu di nuovo su di lei, assalì la sua bocca con brama crescente.
“Apri la bocca. Lasciati andare.” Comandò risoluto ed Elsa sentì le sue difese cedere. Si abbandonò totalmente a quell’atto di pura e veemente passione. Portò una mano sulla guancia scarna del direttore, mentre le mani di Pitch vagavano sul suo seno, fino a spingersi giù, al punto di non ritorno.
Elsa si sciolse, era una bambola inerte tra le sue braccia, schiava e desiderosa di continuare quella danza non più con passi stabiliti da chissà quali ignoti maestri di balletto francesi, ma con passi dettati dal proprio cuore e dalle proprie emozioni.
Rispose con altrettanto slancio, infilando la mano nei suoi capelli corti, avvicinandolo sempre di più, smaniosa di un contatto più intenso e profondo.
Poi, d’improvviso, Pitch si allontanò da lei.
La guardò insolente, si umettò le labbra che ancora avevano il sapore fresco di Elsa, e le parlò.
“Ora sono io che ho sedotto te. Deve essere il contrario.”
Andò via senza degnarla di uno sguardo.
Distaccato, cinico, indifferente, crudele.
Elsa rimase al centro della pista, scossa, tremante, stravolta. La cortina di ghiaccio che aveva creato attorno a sé, e che Pitch aveva contribuito a sciogliere con il suo ardore, volteggiava adesso attorno a lei, mutata in una tempesta di neve.
La paura ed il desiderio l’avevano sedotta e poi abbandonata.
L’incantesimo non si era spezzato.
Il cigno bianco non sarebbe mai stato libero.

«E solo nella morte ritrova la libertà.»
    
***
Salve, popolo del fandom!
Questo è il mio primo crossover *ansia, ansia, ansia*, partorito nella prima giornata post esami (quindi, se è una schifezza ho la giustificazione per aver bruciato il cervello con il precedente studio).
Dunque, perché Pitch ed Elsa…mmm, beh, devo dire che come pairing mi ispira, la vedo una coppia molto torbida e oscura, la ragazza che è schiava delle sue paure e lo spirito che ne è il guardiano…insomma, come ragionamento logico fila, quindi, perché no? XD
Mi sono spudoratamente ispirata al film “Il cigno nero” per questa fanfiction, infatti ho trovato che l’ambientazione generale e alcune scene calzassero a pennello con la mia idea della coppia Pitch/Elsa, quindi mi sono detta di fare un tentativo e provare ad adattare il tutto.
Senza contare poi il fatto che secondo me il personaggio di Pitch è estremamente somigliante a Vincent Cassell (vedere per credere qui e qui) anche se è Jude Law a prestargli la voce. Il Pitch che ho descritto è meno “cattivo” rispetto alla figura a cui siamo abituati, mentre con Elsa ho cercato di mantenere quel suo stato d’animo costantemente attanagliato da paure ed incertezze.
Purtroppo non sono riuscita a reperire su youtube la scena del film, dovrete accontentarvi solo di una piccola immagine qui.
In soldoni, a voi l’ardua sentenza su questo sproloquio!
Spero che la lettura vi sia piaciuta e buone cose :D
Ci si vede in giro!
  
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