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Autore: Eustass_Sara    21/03/2014    4 recensioni
piccola shot su Kidd e Law... li amo troppo questi due!
dopo aver visto l'immagine che ha ispirato questa breve storiella, ecco a voi la mia prima AU fantasy, con un pizzico di OOC... voglio sperare che sia un pizzico...
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la mezzanotte ~

La mia era una vita piatta e orrenda.
Un film dell'orrore, per certi versi ; un film noioso, per altri.
Un qualcosa che urlava il bisogno di novità, di vento freddo e portatore di luce ; mi serviva una nuova vita, un incentivo. Un qualcosa che mi ridasse tutto quello che avevo perso e che mai avevo avuto.
Mi serviva quel qualcosa, ma era lontano.
Osservavo il cielo, lo faccio anche ora, e mi perdo fra i mille puntini luminosi.
È bella la notte, mi da la pace e il silenzio che cerco ; nell'ombra sono al sicuro, è la mia seconda casa.
Ma è diverso.
Ho sempre guardato quel nero immenso con sogni nella testa, mai hanno avuto voce, solo parole scritte su carta ; quelle stesse parole trascritte, sono rinchiuse in un cassetto.
Ho sempre cercato di vedere dietro la luna e le stelle, convinto che da li c'era il mio nuovo punto di partenza, ma niente ; ogni sera, lo stesso nero mi accoglieva.
Delusione... era questo ciò che provavo, vedendo come la luna non mi sorrideva, le stelle non mi guardavano ; niente si schiodava da quella fredda immobilità.
Niente dava cenni di vita, solo di morte.
Tanto che a furia di guardare quel cielo, io mi sentivo morto.
Ho creduto per tanto tempo di esserlo, sono precipitato in un abisso di apatia senza fine, il cuore improvvisamente di piombo.
Ero estraneo a tutto, nemmeno il rendermi conto di ciò mi smuoveva.
Devo riprendermi, devo vivere!, mi dicevo... ma non facevo nulla, stavo solo li a guardare.
Non capivo, mi sentivo vuoto... demotivato.
Non avevo niente per cui vivere di nuovo, niente persone o ricordi importanti, niente.
Lui, il mio ormai defunto carceriere di una vita, mi ha strappato via tutto.
L'infanzia non l'ho mai avuta, amici è sempre stata una parola vuota e senza significato e i sentimenti erano un qualcosa che sapeva di sporco e inutile.
La mia vita è stata tutta una bugia.
Ed era sempre li che trovavo conforto, in quell'infinito cielo nero della notte.
Certo, era vuoto e senza vita, ma ho imparato ad accontentarmi e sospirare di noia.
Non potevo fare altro.
Non volevo fare altro.
Poi accadde.
Quel fatto, l'inaspettato, quello che rubò i miei occhi illuminandoli come mai.
Me lo ricordo come se fosse ieri.
Tornavo a casa, avevo una busta di cibarie nella mano destra e avevo un po freddo.
Odiavo girare di notte, il freddo ti entrava nelle ossa anche se avevi il giubbotto ; ma ero comunque annoiato e apatico, come sempre.
Le strade erano buie, c'era solo la fioca luce dei pochi lampioni.
Il ticchettio dei miei stivali era l'unico rumore in sottofondo.
Avevo sospirato, poi ho sentito un leggerissimo rumore.
Sembrava un fruscio, ma era troppo in alto per essere una foglia mossa dal vento.
Quella notte, non c'era un filo d'aria, solo tanto freddo.
Ma io lo avevo sentito, quel fruscio ed era molto in alto.
Poi quella luce... era chiara e azzurra e aveva illuminato anche me.
Alzai lo sguardo e lo vidi.
Sgranai gli occhi, sentendomi improvvisamente vivo ; pensai di sognare, ma così non era.
Lassù, in quel mare nero, una scia azzurra seguiva quella figura umana.
C'era un ragazzo, lassù, era in piedi e si muoveva.
Faceva curve, virava a destra e sinistra... girava in lungo e in largo il cielo, come se avesse dei pattini sotto i piedi.
Io lo osservavo a bocca aperta, sentivo il cuore battere forte.
Quello non me lo aspettavo, ma somigliava tanto al segno di vita che volevo.
Era così luminoso e semplice... chi mi crederebbe se raccontassi di aver visto un ragazzo volare con dei pattini su nel cielo?
Forse non lo avrei nemmeno detto.
Quello era il mio sogno ad occhi aperti, quello che mi stava facendo sentire vivo.
Vedere quel colore, quella persona muoversi sciolta e a suo agio nel cielo dipingendolo con quella scia...
Poi svaniva dopo pochi istanti, il colore, ma tanto il ragazzo ne dipingeva di nuovo continuando a pattinare nel cielo.
Sembrava che potesse toccare le stelle, sedersi sulla luna e dormire nel mare silenzioso.
Forse poteva davvero farlo, me ne convinsi e desiderai di farlo anche io.
Guardai l'ora in un nano secondo.
Mezzanotte passata.
Poi il buio.
Non c'era più la scia, ne il ragazzo.
Corsi in casa e dalla fretta abbandonai la borsa nel corridoio.
Le scarpe e il giubbotto furono abbandonati dove mi capitava e salivo.
Salivo quelle scale che mi avrebbero portato nella mia stanza.
Mai avevo desiderato così tanto di arrivarci.
Un barlume di vita c'era in me, era nuovo e quando arrivai avevo il fiatone e il cuore galoppante.
Temevo di poter sentire male, mai aveva battuto così veloce.
Mai avevo avuto fretta, in vita mia.
Raggiunsi il balcone e mi affacciai con solo le ciabatte ai piedi.
Anche il cappello e i guanti erano finiti sul pavimento, addosso avevo solo più la maglia e il pantalone.
Passai molte ore a cercare quella figura nel cielo, quella scia.
Mi chiesi cos'era, se l'avrei rivista e se anche io potessi fare una cosa simile.
Sarebbe stato bellissimo.
Poi rientrai in casa, deluso nel vedere solo il solito nero.
Affondai nelle coperte del mio letto e mi addormentai, sognando ciò che avevo visto.
Ma non era finita.
La sera seguente, a mezzanotte, sentii i rintocchi e alla fine di essi, quel ragazzo stava di nuovo volteggiando e colorando il cielo.
Mi precipitai al balcone, quella volta, volevo vederlo meglio.
La mia stanza era al secondo piano, forse avrei visto il volto di quella persona.
Mi aveva incantato con i suoi fluidi movimenti e la sua scia azzurra.
E da li, sul balcone, capii che quella scia portava con se quelle che sembravano stelline.
Di sfumatura azzurra-verde, brillavano e sparivano, il ragazzo ne creava di nuove.
Mi persi a osservarle, dimenticando di vedere il volto del loro creatore.
Nelle notti a seguire, provai a vederlo ma era troppo distante e quelle stelle continuavano ad attirare i miei occhi.
Mi sarebbe piaciuto toccarle e sedermi fra esse ; erano davvero tantissime.
Più volte, in quelle notti in cui lui appariva dopo i rintocchi della mezzanotte, mi capitava di allungare una mano verso le stelle.
Non me ne rendevo conto, e intanto lui appariva.
Ogni notte io pregavo che sarebbe apparso anche la seguente.
Ogni notte io lo rivedevo in quel cielo a creare le stelle.
Poi mi abituai.
Leggevo libri, cucinavo, uscivo, facevo le spese... e aspettavo.
Aspettavo che la notte calasse, che la campana suonasse la mezzanotte.
Dopo i rintocchi, il ragazzo tornava a illuminare il cielo e dipingerlo.
Lo guardavo con un sorriso, appoggiato alla ringhiera del balcone.
Lo feci tutte le notti, ormai abituato e arreso al non poterci provare anche io.
Ma cadde.
Una notte, d'improvviso, lui cadde.
Si era fermato e, in un colpo, caduto giù.
Mi sono sporto per vederlo, spaventato all'idea che potesse essersi fatto male.
Con il cuore galoppante e gli occhi sgranati, me lo ritrovai ad un palmo dal naso che risaliva.
Ero senza fiato.
Occhi magnetici e ocra, capelli ribelli e rossi... mi osservava curioso, come io lo ero di lui.
Era bello.
Incantato da quegli occhi, mi misi a leggerli, trovando curiosità e quesiti.
Era dubbioso, il suo modo di scrutarmi era la conferma.
-Chi sei?-
sottile, semplice e veloce.
Mi uscì così, in un soffio delicato.
Attesi per diversi minuti la sua risposta, forse non sapeva se darmela o meno.
Ma poi arrivò quel sorriso.
Un sorrisetto sghembo, che faticavo a tradurre.
-Un ragazzo libero.-
delicata e semplice, come la mia domanda.
Che bella risposta.
Era ciò che volevo essere io.
Lui libero, io in gabbia.
Eravamo gli opposti, eppure si è avvicinato.
Ma rimane diverso.
Mi aveva sorpreso, poi, allungandomi quella sua mano.
Era grande e bianca.
Era incerto, in quell'offerta, con un barlume di speranza e fiducia.
-Vieni con me.-
Che parole semplici... eppure mi colpirono.
E le tradussi.
Vieni con me e sarai libero.
Se anche io potevo provare la libertà e assaporarla, allora mi sarei anche buttato.
Andavo alla cieca, a tentoni.
Non sapevo cosa sarebbe successo, forse manco mi importava.
La libertà così vicina mi attirava davvero troppo.
E alla fine, posai una mia mano piccola e bronzea su quella offertami.
Era calda.
Sapeva di sicuro, istintivamente mi fidai.
Mi lasciai tirare su e una luce azzurrina mi avvolse.
Era la stessa del ragazzo e, di colpo, mi sentii leggero come una piuma.
Così, mano nella mano, passeggiamo.
Era strano a dirsi, emozionante a farsi.
Però era vero.
Io e quel ragazzo eravamo mano nella mano, a passeggiare nel cielo.
Ero così naturale... come se lo facessi da una vita.
Una sensazione bellissima, avrei voluto farla ancora e ancora, fino alla fine.
Mi voltai indietro, la mia casa era divenuta piccina, talmente ero in alto.
Non ebbi paura, solo sorrisi.
E, voltandomi nuovamente, incrociai il suo sguardo e il suo sorriso.
Dietro di noi, le stelle segnavano il nostro percorso.
Ancora per istinto, guardai verso il basso.
Li cercavo.
Cercavo quei pattini che sognavo.
Quelli con cui lui pattinava nel cielo.
Ma non li aveva.
Solo delle semplici scarpe da ginnastica, erano ai piedi.
Pantaloni larghi e maculati ai bordi, una camicia legata in vita e una coperta dal giubbotto smanicato.
Un giubbotto con pelliccia e invernale.
Erano abiti semplici, degni di un ragazzo semplice e umano.
E fu quello a stupirmi.
Come poteva un umano volare così, come se nulla fosse, nel cielo?
-
È la libertà. Lo senti?-
Sorrisi, non nascondendo lo stupore.
Era riuscito a capire e io ho creduto davvero alla risposta.
-Si.-
In quel momento, mi sentivo davvero un ragazzo libero.
Sentivo davvero che la libertà mi regalava piacere e leggerezza.
Sentivo davvero la stessa lunghezza d'onda su cui viaggiavamo.
Mi sentivo come unito a quel ragazzo.
E tutto solo tramite quelle mani intrecciate.
Mi lasciai trascinare più su.
Ammirai ciò che lui mi mostrava, come la luna o la città minuscola ai nostri piedi.
Poi mi portò li, in quel posto che mai avevo pensato potesse esistere.
L'altezza era talmente tanta, che dalla città non avrei mai visto quel posto.
Era stupendo.
E fu li che mi depositò.
Delicato, salì su quel letto di stelle, perché altro non era.
Un enorme distesa di stelle, grande quanto un mare.
Ma troppo in alto perché si potesse vedere dal basso.
E li mi mollò la mano.
Ebbi paura, temetti di cadere e chiusi forte gli occhi.
Ma non mi stavo muovendo.
Piano piano, li riaprii, trovandomi seduto su quelle stelle.
Assurdo.
Magnifico.
Stavo seduto su una marea di stelle.
Erano bellissime e luminose e lui era li.
Coricato, le mani dietro alla testa e mi guardava sorridendo.
Seppur sghembi e strafottenti, quei sorrisi erano bellissimi.
Mi persi ad osservarlo, mentre i suoi occhi dorati si chiudevano.
Le mani affondavano fra le ciocche rosse.
Mi scappò un risolino, vedendo come la chioma rossa da lassù sembrava blu.
Ma, anche quella, la trovai stupenda.
E da lassù, vidi anche la notte che scivolava via, moriva.
Dopo di lei, arrivava il giorno.
Luminoso e splendente, l'alba era iniziata.
Fu un attimo.
Un delicato quanto deciso contatto, toccò le mie labbra.
Ebbi appena il tempo di sgranare gli occhi, automatico riflesso.
Non potei ne realizzare quel contatto ne ricambiarlo o rifiutarlo.
Non potei, perché di colpo mi ritrovai a sbattere le palpebre fra le soffici coperte bianche.
Ero nel mio letto.
Nella mia stanza.
Ed era giorno.
Mi sentivo stordito, confuso e triste.
La paura che tutto quello fosse stato un sogno mi assalì.
La camminata nel cielo, il vedere da vicino la luna, stendermi fra le stelle...
Non poteva essere stato solo un sogno.
Lo sentivo, tutto quello era stato reale.
La notte, le emozioni nuove, il ragazzo... non era un sogno.
Niente lo era.
Mi mossi, deciso ad affrontare quel nuovo giorno e aspettare la notte.
Dovevo chiedere e sapere.
Sapere che cosa voleva dire quel bacio.
Sapere perché mi avesse lasciato qui, da solo, nel mio letto.
Al momento, sapevo solo che quel bacio era stato bello.
Non era nulla di pretenzioso, solo uno scoprirsi.
Scoprire il sapore che uno aveva.
Ma per quanto delicato fosse stato, mi era rimasto.
Come un marchio indelebile, quel bacio era impresso nei miei ricordi.
Mi toccai le labbra, leggermente.
Speravo nel risentire quel calore.
Speravo che il suo segno leggero sulle mie labbra non svanisse.
Neanche il passare la lingua, mi permetteva di sentire il suo sapore.
Potevo solo rivivere e ricordare quel contatto.
E alla fine, come ogni giorno, la notte calò.
Prima la sera e poi lei, la notte.
Mi appoggiai alla ringhiera del balcone e aspettai gli imminenti rintocchi.
Non sapevo il perché, ma il cuore mi batté forte.
Più pensavo all'imminente incontro con quel ragazzo, e più il mio core galoppava.
Drizzai la schiena, gli occhi sgranati e le labbra dischiuse.
Un riflesso, semplice e veloce.
Le campane suonavano.
Lente e cadenzate, annunciavano la mezzanotte.
E poi quella luce.
Azzurrina, portatrice di stelle luminose con sé.
A precederle, quel ragazzo.
Sentii un improvviso calore, le guance erano in fiamme.
Non volevo che vedesse la mia faccia rossa, ma volevo lo stesso parlargli.
In quel momento, però, le parole non uscivano.
Sapevo cosa dire, solo che le parole erano incastrate nella mia gola.
Ogni cosa, mi sembrava stupida da dire.
Avrei potuto fare un domanda scomoda e idiota.
Avrei potuto infastidirlo e non volevo.
Sbagliare, in quel momento, mi sembrava inevitabile.
Non me ne ero mai preoccupato di sbagliare a parlare con qualcuno.
Non badavo neanche alle conseguenze.
Ma quel ragazzo era importante.
Rappresentava il mio punto di partenza, quello da cui ho sentito di avere una nuova vita.
Mi ha mostrato che ho una libertà.
E con il suo giocare nel cielo, invitarmi a fare altrettanto e baciandomi, mi ha segnato.
Ha lasciato un segno, nel mio cuore.
Mi è entrato dentro e ci è rimasto.
Ha fatto battere quell'organo che credevo morto.
Mi ha fatto agitare lo stomaco, sentire la paura che nulla di lui fosse reale.
Mi ha scosso ed emozionato con un semplice bacio, fatto sorridere di gioia con solo delle stelle.
-Ohi.-
Sussultai, vedendolo improvvisamente vicino.
Troppo vicino.
Il mio sguardo volò subito su quelle labbra, grande tentazione.
Ma, allo stesso tempo, volevo vedere quegli occhi.
Quegli occhi che ora mi scrutavano attenti e dubbiosi.
Preoccupati.
-...Di nuovo... fallo di nuovo...-
Mi uscì così, sottile e flebile, manco me ne resi conto.
Me ne accorsi dopo, ma ero troppo preso da quelle labbra che ora erano strafottenti.
Gli occhi dorati erano divertiti.
Neanche la ringhiera del balcone poté dividerci.
Le nostre labbra tornarono in contatto fra loro, perché altro non desideravamo.
Di nuovo, era deciso e delicato, ma mutò.
Piano piano, divenne di più, con più passione.
Ebbi il tempo di conoscerlo, finalmente.
Per la prima volta, non pensai e agii.
Chiusi gli occhi, assaporando quel sapore fresco e di menta che aveva il ragazzo.
Strano e bellissimo.
Un sapore nuovo che, di certo, non avrei mai scordato.
A beffa della ringhiera, mi artigliai a lui.
Era un abbraccio stretto e bisognoso.
Dovevo avere l'assoluta certezza che niente era una fantasia.
E la ebbi, quando anche lui mi abbracciò.
Sembrava quasi un volermi intrappolare fra le sue braccia.
Quasi c'era la paura che io potessi scappare via.
Ma non lo avrei mai fatto.
Niente mi avrebbe separato da lui.
Ne quella ringhiera, ne il tempo.
Staccammo solo le bocche, giusto per riprendere fiato.
Gli occhi si incatenarono fra loro, divorandosi e brillando di una nuova luce.
Avevo ancora le mille parole, i quesiti senza risposte.
C'erano tutti, potevo dirli, la voce c'era.
Ma non lo feci.
Lo sapevo, ora.
Quelle domande non servivano, non quando i fatti avevano già chiarito tutto.
I dubbi non c'erano più, avevo già le risposte che volevo.
-Non lasciarmi ancora.-
Non suonava come una richiesta, ne come una supplica.
Suonava come ordine e questo lo fece sorridere.
Ma io non gli avrei permesso di abbandonarmi ancora fra quelle coperte immense.
Non da solo.
Mi lasciai portare ancora su, nel cielo, diretto verso il mare stellato.
Arrivammo presto, senza parole da dire.
Solo quel tenersi per mano accompagnò il viaggio.
Ma non c'era nemmeno bisogno di dire qualcosa.
Era già quel silenzio piacevole a parlare.
E diceva molto.
Mi sedetti ancora fra quelle stelle, sta volta più sicuro.
Lui fece altrettanto, standomi vicino.
-Allora, mi dici chi sei?-
Ancora una volta il suo sorriso accolse quella mia domanda.
Non mi irritava, al contrario, sapevo cosa significava.
C'era fiducia, fra noi, ma ce ne voleva comunque tanta.
Tanta per poter venire alla luce.
Per poter giocare a carte scoperte.
-Eustass Kidd.-
Sgranai gli occhi.
Non lo avevo mai visto, prima di quella sera.
Non lo avevo mai conosciuto o sentito.
Ma sapevo chi era Eustass Kidd.
Era quel ragazzo, quello che aveva fatto scalpore.
Un paio di anni fa, in una notte.
Un fatto indimenticabile, che ha dato voce a giornalisti e alla stampa.
Era una notte d'inverno, proprio come quella.
Una grande, enorme stella blu illuminava il pavimento di una camera.
La camera di Eustass Kidd.
Quella stessa stella di cui qualcuno ancora oggi parla.
Dice che ancora brilli, luminosa come mai.
Dapprima di un blu spento, si illuminò per la prima volta senza smettere.
Si illuminò nel momento in cui Eustass Kidd era scomparso nel nulla.
Una notizia che aveva fatto il giro di tutta la città.
Senza lasciare traccia alcuna, era svanito.
Avevano indagato e scoperto ; nessuno si era introdotto in casa.
Nessun rapimento, nessun omicidio.
Niente di niente.
Solo quella grande stella blu luminosa che, parole dei genitori, non c'era mai stata.
Avevo letto e riletto quell'articolo, trovandolo persino assurdo.
E in quel momento Eustass Kidd era davanti ai miei occhi, vicino a me con il suo sorrisetto.
Ricambiai quel sorriso, per nulla intimorito o shoccato.
Solo stupito.
-Trafalgar Law.-
Già.
Questo è il mio nome.
Il nome di un carcerato, colui che in 18 anni non ha mai potuto vivere.
Quello che passava 20 ore su 24 chiuso in casa, non per scelta.
Si, sono io.
Sottomesso alla volontà di chi era più forte.
Di chi era infinitamente crudele.
Quanto dolore, sia fisico che mentale c'era stato in quegli anni non si poteva contare.
Così come il poco cibo, l'assenza di una vera vita e il maltrattamento.
Ma quella stessa crudeltà era albergata anche in me.
Col passare degli anni, anche io sono stato vittima della pura malvagità.
Ero solo stanco di quella vita, con un odio infinito nel cuore.
Ma questo non giustificava ne prima ne adesso la mia cattiveria.
La stessa che Doflamingo covava dalla nascita.
La stessa che mi spinse a fargli bere del rodio.
Ne bastavano poche gocce per uccidere, davvero poche.
Ma ero carico di rancore, tanto da metterne quasi mezzo litro.
E ho gioito.
Gioito nel non sentire più i suoi battiti cardiaci, la sua voce, la sua risata, il suo passo lento...
Ho gioito nel vederlo stramazzato a terra, sentirlo freddo e vederlo bianco come il cadavere quale era.
Ancora adesso sono felice di quel ricordo.
Il ricordo dell'angosciante volto morto di Donxiquote Doflamingo.
Ora sono qui.
Seduto sul mare di stelle.
La mia mano intrecciata a quelle di Eustass-ya.
Eppure, vicino o meno, la mia mente non può fare a meno di viaggiare.
Viaggiare e tornare indietro ancora mille volte verso quella notte.
Quella notte in cui lui mi è apparso.
Quella da cui ho cominciato a vivere.
Quella stessa vita che ora ha due anni.
Due bellissimi anni in cui sono libero.
In cui le notti le passo qui, fra le stelle a vedere come il mondo prosegue.
Due anni.
Sono volati, passati con velocità assurda.
Il tempo ancora non si ferma e noi lo passiamo assieme.
Noi, spettatori del mondo che guardano dall'alto.
Noi, umani privi di peso e pieni di leggerezza.
Noi, uniche figure della notte simili e in sintonia.
Noi, ragazzi umani liberi da tutto.
Così, viaggiamo nel cielo indisturbati.
Ancora mano nella mano.
Entrambi a colorare il cielo.
A disegnare stelle.
E sorrido, mentre con Eustass-ya, volo indisturbato.
È questa la mia vita.
Una vita che nessun altro potrà mai avere.
È speciale, un qualcosa di intoccabile.
Una vita testimoniata da una stella.
Una stella grande e blu che splende.
Splende, senza sosta, sul pavimento di casa Trafalgar.



Angolino Eustassiano <3

parto col dire che questa one shot mi è uscita di getto dopo una bellissima immagine. <3
dunque, qui ho lasciato un leggero OOC, spero che non sia troppo pesante o fuori luogo, ma davvero l'ispirazione reclamava tale OOC quindi... U.U capitemi.
Molto lovvosa e con sentimento da poter avere il diabete, ho cercato di mettere con ordine e senso logico ogni emozione o pensiero di Law ; purtroppo si, è stato il carcerato personale di Doflamingo.
Nonostante le tematiche, ho voluto lasciare il rating giallo, spero di non aver fatto una cazzata... beh, non mi sembra da bollino arancione, voi che dite?
Come sempre, vi aspetto con le vostre recensioni, commenti, opinioni, critiche o giudizi, come preferite.
Lo so, dovrei continuare con il mio inferno, il io paradiso e il talk show, ma aimé fino a quando non avrò la giusta ispirazione non scriverò.
Tranquilli, non durerà tantissimo la sospensione, giusto il tempo per riordinare le idee e rimettermi in carreggiata ; sono un po fusa in questi giorni, quindi nel fine settimana mi rilasserò concentrandomi unicamente sulle 2 storie. ^_^
bene, prima di lasciarvi, vi lascio l'immagine che mi ha ispirato. *^* IO LA AMO <3


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