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Autore: OllysAngel    21/03/2014    4 recensioni
"Iraedo naega namjao an boyeo nae teukgineun byeonsinsuriya oppana dongsaeng chingu mwo wonhamyeon appakkajido a soljikhi na gateun namjaga eodisseo"
("Non mi vedi come un uomo in questo modo, ma la mia specialità è trasformarmi. "Oppa", "Dongsaeng", "Friend", o anche "Father". Ah, onestamente, dove puoi trovare uno come me!")
-N
||Navi.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Addestramenti su addestramenti. Questa era la vita di Kim Won Sik da quando era entrato nell'esercito. E pensare che da piccolo Wonsik è sempre stato un bambino tenero e vivace. O per lo meno così faceva credere, quando era in giro, con i suoi amichetti a giocare, o a scuola. Ma la realtà era che non ne poteva più di sentire suo padre che da ubriaco maltrattava la madre. Le sue urla strazianti di dolore segnarono la sua vita, fin da quando il piccolo Wonsik aveva appena otto anni. Sua madre veniva picchiata dal padre, e lui non si immischiava. Aveva imparato a sue spese che era meglio stare zitto. Si sentiva così inutile, impotente... Dopo la morte della madre, suo padre iniziò ad usare lui come propria valvola di sfogo; così, appena raggiunse l'età sufficiente, abbandonò gli studi e si arruolò nell'esercito. Date le sue condizioni, era stato costretto a crescere in fretta. La realtà della guerra non lo spaventava, dopo tutto non aveva nulla da perdere.

In pochi mesi, con quel duro addestramento aveva recuperato quella forma perfetta che aveva quando era molto più piccolo e che, crescendo, non si era più preoccupato di mantenere. Non che gli importasse molto, come il resto daltronde: da quando sua madre lo aveva lasciato, non sentiva più motivo di vivere, dentro di sé. Ma comunque gli sembrava sbagliato sprecare la sua vita, ed ecco spiegata la scelta di arruolarsi.

 

Con il tempo, Ravi –così si faceva chiamare Wonsik – divenne abbastanza bravo con armi e cose di questo genere, e accumulò esperienza in piccole battaglie, da cui usciva sempre indenne, senza neanche un graffio. Erano tutti piccoli scontri, con nemici facilmente raggirabili. Per lui erano giochetti da ragazzi, così diceva, sempre con quella sua tipica sicurezza e noncuranza spiazzanti, che si opponevano, rispecchiando in parte la sua personalità che si divideva in due contraddicendosi.

Queste piccole battaglie si concludevano velocemente; Ravi aveva sempre più bisogno di sfogarsi, ripensava spesso alla sua infanzia rovinata dall'alcol che scorreva nel sangue di quello che ormai gli faceva anche un po schifo da chiamare 'padre', e si sentiva in colpa per non aver difeso sua madre, che avrebbe fatt di tutto per il suo piccolo Wonsik. In battaglia, non pensava a nulla, si sentiva quasi bene, senza curarsi di nulla, in pace con sé stesso, quasi.

Un giorno, scoppiò una violenta e sanguinosa guerra, e Wonsik fu reclutato a parteciparvi, considerato uno dei migliori soldati a disposizione della sua patria. Ravi era onorato di essere considerato tale, ed entusiasta di partecipare alla battaglia per difendere il suo Paese. Dopo pochi scontri, però, i nemici si rivelarono più forti e agguerriti del previsto e l'esercito di Ravi era decisamente inferiori, sia numericamente, che come tecnologie e tecniche di attacco. Così, il governo gli fornì un piccolo....ehm... chiamiamolo 'aiuto'. Assegnò ad ogni cadetto un robot, dalle sembianze umane, come collaboratore in battaglia. Wonsik li riteneva solo delle inutili macchine da guerra, sosteneva di non averne bisogno; era riluttante all'idea, convinto che ce l'avrebbero fatta anche da soli.

 

“Mh... 'N'” disse Ravi esaminando la sua 'macchina-spargi-sangue'. 'N' era il suo codice di riconoscimento, scritto indelebile sulla sua pelle sintetica dell'avambraccio sinistro. Non era ancora stato attivato. Era immobile, ancora senza vita, per quanto un ammasso di ferro e bulloni avrebbe potuto averne, in piedi di fronte a Ravi.

Dopo una lunga ed attenta esaminazione, diffidente, Ravi fu costretto ad attivare, anche se con poco entusiasmo, il suo nuovo compagno di battaglie, N, premendo un interruttore dietro il suo capo, tra la testa e il collo. L'androide prese vita davanti ai suoi occhi. Una luce limpida sull'azzurro/bianco, proveniente dal suo interno, gli illuminò gli occhi, che egli aprì di scatto. N prese un respiro profondo ed iniziò a parlare, con voce molto meno robotica e meccanica di quanto Ravi si aspettasse:

“Inizio attivazione. Installazione programmi base in corso.” Era fermo, ancora immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Ravi lo osservava torvo, mentre lui parlava serio e senza emozioni, come un vero robot.

“80%..............................90%............................98%......99%.....100%... Attivazione completata.” continuò il robot con la sua voce profonda, sembrava quasi non gli appartenesse, non si associava molto al suo aspetto. Poi, a un tratto, il suo timbro divenne quasi umano e la sua espressione, da fredda e senza sentimenti, si trasformò un una allegra e socievole. Allungò una mano verso Ravi sorridendo e disse con la sua nuova voce squillante:

“Ciao!” Ravi aggrottò la fronte e lo guardò indignato, senza parole, spiazzato dalla vitalità dell'altro. Scosse leggermente la testa, come per schiarirsi le idee, per accettarsi della reazione dell'androide.

“'Ciao'?! Perchè...?!” rispose lui quasi infastidito, come lo era sempre stato all'idea di un robot al suo fianco.

“...È educato salutare” replicò N, perdendo quel brio iniziale che caratterizzava la sua voce.

“Ma tu sei una macchina da guerra, un robot-spargi-sangue, dovresti uccidere, non salutare!” ringhiò Ravi contro il minuto ragazzo robotico di fronte a lui.

“U-uccidere...?” rispose N, quasi dispiaciuto, inclinando leggermente in capo verso destra e corrugando la fronte.

“Si, uccidere! Abbattere, sterminare i nemici, radere al suolo le loro città!” disse Ravi con tono duro guardandolo severamente. N lo guardò torvo, come se stesse ragionando su qualcosa, poi aprì la bocca prendendo fiato:

“Ma posso comunque salutarli, sarebbe scortese distruggerli senza averci scambiato neanche un 'ciao'” piagnucolò N mettendo il broncio con aria malinconica. Ravi lo guardò, come si guarda qualcuno che faresti fuori con la più semplice delle tue tecniche se solo avessi potuto; prese un respiro profondo provando a calmarsi, sapendo che non avrebbe potuto liberarsi di lui, a causa degli ordini dei suoi superiori.

“No.” Wonsik scandì bene quell'unica parola, con tono lento e deciso, per essere sicuro di farsi capire. “Non saluterai nessuno. Da domani inizieremo l'addestramento e si farà a modo mio. Seguirai i miei ordini.”

Ogni soldato doveva provvedere individualmente all'addestramento del proprio aiutante, per legare maggiormente con loro ed essere più coordinati anche durante le battaglie: era indispensabile che fossero un tutt'uno, dovevano imparare a pensare insieme e ad agire allo stesso momento.

“Ora va a ricaricarti.” concluse Ravi con tono riluttante. Di fronte a quei rimproveri, lo sguardo di N si fece vuoto, senza focalizzarsi su nulla in particolare, come sembrava stesse facendo anche il processore che elaborava i suoi pensieri. Annuì dirigendosi alla postazione di ricarica che gli era stata assegnata. Ricordo che quella notte, Ravi ammise al suo amico e compagno di innumerevoli battaglie, Ken, di pensare che il suo compagno fosse difettoso: troppo gentile, troppo educato... lo avrebbero fatto fuori in un attimo, una volta nel campo di battaglia. Ma ancora non immaginava cosa sarebbe diventato per lui in futuro.

Quella notte, Ken non prese sonno. Rimase a guardare il suo aiuto-robot, nella postazione di ricarica, accanto a quello di Ravi. Stavano nei loro piccoli scompartimenti tenebrosi, come tutto il resto del dormitorio. Emanavano una debole luce, ognuno di colori diversi.

Hyuk, il collaboratore di Ken, gli aveva spiegato poco prima che quella luce rappresentava la loro aura e il loro carattere.

Quella di Huyk era di un giallo dorato, con deboli accenni di note sull'arancione: il coraggio di un leone, nascosto dietro la tenera maschera di un pulcino innocuo e indifeso;

l'aura di N, invece, era azzurra come il cielo senza nuvole, un mare senza un'onda che lo disturbasse, ma... osservando meglio la luce che emanava, si poteva notare che, ogni tanto, a intervalli irregolari, si apriva tra la tranquillità del suo cielo azzurro, uno squarcio di luce blu. Blu scuro, blu notte, come a fare da tempesta in quel cielo limpido e puro. Non si riusciva a capire quale poteva essere il suo reale carattere, rappresentato da colori che trasmettevano sensazioni così contrastanti.

In ogni caso, alla fine Ken si addormentò a tarda notte, con il volto ancora illuminato dall'aura di Hyuk, che gli infondeva fiducia, mentre Wonsik già dormiva, noncurante di N, quasi infastidito dal debole ronzio che emetteva e dalla luce fioca che emanava. Ravi lo odiava, indipendentemente da tutto il resto. Lo infastidiva l'idea di non essere considerato tanto bravo da potercela fare da solo, tanto da affiancargli uno “stupido robot”. Per la prima volto, dopo tanto tempo, si sentì ancora come se non fosse abbastanza, proprio come quando era piccolo."

  
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