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Autore: Zaafira    03/07/2008    20 recensioni
Edward lascia bella (newmoon)ma dopo ottant'anni la famiglia Cullen torna a Forks. Edward decide di tornare a casa Swan per vedere cosa ne è rimasto e indagare sulla vita di Bella prima di morire, ma trova solo vecchie lettere e leggende. Intanto a Seattle vi sono nuovi inspiegabili omicidi... E' la mia prima ff e sono i primi due capitoli, credo che continuerò a scrivere se ne vale la pena, ma vorrei il vostro parere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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1.

Ritorno.

"Seattle. Due persone sono scomparse ieri sera, Evan Greece e Luis Pettshow. Si pensa ad omicidi poiché sono state ritrovate tracce di sangue nei pressi della periferia della città. La polizia e gli investigatori non sanno che strada seguire dal momento che le due persone non sono in nessun modo collegabili l’uno con l’altro…"

Edward Cullen chiuse il giornale e si voltò con aria sofferente verso Carlisle. Dopo ottant’anni avevano deciso di tornare a Forks. Sicuramente era il posto migliore per loro, a causa della quasi incessante piovosità. Tutte le persone che un tempo li conoscevano erano morti, tutti tranne qualche licantropo a La Push, ma loro non erano un problema.

Edward era notevolmente preoccupato. Non appena tornati a Forks si verificavano omicidi o scomparse di uomini a Seattle. La famiglia Cullen sapeva benissimo di chi si trattava: vampiri.

Inoltre, anche se erano tornati da solo una settimana, Edward era inquieto. Non era ancora uscito di casa, anche se prima o poi l’avrebbe fatto. Non voleva cedere alla tentazione di tornare in quella vecchia casa, quella che era la casa di Bella. Quando si erano lasciati, quando lui l’aveva lasciata, aveva deciso di scappare in giro per il mondo, senza mai fermarsi.

Erano passati ottant’anni.

Ottantat’anni senza poterla toccare, né vedere. Senza scorgere il rossore che invadeva le sue guance, senza sentirla trattenere il respiro quando la baciava, senza aiutarla quando inciampava ad ogni minimo ostacolo.

Ottantat’anni senza di lei. Lei, l’amore della sua vita, la sua unica ragione.

Ormai era morta, perduta per sempre, nessuno gliel’avrebbe mai più restituita. Non era andato nemmeno al cimitero a vedere la sua tomba.

Non ne aveva il coraggio.

Non aveva mai più saputo quasi nulla di lei, soltanto che frequentava ogni giorno La Push, con i ragazzi licantropi.

Sapeva solo che era al sicuro.

Nulla di più.

Stando con i ragazzi Quileute non era stata costretta a rinunciare alla sua vita, alla sua anima, al suo sangue, alla sua dolce bellezza.

Infondo era giusto così e Edward lo sapeva benissimo.

"Edward…Edward, ci sei?" Alice era di fianco a lui con aria preoccupata.

Si voltò lentamente verso di lei e la guardò negli occhi.

"A cosa pensavi? Sei preoccupato per gli omicidi a Seattle?"

Alice era la sorella alla quale forse teneva di più, la sorella che era la migliore amica di Bella.

Quando l’aveva lasciata aveva pregato Alice di non guardare il futuro della ragazza e nemmeno il suo e così lei faceva. Non avrebbe potuto ingannare il fratello, gliel’avrebbe letto nella mente, a Edward non si poteva mentire.

Così la famiglia Cullen non sapeva più niente di Bella Swan da ottant’anni.

"Scusa Alice io esco." Con la sua grazia, la sua assoluta perfezione si alzò in piedi e uscì in giardino. Alice continuò a guardarlo dalla finestra fin quando, correndo, non scomparve tra gli alberi.

Alice si voltò afflitta verso Carlisle.

"E’ andato a casa di Bella. Non so cosa si aspetta di trovare." Annunciò.

"Ha rinunciato a Bella tanti anni fa, Alice, ma non ha mai smesso di amarla, tornare qua per lui deve essere molto dura.

Vedi Alice, tu sei insieme a Jasper da secoli e sei felice. Edward è stato accanto a Bella appena due anni. Gli manca ancora da morire."

"Lo so Carlisle. E’ mancata molto anche a tutti noi, se è per questo. Era la mia migliore amica e ho rinunciato anche io a lei. L’ho fatto per Edward. Eppure mi sono impegnata a non pensarla. Credo che Edward non voglia dimenticarla, non voglia pensare al futuro. Sono passati ottant’anni. Bella è morta. Era un essere umano. Punto."

* * *

Correndo fra quegli alberi, quel bosco, riaffiorarono nella sua mente tanti ricordi.

Le prime volte che andava a casa sua e la spiava mentre dormiva, quando nel sonno pronunciava il suo nome con la sua infinita dolcezza.

Tutte le volte che di notte, quando Charlie andava a dormire, entrava dalla finestra e la aspettava sul suo letto, quando le cantava la ninna nanna.

Il ricordo che affiorò per ultimo fu di un pomeriggio orribile, il più brutto della sua vita.

"Non…non mi vuoi?"

"No"

La bugia più grande della sua vita, si era impegnato al massimo, Bella doveva credergli, doveva rifarsi una vita, come se lui non fosse mai esistito.

Gli alberi si facevano sempre più radi fino a quando non la vide.

Non era cambiato nulla, era sempre uguale, ma non vi erano parcheggiate né la macchina della polizia né il pick-up.

Non vi erano odori, la casa era disabitata. Le finestre erano sbarrate e anche la porta.

Si avvicinò piano, salì i primi gradini che portavano alla porta.

Sopra al campanello vi era ancora una scritta sbiadita: Casa Swan.

Riaffiorarono nella sua memoria tutti quei pomeriggi in cui saliva quei gradini e, dopo aver suonato a quel campanello, Bella arrivava ad aprirgli e, ogni volta che se lo trovava davanti, si dimenticava di respirare.

Ricordava perfettamente quei giorni, non aveva mai smesso di farlo. Li aveva solo messi in un angolo del suo cuore che, anche se non batteva ormai da secoli, soffriva.

Senza il minimo sforzo tolse la spranga dalla porta e l’aprì.

Era tutto come se lo ricordava.

Nessuno aveva mai tolto l’arredamento, né l’aveva mai modificato.

Si avviò nel salotto, dove vi era il divano e una vecchia tv. Avevano visto Romeo e Giulietta su quel divano, in quella tv. Gli sembrava ancora di vedere Charlie che guardava la partita, con la pizza e la birra in mano.

Il pavimento scricchiolava ai suoi passi, non si preoccupava di non farsi sentire. In quella casa non c’era nessuno.

Si avvicinò alla credenza.

Vi erano delle foto.

Per lo più di Charlie che impugnava dei trofei di pesca, oppure di lui e di Billy Black a La Push.

Infine la vide.

Era lei, Bella, con la toga, per il diploma.

Bella e semplice, con una coda alta e solo un filo di trucco.

Accanto a lei c’era un ragazzo alto, con i capelli neri e corti, la carnagione scura e gli occhi leggermente a mandorla. Jacob Black.

Lui l’ abbracciava sorridente, lei aveva un sorriso leggero e sforzato sul volto.

Poco più in la c’era un’altra foto dove lei era seduta su una scogliera. Era leggermente girata, con i capelli al vento e dietro di lei, oltre il mare, si vedeva l’orizzonte che rendeva il cielo rosso.

Era troppo bella per lasciarla lì.

Aprì la cornice e vi estrasse la foto, infilandosela poi in tasca. Non gli sembrava ancora vero.

Il suo amore era morto.

Salì le scale e si voltò verso la camera di Bella.

Aprì la porta. La camera era buia solo qualche raggio di luce filtrava dalle finestre.

Nemmeno li nessuno aveva spostato nulla.

Era tutto come quando Bella aveva sedici anni.

Forse aveva cambiato casa, forse si era trasferita altrove dopo il diploma. Non vi erano nemmeno foto di lei adulta. Era strano.

Aprì l’anta dell’armadio e vi trovò uno stereo per auto strappato direttamente dalla macchina e un pacchetto ancora chiuso. Quel pacchetto.

Vi era ancora qualche maglietta. La prima che attirò l’attenzione di Edward fu una camicetta, una camicetta rossa. La sua preferita.

Richiuse l’armadio. Sulla scrivania c’erano dei fogli, fogli d’università, di iscrizioni, moduli.

Il computer era ancora lì con un dito di polvere sullo schermo e sulla tastiera.

Chissà da quanto quella casa era rimasta inabitata.

Nel cestino vi erano alcuni fogli arrotolati e cd spezzati a metà.

Raccolse i fogli e li aprì pian piano.

L’inchiostro era quasi sbiadito.

"Caro Charlie,

Scusa se parto così, ma io non ce la faccio a…"

Il primo foglio finiva così.

"Caro Charie,

mi dispiace, non dovrei farti questo però"

Nemmeno il secondo foglio diceva altro.

"Caro Jacob,

non so come dirti quanto mi dispiace, non vorrei doverti abbandonare, ma non posso stare qua, non ci riesco. Ti prego non arrabbiarti, infondo non…"

Era partita? Dov’era andata? Edward si infilò anche quei fogli in tasca, infondo erano la prova che Bella era esistita veramente. Sembrava stupido, ma per lui era importante. Dopodiché continuò a cercare qualcosa che nemmeno lui sapeva.

Aprì i cassetti della scrivania. Vi erano vecchi libri di scuola e le vecchie pagelle. Tutte erano state spedite e scritte direttamente dal preside, quel preside che era stato anche il suo. Faceva i suoi più grandi complimenti a Isabella Swan per essere passata con la media più alta della scuola e per il suo comportamento diligente e maturo.

Edward non se lo aspettava. Bella era intelligente, eppure non era mai stata fra le medie più alte.

Aprì il secondo cassetto e vi trovò delle lettere.

Le aprì lentamente.

La prima era scritta con una calligrafia maschile, che assomigliava più a uno scarabocchio. Era di Jacob.

"Ehy Bella,

So che non vuoi vedere nessuno, né parlare con nessuno, però vorrei aiutarti. So che non vuoi che io parli di lui, né che lo nomini, ma devi. Tu devi.

Bisogna affrontare questo problema. Posso aiutarti, Bella.

Ti prego, dimmi cos’è successo.

Fino alla settimana scorsa andava tutto bene e poi sei diventata strana. Dopo il diploma non vuoi più vederci. Qui alla riserva manchi a tutti. Emily deve cucinare da sola per tutti e poi lo sai che per noi eri un’ottima cuoca. Sam è preoccupato, lo sai. Embry è entrato da poco nel gruppo, ha bisogno di te. Vorrei sapere solo perché non vuoi più parlarmi. Sai che ti posso aiutare.

E’ a causa sua? Dimmi qualcosa, Bella, ti prego.

Sono tuo amico.

Eravamo migliori amici, ti ricordi? Lo siamo ancora, vero?

Ti prego, rispondi almeno alle mie lettere.

Ti voglio bene.

Un abbraccio.

Jacob."

Edward la ripiegò con cura e ne aprì un’altra scritta con la stessa calligrafia.

"Bella, insomma, adesso basta, pretendo una tua risposta. Ti chiamo a casa e Charlie mi dice che non vuoi rispondermi, vengo sotto casa e non mi apri, provo a entrare dalla finestra e tu le hai sbarrate con le inferiate!

A che livelli stiamo arrivando, Bella?

Sono molto preoccupato, per favore, non chiuderti come l’anno scorso.

Sappi che per te noi ci siamo sempre.

Emily ti saluta e ti abbraccia tanto.

Un bacio."

L’ultima era di Emily.

"Ciao Bella.

Non so cosa stai passando, ma vorrei aiutarti.

So che Jack ha provato a mandarti delle lettere, a chiamarti, a venirti a trovare, ma tu non gli rispondi e non gli apri alla porta.

Non voglio insistere, ma sono preoccupata davvero.

Comunque volevo darti a voce una bella notizia, ma dato che non ti fai vedere te lo dirò così.

Sono incinta. Sam è su di giri e tutti sono contenti. Ovvio, tutti tranne Leah.

Spero di vederti presto.

Un abbraccio.

Emily."

Bella non si faceva sentire. Era strano. Aveva persino messo le inferriate alle finestre, non era normale.

Ripose con cura le lettere al loro posto e si sedette a terra, sul pavimento di legno polveroso che odorava di vecchio.

Aprì pian piano un listello di parquet e vi trovò ciò che vi aveva lasciato cento anni fa. Due vecchie foto. In un c’era lui identico a quel momento, alto e con un sorriso forzato. Nell’altra vi erano lui e Bella, vicini, ma in realtà distanti. Dopo così tanti anni riuscì a percepire la tristezza e la preoccupazione negli occhi della ragazza e scorse la sua freddezza nei confronti della ragazza che amava, che ama. Notò la sua falsità, se la leggeva negli occhi.

Quelle foto erano state li per ottant’anni.

Bella non le aveva mai più trovate.

Bella era morta senza sapere che lui l’aveva sempre amata.

Non se lo sarebbe mai perdonato.

* * *

La campanella suonò proprio mentre Edward, Alice, Jasper, Rosalie ed Emmet scendevano dal loro ultimo modello di Mercedes, con la loro grazia immensa, la loro bellezza inquietante, sotto gli occhi di tutti gli studenti della scuola.

La scuola era cambiata molto dall’ultima volta che l’avevano frequentata. Avevano deciso di cambiare leggermente i loro nomi, per evitare riconoscimenti tramite i vecchi moduli scolastici.

Edward era diventato Edoardo, Alice era Allish, Jasper era Jack, Rosalie era Rose ed Emmet era Harry. I cognomi erano Collins e Hall.

Edoardo, Allish ed Harry Collins, Jack e Rose Hall.

Era sufficiente.

Tutti li guardavano scioccati, infondo in un paese così era normale che fosse un evento l’arrivo di nuovi studenti, soprattutto così belli e ricchi, lo era sempre stato.

Si avviavarono verso la scuola. Alice, Jasper e Rosalie ed Emmet per mano, dietro Edward, solo. Si guardava intorno. Ricordava il rombo del pick-up di Bella come se fosse ieri.

Ma Bella non c’era, non ci sarebbe mai più stata.

Gli studenti, per Edward, erano superficiali come sempre, con sempre i soliti pensieri, le solite preoccupazioni. Tutti li trovavano affascinanti, bellissimi, le ragazze e i ragazzi progettavano già di invitarli fuori. Patetico.

Le prime ore di lezioni passarono veloci, i professori lo presentarono alla classe. Alice frequentava il suo corso, mentre gli altri tre erano insieme, all’ultimo anno.

A pranzo, come sempre, come tanti anni fa, non mangiarono, ma si sedettero all’ultimo tavolo infondo alla mensa, senza toccare i loro vassoi, posti perfettamente davanti a loro, immobili.

Poco prima dell’ora di inglese una ragazza si avvicinò ad Edward.

"Ciao, piacere sono Calista Greeshop." Gli porse una mano.

"Piacere Edoardo. Chiamami Ed."

Le strinse la mano. Era alta, bella. Il suo scopo era farsi subito vedere in giro con lui.

"Volevo chiederti se per caso volevi sederti vicino a me nell’ora di inglese."

Gli fece un gran sorriso, con le labbra morbide e ricoperte da un lucidalabbra rosato.

Lui la ricambiò, con il suo sorriso perfetto.

"Mi dispiace, devo sedermi vicino a mia sorella. Sai com’è, non conosciamo ancora nessuno, non voglio lasciarla sola."

"Oh" Sembrava delusa. Lo era. "Fa niente. Se cambi idea, anche in futuro, non ti preoccupare, vieni a cercarmi."

E si allontanò camminando come una modella.

Alice gli si avvicinò.

"Già fatto conquiste?" Gli chiese ridendo.

"Già".

2.

Visione e Leggenda.

Tre vampiri, due maschi e una femmina, si avvicinavano velocemente a casa Swan, in pochi minuti furono lì.

La ragazza annusò l’aria e fece un ghigno soddisfatto.

"E’ stato qui ne sono certa, l’ho visto, sento il suo odore."

"Perfetto, hai sempre ragione, cara."

"Hai una missione, Gellert." Disse l’unica donna ad un vampiro alto, con i capelli corvini e ricci, di una bellezza pazzesca.

"Sono pronto, mia cara."

"Eccellente, ma ricordati: non mentire, loro sanno se menti e, soprattutto, non pensare mai il mio nome."

* * *

Quella sera Edward decise di dire alla famiglia cosa aveva trovato, rivelare i suoi sospetti a tutti, cercare di indagare sul passato di Bella Swan, se fosse stato necessario, sarebbe andato anche alla riserva di La Push, doveva sapere, ormai non poteva più rinunciare a conoscere la vita della ragazza che amava.

Alice entrò in salotto annunciando: "Edward deve parlare a tutta la famiglia."

"E’ sempre bello fare sorprese con te come sorella!" Esclamò Edward accennando ad un sorriso.

"Okay Edward, dicci pure" Lo incoraggiò Esme.

"Sapete che sono stato a casa di Bella. Non è cambiato niente, nemmeno un mobile spostato. Ci sono ancora tutte le foto, quelle vecchie e pochissime nuove, due. Una dove era alla festa del diploma con Jacob Black, nell’altra era seduta su una scogliera, sicuramente a La Push, al tramonto.

Non vi sono foto nuove, foto di lei adulta, del suo eventuale matrimonio, di lei che invecchia, nulla. Ho trovato nel cestino di camera sua delle lettere che ha iniziato a scrivere senza mai spedirle, diceva a Charlie e a Jacob che le dispiaceva di dover partire e lasciava frasi incomplete, non scriveva mai perché voleva partire. Poi ho trovato lettere che ha ricevuto da Jacob e di una certa Emily. Erano preoccupati perché lei non rispondeva al cellulare, al telefono, non apriva la porta a nessuno e aveva persino sbarrato le finestre per non far entrare Jacob in nessun modo. Non vi sembra strano? E se l’avessero rapita? Se qualcuno la minacciava? Magari Victoria! Diamine, ho girato e girato e non l’ho mai trovata…"

"Edward, se fosse stata minacciata aveva un branco di licantropi a cui chiedere aiuto, non si sarebbe chiusa in casa. E, soprattutto, Bella sapeva benissimo che un vampiro non si ferma con sbarre alla finestra." Puntualizzò Carlisle.

"Sì Edward, forse voleva solo stare sola." Disse Emmet.

"Sì, forse…"Iniziò Alice, ma ad un tratto parve incantarsi a guardare il vuoto, una visione.

"Lasciatela, magari ha visto qualcosa."

Dopo qualche minuto sbattè le palpebre come se nulla fosse.

"Allora?" Chiese Jasper con impazienza.

"Sta arrivando un vampiro a ispezionare, credo voglia assicurarsi se siamo tornati e quanti siamo."

"Ma chi è? Lo conosciamo?" Domandò Carlisle.

"No, non l’abbiamo mai visto."

"Perfetto" Disse con ironia Rosalie.

"Fra quanto sarà qui?" Chiese Carlisle.

"E’ qui nel bosco".

Questa volta a rispondere fu Edward.

* * *

La famiglia Cullen uscì in giardino e lo videro. Era appoggiato ad un albero, in penombra. Li guardava con occhi scintillanti, ambrati.

Carlisle si avvicinò lentamente.

"Buona sera." Disse il vampiro.

"Buona sera anche a te."

"Ho sentito un odore nuovo e sono venuto a dare un’occhiata, non volevo essere invadente." Si giustificò lui.

"Non ti preoccupare, non c’è alcun problema." Carlisle parlava con la sua solita voce pacata.

"Posso sapere i vostri nomi?"

"Il tuo?"

"Gellert, Gellert Lorren"

"Piacere, Carlo Collins, lei è mia moglie Elena e loro sono i miei figli, Edoardo, Rose, Harry, Jack e Allish."

"Piacere mio."

"Sei solo?" Domandò subito Jasper.

"No. Sono con due amici. Ma siamo lontani da qui, non vi daremo fastidio." Li rassicurò lui.

"Beh, allora arrivederci. Se per caso aveste bisogno d’aiuto, sapete dove trovarci." Lo congedò Carlisle.

"E’ stato un piacere."

E scomparve tra gli alberi.

La famiglia tornò in casa, per evitare di essere ascoltati.

"Allora, che mi dite? Edward?"Domandò Carlisle.

"Ha mentito una volta sola. Sapeva più o meno chi siamo, doveva solo accertarsi di alcune cose. Sapeva di non dover mentire. Sta con una vampira che chiama la mia cara, anche quando la pensa e con un vampiro. Non vi so dire il nome. E’ vero, stanno lontani da qui, ma non ha pensato in quel momento il luogo. Secondo me è molto furbo."

"Mmh, bene. Alice? Vedi qualcosa?"

"No Carlisle, sai che non vedo ogni volta che voglio. Per ora non ho visto nulla."

"Ok, bene, tienilo d’occhio."

* * *

"Gellert? Che mi dici?" Domandò la vampira.

"Mia cara, sono sette. Hanno detto di chiamarsi Carlo, Elena, Edoardo, Allish, Jack, Harry e Rose Collins."

"Ovviamente. Grazie Gellert." Lo ringraziò gentilmente la giovane vampira, con voce melodiosa.

"Ma non avevi parlato di altre persone? Mentono?" Chiese l’altro vampiro, Jason.

"Jeson, non sono nuovi qui, non possono rischiare. E poi non si fidano, ci sono state altre occasioni in cui non avrebbero dovuto fidarsi." La vampira fece un ghigno divertito. "Carlo è Carisle, Elena è Esme, Edoardo è Edward, Allish è Alice, Jack è Jasper, Harry è Emmet e Rose è Rosalie. Fin troppo facile."

"Ma, scusa un attimo, io non ho ancora capito cosa siamo venuti a fare qui. Stavamo così bene in Canada, nelle foreste. E invece siamo venuti qua. Non lo so a volte mi lasci sconcertato." Parlò con impazienza Jason.

"Lo so Jess. Ma ho un conto in sospeso, per favore. Devo far capire ai Cullen che l’artefice dei misteri, di quelle domande che si stanno ponendo, sono io. Poi, se volete, poterete tornare nelle foreste del Canada."

"E tu mia cara? Non tornerai?"

"Non lo so, Gellert, è tutto da vedere.

Nessuno sa come finiscono verte cose."

* * *

"Ehy, Ed!" Nel parcheggio della scuola una ragazza con un vestito blu che le arrivava alle ginocchia, aderendole al corpo e mettendo in mostra le sue forme, si avvicinò a Edward, rimasto un attimo solo.

"Ciao Ed! Ti disturbo?" Gli chiese gentilmente.

"No…scusa qual’era il tuo nome? Non me lo ricordo…" Le sorrise lui.

"Calista"

"Oh giusto! Dimmi." Lei lo guardava negli occhi.

Edward sapeva cosa voleva, ma questa volta sembrava interessata a lui. Non troppo, ma la richiesta che gli voleva proporre era senza malizia o presunzione.

Sapeva che la ragazza si sentiva un po’ a disagio di fronte a tanta bellezza, ma un disagio di inferiorità. Non si sentiva in imbarazzo per via della sua famiglia così ricca e bella, o per il fatto che sedevano sempre soli.

"Beh, vedi, da qualche anno a Forks danno una festa, una festa di paese. C’è un parco qui vicino, inaugurato quando avevo dieci anni. E’ un parco ampio con molti alberi e sabato e domenica c’è la festa di Froks. Non vorrei essere invadente, ma mi farebbe piacere fare un giro con te, come amici "

Era davvero sincera, gli dispiaceva dirle di no. Calista non l’avrebbe detto alle sue amiche, di questo Edward ne era certo dal momento che la ragazza non voleva allontanarlo da lei, sembrando una sciocca.

A Forks le voci girano in fretta.

"Certo, va bene. Dove e a che ora?"

La ragazza fece un sorriso davvero spontaneo.

"Facciamo che ci troviamo dal lato nord del Giardino Nuovo per le nove? Pensi di riuscire a trovarlo?"

"Certo, non preoccuparti, ho un buon senso dell’orientamento."

"A sabato allora."

Calista si voltò e si diresse verso l’entrata con passi sinuosi, con i lunghi capelli neri e mossi che le ondeggiavano lungo la schiena. Sembrava quasi una vampira. No, una modella, meglio.

Durante la lezione di biologia Alice Cullen passò un bigliettino al fratello.

"Vai alla festa di Forks con quella ragazza e non me lo dici?"

Edward fece un sorriso sghembo e cancellò la scritta della sorella.

"Che bisogno c’è di dirti certe cose quando ci manca poco perché tu le sappia ancor prima di me?"

"Sono contenta"

"Non è come pensi."

"E com’è?"

"Voglio solo farle un piacere, tutto qua."

"Ed, la storia non si ripete, è passato così poco tempo, insomma…"

"Alice, non è come pensi, non ne sarei in grado. E poi l’unica umana di cui mi sono innamorato, la prima e l’ultima, è stata Bella. Chiudiamo il discorso. Se non credi a tuo fratello non saprei cosa dirti."

* * *

"Jasper! Jasper!!! JASPER!" Alice Cullen gridava per casa come una pazza.

"Oh, Alice, non urlare!" Il ragazzo biondo stava scendendo le scale quasi volteggiando. Alice, nonostante fosse abituata alla sua presenza al suo fianco continuava a vederlo bello come la prima volta che si sono incontrati in un locale, una sera molto tempo fa.

"Senti, volevo chiederti se sabato sera avresti voglia di andare alla festa di Forks"

"A che cosa?"

"Sì la festa di Forks."

"No, a Forks non ci sono mai state feste, Alice, ti confondi con qualche altra cittadina."

"Si invece che c’è, solo che ottant’anni fa non la facevano. Si svolgerà sabato e domenica al Giardino Nuovo, un parco costruito da poco." Esclamò Alice tutta felice.

"Ah, va bene allora."

Intanto la sorella più bella, alta, magra, con capelli lunghi fino alla vita di un biondo dorato stava scendendo le scale. Aveva jeans rossi attillati e una maglietta nera un po’ scollata.

"Una festa a Forks? Non posso perdermela! Chiederò a Emmet." Annunciò.

"Rose, metteresti in imbarazzo anche la ragazza più bella di Forks" Le disse la sorella ridendo.

"Impossibile." Ribattè l’altra.

"E perché?"

"Facile, cara. Ora sono io la ragazza più bella di Forks."

* * *

Il sabato sera era arrivato in un lampo. Edward, come sempre era impeccabile. Non perché si fosse sforzato di esserlo, ma semplicemente perché era nella sua natura.

Parcheggiò la macchina nel lato nord del Giardino Nuovo e Calista lo stava già aspettando. Aveva i capelli legati in una coda alta e un semplice paio di jeans e una maglietta attillata, ma per niente volgare.

"Hey, ciao Ed." Lo salutò lei allegramente.

"Ciao Calista!"

"Allora ti ricordi il mio nome!" Scherzò lei sorridendo.

"Come va?"

"Tutto a posto e tu?"

"Bene grazie" Rispose gentilmente la ragazza. "Ti porto a fare un giretto?"

"Eccome!"

S’incamminarono per il parco decorato da lanterne candele. Vi erano bancarelle di ogni genere, con libri, dolci, oggetti usati, vestiti, orecchini artigianali e…la bancarella della riserva di La Push.

Quella bancarella vendeva oggetti in legno intagliati a mano rappresentanti lupi. Vi erano ragazzi con la pelle leggermente scura e corti capelli neri. In mezzo a loro vi era un anziano sull’ottantina. Aveva i capelli grigi, lunghi fino alle spalle tenuti insieme da un elastico. Quando vide Edward si alzò in piedi mentre i ragazzi arricciavano il naso. Edward lo squadrò e passò oltre.

"Come mai siete venuti a Forks? Insomma è un paese molto piccolo, di rado qualcuno si trasferisce qui." Chiese ad un certo punto Calista.

"Oh beh, mio padre lavora all’ospedale di Seattle, solo che lui la ritiene una città pericolosa, preferiva una cittadina piccola." Rispose Edward con sicurezza.

"Sì, lo dice anche mio padre, ma ogni tanto al pomeriggio ci vado dato che qui ci sono davvero pochi negozi."

"Beh sì, Forks è davvero piccola, un po’ di posti nuovi ci vogliono a volte. Ma dimmi, Forks è molto misera, ma sostengono che ci sono leggende strane. Me ne vorresti raccontare qualcuna?"

"Allora…ci sono quelle della riserva di La Push, ma secondo me sono degli scoppiati, davvero. Parlano di Lupi, sostengono di discendere da essi, per difendere il territorio dai succhiasangue."

"Vecchie superstizioni che ci sono un po’ ovunque." Affermò il ragazzo continuando a camminare.

"Poi vediamo… ce n’è una che risale a circa ottant’anni fa. Mio nonno diceva sempre che la casa al limite del bosco era abitata da un poliziotto e dalla figlia scomparsa poco dopo il diploma. La leggenda narra che il suo fantasma a volte tornava a casa e faceva ululare un lupo solitario che abitava quel lato della foresta dal giorno della sua scomparsa. Pazzesco."

"Scomparsa?"

"Sì beh, si racconta che il padre una sera tornò a casa e non la trovò. Cercò ovunque, chiamò tutti i ragazzi della riserva di La Push che conoscono a perfezione questi boschi, ma nessuno la vide più da quel giorno. Il padre morì ancora prima che io nascessi, ovvio sono leggenti risalenti a ottant’anni fa."

"Stile casa-infestata-dai-fantasmi quindi?" Lei gli sorrise, spensierata.

Edward continuò a guardarsi intorno quando, ad un certo punto, gli sembrò di avere una visione. Dietro un albero una ragazza lo fissava. Sbattè le palpebre, ma lei era già scomparsa. Velocizzò il passo fino ad arrivare a quell’albero. Si guardò bene intorno, ma di quella ragazza non c’era traccia. Guardo su, verso i rami, ma niente. Se l’era solo immaginata. Si era immaginato Bella. Perfetto, ora aveva pure le visioni. Del suo odore dolce non vi era nemmeno l’ombra. Eppure lui l’avrebbe riconosciuto lontano un miglio. E poi, che stupido, Bella era morta.

Fu a quel punto che a distrarlo fu sua sorella, Rosalie. Aveva fatto la sua entrata alla festa con un vestito super aderente e i capelli biondi sciolti fino alla vita. Al suo fianco vi era Emmet, maestoso come sempre, non faceva venire nemmeno lontanamente in mente ai ragazzi di avvicinarsi alla sua compagna, o di sfiorarla anche solo con un dito.

Dietro di loro Alice e Jasper si tenevano per mano, ma Alice non sembrava tranquilla, anzi non lo era proprio per niente.

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