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Autore: LaMicheCoria    22/03/2014    1 recensioni
Sollevò gli occhi sulla porta dirimpetto al salone: un rettangolo di legno scuro, costantemente chiuso da una serratura specifica di cui solo Howard aveva la chiave, una stanza speciale solo cui Howard aveva accesso e da cui, ogni tanto, se vi appoggiava furtivo l’orecchio, Tony aveva sentito provenire pigolii e versetti di macchinari, nastri che giravano, pulsanti che venivano premuti, fogli che venivano strappati.
Quando aveva chiesto alla madre cosa si nascondesse dietro la porta, Maria gli aveva risposto che era la camera di Capitan America, la stanza in cui il soldato riposava in attesa di essere trovato.
E anche se sapeva benissimo che Steve Rogers non poteva essere davvero lì, Tony non fu in grado di mettere a tacere quella vocina che gli diceva come, se davvero il padre avesse deciso di mandare a monte il progetto di recupero, sarebbe stato meglio dirgli addio come si doveva ad un eroe suo pari.

[ Tony-Steve ]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Howard Stark, Tony Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
La storia è scritta senza scopo di lucro.

 

 

 

 

 

 

Do You Wanto To Fight
The Hydra Man?

 

0.1
Da quando non ti cercan più,
mi sento giù.
Mi manchi molto, sai.

 

 

Tony scivolò tra sbarre del corrimano fino al pianerottolo, ben attento che i piedi nudi non facessero alcun rumore sul parquet lucido. Col fiato ratto in gola, alzò la testa, lo sguardo teso, guardingo rivolto alla porta socchiusa pochi passi più avanti: poteva scorgere il completo scuro di Howard fare avanti e indietro per la stanza, la luce saettante del sole che dalle finestre lampeggiava ad ogni suo passo.
Sapeva che, insieme al padre, c’era Peggy, con la voce forte e gli occhi scuri che brillavano di devozione e lacrime di rabbia.
Non che avesse origliato i loro discorsi l’ultima volta che lei era venuta a parlare ad Howard, ovvio. I bravi bambini non origliano le conversazioni dei grandi, però era anche vero che le loro voci s’era fatte tanto alte e tanto violente da rendergli impossibile non cogliere ogni singola parola di quanto veniva detto.

Vuoi abbandonare il progetto? Aveva gridato Peggy, alcuni giorni prima Non possiamo lasciarlo lì fuori!
Peggy e Howard aveva usato con lei lo stesso accondiscendente che utilizzava con Maria quando veniva rimproverato per il troppo bere Devo occuparmi dello S.H.I.E.L.D., ora. Rogers era un amico, ma…Non c’è più niente da fare. Sono anni che lo cerchiamo. Se tu vuoi portare il lutto tutta la vita, così sia, buon per te. Io non intendo sprecare oltre le mie finanze per una ricerca senza futuro.
Tony, che se si trattava del grande, eroico e coraggioso Capitan America, non ce la faceva proprio a stare in camera, s’era sporto dalla balaustra superiore per vedere cosa sarebbe successo -Sentiva male allo stomaco e aveva le ginocchia che tremavano. Peggy era uscita di corsa dal salone, il dorso della mano chiusa a pugno contro la bocca, il passo veloce e il respiro in frantumi: sulla soglia d’entrata s’era girata, lo aveva visto e gli aveva rivolto un tenue sorriso ed era uscita, senza dare il tempo a Maria di convincerla a restare.
Ora, nascosto dall’ombra che lo separava dal corridoio, Tony sapeva che quella era l’ultima visita di Peggy. Avrebbe provato a convincere Howard a continuare nella ricerca, così gli aveva rivelato sua madre, e poi se ne sarebbe andata per sempre. Con lei, sarebbe svanita ogni speranza di ritrovare Capitan America: Tony era sveglio, l’aveva capito -E aveva passato la notte a stringere tra i denti il cuscino per soffocare singhiozzi e rabbia.
Sollevò gli occhi sulla porta dirimpetto al salone: un rettangolo di legno scuro, costantemente chiuso da una serratura specifica di cui solo Howard aveva la chiave, una stanza speciale solo cui Howard aveva accesso e da cui, ogni tanto, se vi appoggiava furtivo l’orecchio, Tony aveva sentito provenire pigolii e versetti di macchinari, nastri che giravano, pulsanti che venivano premuti, fogli che venivano strappati.
Quando aveva chiesto alla madre cosa si nascondesse dietro la porta, Maria gli aveva risposto che era la camera di Capitan America, la stanza in cui il soldato riposava in attesa di essere trovato.
E anche se sapeva benissimo che Steve Rogers non poteva essere davvero lì, Tony non fu in grado di mettere a tacere quella vocina che gli diceva come, se davvero il padre avesse deciso di mandare a monte il progetto di recupero, sarebbe stato meglio dirgli addio come si doveva ad un eroe suo pari.
Così, approfittando della discussione tra Peggy ed Howard e del buio, Tony zampettò fino alla porta chiusa e vi bussò piano un paio di volte.
«Steve?» lo chiamò in un sussurro, sentendosi stupido e al contempo col cuore che scalpitava in gola «Sei già sveglio o ancora dormi?» torse il collo a controllare che nessuno venisse a disturbarlo «Combattiamo insieme, dai.»
Come nei suoi sogni di bambino, nei voli pindarici di notte e di stelle in cui, protetto da un’armatura scintillante, affiancava il prode soldato e pum! paff! prendevano a pugni Hitler e qualche altro sporco Nazista, si battevano e salvavano il mondo dalla minaccia dei tedeschi malvagi.
Speranzoso, appoggiò la guancia contro il profilo ghiacciato del legno e poi abbassò il viso, nel tentativo di spiare dal buco della serratura -Forse avrebbe visto un grande tavolo medico come quelli della Enterprise o altri marchingegni, magari il tricorder di Spock oppure il filare ordinato delle punture ipodermiche del dottor McCoy.
«Se tu vuoi spiegarmi come» continuò, l’esaltazione che crocchiolava di brividi lungo la schiena e disegnava un largo sorriso sul volto e sulle guance arrossate «Batteremo l’HYDRA insieme!»
E attese, senza respirare, i palmi completamente aderiti alla porta, in punta di piedi, gli occhi grandi e spalancati, l’orecchio teso a cogliere qualsiasi movimento proveniente dall’altra parte.
Ci sarebbe stato un gran scuotersi di lenzuola, ne era sicuro, passi decisi, militareschi, cinghie chiuse, cinture strette, il canto metallico e argentino del vibranio una volta che avesse sistemato lo scudo dietro la schiena. Quindi il caschetto, l’ombra che dalle orbite cadeva a disegnare una dolce ombra sulle palpebre e fra le ciglia, gli occhi azzurri che spiccavano ancor più intensi e caldi sul viso coperto. La porta si sarebbe aperta e Capitan America sarebbe rimasto sulla soglia ad osservarlo con cipiglio soddisfatto, l’angolo destro della bocca arcuato in un sorriso compiaciuto.   
E poi ci sarebbe stata un’esplosione improvvisa, Bam! Bum!, Zemo sarebbe comparso dal salotto, avrebbe sghignazzato e smozzicato porcherie tedesche da sotto il cappuccio viola, Peggy in ostaggio contro il suo petto, Howard in ginocchio a terra proprio dietro il Barone. La donna avrebbe scalciato, avrebbe chiamato aiuto e Steve gli avrebbe detto Andiamo, soldato!, una pacca sulla spalla e insieme, come compagni di squadra, avrebbero sconfitto il nemico e il Capitano si sarebbe congratulato con lui, gli avrebbe stretto la mano, Complimenti, soldato. Senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta: vuoi essere il mio nuovo aiutante? E sarebbero scappati, sarebbero andati via e avrebbero attraversato l’America, l’Europa, l’Asia e dovunque avrebbero trovato nuovi nemici e dappertutto avrebbero vinto, Capitan America e Tony Stark, i nuovi eroi della Nazione, i paladini del Mondo, e lui avrebbe costruito nuove armi per sé e per Steve e nessuno, nessuno li avrebbe mai sconfitti…!
Tuttavia non una voce, non un rumore, non un suono esultarono con lui, né accompagnarono il dirompente frastuono delle sue fantasie. La porta non si aprì e non comparve alcun soldato: da sotto la soglia tremolò una luce polverosa, ma niente di più.
Niente passi, niente cinghie, niente di niente.
Tony era ancora solo. C’era ancora e soltanto silenzio.
Stava per chiamarlo e bussare di nuovo -Forse non aveva sentito. Forse aveva fatto troppo piano, non aveva parlato a voce abbastanza alta, forse se avesse riprovato una volta e poi due e poi tre, alla fine, forse…
Una mano s’abbatté sulla sua spalla e Tony si vide spinto all’indietro, le spalle a cozzare contro il morbido profilo di gambe femminili, la nuca pizzicata dal ridacchiare sensuale d’un paio di calze di nylon.
Ingoiando un singulto di sorpresa, il bambino sollevò gli occhi ad incontrare lo sguardo irato di Howard, la faccia rubizza contratta e gli occhi furenti, una vena gonfia e delineata alla tempia destra. Di riflesso, due braccia sottili, delicate, che potevano appartenere soltanto a Peggy, serrarono maggiormente il bambino contro la gonna lunga al ginocchio.
«Vattene via, Tony!» sbraitò il padre e indicò imperiosamente le scale che portavano al piano superiore –Lì dove c’era la sua cameretta, un mondo lontano mille miglia dove, chissà, il Capitano avrebbe risposto celere ad ogni suo richiamo, ad ogni sua preghiera.
«Howard» tentò di rabbonirlo Peggy, ma l’uomo la fulminò con lo sguardo: sollevò le sopracciglia, socchiuse le palpebre, irrigidì la mascella. Non servivano parole e anche la signorina Carter lo capì. «Come vuoi, allora.»
La donna liberò Tony dalla presa -E Tony avvertì immediatamente il freddo e la paura azzannargli la gola e la bocca dello stomaco; indirizzato ad Howard un serrarsi gelido delle labbra baciate dal rossetto, si inginocchiò davanti al bambino. L’espressione s’addolcì, gli occhi s’intenerirono e si colmarono di calore commosso.
«Mi affido a te, Tony» la voce tremò appena «Prenditi cura di lui» mormorò poi, dandogli un buffetto alla guancia e una carezza sulla sommità della testa.
Si rimise in piedi, raddrizzò la schiena e diede le spalle ad entrambi gli Stark, regale, dignitosa, e assolutamente spaventosa nella sua delusione. Howard non si diede nemmeno la pena di chiamare Jarvis per accompagnarla alla porta, né si degnò di informare Maria dell’ennesimo, e Tony ne era certo, definitivo, litigio che aveva appena mandato alla deriva ogni speranza di rivedere Capitan America in carne ed ossa.
Anche quando il padre se fu andato chissà dove, sbattendo la porta e rompendo bottiglie, Tony stette immobile al centro dell’atrio: alla propria destra la luce bianca rovesciata dal salotto, alla sinistra il buio compatto della porta chiusa.
Davanti a sé, il profumo ormai svanito di Peggy, le note armoniose del suo amore ancora vivo nonostante gli anni.

Mi affido a te, Tony. Prenditi cura di lui.
Tony si strinse nelle spalle, serrò le braccia al petto, si succhiò le labbra.
Annuì.
«Okay» bisbigliò «…Ciao.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Accadde un giorno che Nemeryal, pur non apprezzando il film Frozen, re-interpretò la canzoncina “Facciamo un pupazzo di neve?” in chiave Steve-Tony.
Accadde una mattina, che Nemeryal decise di scriverci una mini-long di tre capitoli.
Accadrà un giorno, che qualcuno saccognerà di botte Nemeryal per metterla finalmente a tacere.

   
 
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