Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
La storia è scritta senza scopo di lucro.
Do You
Wanto To Fight
The Hydra
Man?
0.1
Da quando non ti cercan più,
mi sento giù.
Mi manchi molto, sai.
Tony scivolò tra sbarre del corrimano
fino al pianerottolo, ben attento che i piedi nudi non facessero alcun rumore
sul parquet lucido. Col fiato ratto in gola, alzò la testa, lo sguardo teso,
guardingo rivolto alla porta socchiusa pochi passi più avanti: poteva scorgere
il completo scuro di Howard fare avanti e indietro per la stanza, la luce
saettante del sole che dalle finestre lampeggiava ad ogni suo passo.
Sapeva che, insieme al padre, c’era
Peggy, con la voce forte e gli occhi scuri che brillavano di devozione e
lacrime di rabbia.
Non che avesse origliato i loro
discorsi l’ultima volta che lei era venuta a parlare ad Howard, ovvio. I bravi
bambini non origliano le conversazioni dei grandi, però era anche vero che le
loro voci s’era fatte tanto alte e tanto violente da rendergli impossibile non
cogliere ogni singola parola di quanto veniva detto.
Vuoi
abbandonare il progetto? Aveva gridato Peggy, alcuni giorni prima Non possiamo lasciarlo lì fuori!
Peggy e Howard aveva
usato con lei lo stesso accondiscendente che utilizzava con Maria quando veniva
rimproverato per il troppo bere Devo
occuparmi dello S.H.I.E.L.D., ora. Rogers era un amico, ma…Non c’è più niente
da fare. Sono anni che lo cerchiamo.
Se tu vuoi portare il lutto tutta la vita, così sia, buon per te. Io non
intendo sprecare oltre le mie finanze per una ricerca senza futuro.
Tony, che se si trattava del grande,
eroico e coraggioso Capitan America, non ce la faceva proprio a stare in
camera, s’era sporto dalla balaustra superiore per vedere cosa sarebbe successo
-Sentiva male allo stomaco e aveva le ginocchia che tremavano. Peggy era uscita
di corsa dal salone, il dorso della mano chiusa a pugno contro la bocca, il
passo veloce e il respiro in frantumi: sulla soglia d’entrata s’era girata, lo
aveva visto e gli aveva rivolto un tenue sorriso ed era uscita, senza dare il
tempo a Maria di convincerla a restare.
Ora, nascosto dall’ombra che lo
separava dal corridoio, Tony sapeva che quella era l’ultima visita di Peggy.
Avrebbe provato a convincere Howard a continuare nella ricerca, così gli aveva rivelato
sua madre, e poi se ne sarebbe andata per sempre. Con lei, sarebbe svanita ogni
speranza di ritrovare Capitan America: Tony era sveglio, l’aveva capito -E aveva
passato la notte a stringere tra i denti il cuscino per soffocare singhiozzi e rabbia.
Sollevò gli occhi sulla porta
dirimpetto al salone: un rettangolo di legno scuro, costantemente chiuso da una
serratura specifica di cui solo Howard aveva la chiave, una stanza speciale
solo cui Howard aveva accesso e da cui, ogni tanto, se vi appoggiava furtivo l’orecchio,
Tony aveva sentito provenire pigolii e versetti di macchinari, nastri che
giravano, pulsanti che venivano premuti, fogli che venivano strappati.
Quando aveva chiesto alla madre cosa
si nascondesse dietro la porta, Maria gli aveva risposto che era la camera di
Capitan America, la stanza in cui il soldato riposava in attesa di essere
trovato.
E anche se sapeva benissimo che Steve
Rogers non poteva essere davvero lì, Tony non fu in grado di mettere a tacere
quella vocina che gli diceva come, se davvero il padre avesse deciso di mandare
a monte il progetto di recupero, sarebbe stato meglio dirgli addio come si
doveva ad un eroe suo pari.
Così, approfittando della discussione
tra Peggy ed Howard e del buio, Tony zampettò fino alla porta chiusa e vi bussò
piano un paio di volte.
«Steve?» lo chiamò in un sussurro,
sentendosi stupido e al contempo col cuore che scalpitava in gola «Sei già
sveglio o ancora dormi?» torse il collo a controllare che nessuno venisse a
disturbarlo «Combattiamo insieme, dai.»
Come nei suoi sogni di bambino, nei
voli pindarici di notte e di stelle in cui, protetto da un’armatura
scintillante, affiancava il prode soldato e pum!
paff! prendevano a pugni Hitler e qualche altro sporco Nazista, si
battevano e salvavano il mondo dalla minaccia dei tedeschi malvagi.
Speranzoso, appoggiò la guancia
contro il profilo ghiacciato del legno e poi abbassò il viso, nel tentativo di
spiare dal buco della serratura -Forse avrebbe visto un grande tavolo medico
come quelli della Enterprise o altri marchingegni, magari il tricorder di Spock
oppure il filare ordinato delle punture ipodermiche del dottor McCoy.
«Se tu vuoi spiegarmi come» continuò,
l’esaltazione che crocchiolava di brividi lungo la schiena e disegnava un largo
sorriso sul volto e sulle guance arrossate «Batteremo l’HYDRA insieme!»
E attese, senza respirare, i palmi
completamente aderiti alla porta, in punta di piedi, gli occhi grandi e
spalancati, l’orecchio teso a cogliere qualsiasi movimento proveniente dall’altra
parte.
Ci sarebbe stato un gran scuotersi di
lenzuola, ne era sicuro, passi decisi, militareschi, cinghie chiuse, cinture
strette, il canto metallico e argentino del vibranio una volta che avesse
sistemato lo scudo dietro la schiena. Quindi il caschetto, l’ombra che dalle
orbite cadeva a disegnare una dolce ombra sulle palpebre e fra le ciglia, gli
occhi azzurri che spiccavano ancor più intensi e caldi sul viso coperto. La
porta si sarebbe aperta e Capitan America sarebbe rimasto sulla soglia ad
osservarlo con cipiglio soddisfatto, l’angolo destro della bocca arcuato in un sorriso
compiaciuto.
E poi ci sarebbe stata un’esplosione
improvvisa, Bam! Bum!, Zemo sarebbe
comparso dal salotto, avrebbe sghignazzato e smozzicato porcherie tedesche da
sotto il cappuccio viola, Peggy in ostaggio contro il suo petto, Howard in
ginocchio a terra proprio dietro il Barone. La donna avrebbe scalciato, avrebbe
chiamato aiuto e Steve gli avrebbe detto Andiamo,
soldato!, una pacca sulla spalla e insieme, come compagni di squadra,
avrebbero sconfitto il nemico e il Capitano si sarebbe congratulato con lui,
gli avrebbe stretto la mano, Complimenti,
soldato. Senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta: vuoi essere il mio nuovo
aiutante? E sarebbero scappati, sarebbero andati via e avrebbero
attraversato l’America, l’Europa, l’Asia e dovunque avrebbero trovato nuovi
nemici e dappertutto avrebbero vinto, Capitan
America e Tony Stark, i nuovi eroi della Nazione, i paladini del Mondo, e
lui avrebbe costruito nuove armi per sé e per Steve e nessuno, nessuno li
avrebbe mai sconfitti…!
Tuttavia non una voce, non un rumore,
non un suono esultarono con lui, né accompagnarono il dirompente frastuono
delle sue fantasie. La porta non si aprì e non comparve alcun soldato: da sotto
la soglia tremolò una luce polverosa, ma niente di più.
Niente passi, niente cinghie, niente
di niente.
Tony era ancora solo. C’era ancora e
soltanto silenzio.
Stava per chiamarlo e bussare di
nuovo -Forse non aveva sentito. Forse aveva fatto troppo piano, non aveva
parlato a voce abbastanza alta, forse se avesse riprovato una volta e poi due e
poi tre, alla fine, forse…
Una mano s’abbatté sulla sua spalla e
Tony si vide spinto all’indietro, le spalle a cozzare contro il morbido profilo
di gambe femminili, la nuca pizzicata dal ridacchiare sensuale d’un paio di
calze di nylon.
Ingoiando un singulto di sorpresa, il
bambino sollevò gli occhi ad incontrare lo sguardo irato di Howard, la faccia
rubizza contratta e gli occhi furenti, una vena gonfia e delineata alla tempia
destra. Di riflesso, due braccia sottili, delicate, che potevano appartenere
soltanto a Peggy, serrarono maggiormente il bambino contro la gonna lunga al
ginocchio.
«Vattene via, Tony!» sbraitò il padre
e indicò imperiosamente le scale che portavano al piano superiore –Lì dove c’era
la sua cameretta, un mondo lontano mille miglia dove, chissà, il Capitano
avrebbe risposto celere ad ogni suo richiamo, ad ogni sua preghiera.
«Howard» tentò di rabbonirlo Peggy,
ma l’uomo la fulminò con lo sguardo: sollevò le sopracciglia, socchiuse le
palpebre, irrigidì la mascella. Non servivano parole e anche la signorina Carter lo
capì. «Come vuoi, allora.»
La donna liberò Tony dalla presa -E Tony
avvertì immediatamente il freddo e la paura azzannargli la gola e la bocca dello
stomaco; indirizzato ad Howard un serrarsi gelido delle labbra baciate dal
rossetto, si inginocchiò davanti al bambino. L’espressione s’addolcì, gli occhi
s’intenerirono e si colmarono di calore commosso.
«Mi affido a te, Tony» la voce tremò
appena «Prenditi cura di lui» mormorò
poi, dandogli un buffetto alla guancia e una carezza sulla sommità della testa.
Si rimise in piedi, raddrizzò la
schiena e diede le spalle ad entrambi gli Stark, regale, dignitosa, e assolutamente spaventosa nella sua
delusione. Howard non si diede nemmeno la pena di chiamare Jarvis per
accompagnarla alla porta, né si degnò di informare Maria dell’ennesimo, e Tony
ne era certo, definitivo, litigio che
aveva appena mandato alla deriva ogni speranza di rivedere Capitan America in
carne ed ossa.
Anche quando il padre se fu andato
chissà dove, sbattendo la porta e rompendo bottiglie, Tony stette immobile al
centro dell’atrio: alla propria destra la luce bianca rovesciata dal salotto,
alla sinistra il buio compatto della porta chiusa.
Davanti a sé, il profumo ormai
svanito di Peggy, le note armoniose del suo amore ancora vivo nonostante gli
anni.
Mi
affido a te, Tony. Prenditi cura di lui.
Tony si strinse nelle spalle, serrò
le braccia al petto, si succhiò le labbra.
Annuì.
«Okay» bisbigliò «…Ciao.»
Note
Finali
Accadde un giorno che Nemeryal, pur
non apprezzando il film Frozen, re-interpretò la canzoncina “Facciamo un
pupazzo di neve?” in chiave Steve-Tony.
Accadde una mattina, che Nemeryal
decise di scriverci una mini-long di tre capitoli.
Accadrà un giorno, che qualcuno
saccognerà di botte Nemeryal per metterla finalmente a tacere.