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Autore: elyxyz    03/07/2008    20 recensioni
Mustang aveva finalmente realizzato uno dei suoi sogni più irraggiungibili. No, non era ancora diventato Comandante Supremo... ma, da bravo fannullone, riuscire a farsi pagare per oziare così spudoratamente, e oltretutto farlo con la compagnia migliore, era sicuramente un desiderio soddisfatto nella scala delle sue aspirazioni e priorità.
Vincitrice del Concorso RoyAi – EFP Forum/RoyAi Forum
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sa, Signore… ho il forte sospetto che anche oggi il nostro pregiudicato non si farà vedere…”

Il concorso prevedeva che ogni partecipante scegliesse una tra le dieci immagini proposte riguardanti Roy e Riza e poi sviluppasse una storia ad essa concernente, descrivendo il loro rapporto, non necessariamente in termini amorosi. Io ho scelto l’immagine 7, riportata qui sotto.   

 

 

 

 

 

 

Dedicata alle amanti del RoyAi,

E a quanti leggeranno la mia fic comunque, per fedeltà.

Grazie.

 

 

 

 

Sweet Watching

 

by elyxyz

 

 

 

Il Tenente Hawkeye sondò per la milionesima volta l’area circostante la sua postazione, sbatté le palpebre più in fretta che poté, un occhio alla volta, per non perdere neppure un infinitesimale movimento sospetto di fronte a lei. Ma niente. Niente di niente. Calma piatta.

Ingoiò un sospiro di insofferenza, perché dopotutto era in servizio, e non ci si sarebbe aspettato da lei niente di meno che la più assoluta, metodica osservazione scrupolosa.

Anni e anni passati in appostamenti l’avevano forgiata per questo, e lei sapeva essere la migliore, in quel campo. Eppure… non riusciva a sopprimere del tutto un sottile, strisciante disagio.

Perché, per quanto lo negasse, un po’ si sentiva fuori posto.

E non solo per colpa del braccio che le cingeva le spalle, con fare possessivo, o del calore altrui che percepiva nitidamente attraversare gli strati di tessuto… forse c’era dell’altro. Ma era più semplice non chiedersi cosa. E riconcentrarsi sul lavoro.

 

“Sa, Signore… ho il forte dubbio che anche oggi il nostro pregiudicato non si farà vedere…” sbuffò, guardandosi vagamente attorno, senza apparire troppo curiosa, come avrebbe fatto una persona normale, un civile. “Magari ha subodorato la nostra presenza, e la copertura è saltata!”

 

Mustang sorrise mentalmente, poi si tolse quell’espressione ebete dal viso e girò lentamente la testa verso di lei, per poterle parlare senza essere visto, imponendosi un tono quantomeno professionale. “Ti sbagli, Tenente.” La corresse. “Il nostro informatore è certo che quel malvivente venga in questo parco regolarmente, per vendere informazioni alchemiche e - cosa assai più pericolosa - notizie riservate che una talpa ha sottratto all’interno della Prima Sezione della nostra Biblioteca.”

 

“Ma Signore…”

 

“Niente ma, soldato!” la redarguì, con militaresca fermezza. “Il Generale Hakuro mi ha assegnato questa missione, che io ho preso molto seriamente, e ho scelto come aiutante il mio sottoposto più valoroso per portarla a termine, chiaro?”

 

“Signorsì, Colonnello!” rispose lei, in tono solenne, e per poco non scattò sull’attenti.

 

Mustang sorrise nuovamente, stando bene attento che lei non lo scorgesse. Poi posò l’attenzione sull’erbetta che calpestava con la punta delle scarpe.

Quella primavera un po’ sonnacchiosa non si decideva ad arrivare.

L’aria a metà pomeriggio era ancora frizzante, pizzicava piacevolmente la loro pelle.

Poche coppiette coraggiose amoreggiavano indisturbate su altre panchine davanti a loro; altre, più riservate, s’infrattavano tra i cespugli scarni che Madre Natura non aveva ancora rimpinguato.

La bella stagione era ancora lontana, tutto sommato. Ma Roy non poteva chiedere di meglio.

Da quasi due settimane, veniva metodicamente in questo parchetto a poltrire, assieme al suo Primo Tenente, e - cosa ancor più straordinaria - era anche autorizzato a farlo, visto e considerato che si trattava di un ordine preciso del suo diretto superiore.

Farsi pagare per passare il tempo a non fare niente, e per giunta passarlo con Riza, era quanto di meglio potesse sperare di ottenere. Meglio ancora  se - ma forse questo era davvero chiedere troppo - il suo malfattore non si fosse presentato quel giorno, e magari neppure quello successivo.

 

Dalla panchina scelta, quella sopra una bassa collinetta, ai piedi di una grande quercia, avevano una panoramica completa del cancelletto d’entrata e di tutte le anime che si trovavano ad orbitare in quel perimetro circostanziato. Il punto era doppiamente strategico, perché era in controluce rispetto a chi stava più in basso, mettendo a disposizione una cappa frondosa e consistente, che offriva loro riparo e confondeva un po’ le idee altrui.

Nel corso dei giorni, ad ogni buon conto, avevano utilizzato diverse tecniche fuorvianti per non destare sospetti: maglioncini di cotone lavorati ai ferri o ricami a punto croce, per lei; grossi e barbosi libri o il Central Times del giorno prima da leggere, per lui.

A volte, per non essere scambiati per dei guardoni, Roy s’era costretto ad ingegnarsi in divertenti e imbarazzanti chiacchierate con la donna al suo fianco. Talvolta si era spinto a flirtare con lei, che sistematicamente arrossiva in maniera così deliziosamente pudica da sconcertarlo. In quei momenti si chiedeva come potessero mai convivere, dentro di lei, quelle due nature: la Riza che s’imbarazzava, per un complimento garbato o una battutina un po’ spinta, e il cecchino implacabile, il militare ligio e perfezionista, da temere persino a debita distanza.

Un’alchimia strana, che l’aveva fatto innamorare di lei. Assieme ad altre mille ragioni che passavano dalla stima reciproca al sogno comune, spaziando per le esperienze condivise sui campi di battaglia e i rispettivi segreti incisi sulla pelle e nel cuore.

 

Un movimento impercettibile al suo fianco gli fece riportare l’attenzione su di lei, che si stava massaggiando i muscoli doloranti del collo, rimasto per troppo tempo nella medesima posizione.

Gli venne il forte istinto di spostare il proprio braccio, che la circondava, e di offrirle un amichevole - quando mai? - massaggio ristoratore. Ma, trattandosi di lei, non era così sciocco da voler morire ancora così giovane. Doveva destreggiarsi in qualcos’altro.

Sei stanca?” le chiese garbatamente.

 

“No, Signore.” Mentì lei, riprendendo la sua ronda visiva.

 

“Sai che ti dico? Mi è venuta una gran sete…” si lagnò, nel suo miglior tono da lamentazione. “Che ne diresti, se-”

 

Ma non riuscì neppure a finire la frase, che si era ritrovato una bottiglietta d’acqua naturale sotto al naso.

La sua efficientissima e previdente sottoposta l’aveva estratta dalla sua borsa a tracolla, di cui ignorava - e al contempo temeva - il segreto contenuto.

 

“Gradisce anche qualche biscotto?” offrì, facendo comparire dal nulla una piccola confezione di frollini.

 

Si ritrovò a boccheggiare, perché il suo piano non era esattamente quello.

“No, grazie.” Declinò. “Piuttosto… ho una gran voglia di gelato!” esclamò, come un bambino viziato.

 

“Non è ancora la stagione dei gelati.” Appuntò lei, con molto buonsenso.

 

“Ma, nel chiosco che c’è all’entrata, mi sembra che li vendessero di già!” obiettò Roy, estraendo il portafogli. “Ti andrebbe di andare a prendermi un-”

 

“Certo, Signore. Subito.” Scattò in piedi, malgrado le gambe indolenzite dalle lunghe ore in cui era rimasta seduta immobile.

 

“Ovviamente, devi farmi compagnia.” Precisò lui, ben sapendo quanto Riza amasse i gelati: menta e fondente, in contrasto con la cialda dolce del cono.

 

“Nossignore, non mangio mai in servizio.” Rifiutò, e lo deluse.

 

Per un attimo, Roy pensò quasi che fosse più giusto ritrattare, rinunciando anche lui. Con che coraggio avrebbe consumato la sua merenda, lasciandola a bocca asciutta?

 

Poi però riconsiderò il suo obiettivo primario, quindi insistette. “Prendi il gelato che preferisci, sia per me che per te, Tenente. E non tornare a mani vuote.” S’impuntò. Ed ella obbedì, incamminandosi.

 

Fu in quel mentre che Black Hayate fece la sua ricomparsa, spuntando da chissà quale aiuola, e andando dietro alla sua padrona, scodinzolando festante.

 

Il Colonnello la osservò allontanarsi, con passo aggraziato e letale, a seconda dei casi.

Anche se Riza non l’avrebbe mai ammesso, si vedeva che era stanca di starsene lì, in completa inattività. Lei, sempre così indaffarata.

E perciò l’aveva mandata a sgranchirsi le gambe - due lunghe, bellissime gambe - con la scusa di un ordine.

A volte si costringeva a fare il prepotente, se voleva ottenere qualcosa da lei, perché sembrava impermeabile alle gentilezze gratuite.

 

Un po’, poteva persino capirla.

Se il tuo capo si chiama Roy Mustang, ed è il farfallone più incallito di Amestris, è bene che tu stia attenta a ciò che vuole da te.

Quindi diventa saggio filtrare ogni messaggio, più o meno inconscio che egli ti manda.

Ma, almeno in quel caso, l’infallibile tiratore scelto Hawkeye aveva sbagliato la sua mira in modo clamoroso; perché, quello che forse Riza non sapeva, era che Roy non avrebbe mai, mai giocato con lei o con i suoi sentimenti.

Lei non era un passatempo, una distrazione piacevole tra le lenzuola.

Certo che, arrivare addirittura a ordinarle di prendersi un gelato, non rientrava tra le sue più rosee aspettative relazionali. Il Flame Alchemist sbuffò, a mezza via tra il rassegnato e il divertito. E un grosso cono con tre palline fece capolino a una spanna da lui.

 

“Colonnello… ha fatto la guardia in mia assenza, vero?” s’interessò lei, restituendogli alcuni spiccioli di resto.

 

L’Alchimista di Fuoco impostò un’intonazione professionale. “Sì, ovviamente.” Come no?!

 

Consumarono quell’intermezzo goloso in silenzio, un silenzio che  - tutto sommato, e benché fossero in missione - era pacato e rilassante.

Le prime rondini tornavano a fare il nido sotto ai tetti delle case vicine, il loro garrire riecheggiava nell’aria fresca e un vento birichino spettinava i capelli di Riza, sollevando - di quando in quando - la lunga frangia o qualche ciocca bionda.

Il Colonnello le aveva chiesto di indossare un abbigliamento informale, quello che normalmente sceglierebbe una ragazza della sua età in libera uscita col fidanzato. Lo sguardo perplesso di lei non lo aveva dissuaso dalla sua intenzione di unire l’utile al dilettevole e, quando il Tenente gli aveva chiesto delucidazioni in merito, si era prodigato nell’elencare come si aspettava di trovarla agghindata.

In cuor suo, Roy sperava che lei non avesse fiutato la sua sordida macchinazione, o sarebbero stati guai. Ma ne valeva la pena, senza dubbio.

Anche fasciata in quel maglioncino d’angora indaco e con quella gonna chiara, era semplicemente bellissima.

E lui se n’era perdutamente innamorato. Questo era il suo problema.

 

A costo di diventar strabico, lanciava in alternanza occhiate a lei e al possibile malvivente, mentre - per qualche attimo - Riza si concedeva una pausa e abbassava il cono affinché anche Black Hayate potesse dare una leccatina al dolce.

 

Benché a Roy quel gesto facesse abbastanza schifo, apprezzò la sollecitudine che lei dimostrava verso la sua bestiola. A parte qualche caricatore svuotatogli contro, o altri metodi educativi poco ortodossi… quel cucciolo non se la passava di certo male, con lei. Anzi. Riceveva la sua buona dose di coccole, carezze e attenzioni.

Ecco. Non avrebbe dovuto pensarlo. Perché riscoprirsi gelosi di un cane è veramente toccare il fondo dell’autoumiliazione.

 

“Scusa… ti potresti sedere verso il bordo della panca?” le chiese, indicandole la direzione.

 

La donna lo esaminò, perplessa.

“C’è qualche problema, Signore?”

 

“Forse sì, Tenente.” Rispose, mortalmente serio. “Siamo l’unica coppia che sta ferma come uno stoccafisso. Dobbiamo proteggere la nostra copertura.” La ragguagliò, sprizzando determinazione.

 

“Crede che qualcuno sospetti di noi? Ha intravisto il pregiudicato?”

 

“Lascia fare a me, ok?” le suggerì, invitandola nuovamente a spostarsi come poc’anzi. Ed ella eseguì.

 

Quando Riza raggiunse la postazione, egli sollevò le proprie gambe, schiena contro legno, la testa mora sulle ginocchia di lei.

 

“Ma che…?”

 

Shhh!” la zittì, facendole l’occhiolino.

 

Le sussurrò qualcos’altro, che lei non udì, perciò decise di accostarsi, per capire.

Ignorò il brivido che le corse lungo la schiena quando l’alito caldo del Colonnello le sfiorò il sensibile padiglione auricolare.

 

“Resteremo così, per un po’. Io fingerò di dormire.” Diede le spalle al parco, affondando la guancia nella morbida lana della maglia.

 

“Ma, se si volta in questo modo, non vedrà più nulla...” obiettò turbata, e fu un sussurro ragionevole.

 

Mustang sorrise. “Mi fido di te, Riza. Sarai tu, i miei occhi.”

 

E fu un bene che lui li avesse appena chiusi, altrimenti avrebbe scorto quel sottile, delizioso velo porpora che si andava pennellando sulle gote di lei.

 

Riza si costrinse a distogliere lo sguardo.

Perché osservarlo così apertamente violava il comune senso del pudore.

E poi lei aveva un compito, e non voleva deludere il suo Colonnello.

S’impose di scrutare ancora il parco, le solite coppiette intente a scambiarsi tenerezze e baci, Hayate che saltellava spensierato dietro ad una farfalla precoce.

 

Una foglia cadde tra loro, finendo in faccia a Roy. Lo sentì starnutire per il solletico, prima che potesse intervenire.

Un’altra gli cadde tra i capelli, formando un buffo contrasto cromatico tra verde smeraldo e nero corvino.

Allungò una mano per levarla, ma all’ultimo si fermò a mezz’aria, incerta.

 

“Puoi toglierla, se ti va.” Le suggerì, senza sprecarsi ad aprire le palpebre, accordandole un permesso che temeva di non avere.

 

Le sue dita entrarono in contatto con quella scura massa setosa, per un istante si concesse il diritto di toccarla in una maldestra carezza.

 

“Se continui… non è che mi dispiace, sai?” la avvertì, sfoderando uno di quei sorrisi che facevano tremare le ginocchia di ogni donna sana di mente del mondo conosciuto.

 

Lei ripeté il gesto, titubante.

 

“Ti dà fastidio?”

 

No, che non le dava fastidio. Però trovava che fosse assai sconveniente permettersi un atteggiamento così confidenziale con lui.

Erano lontani i tempi in cui era solo Roy-kun, l’allievo prediletto di suo padre.

 

“Mi sa che devi esercitarti. Da oggi sarà una variante più sicura da applicare assiduamente. La avvertì. “A meno che tu non voglia fare pratica di altri esercizi…” la pungolò sfacciatamente.

 

“Nossignore.” Rispose lei, scuotendo il capo, benché l’altro non potesse vederla.

 

“Perfetto.” Concordò. “Quindi, ora io farò una simulazione di… uhm… un pisolino pomeridiano, e tu resterai di vedetta. D’accordo?”

 

“Sì, Colonnello.”

 

Mustang non replicò, accoccolandosi meglio su quel cuscino improvvisato, mentre le dita agili e gentili di Riza gli lambivano ora la frangia, ora l’attaccatura dei capelli, con movimenti lenti e ipnotici.

Si rilassò. Completamente.

 

Black Hayate si accucciò ai piedi della sua padrona, mugolando un po’, perché probabilmente aveva fame. L’ora della pappa serale era passata da un pezzo, a ben vedere. Riza se n’era accorta; perché, piano piano, tutte le altre coppiette del parco se n’erano già andate, verso altri momenti d’intimità e case accoglienti.

Ma le sue mani non avevano ancora finito il loro andirivieni, e il Colonnello sembrava aver preso molto seriamente la sua simulazione, perché quel ronfare lieve e il respiro regolare facevano pensare che stesse dormendo della grossa.

 

Il Tenente Hawkeye sorrise teneramente, regalandosi il tempo di godersi anche lei quel momento di pace.

Nessun contrabbandiere d’informazioni sarebbe giunto, quella sera, a disturbare la loro quiete.

Nessuna calorosa accoglienza la aspettava nella sua vuota e fredda dimora, perché Hayate era lì, con lei.

E neppure Mustang Taisa sembrava così frettoloso, nel voler far ritorno al suo appartamento.

Riza non si chiese neppure se lui avesse un possibile appuntamento con qualche fiamma. Non le andava di avvelenarsi l’anima, non quella sera.

Rabbrividì, accarezzando la tempia destra, scostando dei ciuffi scuri, tracciando il profilo spigoloso, la mascella pronunciata.

Per un assurdo istante desiderò di sfiorare anche le sue labbra dischiuse.

Poteva prendersi tutta questa libertà?

No. Certo che no.

… A meno che non fosse una delle imminenti strategie ideate dal Colonnello per depistare i curiosoni, in uno dei prossimi pomeriggi che avrebbero trascorso nuovamente lì…

Arrossì, imbarazzata. Era ancora in servizio, non doveva… non…

No. L’orario di lavoro era finito da un pezzo, quindi - tecnicamente - per quel giorno avevano finito. Sospirò. Stanca ma felice.

Fare appostamenti era una cosa noiosa, senza dubbio.

Ma, se c’era lui, sarebbe rimasta così anche per l’eternità.

 

 

 

 

Fine

 

 

 

Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Mi sembra giusto riportare il giudizio ricevuto dai giudici:

 

Commento di Valy:
Una piccola rilassante storia, è così che definirei la fan fiction di elyxyz. Mentre leggevo questa storia, un senso di pace mi avvolgeva e solo dopo, alla fine, mi sono accorta di avere il sorriso stampato sulla faccia. Ecco la mia faccia post-lettura sarebbe stato un commento migliore di questo. Grammaticalmente nessun errore, pertanto perfetta anche la sintassi, una lettura facile, senza troppe pause che possano stancare il lettore. Una storia né troppo lunga, né troppo corta, perfetta così com’è scritta.
La storia descrive un tiepido pomeriggio quasi primaverile, in cui Roy e Riza svolgono il loro lavoro con “fatica” su una panchina, beh l’immagine scelta dall’autrice è perfettamente attinente a ciò che essa ha descritto, pertanto non le si può dire nulla neanche da questo punto di vista.
Parlando dei protagonisti, penso che siano loro; quelli descritti da elyxyz si avvicinano molto ai protagonisti del manga, lui così poco attento al lavoro (preferisce farsi un pisolino) lei invece ha occhi dappertutto, e che non riesce mai a dire di no al colonnello, quindi gli porge l’acqua, gli va a comprare il gelato (mi sono divertita a leggere quel passo), anche sulla caratterizzazione dei personaggi non c’è nulla da dire. Pertanto posso solo complimentarmi con l’autrice, per il suo modo di scrivere così particolare, che racchiude dolcezza, tranquillità e anche un po’ di ironia che non guasta mai. Bellissima storia.

Commento di Shatzy:
Un tenero idillio, è stata la prima cosa che ho pensato a fine lettura. E’ una storia accattivante e dolce allo stesso tempo, rilassante per la pacifica calma che trasmette, con una trama ben costruita che non trascura i particolari più piccoli e uno stile fresco e lineare, senza il minimo errore grammaticale o sintattico, che incolla il lettore allo schermo fino alla fine.
Ci sono Roy e Riza, seduti su una panchina per tutto il tempo della fic, più a riflettere che a parlarsi. La scena è sempre centrata su di loro, eppure mai una volta che sia risultata noiosa, o banale, o scontata. I personaggi hanno quell’ironia di fondo presente anche nell’opera originale, non risultano mai forzati, e quel velo appena accennato di sentimento che aleggia su tutta la storia fa emergere spontaneamente la loro “alchimia strana”.
Il ritmo è veloce, ma le scene si susseguono con una naturalezza così spontanea che una volta giunti alla parola “fine” ci si chiede se è davvero tutto qui, se non ce ne è ancora. Ma basta il sorriso che rimane a fine lettura per indicare che questa fic è molto più che piacevole. Non può essere spiegata a parole, va sentita.

 

 

L'uso corretto della grammatica e della sintassi: 10
L'attinenza al tema: 9,5
La caratterizzazione dei personaggi (IC): 9,5
L'originalità: 7,5
TOTALE: 9,1

 

 

 

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Vincitrice del Concorso RoyAi – EFP Forum/RoyAi Forum

 

 

Ringrazio i giudici e quanti leggeranno la fic, e mi congratulo con le altre partecipanti.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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