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Autore: Black_Sky    22/03/2014    0 recensioni
Tutto sarebbe diverso se il mondo non fosse invaso da esseri sovrannaturali pronti ad uccidere chiunque si metta sul loro cammino.
Tutti noi saremmo persone normali se alla nostra età il solo pensiero di mostri, ci facesse scappare o piangere.
Tutta la nostra vita sarebbe diversa se non fossimo dei mostri anche noi.
Tutto sarebbe diverso se andassimo in una scuola come tutti gli atri.
Invece noi siamo diversi dai nostri coetanei, non frequentiamo scuole in cui il problema principale è trovarsi un fidanzato, non studiamo materie normali.
Non siamo normali.
Noi siamo stati addestrati ad uccidere i nostri simili.
Noi siamo gli studenti della scuola del Paranormale più famosa al mondo
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Puzza, fu la prima cosa che sentirono.
Carne in decomposizione, muffa.
Tutto puzzava e non si sapeva il perché.
Il professore tutto agitato alzò la manica della camicia, per guardare l’orologio.
Portò il braccio vicino per vedere meglio.
E la mano destra cadde.
Il sangue iniziò a scorrere e poi scoppiò il finimondo.
Alex, nel sistemarsi la giacca nera tirò una gomitata ad Adrian che cadde per terra, senza più riuscire ad alzarsi, quasi come immobilizzato. Il biondo quindi cercò di aiutarlo porgendogli una mano che l’altro afferrò.
Schifo, quando Adrian tentò di alzarsi con l’aiuto dell’amico e la pelle venne via come un guanto.
Le ossa, le vene e i muscoli, si muovevano senza più qualcosa che le coprisse.
Urla dei compagni, quando lo videro.
Elisa iniziò a piangere e portandosi le mani al volto agitò la testa velocemente, Gaia stava in silenzio in un angolo cercando di svegliarsi da quell’incubo.
Sara cercava di soccorrere gli altri, senza accorgersi che alla sua faccia mancava molta della pelle che solitamente curava con creme speciali.
Un ragazzo impazzito iniziò a correre, con le mani nei capelli, per poi cadere a terra e accorgersi che la sua gamba era rimasta indietro.
Tra tutto il caos che c’era il professore era quello meno spaventato, com’era giusto che fosse.
<< SILENZIO >> urlò il professore cercando di capire qualcosa in mezzo a tutto quel macello.
Tutti si zittirono e fermarono ciò che stavano facendo, guardando curiosi l’uomo.
<< siete stati addestrati per questo. Cosa fate? Vi abbattete così, vi spaventate per cosa? Assolutamente nulla! >> disse serio, per poi guardare la man che ancora giaceva al suolo, con le dita contratte.
L’uomo si guardò intorno, senza capire bene ciò che stava accadendo.
Erano entrati in quelle rovine, le avevano visitate e poi erano usciti.
Nessuno si era visto in giro o comunque avvicinato al gruppo, anche perché quel posto era talmente poco conosciuto che quasi nessun andava a visitarlo.
Poi, strofinandosi gli occhi con la mano sinistra il professore si concentrò. Chi meglio di lui aveva studiato per potenziare la mente e capirne i segreti? Lui poteva teletrasportare gli oggetti e sé stesso, manipolare la mente e controllarne i pensieri.
Raccolse le emozioni, liberò la mente e tutto apparve più chiaro.
Distorsione della realtà. Qualcuno aveva tentato di ingannarli, probabilmente per nascondere qualcosa, ma che cosa?
Quando aprì gli occhi si guardò attorno incuriosito.
<< Ma ragazzi, queste immagini, osservatele bene. Distorsione della realtà. Ecco cos’era che non mi quadrava.>>
Tutti si zittirono. Nonostante il professore non fosse quello più terribile che avessero tutti lo rispettavano quando si parlava di mente umana.
Era di certo quello più “normale” in quella scuola di paranormali. Semplicemente era un umano che aveva studiato tantissimo, per far parte del sistema.
<< Prof, chi è stato? >> chiese Giorgia, che fino a quel momento era rimasta in un angolino, lontana da tutti per non vomitare dal disgusto, con voce tremante e appena percettibile.
<< Non lo so ragazzi, non lo so. Ora che però siete al corrente di quel che è accaduto veramente possiamo trovare il colpevole. Dividetevi nei gruppi e cercate. >> rispose il professore, sistemandosi gli occhiali rettangolari sul naso.
Adrian cercò Alessia ed insieme tornarono indietro, con le armi bene in pugno.
Alex seguì la compagna nel bosco, Sara e Gaia dalla parte opposta e Elisa e Federica andarono verso la strada.
 Gli altri gruppi si sparpagliarono.
Adrian camminava per il corridoio con la sua ascia in mano, con passo ciondolante e alquanto instabile, pronto a scattare ed agire.
Era sempre stato un ragazzo iperattivo, sempre agitato e con un carattere forte.
Non gli era mai andato giù il fatto di essere diverso dai suoi compagni di scuola, alle scuole elementari, quando i suoi “amici” lo prendevano in giro perché tutte le volte che giocavano a calcio lui bucava la palla. Tutte le volte che scriveva in classe rompeva biro e fogli ed una volta aveva inciso un banco scrivendo una sottrazione di compito.
Sapeva di non essere come gli altri bambini, che quando succedeva qualcosa piangevano come dei pazzi. In tutta la sua vita non aveva mai pianto, almeno da che ne avesse memoria.
Anche alle scuole medie la storia non era diversa, tranne per il fatto che ormai aveva rinunciato a vivere.
Era solo, la madre lo aveva abbandonato con dieci fratelli in un orfanotrofio, i genitori adottivi non erano mai a casa e Adrian, all’età di dodici anni aveva cercato di togliersi la vita buttandosi da un ponte.
Si era lanciato nel vuoto ed era caduto in acqua pestando la testa su un masso. Nonostante ciò non era morto. Le ferite si erano rimarginate in pochissimo tempo e lui si era spaventato talmente tanto da scappare. Aveva vagato per quasi due un mese, cavandosela rubando dai supermercati quello che gli serviva per vivere: giusto del cibo, acqua e null’altro.  Fino a quando un giorno si era imbattuto in una ragazzina della sua età con i capelli color cielo e gli occhi viola. Erano diventati subito amici e lei lo aveva portato dalla sua famiglia che lo aveva accolto  come un secondo figlio.
Ed erano rimasti amici da allora, la sua amica gli aveva rivelato la sua vera identità ed erano diventati inseparabili e compagni di avventure, nonché di classe.
Ed ora si trovavano lì, in un tempio deserto, a cercare qualche essere fuori controllo che non avrebbe esitato un secondo ad ucciderli.
Cercò lo sguardo della compagna, che camminava tranquilla accanto a lui.
Aveva l’aria pensierosa, come al solito, al contrario di lui.
Un urlo fece sobbalzare entrambi portandoli a correre verso quel fracasso.
Corsero fino ad arrivare nel tunnel che conduceva all’uscita, che stava crollando.
***
È una sensazione orribile.
Come ci era finito in quella situazione?
Come poteva aver perso il controllo in quel modo?
Forse vedere quei ragazzi gli aveva ricordato che lui non avrebbe mai fatto parte di una classe, di una vera famiglia.
Perché lui ormai era dimenticato da tutti e da tutto. Persino suo fratello lo aveva abbandonato, ormai non aveva più nulla.
Si era solo sfogato su di loro, li aveva puniti per essere felici, al contrario di lui.
Si era sentito in colpa quando aveva visto una ragazza con i capelli viola piangere dal terrore di quello che stava accadendo, si era sentito uno schifo nel vedere l’amica della ragazza si era allontanata con le mani premute sulla bocca come per reprimere i conati di vomito.
Poi il professore era riuscito a capire il trucco … come aveva fatto?
A quel punto aveva cominciato a correre, tornare nel tempio e cercare di allontanarsi il più possibile.
Poi una fitta alla testa lo fece fermare, portandolo ad urlare mettendosi le mani sulla testa e il vetro del tunnel si ruppe.
Ormai era accasciato a terra, con le mani sulle orecchie che premevano forte e una pioggia di vetri tutt’intorno, fino a quando non svenne.
***
Il tunnel crollò del tutto, sollevando un gran polverone.
Aspettarono qualche secondo prima di continuare a camminare.
Poi si bloccarono di colpo.
Una figura bianca era distesa per terra, sotto cocci di vetro e polvere.
Si avvicinarono e osservarono meglio.
Era un ragazzo, di circa sedici anni, con i capelli biondi e abbastanza lunghi e la pelle chiara. Indossava dei jeans bianchi con delle aperture laterali con dei lacci e una giacca del medesimo colore abbastanza corta, con gli spallacci rosa di piume ed un paio di guanti sempre bianchi e rosa.
Era raggomitolato, con le mani sulle orecchie, e l’espressione dolorante.
Adrian cercò di prenderlo in spalla per farlo uscire, ma non appena toccò il braccio di lui lo lasciò cadere.
Si era sentito come quando si era accidentalmente rovesciato il caffè addosso.
Così toccò all’amica tirare su il ragazzo che era talmente magro che probabilmente era a digiuno da qualche tempo.
Rimise la spada nel fodero e tirò su il ragazzo, lo portò fuori e lo appoggiò sul prato.
Ormai tutti erano tornati indietro, l’allarme era cessato e, disposti a formare un cerchio attorno al biondo, stavano aspettando il suo risveglio.
***
Bianco, era tutto bianco.
La neve era soffice e candida.
L’unica cosa che stonava con l’ambiente era un fumo nero all’orizzonte.
Una macchina capovolta e il terreno letteralmente diviso, spaccato a metà.
Che fine avevano fatto i ragazzi che lo stavano seguendo? E le terme in cui era fino a qualche secondo prima?
Si sentiva debole, senza fiato e con un grandissimo peso addosso.
Poi lo vide.
Aveva un espressione terrorizzata.
<< Kevin! Kevin! Sono io! >> provò a chiamarlo, invano.
Poi, senza che se ne accorgesse, il buio lo inghiottì.
E sentì delle voci.
Aprì gli occhi e si trovò davanti a moltissimi ragazzi, gli stessi delle visioni.
<< Chi sei, ragazzo? >>
A parlare era stato il professore che lo aveva scoperto.
Con molta fatica riuscì a dire il suo nome
<< L..leonardo >>
E poi crollò di nuovo.




e questo è Leonardo, interpretato(?) da Yohio perchè sì.
  
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