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Autore: Red_head    23/03/2014    1 recensioni
Alla luce degli incredibili sviluppi che hanno contraddistinto questi ultimi anni, sembra quasi strano andare a cercare così lontano le Origini: esse sono da ricercare ancor prima della nostra era e di molte delle ere geologiche in cui le scienze naturali hanno diviso il procedere del nostro pianeta.
Ma da quando ho avuto il piacere di parlare con A.003 e G.011, molte cose mi sono più chiare. L'evoluzione opera in maniera spettacolare.
Nel lontano 2012 pensavamo ormai di conoscere ogni cosa del nostro mondo: pensavamo che l'incedibile potesse trovarsi lontano, in pianeti alieni ad anni luce da qui, o nelle profondità sconosciute degli oceani.
Ma l'uomo è diventato cieco per non avere paura di ciò che non comprende. Può quindi la vita sul nostro pianeta aver avuto un impulso così diversificato sl punto che l'U.A.M., l'Uomo Anatomicamente Moderno, non sia la prima e unica creatura di intelligenza superiore? Sappiamo solo che ad un certo momento, circa trentaseimila anni fa, il Neanderthal era il sapiens meglio acclimatato in Europa.
Poi arriviamo noi: diversi, completamente diversi. Forse, più diversi da quello che abbiamo sempre immaginato.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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« Prague Gazette, 3 Gennaio 2033
Si parla di una rivolta attuata dall'interno della Extra Sensory Percepition House, condotta da alcuni ragazzi Esper lì rinchiusi ed aiutati da esterni, metaumani e non; semplici ragazzi che hanno deciso di aiutare questi giovani super dotati dei quali la nostra società ha paura.
Alcuni testimoni oculari raccontano di esplosioni, sparatorie, manipolazioni extra sensoriali da entrambe le parti coinvolte.
Che cos'è dunque veramente la Extra Sensory Percepition House?
E' davvero un semplice ricovero per Esper disadattati, discriminati, impotenti ed incapaci di utilizzare al meglio i propri straordinari poteri?
E' un rifugio o una prigione? In cosa si differenzia dall'Accademia Novacék, dove alcuna rivolta è mai stata messa in atto dai suoi ospiti? Io so solo che da un rifugio sicuro nessuno vuole scappare, ma da una prigione sì.
Ieri sera sono scappati dalla cinica 57 Esper fra bambini e adolescenti dei quali si sono completamente perse le tracce.
Ci sono state tre vittime: due Guardiani deceduti post suicidio – le vittime presentavano entrambe fori d'arma da fuoco alla testa, sparate dalle proprie armi d'ordinanza – e un giovane Esper A di ventiquattro anni, che ha ufficialmente perso la vita in seguito a un attacco cardiaco.
Che cosa aspetta il nostro Governo a permettere alla Tollerance Security Keepers di intervenire in questa struttura? Di poter seguire meglio le presunte “cure” e gli “aiuti” che vengono offerti ai giovani metaumani?
Se la parola libertà ha ancora valore in questo paese, se la parola giustizia non è solo un vocabolo stampato nero su bianco, allora vedremo al più presto legalizzati i diritti di questi ragazzi dorati di capacità straordinarie ai quali, al momento, auguro di vivere una splendida vita lontano da qui.

Stanislav Winters»



Mosse delicatamente i polpastrelli delle dita sul touch screen del suo personal tablet e socchiuse appena le palpebre per leggere l'articolo successivo, salvato nella cartella criptata.



« Prague Gazette, 3 Gennaio 2034
A un anno dalla stesura del mio articolo di denuncia contro la gestione della Extra Sensory Percepition House, mi trovo a dover spedire i miei pezzi dagli Stati Uniti, dove la tolleranza verso i metaumani e i gli uomini che, come me, semplicemente non trovano nulla di male nel poter essere amico di qualcuno che può spostare un oggetto con la mente, è quasi totale.
Il Presidente degli Stati Uniti ha effettivamente fatto del tema “tolleranza metaumana” un'ottima arma politica per le prossime elezioni presidenziali, tuttavia io non riesco a biasimare un uomo che mi ha permesso, grazie ai suoi decreti di legge, di poter camminare tranquillo per strada mano nella mano con mia figlia, senza l'attanagliante ansia derivata dalla paura che qualcuno potesse farmi sparire solo per le mie idee, per le parole che scrivo.
Rischio molto nello spedire questo piccolo trafiletto alla Prague Gazette, ma non importa, ci tenevo a essere io a informare i lettori che da domani, 4 Gennaio 2034, entreranno in vigore delle leggi grazie alle quali gli Esper condotti alla E.S.P.House potranno decidere di rinunciare agli “aiuti” forniti dalla clinica quando meglio credono, senza più essere costretti ad aspettare la maggiore età.
Ufficialmente.

Stanislav Winters»



___ « Michail? Sei pronto?»
Alzò lo sguardo dal tablet e sospirò silenziosamente.
___ « Sì.»
___ « Sei sicuro di star bene? Vuoi che rimandi la riunione?»
Sorrise flebilmente, col solo angolo destro della bocca, verso il proprio assistente, braccio destro, migliore amico, tutto fare, Damon Holt.
___ « Quando mai ho saltato una riunione?» Damon camminò intorno alla scrivania e abbassò lo sguardo verso lo schermo del dispositivo elettronico.
___ « Ogni volta che leggi quegli articoli ti incupisci.»
___ « Mi servono a ricordarmi perché faccio quello che faccio, Damon.»
___ « Lo so.» Rispose lui gentilmente; afferrò la giacca del suo completo elegante, confezionato su misura e lo aiutò a indossarla. « Tuttavia non trovo particolarmente utile il tuo continuo flagellarti. Non si può certo cambiare il passato.» Si voltò, incontrando gli occhi cerulei dell'amico al quale sorrise, leggermente sprezzante, mentre lui si occupava di sistemargli il nodo della cravatta e lisciargliela sul petto, perfetta.
___ « Non voglio cambiare il passato: voglio manipolare il futuro.»
___ « Pft …» Damon ridacchiò sotto i baffi, afferrò il suo tablet e chiuse la cartella criptata prima di seguirlo verso l'uscita dell'ufficio. « A proposito: ho sentito la Tollerance.»
___ « Sì? E cosa dicono?» Chiese senza rivolgergli nemmeno un'occhiata.
___ « Lui sta bene.» Una frase secca, senza inflessioni, che lo fece sorridere.
___ « Lo so.»
___ « Lo sai? Hanno chiamato in ufficio?»
___ « No.»
___ « … Dunque?»
Sospirò pesantemente, ruotando leggermente il capo all'indietro per poterlo così inquadrare con la coda dell'occhio
___ « Non l'ho perso di vista nemmeno un istante.»




Camminava per i corridoi bianchi, così dannatamente candidi da far male agli occhi: pavimenti bianchi, pareti bianche, soffitti bianchi, persino le sedie e le porte erano bianche. Il suo camice era bianco, così come i pantaloni e la casacca che era riuscito a rubare da uno stanzino della E.S.P.House. Avrebbe voluto mettersi per lo meno degli zoccoli colorati, ma non doveva assolutamente attirare l'attenzione su di sé, quindi bianco anche per loro.
Era calmo, sicuro di sé mentre si aggirava per il terzo piano della struttura, dove erano siti gli alloggi degli “ospiti” più giovani.
Non aveva ancora incrociato nessun Dottore, nessuno psicologo, solo qualche infermiere e una donna delle pulizie e nessuno lo aveva guardato in faccia: erano stati addestrati a non farlo.
Sapeva che il giorno prima erano arrivati dei nuovi bambini, alcuni prelevati dai segugi della struttura, altri consegnati direttamente e consapevolmente dalle famiglie, da genitori che avevano paura dei loro stessi figli.
Superò un angolo e percorse dapprima con lo sguardo le porte bianche incastonate nella lunga parete di piastrelle candide e lucide: sembravano tanti denti, pronti a divorare chiunque le avesse oltrepassate. La prima era quella dalla quale avrebbe iniziato. Si avvicinò, appoggiò delicatamente la mancina sopra la maniglia e con la destra bussò leggero, una sola volta, prima di aprire il battente.
___ « Si può?» Mantenne un tono calmo, pacato e professionale.
___ « … Ch - … chi è?» La risposta che ottenne fu esattamente quella che si aspettava: il pigolio spaventato di un bambino innocente.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno: il piccolo letto, inevitabilmente bianco, era appoggiato contro il muro di fondo, sotto a una finestra dalla quale filtrava la luce fioca di un uggioso mattino praghese. Una piccola valigia rossa, unica macchia di colore presente della camera, era abbandonata al centro dello spazio, ancora chiusa, intatta, intoccata.
___ « Sono un amico, sono qui per fare amicizia con te.» Sorrise appena, conscio che il ragazzino poteva vederlo, anche se lui non era riuscito a individuarlo. La porta del piccolo bagno era socchiusa, all'interno la luce era spenta, ma poté notare un movimento luminoso nel buio. Azzurro.
___ « … Amicizia?» Quella vocina delicata gli straziò l'anima. « … Dove .. dove sono la mamma e - … e il papà?» Percepì ansia. Paura.
___ « Mamma e papà ti hanno affidati a noi.» Spiegò, tentando di risultare amichevole, morbido nel tono, sorrise persino; afferrò una seggiola bianca e la spostò di modo da essere rivolta verso il bagno. Si sedette, tranquillo, continuando a ostentare un'espressione placida.
___ « … Perché? Sono malato?» Chiese il piccino, straziandogli il cuore e l'anima; vide una mano appoggiarsi sullo stipite bianco, era così piccola, ben curata, la pelle più chiara che avesse mai visto: sapeva che era morbida anche dopo un solo sguardo.
___ « No piccolo, non sei affatto malato.» Lo rassicurò, piegandosi in avanti, rivolto verso la stanzetta buia. « Ti va di uscire di lì?»
___ « No!» Esclamò lui, deciso, ritirando immediatamente il piccolo arto.
___ « D'accordo, non preoccuparti. Possiamo parlare anche da qui.» Lo rassicurò, continuando a sorridere dolcemente.
___ « Se non sono malato perché mi hanno lasciato qui? Tu sei un dottore, no? Hai il camice bianco! Sei tutto bianco, come questo strano posto!»
___ « Non ti piace, qui?»
___ « … Se ti rispondo con la verità, mi punisci?» Pigolò, confuso, spaventato.
___ « No, nessuno ti punirà, piccolo.»
___ « Sicuro?»
___ « Sicuro.»
___ « Mi dai la tua parola?»
Sbuffò una leggera risata, spontanea e sincera.
___ « Parola.» Si posò una mano sul cuore e sentì il bambino ridacchiare, soddisfatto.
___ « Non mi piace qui!» Confessò, tutto d'un fiato. « Sembra tutto finto. Il bianco è troppo chiaro, mi manca la mia cameretta, gli altri bambini sono tutti spaventati e i dottori sono tutti finti. Tutti tranne te: tu non puoi essere cattivo.»
Assottigliò appena, appena le palpebre, curioso. Si alzò lentamente, stando ben attendo a mantenere una fluidità di movimenti rassicurante; era in piedi adesso, gli occhi fissi sullo spiraglio scuro lasciato aperto dalla porta socchiusa.
Non sentì alcuno strano movimento, il bambino non parlò nemmeno quando prese a camminare verso il bagno, per tanto non chiese il permesso di accendere la luce, lo fece e basta: aprì del tutto la porta e si trovò senza parole, forse per la prima volta in vita sua.
I rubinetti dell'acqua di doccia e lavabo erano aperti, ma il liquido incolore non sgorgava negli scarichi del sanitari, non seguiva nemmeno un moto discensivo: si stagliava verso l'alto, ricoprendo completamente il soffitto e i muri della stanzetta come una coperta bagnata.
___ « … Sei sicuro che non sono malato?» La vocina del piccolo Esper richiamò la sua attenzione e lo vide lì, seduto sul pavimento, con la schiena premuta contro il muro di fondo del bagno. Aveva le gambe rannicchiate al petto e premeva il visino contro le ginocchia.
___ « Non sei malato, piccolo, anzi: hai un dono stupendo.»
___ « … Vero?» La speranza che sentì impressa in quella semplice parola, gli scaldò il cuore, che si sentì in gola nel momento in cui il bambino alzò il musetto e inchiodò il suo sguardo col proprio. Occhi liquidi, brillanti, vivi, di un azzurro che mai avrebbe immaginato di poter ammirare in vita sua. « Tu sei buono: l'acqua non ti ha attaccato, quindi sei bravo. Lei mi protegge.»
Deglutì a fatica, strinse per un secondo le labbra in una morsa violenta, quindi le distese in un sorriso placido.
___ « Ti va di venire con me? Ti porto via di qui. Tu e gli altri bambini, d'accordo?»
___ « Sì.» Non mise in discussione nemmeno per un istante le sue parole, non gli chiese dove sarebbero andati, né perché: qualunque posto era meglio che lì.
___ « Vieni.» Gli porse una mano e il bambino gli appoggiò sopra la sua, fresca, un po' umida, piccolina. « Come ti chiami, piccolo?»
___ « Dimitriy.» Rispose lui, alzandosi in piedi. « E tu?»
___ « Michail.»
___ « Michail. Michail e Dimitriy. Mi piace! Mi porti in braccio, Micha?»
Lo guardò sporgere le braccia verso di lui, quel piccolo angelo di otto anni, alto un metro e un soldo di cacio, con quegli occhietti così belli, che non chiedevano altro che essere compresi e amati.
Gli sorrise nuovamente e senza rispondergli a parole s'allungò e abbracciò quel piccolo corpo tremante, indifeso. E lo strinse a sé, issandolo in un sol colpo.
___ « Ti proteggerò io, Dimitriy.»
___ « Lo so!» Esclamò l'Esper, buttandogli le braccia intorno al collo per poi nascondere il visetto nell'incavo del proprio collo. Ogni tanto il bambino tremava e quei brividi si trasferivano di riflesso al suo corpo, che li somatizzava e trasformava in una rabbia profonda, che andò a radicarsi in un angolo del suo cuore.
Quel giorno, lui e altri due agenti infiltrati nella E.S.P.House, riuscirono a salvare cinque bambini: Anya, Valentine, Jacob, Sven e Dimitriy.

Ad oggi avevano tutti compiuto diciotto anni ed erano cresciuti splendidamente, in armonia coi propri poteri e in pace con loro stessi. Anya e Jacob avevano scelto di partire per gli Stati Uniti, dove una struttura gemellata all'Accademia Novacék li avrebbe accolti e aiutati ad ambientarsi in una nuova città, in un nuovo paese, per costruirsi una vita da zero per poter essere felici ed appagati.
Valentine e Sven erano rimasti all'Accademia, al momento affatto intenzionati ad andarsene: entrambi seguivano gli Esper più piccoli aiutandoli coi loro poteri e Sven aveva deciso di addestrarsi come Luce, gli agenti della Tollance Security Keepers. Un giorno anche lui avrebbe potuto salvare dei bambini fingendosi un medico fra i corridoi bianchi della E.S.P.House.
Dimitriy, invece, era voluto partire per Praga.
E lui l'aveva lasciato andare.
In molti gli avevano chiesto se fosse impazzito, cosa gli era passato per l'anticamera del cervello, perché l'avesse assecondato in questa sua assurda ricerca d'autonomia: lasciarlo vivere nel cuore del labirinto, in balia delle cariche del Minotauro, l'avrebbe reso vulnerabile e, forse, ucciso.
Forse, ma più probabilmente no: Dimitriy aveva in sé una forza incommensurabile, equiparabile solo all'immensa energia scatenata dalle rapide tortuose di un fiume, destinate a infrangersi in una potente cascata.
Sorrise al nulla e accese la piccola cornice digitale che qualcuno gli aveva lasciato sulla scrivania.
___ « Ciao Micha!» Dimitriy, sorridente, salutava in camera: aveva appena spento diciotto candeline e ancora portava in testa un buffo cappellino a cono, colorato, con un pon-pon di carta crespa azzurro sulla punta. « Oggi sono diventato maggiorenne! Sono troppo felice, questa festa è bellissima!» L'espressione si fece più dolce, vulnerabile. « Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Ci vediamo a Praga, d'accordo? Ti voglio bene. Ehi! E H I ! Cretina, vieni quiii!»
Rise nel vederlo sparire dall'inquadratura; ascoltò un po' le risate dei ragazzi, quindi spense l'apparecchio e si alzò in piedi, accarezzandolo con la punta delle dita.
___ « A presto, Dimitriy.»















Non so cosa scrivere, tranne che amo visceralmente Michail.
E Dimitriy.




  
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