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Autore: laura_souffle_girl    23/03/2014    0 recensioni
[Whateley Academy]
[Whateley Academy][Whateley Academy]Essere la ragazza nuova in una scuola per supereroi non è per nulla semplice. Specialmente quando sei stata un ragazzo fino alla settimana scorsa.
In un mondo alternativo dove esistono mutanti alla X-Men, Alex ha sempre sognato di essere un supereroe. Il suo sogno si avvererà, ma è davvero pronto a prendere tutto il pacchetto?
"Alex sedeva sul letto di camera sua, rigirandosi tra le mani la foto del bisnonno, desiderando ardentemente che lui fosse vivo. Lui si che avrebbe potuto consigliarlo.
Il suo sogno proibito si era avverato. Aveva ricevuto la sua benedizione, e la sua maledizione.
Aveva perso il suo corpo, avrebbe perso i suoi amici e il suo luogo di nascita.
Ma aveva guadagnato la possibilità di seguire davvero i passi del suo eroe."
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '[Whateley academy] We could be heroes'
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Domenica 30 ottobre 2011
Ferrovia per Dunwich, New Hampshire

Il viaggio verso Whateley era lungo e noioso. La prima settimana di freddo si era abbattuta sul New Hampshire annunciando un inverno duro e nonostante il riscaldamento della cabina Alex si trovò a rabbrividire. Si strinse nel maglione invernale a collo alto e sbirciò fuori dal finestrino del treno. Neve ed alberi, nient'altro.

Stava per tornare al suo libro, un saggio sulla Resistenza italiana durante il regime fascista, quando il suo telefono squillò.

"Ciao mamma" rispose. "Come va?"

"Tutto bene. Tu dove sei?"

"Ho preso il treno per Dunwich. Tra un'oretta dovrei essere lì."

"Bene. Senti Alex, c'è una cosa importante. Ho parlato con tuo padre, vorrebbe vederti." disse Lara, con la voce nervosa.

Alex sentì una fitta di dolore, come ancora succedeva ogni volta che veniva nominato suo padre Robert. Era un poliziotto della SWAT, uno di quelli a cui toccavano sempre le missioni più pericolose. Mutanti fuori controllo, terroristi, cose del genere.
Sua madre lo amava, ma non sopportava di restare col fiato sospeso durante ogni missione, sapendo che suo marito avrebbe potuto non fare ritorno. Aveva tentato spesso di convincerlo a trovare un lavoro meno pericoloso, ma lui amava quel che faceva.
Poi un giorno successe il disastro. Suo padre rimase ferito in una missione e restò una settimana tra la vita e la morte. E quando si riprese, i suoi genitori decisero che sarebbe stato meglio per tutti se si fossero lasciati. Alex aveva sei anni.
Non lo vedeva da allora, anche se talvolta riceveva delle sue lettere. E le mancava, da morire. Era stupita che sua madre l'avesse contattato, anche se probabilmente la situazione lo meritava. Ma era ancora più stupita del fatto che, dopo dieci anni, avesse improvvisamente intenzione di incontrarla.

"Quando vorrebbe vedermi?" chiese

"Oggi stesso. Si trova dalle tue parti per una questione di lavoro, e ha detto che potrebbe passare a prenderti in stazione a Dunwich."

Il cuore di Alex le saltò in gola. Suo padre? Oggi? E cosa avrebbe detto del suo aspetto?

"Mamma, è proprio necessario? E' tutto così improvviso... Non possiamo organizzare qualcosa con più anticipo?"

"Non so se ripasserà da quelle parti. E ci terrebbe davvero molto."

Alex chiuse gli occhi, poi sospirò.

"Va bene. Digli che ci sarò."

"Ottimo. Gli ho già fatto avere una tua foto, così ti riconoscerà. Ah e... anche lui è cambiato. Molto."

Alex rimase a fissare il vuoto bianco oltre il finestrino, pensando a quella persona con cui aveva diviso così tanti momenti in passato. Buffo, suo padre avrebbe avuto bisogno di una sua foto per riconoscerla. L'idea di rivederlo era al contempo eccitante e terrorizzante. Come tutta la sua vita, di questi tempi.

Sospirò di nuovo, poi tornò a immergersi nella lettura.

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Alex scese dal treno nella neve che copriva il marciapiede, e si avviò verso l'uscita guardandosi intorno. Dunwich, avvolta nella sua coltre bianca, sembrava ancora meno abitata dell'ultima volta che l'aveva vista.

"Alex Desmond?" chiese una voce alla sua destra, appena lei uscì dalla porta principale della stazione.

Lei si voltò. A parlare era stata una donna alta, avvolta in un piumino col cappuccio. I capelli biondi e ricci incorniciavano due occhi color oro, e i tratti del viso le ricordavano qualcosa che non riusciva a definire.

"Si? Sono io. Lei chi è?"

"Robyn Desmond. Ma un tempo ero Robert." disse, poi fece una pausa. "A quanto pare, entrambe siamo un po' cambiate."

Alex quardò la donna esterrefatta. Era davvero possibile che... poi si rese conto di qual'era la somiglianza che l'aveva colpito: somigliava a lei, alla sua nuova sè stessa!

"Pa... Papà?"

La donna annuì. Aveva le lacrime agli occhi. "Vieni, andiamo a prendere qualcosa di caldo. Abbiamo molto di cui parlare."

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Si sedettero in un caffè, vicino alla finestra. Nel tepore del locale la donna si tolse la giacca, rivelando un corpo atletico, dalle curve perfette.
Alex osservava con curiosità la donna che, a suo dire, era stata suo padre. Un lato di lei lo trovava assurdo, ma dopo quello che le era successo nelle ultime settimane non si sentiva di escludere nulla. E poi nessun'altro avrebbe potuto riconoscerla.
Ordinarono due cioccolate calde.

Fu Robyn a rompere il silenzio. "Immagino avrai molte domande."

Alex ne aveva moltissime, ma nella confusione della sua testa una era la domanda fondamentale. "Cos'è successo?"

"Mi dispiace di essere sparita così. Ho pensato fosse la cosa migliore per tu e tua sorella." disse. "Per spiegarti cosa è successo devo partire da lontano. E da una cosa che non ti ho mai detto. Sono una mutante." disse

Lasciò un momento ad Alex per assorbire l'affermazione. Aveva senso. Suo padre era il nipote di Stalker.

"Sono un Energizer, posso manipolare campi di forza e migliorare la mia performance fisica. Quando ho scoperto i miei poteri ho voluto metterli al servizio della società. Diventai poliziotto, e rapidamente entrai nella SWAT. Un mutante nell'elite della polizia, è per questo che prendevo continuamente parte alle missioni peggiori. Ero il loro uomo migliore. Potevo proiettare un campo di forza capace di proteggere un'intera squadra, strappare una porta a mani nude e sopravvivere a una fucilata sparata da un metro di distanza.
Poi siete arrivati voi, e tua madre voleva che smettessi di fare quel mestiere. Pensava fosse troppo pericoloso. Io ero giovane, e mi sentivo onnipotente ed invulnerabile. Vivevo per l'adrenalina che l'azione mi lasciava addosso, per il senso di invincibilità che provavo quando uscivo dall'ennesima missione senza un graffio addosso." Sospirò. "Che ingenuità."

Diede un sorso alla propria cioccolata.

"Poi, quel giorno fatidico del 2000, cambiò tutto. Ci avevano chiamati per un attacco all'università. Una squadra di mutanti aveva assaltato la biblioteca in cerca di alcuni libri molto preziosi che servivano al loro mago, Negromante. Avevano preso in ostaggio dieci persone mentre facevano a pezzi l'edificio per trovare quello che cercavano.
La situazione precipitò quando uno degli ostaggi, in panico, tentò la fuga e gli spararono nella schiena. Arrivò l'ordine di fare irruzione senza aspettare i rinforzi dall'MCO. Era una follia e lo sapevamo tutti, ma non potevamo ignorarlo.
Attaccammo con la solita procedura, lacrimogeni e fucili in mano. Sapevamo che nessuna delle nostre armi sarebbe stata letale contro di loro.
Solo che i mutanti erano molti di più del previsto, e meglio armati. Alzai il mio scudo e pregai Dio mentre i miei compagni scortavano gli ostaggi lontano dalla zona. Non so quanto tempo restai lì ad assorbire proiettili e attacchi magici, ad un certo collassai a terra e persi coscienza.

"Burnout" mormorò Alex. Robyn annuì.

"Tre ostaggi morti, due feriti, un agente ferito e uno ricoverato per burnout grave. Questo dovresti ricordarlo."

Alex annuì. Sua madre era andata a trovare suo padre quasi tutti i giorni, lei e Heather erano terrorizzate.

"Dopo un burnout" Robyn continuò "non è raro che un mutante si ritrovi con un differente set di poteri. Apparentemente, devo avere dei geni da Exemplar, perchè sviluppai un BIT."

"Un BIT femminile!" disse Alex "E' per questo che te ne sei andato!"

Robyn annuì. "Secondo i medici, sarei stata una donna in meno di un mese. Non volevo costringervi a convivere con uno shock simile. Non quando io, per prima, dovevo trovare il modo di conviverci. Così me ne andai, e chiesi un lavoro un po' meno stressante."

Cadde il silenzio. Alex aveva mille pensieri, e non sapeva come comportarsi.

"Heather lo sa?" chiese

"No" rispose Robyn. "Non avevo intenzione di parlarne nemmeno con te. Ma visto che ora siamo nella stessa barca, ho pensato non avesse senso tenertelo nascosto."

Alex e Robyn si guardarono a lungo, avevano entrambe le lacrime agli occhi. Si abbracciarono.

"E' bello ritrovarti. Mi mancavi" disse Alex

"Anche tu, Alex" rispose lei, con la voce rotta dall'emozione.

Si strinsero per un po', poi Alex si ritirò per bere un altro sorso di cioccolata.

"Sei ancora in polizia?" chiese

"Si. Ora faccio l'istruttrice per i nuovi agenti, specialmente i mutanti. E a volte, Whateley mi chiede di fare delle lezioni. Sopravvivenza, soprattutto. Sono qui proprio perchè ieri ero alla scuola."

Alex si accigliò. "Vuoi dire che avrò mio padre come insegnante?" disse "... o madre? come devo chiamarti?" aggiunse, incerta.

Robyn rise. "Solo di tanto in tanto. E puoi chiamarmi come ti viene meglio..."

"OK. Beh, chiamarti papà o mamma sarebbe troppo strano credo. Posso chiamarti Robyn e basta?"

"Certo! E tu hai già pensato come chiamarti?"

"Alex va bene sia per un maschio che per una femmina. Vorrà dire che sarò Alexandra sui documenti." disse Alex. Guardò Robyn con uno sguardo malinconico. "Come sarà? Come è stato per te? Abituarti, voglio dire."

"E' stato difficile all'inizio. Tutto il mio corpo mi sembrava sbagliato. Mi odiavo. Ci sono voluti anni di psicoterapia, ma ce l'ho fatta." sembrava incerta se aggiungere qualcosa, poi disse, quasi imbarazzata "Ora... vedo un uomo."

Alex restò a bocca aperta. Non solo aveva due mamme adesso, ma la sua mamma/padre usciva con un uomo?

"No... aspetta... questo non lo voglio sapere!" esclamò, inorridita.

"Ok, ok, scusa." disse Robyn. "Dai, raccontami come vanno le cose. Hai già scoperto i tuoi poteri?"

Alex annuì, ed estrasse il suo MID dal portafogli. Lo passò a Robyn.

"Exemplar 1 e Warper 2. Wow! A quanto pare hai preso sia da me che da tuo bisnonno."

"Già" confermò Alex. "Posso modificare direzione e intensità della forza di gravità e accelerare o rallentare lo scorrere del mio tempo soggettivo." disse, con gli occhi che le brillavano. "Dicono che posso anche imparare a volare!"

Robyn sorrise orgogliosa. "Ah, come sei cresciuta! E dimmi, hai già un nome in codice?"

Alex scosse il capo. "Non ancora, quelli interessanti sono già registrati. Ho pensato a Warp, ma esiste già. Forse Grav? Devo lavorarci su. E' una cosa importante per un supereroe."

Il viso di Robyn si incupì e si fece serio. "Supereroe? Sei sicura di voler prendere quella strada?"

Alex si trovò di colpo confusa. Certo che lo desiderava! Perchè mai avrebbe dovuto rinunciarvi?

"Alex, voglio fare tutto tranne che una paternale, ma devi capire che i tuoi poteri non sono un gioco. Io non l'ho capito in tempo ed eccomi qui. Ho perso la mia famiglia, il mio corpo, e sono stata fortunata a non perdere anche la vita."

"Ma papà... Robyn... Io voglio farlo, sul serio! Ho questi poteri, queste capacità. Non voglio che vadano sprecate! Voglio fare la differenza, come ha fatto tuo nonno. E come hai fatto tu."

Robyn la abbracciò di nuovo.

"E' per questo che tua madre era così reticente a mandarti a Whateley. Lei l'ha visto, tu sei come me. Abbiamo il sangue di Stalker nelle vene. Il pericolo e l'avventura ci chiamano. Ma voglio che tu mi prometta che non farai nulla di stupido, che non tenterai qualcosa di rischioso senza avere prima preso le giuste precauzioni. Vai a Whateley, studia, impara tutto quello che puoi. Anche io ti aiuterò il più possibile. Se questa è la strada che prenderai, avrai bisogno di ogni briciolo di abilità."

Alex annuì. Capiva il senso di quelle parole. Pensò a sua madre e a sua sorella, e a quanto avrebbero sofferto se le fosse successo qualcosa.

"Te lo prometto. Farò attenzione." rispose. "Ci terremo in contatto?"

"Certo. Ti lascio il mio numero di cellulare e la mia mail, per ogni evenienza. Chiamami, e ricorda che un paio di volte al mese di solito sono a Whateley."

Alex annuì. "Lo farò. E... grazie."

Continuarono a chiacchierare ancora un po', sorseggiando la cioccolata, ed Alex aggiornò Robyn sugli ultimi fatti della sua vita, sugli amici, sulle sue difficoltà.
Lei l'ascoltò con pazienza e affetto.
Quando si alzarono dal tavolo il sole era ormai tramontato.
  
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