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Autore: Walpurgisnacht    24/03/2014    1 recensioni
La premiata ditta Mana e Subutai vi offre una visuale un poco diversa dal solito (no, non "un poco" bensì "molto") su quel simpatico e occhialuto campione di semplicità e gioia di vivere citato nel titolo. Preparatevi a delle sorprese.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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"Uh... che diavolo..." furono le prime parole che uscirono dalla bocca di Byakuya Togami prima che una fitta di dolore gli attraversasse la fronte, costringendolo a interrompersi.

Gli ci volle qualche secondo per raccapezzarsi e capire di avere la testa appoggiata sulle braccia incrociate di fronte a sé. E di essere seduto.

Aveva una spiacevole sensazione di deja-vu, ma cercò di scacciarla nel retro del suo cranio.

Muovendo le dita, nell'attesa che il dolore alla testa si attenuasse, scoprì che pareva star toccando un tavolo di legno. E qui cominciò a farsi strane domande, tipo "Perché cacchio quei cinque plebei mi hanno depositato su un tavolo? E soprattutto, dove l'hanno trovato un tavolo se...". Poi una seconda frustrata lo ridusse al silenzio anche mentale.

Ci mise una manciata di minuti per riassestarsi definitivamente. Quando finalmente ce la fece... beh, quello che scoprì non gli fece particolarmente piacere.

Era... in quella che appariva un'aula. Un'aula familiare, fra l'altro.

Perché c'erano le telecamere, le finestre sigillate...

Che... che cosa? Sono... dentro la Kibougamine?

Di nuovo?

Con estrema calma, cercando di evitare traumi al suo corpo indebolito, si alzò e cercò di farsi un'idea. E sì, non ebbe più alcun dubbio: era di nuovo dentro l'accademia.

Questo... questo non è possibile.

Ero... eravamo usciti. Usare il plurale gli dava ancora uno strano senso di vertigine.

Io, Byakuya Togami. Naegi. Kirigiri. Asahina. Fukawa. Hagakure.

Noi sei eravamo i superstiti di quella carnevalata da psicopatici. Gli altri non erano stati all'altezza e si erano fatti sopraffare dal gioco crudele inscenato da quella pazza isterica di Junko Enoshima. Chi per debolezza come Oowada e chi per calcolo come Celestia, ma tutti loro erano caduti.

Era finita. L'avevamo smascherata e, dopo un lungo batti e ribatti in tribunale, obbligata a sottoporsi alle sue stesse esecuzioni che, peraltro, aveva accettato con un sorriso davvero inquietante. E quell'odiosa risata. Ho sempre odiato quel fastidiosissimo "upupupupupupupu".

Che diavolo mi è successo, si può sapere?

Si avviò con passo tremebondo verso la porta e la aprì. Destinazione... non ne aveva la minima idea. Si sentiva gonfio d'aria e insulsaggine per quello che stava vivendo... o forse sarebbe più corretto dire rivivendo.

È assurdo.

Inspirò, reprimendo a forza la voglia di prendere a calci qualcosa - un modo di fare per niente consono a qualcuno del suo rango. Cercò di riflettere sul da farsi, ma più ci provava più non riusciva a non pensare che tutto fosse senza senso: erano riusciti ad uscire dall’accademia, di questo era sicurissimo; avevano ricordato la loro promessa, avevano visto come il mondo, lì fuori, era cambiato.

E allora perché sono di nuovo qui dentro?

Si sforzò di ricordare ancora… ma non ci riuscì. Sembrava che i suoi ricordi si fermassero a quei pochi passi oltre la soglia della Kibougamine.

Che Enoshima ci abbia fatto qualcosa? Un gas di qualche tipo?

Eliminò subito quella possibilità dalla lista delle ipotesi plausibili, semplicemente perché non era nello stile di Junko Enoshima. E poi, quando la porta dell’accademia si era finalmente aperta, lei era già morta.

Decise infine che rimanere imbambolato in corridoio non avrebbe portato a nulla, così fece l’unica cosa sensata al momento: dirigersi in palestra.

È lì che tutto è cominciato. E se ho ragione, è lì che tutto sta per ricominciare.


“Togami, tu non hai nulla da dire?”

“Lascialo perdere, se quello apre bocca è solo per sputare veleno su di noi! Meglio che stia zitto!”

Alzando gli occhi al cielo, Togami si sforzò di tenere a freno la lingua. Non era proprio il momento di mettersi a litigare con Oowada e Maizono, né con tutti gli altri.

Si stupì non poco di questo pensiero, anche se ovviamente mantenne la sua faccia stoica.

Aveva appena pensato che non era il caso di litigare con qualcuno. Non era cosa che gli capitava frequentemente, e mai come primo pensiero che gli balenasse in testa.

"Cosa devo dire? Siamo appena stati messi di fronte a un gioco al massacro, in cui solo chi è furbo e abile abbastanza può sperare di riuscire" commentò con noncuranza.

Per il momento meglio non dire nulla del fatto che io... so tutto.

Sì, io so tutto.

Conosco l'ordine degli omicidi e conosco i loro colpevoli. So che la tizia dai lunghi capelli rosa, qualche passo avanti a me, non è Junko Enoshima ma sua sorella Mukuro Ikusaba. So che Sakura Oogami è sotto ricatto. So che a tutti noi sono stati sottratti due anni della nostra vita.

Tutto. Alla perfezione.

Ci impiegò tre secondi cronometrati a capire una cosa di fondamentale importanza: qualunque sua mossa che differisse da ciò che ricordava avrebbe finito, invariabilmente, col cambiare lo scenario. Rischiava di trovarsi di fronte a degli imprevisti, a delle variabili diverse, a delle schegge impazzite.

Da buon uomo d'affari inorridì all'idea. Se hai un progetto e sai che funzionerà perché hai pianificato perfettamente il breve termine, perché andare a toccare qualcosa che va benissimo così com'è?

Tanto a lui cosa interessava, onestamente? Sapeva che sarebbe uscito vivo di lì. Lui e gli altri cinque.

Al diavolo gli altri. Sono stati deboli una volta, lo saranno di nuovo.

Non cambiò il suo comportamento di una sola virgola. Andò tutto esattamente come lo conosceva.

Leon Kuwata, in un eccesso di autodifesa, uccise Sayaka Maizono.

Mondo Oowada, in un raptus di cieca ira, colpì a morte Chihiro Fujisaki.

Celestia Ludenberg e Hifumi Yamada escogitarono un piano malefico per incastrare Yasuhiro Hagakure per l'omicidio di Kiyotaka Ishimaru, salvo che poi lei tradì il suo complice e lo ammazzò.

Sakura Oogami si suicidò col veleno.

Tutto esattamente identico.

Tutto a posto, si disse soddisfatto, mentre Naegi e Kirigiri aprivano il portellone che sprangava l'accesso dell'accademia.

Tutto come doveva andare. Questo strano scherzo è durato sin troppo.

Ora posso tornarmene fuori e...


Non hai capito niente, Byakuya-chan.

Furono queste le fastidiose parole che ridestarono Togami dal suo sonno innaturale. Nella stessa aula della Kibougamine.

Impossibile!

Senza pensarci due volte si fiondò fuori dall’aula e si diresse di nuovo verso la palestra.

E quando entrò, si ritrovò di nuovo quattordici facce che lo fissavano stupite.

Non ci credo!

Riacquistò velocemente contegno, ma pensare lucidamente gli riusciva difficile.

Perché era ricominciato tutto daccapo per la seconda volta? Aveva fatto attenzione a non interferire negli eventi, lasciando che tutto andasse come previsto. E di nuovo era arrivato vivo alla fine insieme a Naegi, Kirigiri, Asahina, Hagakure e Fukawa… cos’era andato storto?

Forse è proprio questo il punto, Byakuya-chan.

E di chi diamine è questa voce fastidiosa che osa rivolgersi a me con tanta confidenza?

Tuttavia la voce aveva sollevato una questione interessante: che il suo non aver cambiato il corso degli eventi avesse causato il ripetersi di tutto.

Che sia questa la motivazione? E cosa dovrei fare, quindi? Cambiare le cose?

Si guardò attorno, studiando i volti conosciuti dei suoi compagni di sventura.

Dovrei… salvarli tutti?

Impossibile, si disse.

Non aveva la garanzia di poter salvare tutti quanti, né che salvando uno di loro non morisse qualcun’altro dei primi superstiti, per esempio. Come Naegi, o Kirigiri - perdite che, per uscire di lì, non poteva permettersi. O che addirittura morisse lui stesso.

Non sono così idealista da credere che una cosa del genere sia fattibile.

Si sistemò gli occhiali sul naso.

Io non sono Naegi.

Si guardò ancora attorno, mentre Monokuma ancora una volta abbaiava le sue stupide regole.

Quindi ti arrendi, Byakuya-chan? Li lasci morire tutti senza batter ciglio?

Ringhiò, maledicendo mentalmente quella voce irritante.

Se davvero doveva cambiare le cose per riuscire a interrompere quel loop, forse salvarli tutti era la chiave.

Forse, si disse, poteva tentare.


Quando si risvegliò di nuovo nell’aula prese a pugni il banco, mandando al diavolo le buone maniere.

Aveva provato a cambiare le cose.

Aveva provato a salvarli tutti.

Aveva fallito.

Maledizione!

Era riuscito a salvare Maizono e Kuwata, e persino la falsa Junko Enoshima.

Per un po’ erano riusciti a sopravvivere e a non uccidersi tra di loro… finché Monokuma non si era stancato. E all’alba del settimo giorno aveva fatto trovare loro i cadaveri di Maizono ed Enoshima.

Da lì all’escalation il passo era stato breve.

Fujisaki morì per mano di Celestia, che aveva visto in lui la vittima ideale e più facile da uccidere; durante il processo si era scoperta la complicità di Yamada - non esattamente una sorpresa, e Celes venne condannata. Quella stessa notte il corpulento otaku venne ucciso da Oowada per vendicare Chihiro; non ci fu bisogno di un processo perché confessò tutto, e accettò la sua esecuzione senza fiatare.

Poco a poco caddero tutti, chi per mano di Monokuma, chi nel tentativo di salvarsi - perché credevano ancora all’utopia di poter uscire da lì seguendo le regole di Enoshima, quegli stupidi!

Persino Naegi, alla fine, era morto.

Non era riuscito a fare nulla per salvarlo, anche se lui e Kirigiri avevano voluto credere alla storia del loop.

Perché le cose erano andate diversamente, e non c’era stato Alter Ego a salvare Naegi dalla sua esecuzione.

E questo, Kirigiri non era riuscita a perdonarglielo.

Se la ricordava, la faccia di lei, mentre lo squadrava malissimo. Erano in caffetteria, lui seduto comodo e apparentemente imperturbabile e lei che si avvicinava alla sua posizione a grandi falcate.

Com'era facile da prevedere non stava urlando, né dando spettacolo in alcun modo.

Ma quella faccia...

Gli aveva fatto seriamente paura. Era la faccia di qualcuno pronto a uccidere.

L'aveva vista più di una volta, in passato. Sui volti di un po' tutti loro, a ripetizione. Un po' l'uno e un po' l'altro, in un simpatico gioco a chi sfoderava il peggior sorriso da serial killer. Dovette ammettere a se stesso che Hagakure, al contrario di qualunque possibile previsione, era molto bravo in questo.

Lo voleva morto, era evidente.

Erano rimasti solo loro due. Il gioco di Monokuma era andato fin troppo a gonfie vele e ormai ogni regola su processi e pinzillacchere del genere era saltata come una miccetta.

"Togami! Io e Naegi abbiamo dato credito alla tua fantasticheria del loop, del fatto che ripeteresti le stesse esperienze in continuazione... e questo è il risultato? Un massacro? La morte... di Naegi?" sibilò, la stessa gioia di vivere di una mantide religiosa se potesse parlare.

Lui, per non venir meno alla sua immagine di uomo che non deve chiedere mai, non mosse un muscolo. Si concesse solo una stilla di sudore, pressoché invisibile. La guardò sprezzante e le rispose: "Kirigiri, quel che ti ho detto è vero. Tutto vero. Io ho vissuto tutto questo, la scuola, Monokuma, gli omicidi... più di una volta. Non mi aspettavo che la tua mente non fosse in grado di afferrare un concetto in fondo così banale".

"Banale? Mi staresti accusando di essere tarda? Oltre al danno la beffa?".

"Perché ti scaldi tanto? Naegi è un... caso particolare per te?".

"I fatti miei non ti riguardano".

Gli arrivò davanti. Solo che, invece di prenderlo per la collottola come lui si aspettava, gli strinse le mani alla gola.

Sapevo che eri arrabbiata, ma non credevo così tanto.

"Tu... tu...".

Era inopinatamente tranquillo, Togami. Il suo intuito da affarista gli diceva che quello non sarebbe stato altro che un contrattempo. Avrebbe riso di fronte all'ironia della cosa: una persona ti sta strozzando e tu non reagisci perché sei intimamente convinto che il tutto si risolverà in una bolla di sapone.


Convinzione confermata dal suo risveglio sul banco.

Solo in quel momento buttò fuori la frustrazione del fallimento.

Non capiva. Non capiva perché continuava a ripetere. Continuava a ritrovarsi lì, nella stessa sudicia classe. All'inizio di quella tortura.

E dire che ho scelto te, Byakuya-chan, perché a parte i due Supermen ti credevo il più sveglio del lotto. Mi stai deludendo, lo sai?

E questa malnata voce. A chi appartiene, si può sapere?

La mia identità non è importante. Quel che conta è che tu impari la tua lezione. E finora sei stato un alunno a dir poco ottuso.

Adesso basta, sgorbio. Pretendo che tu mi dica chi sei e cosa vuoi da me.

Te l'ho già detto, chi sono non conta nulla. E per quanto riguarda cosa voglio... beh, se ti dico tutto non c'è più divertimento. Rifletti Byakuya-chan, rifletti per bene. Uno stupido non avrebbe fatto fuori decine di fratellastri e sorellastre per diventare l'erede Togami, suvvia. Metti in piazza un po' di ingegno e di materia grigia, sappiamo tutti e due che sei fornito di entrambi in abbondanza.

La butti sull'orgoglio personale, tizio invisibile? E sia.


Il fato o chi per lui, però, sembrava essere sempre un passo avanti.

Aveva perso così tanto tempo a decidere come comportarsi stavolta che non era riuscito a impedire la morte di Sayaka Maizono.

L’avevano trovata nel bagno della camera di Naegi, come la prima volta.

Maledizione...

Quando aveva deciso di non intervenire e lasciare che le cose si svolgessero come previsto, il loop era ricominciato.

Quando aveva cercato di cambiare il corso degli eventi, il tutto si era concluso in una strage, suo omicidio compreso. E tutto era ricominciato un’altra volta.

Rifletti Byakuya. Cosa ti sfugge?

Di quando in quando qualcuno lo apostrofava in malo modo - Oowada il più delle volte, altre invece era Ishimaru che fastidiosamente gli ricordava che rimanere in disparte senza contribuire alla risoluzione dell’omicidio di Maizono era immorale e inumano. Ancora una volta si trattenne dal rispondere a tono o urlare a tutti che il colpevole era Kuwata - non gli avrebbe creduto nessuno sul momento, e lui non poteva rischiare altri passi falsi.

Continuò a ignorare Ishimaru e tornò alle sue riflessioni.

Dove ho sbagliato?

Ammettere di aver commesso un errore era per lui uno smacco incredibile, ma dovette ingoiare il rospo e accettarlo: era chiaro come il sole che entrambe le volte le cose erano andate male a causa di una sua scelta, attiva o passiva che fosse; il suo istinto continuava a dirgli che cambiare gli eventi era la chiave di tutto, nonostante l’esito disastroso della scorsa volta lo facesse dubitare parecchio di quell’idea.

D’altro canto non ho molte alternative a disposizione.

Era talmente concentrato che quasi non si accorse di Enoshima/Mukuro che inveiva contro Monokuma.

Era stato un attimo.

No!

Troppo tardi.

Si ritrovò a guardare il corpo di Mukuro Ikusaba trafitto dalle lance.

E adesso?

Lasciare che le cose si svolgessero allo stesso modo o provare comunque a salvare gli altri dodici? Ne valeva la pena?

Che pensiero disumano, Byakuya-chan.

Sta zitta!

Proprio non vuoi capire, eh?

Scosse la testa come a voler scacciare un pensiero fastidioso, ma la voce non lo lasciò in pace.

Questo tuo egoismo ti ha già portato alla morte per mano di Kirigiri. Quante volte pensi di farti uccidere - o di lasciar morire i tuoi amici, prima di venire a patti con te stesso?

Non sono miei amici.

...come preferisci, Byakuya-chan.

Al diavolo quella pazza di Enoshima, al diavolo la voce.

Avrebbe provato a salvare i superstiti, a costo di impazzire.

Adesso era davvero una questione personale.

Byakuya Togami non si fa prendere per il culo da nessuno, tantomeno da una voce incorporea che si permette di chiamarlo "Byakuya-chan". Avrebbe ucciso per molto meno.

Al processo prese inaspettatamente il centro del palcoscenico per sé, non appena Naegi finì di spiegare come lui e Maizono si fossero scambiati di stanza: tirò fuori la storia del coltello e chi lo aveva preso, fece confermare a uno stupefatto Naegi la questione della serratura della sua doccia, rivelò istantaneamente il significato del messaggio che Sayaka aveva lasciato sul muro del bagno, spiegò senza fatica la sfera di cristallo rotta nella sala dell'inceneritore.

La condanna di Leon Kuwata arrivò in un lampo.

Non mancò di notare una perplessa Kirigiri che lo guardava di sbieco. La sua faccia era l'usuale maschera di cera, ma lui aveva capito subito che lei si era terribilmente insospettita da questo sfoggio.

Prima o poi gli avrebbe chiesto spiegazioni in merito, probabilmente spalleggiata dal suo fido scudiero. E a lui stava bene.

È vero che, l'ultima volta, rivelare il suo piccolo problema personale aveva portato a conseguenze disastrose, ma razionalizzò che questo era stato dovuto al fatto che si era scoperto troppo tardi. Lì invece aveva intenzione, non appena avessero avuto accesso a un posto senza telecamere -sia resa grazia allo stupido pudore di Enoshima- di spifferare tutto al duetto delle meraviglie.

Non sapeva se fosse una mossa saggia, né che tipo di conseguenze avrebbe portato. Ma l'immobilismo totale non era la soluzione, così come non lo era il supereroismo senza talento.

Aveva bisogno di una giusta via di mezzo. E di poter far affidamento su qualcuno che, questo ormai lo riconosceva senza eccessive remore, avrebbe sicuramente fatto fruttare al meglio quelle informazioni.

Per quanto fosse Byakuya Togami, il meglio del meglio del meglio con lode, neanche lui poteva farcela da solo. Le ultime due debacle lo dimostravano dolorosamente.

Le sue previsioni vennero pienamente confermate.

Non appena si liberò l'accesso al bagno, Kirigiri lo convocò d'urgenza lì.

Come aveva predetto la trovò in piedi, accanto all'ingresso. Al suo fianco il fido Naegi che, tanto per cambiare, tradiva uno spaesamento disarmante e non mancava di rimbalzare il proprio sguardo fra gli altri due.

"Kirigiri" esordì, piuttosto freddo "a cosa devo il dispiacere di questa chiamata?".

“Non fingere di non sapere, Togami” rispose lei, pacata “sai perché ti ho convocato. Hai dimostrato di essere a conoscenza di troppe cose, oggi.”
Naegi non proferì parola, ma si limitò ad osservarlo perplesso.

Togami sorrise, un ghigno soddisfatto.

Come previsto.

“In effetti sono molto… informato” rispose, mentre sorpassava i due per poi sedersi su una panca dello spogliatoio, “e se ti conosco so che mi hai chiamato qui proprio per questo motivo.”
Kirigiri sgranò gli occhi, un movimento appena percettibile, ma che Togami colse subito.

“Hai capito bene, Kirigiri: ti conosco. Come conosco te, Naegi, e conosco Hagakure, Fukawa e tutti gli altri disgraziati rinchiusi qui. So molte cose di cui voi siete ancora all’oscuro.”

“Togami-san, cosa—” esordì Naegi, ma venne interrotto da Kirigiri che, con un cenno della mano, gli intimò di tacere.

“Sarebbe il caso di condividere queste tue informazioni con noi, soprattutto se possono essere utili alla risoluzione del nostro problema” disse lei, sempre con quel tono tranquillo che quasi rasentava l’apatia.

Togami sorrise di nuovo, poi rispose: “Sì, direi che è il caso che vi renda partecipi di ciò che so.”

A giudicare dalle loro espressioni, la sua reazione li aveva evidentemente presi in contropiede, cosa che non mancò di divertirlo - anche se non lo diede a vedere.

Così raccontò loro tutto: i segreti della Kibougamine, la loro prigionia, gli omicidi, il suo continuo rivivere quell’incubo. Non tralasciò nulla. Dopo un iniziale scetticismo Kirigiri e Naegi si mostrarono propensi a credergli, benché quest’ultimo sembrasse piuttosto sconvolto. Non che potesse dargli torto.

Quando finì il suo racconto i due ragazzi accettarono di collaborare con lui, convenendo che fosse la scelta migliore.

“Bene, se non c’è altro direi che mi ritirerò in camera” concluse, dirigendosi verso la porta dello spogliatoio.

“Aspetta un momento, Togami.”

Aveva già la mano sulla maniglia quando Kirigiri lo fermò. Non rispose, ma si limitò a voltarsi verso di lei.

“Tra le cose che ci hai raccontato” proseguì la ragazza, “c’è il fatto che hai aspettato a parlarci perché sapevi che, dopo ogni processo, una nuova area dell’accademia diventava accessibile - e in particolare avremmo avuto accesso al bagno, che sapevi essere privo di telecamere. È corretto?”

Togami annuì.

“Se le cose stanno così, allora significa che hai volutamente lasciato morire Kuwata.”

Sgranò gli occhi, colpito da quell’accusa - anche se non ne capiva il motivo.

Naegi lo guardò con quegli occhioni da cucciolo che non riusciva a sopportare, così sinceri e pieni di speranza - concetti a lui ormai estranei.

“To… Togami-san, è vero?” chiese. “Non puoi averlo fatto, dì’ a Kirigiri-san che si sbaglia!”

Tutta l’ingenuità contenuta in quella frase riuscì ad irritarlo.

“Era una pedina sacrificabile” rispose, mentre apriva la porta. “Non si vince una guerra senza mettere in conto delle perdite.”

“Una pedina sacrificabile…” gli fece eco Kirigiri. “Probabilmente è per questo che hai fallito.”

“Cosa vuoi saperne, tu?”

“Ti rifiuti di capire, a quanto vedo.”

Come osi… borbottò mentalmente, ritrovando in quella frase cenni della voce fastidiosa.

Infuriato, sbatté la porta del bagno alle sue spalle e si diresse verso la sua stanza.

Non ne capiva il motivo, ma quell’accusa nei suoi confronti lo irritava maledettamente.

Eppure sapeva che non aveva speranze di uscire vivo da lì senza preventivare altre vittime.

Non siamo tutti idealisti come te, Naegi.

Fece una piccola smorfia mentre pensava che, dall'inizio di questa folle avventura, era già la seconda volta che si paragonava a Naegi. Tutto da solo fra l'altro, senza il minimo bisogno di istigazione esterna.

Entrambe le volte lo aveva fatto per negare che si assomigliassero, ma la cosa era comunque bizzarra.

Va beh, non ho tempo da perdere con 'ste stupidaggini.

Giunse in camera propria e si sdraiò sul letto, più stanco di quanto avrebbe voluto. La situazione stava cominciando a pesare su di lui psicologicamente, sebbene facesse di tutto per smentirlo in primis a se stesso. Il "semplice" processo della Scuola delle Uccisioni avrebbe messo a dura prova chiunque, figurati il riviverlo una seconda e una terza e una quarta volta.

Gettò un'occhiata veloce alla telecamera che svettava sulla sua testa. Trattenne a stento l'impulso di puntarci un dito contro e urlare: "So che sei tu, Enoshima, e prima o poi la faccio rotolare per terra quella tua testa coi boccoli rosa". Sarebbe stato un suicidio in piena regola.

Chiuse gli occhi. Voleva riposare un po', anche se era solo metà pomeriggio. Di che giorno? Non ricordava, stava pian piano perdendo la cognizione del tempo a furia di rivivere le stesse giornate.

"Upupupupupupupupupu... sei un soggetto interessante, Togami".

Uh? Cosa? Mi metto anche a sognarlo adesso, quell'odioso orso?

"Apri gli occhi, su. Non ho tutto il pomeriggio da dedicarti. Anche se, devo ammetterlo, hai stuzzicato la mia curiosità con la tua piccola scenata da Rambo del Kansai...".

Schizzò in piedi, pur rimanendo sul letto.

Si girò alla sua destra.

Monokuma lo osservava con sguardo interrogativo.

...

...

...

Sto impazzendo, è evidente. O forse, più semplicemente, quel che ho immaginato di volerle dire... gliel'ho detto davvero.

“Upupupupupu! Sentiamo Togami, cosa ti fa pensare che dietro tutto questo ci sia la defunta Enoshima?”

Si trovò con le spalle al muro. Rivelare tutto a Kirigiri e Naegi gli garantiva qualche probabilità di salvezza, ma dire ad Enoshima che sapeva tutto del suo folle piano… era un suicidio. Junko Enoshima non era certo il tipo di criminale che va in preda al panico se qualcuno la smaschera, anzi! Ricordava fin troppo bene il sorriso a trentadue denti con il quale aveva accettato la sua esecuzione. Ma in quel caso era stato fatto un processo ed erano sei contro uno; ora invece si trovava solo con lo stupido orso meccanico, e nulla impediva a quella pazza di ucciderlo all’istante e far ricadere la colpa su uno studente a caso.

“Allora, Togami-kun? Upupupupupu?”

Quello stupido verso irritante…

“Diciamo che ho… molte informazioni” tergiversò, cercando di guadagnare tempo e pensare in fretta a come uscire da quella situazione.

“E quali sarebbero queste informazioni?” trillò Monokuma, avvicinandosi a lui.

“Che stratega sarei se te le rivelassi?” rispose, sfoggiando un sorriso strafottente. “Ti basti sapere che so che ci sei tu dietro tutto questo, Enoshima. E che riuscirò a smascherarti.”

Monokuma non rispose, ma rimase in silenzio qualche secondo; evidentemente anche Enoshima si era presa tempo per pensare ad una contromossa. Poi l’orso meccanico riprese a muoversi e fece qualche piroetta, per poi fermarsi davanti a Togami.

“E sia, upupupupupu!” annuì, facendo lampeggiare l’occhio rosso. “Se vuoi giocare accetto la sfida, Togami-kun! Ma lascia che ti dia un suggerimento, upupupupu…”

“Sarebbe?”
“Fai molta, molta attenzione ai tuoi compagni, da ora in poi” lo minacciò, “più del solito, upupupupu! Che non scorra buon sangue tra te e loro è cosa nota, ma qualcuno potrebbe… avere nuovi motivi per farti fuori, upupupupu!”

“Cosa intendi?” chiese Togami, ora seriamente inquieto.

“Oh, chi lo sa! Magari qualcuno potrebbe spifferargli qualcosa sul tuo conto per far scattare la scintilla, upupupu!”

“Sarebbero fandonie.”

“E chi ha detto che dev’essere la verità, upupupu?”

Detto questo, Monokuma sparì nel nulla.

Togami rimase solo a rimuginare sulla sua situazione.

Adesso avrebbe dovuto persino guardarsi le spalle da… praticamente chiunque dentro l’accademia, per colpa di Enoshima.

No, non era colpa di Enoshima. Non nello specifico di questa cosa, almeno.

Capiamoci, tutto questa pagliacciata senza senso è indubbiamente colpa sua. Non sono di certo io quello ossessionato dalla disperazione, capace e desideroso di mettere in piedi un simile colpo da teatro solo per soddisfare i propri perversi desideri.

Ma di questo la colpa è solo mia. Mia è stata la lingua che si è lasciata sfuggire nozioni compromettenti, a questo punto del gioco.

Oh beh, ormai la frittata è fatta. Adesso non posso proprio permettermi di star qui a disquisire su chi ha la colpa di cosa. Non è il momento.

Chissà, Byakuya-chan. Potrebbe essere l'occasione che ti serviva per fare finalmente un passo in avanti sul tuo percorso di maturazione.

Ecco, mi sembra giusto. Prima Enoshima, con quel suo verso che se potessi glielo farei ingoiare, e poi il mio stalker mentale personale.

"Cosa intendi, intruso?" disse ad alta voce. Non aveva nessuna voglia di giocare a quello che sostiene una discussione nella sua testa. E poi, dopo quello che aveva già combinato, che quella pazza lo vedesse pure parlare da solo. Peggio di così era difficile.

Intendo dire che adesso sei con le spalle al muro. E forse è proprio da questa scomoda posizione che devi imparare a muoverti, non sempre dalla cima della collinetta che ti dà una visione perfetta del campo di battaglia e delle forze in gioco.

Ti metti a fare il tattico guerrafondaio, eh?

“Non è posizione che mi compete, lo sai”.

Non è questione di competenza. È questione che, volente o nolente, lì ora sei. E potresti dover imparare a uscirne.

"E se non volessi?".

Libero di fare come vuoi. Ma ricorda, non sempre hai le vite infinite come in un videogioco.

"Non perdo tempo con quegli svaghi da plebeo".

Lo vedo. Sei terribilmente ingenuo, in queste cose.

"Come... come ti permetti? E chi diavolo sei, si può sapere?". Si lasciò un po' andare e alzò la voce, provato dal susseguirsi degli eventi.

Bye bye, Byakuya-chan. Ci risentiremo presto, non temere.


Mezz'ora dopo erano tutti e dodici in palestra, convocati dal loro delizioso preside fatto di microchip.

"Bene, piccoli bastardi. Vi ho fatti venire qui perché ho un annuncio per tutti voi" canticchiò fuori tempo mentre roteava su se stesso, inusualmente lieto.

Byakuya percepì subito che era qualcosa inerente il loro precedente discorso. Si preparò mentalmente all'impatto.

"Dovete sapere che uno di voi è una mia spia. Già già, ce l'ho a libro paga... anche se non lo pago. Ma lavora per me. È il mio servo. Il mio lacchè. Quello che mi porta il caffè a letto. Quello a cui chiedo, ottenendole, prestazioni XXX che diavolo, mi fanno sudare tutta la pelliccia solo a ripensarci".

Enoshima... sei disgustosa.

Naturalmente l'annuncio fece scalpore fra i presenti, che presero a guardarsi spaventati. Bastò una zampa alzata dell'animaletto e poche parole per farli fermare: "Potete anche smetterla di adocchiarvi sinistramente, non serve. Sono qui, difatti, per rivelarvi la sua identità".

Tutti si zittirono e seguirono con lo sguardo mentre Monokuma indicava Byakuya Togami.

"Ecco la vostra spia, servita su un piatto d'argento".

Co-cosa?

I suoi compagni lo guardarono sconvolti, alcuni troppo increduli per parlare, altri pronti a saltargli al collo alla prima occasione.

“Io lo dicevo che non c’era da fidarsi di quel quattrocchi!” tuonò Oowada, pronto a dargliele di santa ragione.

Asahina e Fujisaki lo guardavano con sguardo da cerbiatti terrorizzati, mentre Fukawa strillava: “No! Non può essere! Non il mio Byakuya-sama!”

Maledetta Enoshima…

Un po’ in disparte, Oogami lo osservava in silenzio, piuttosto sorpresa e al contempo allarmata: la vera spia di Enoshima era lei, e ovviamente un cambio di programma del genere doveva averla presa in contropiede lasciandola interdetta sul da farsi.

“Togami-san, è vero…?” chiese Naegi, sospettoso.

Kami, smettila di guardarmi con quegli occhi speranzosi…

“Trovi più credibile me o quello stupido orso meccanico, Naegi?” rispose Togami, stizzito; Naegi non rispose, ma sembrava piuttosto convinto della sua innocenza.

Kirigiri invece non disse una parola, ma si limitò ad osservarlo e studiarlo con la sua solita maschera impassibile.

Togami si guardò attorno, sforzandosi di rimanere calmo.

Una mossa qualunque poteva costargli la vita.


“Quindi mi confermi che non sei tu la spia.”

“Ovvio che non sono io! Quella maledetta di Enoshima si sta solo vendicando.”

Kirigiri osservò in silenzio Togami che, in preda alla rabbia, camminava su e giù dentro il piccolo spogliatoio. Era stupefacente come Enoshima non sospettasse il vero uso di quella stanza senza telecamere… o forse lo aveva sempre sospettato, fregandosene totalmente. Cosa molto, molto plausibile.

“Certo non è stata una grande idea accusarla sapendo di poter essere visto dalle telecamere…” intervenne Naegi, irritando Togami ancora di più.

“Ma non mi dire, Naegi!”

“Adesso calmatevi entrambi” li zittì Kirigiri, “ormai il danno è fatto. Ora dobbiamo solo pensare al da farsi, chiunque adesso è un potenziale assassino.”

“Qual è la tua idea, Kirigiri, farmi da bodyguard ventiquattr’ore al giorno?”

“Non sarebbe una buona idea, poi mi crederebbero tua complice.”

Quella velata frecciatina non mancò di infastidire Togami, che comunque non lo diede a vedere.

“E allora sentiamo, cosa suggerisci?”
Il fastidio di Togami crebbe esponenzialmente vedendola portarsi la mano al mento, strusciarlo un po’ come a darsi un’aria sofisticata e poi rispondergli: “Al momento niente. La situazione è troppo complessa e delicata e qualunque mossa sarebbe pericolosa”.
Quindi la roboante risposta di Kyouko Holmes era
non fare nulla e aspetta che qualcuno ti sfasci un oggetto grosso e pesante sulla testa. Cioè, sapeva che non intendeva esattamente dire così ma il risultato finale non sarebbe stato diverso, se davvero era questo il piano d’azione che portava sul tavolo.

Già l’incredibile ingenuità di Naegi lo aveva spinto verso il limite del proprio autocontrollo, che mai come in quel momento rischiava di sfuggirgli. Quando arrivò l’arguto suggerimento di Kirigiri avvenne l’impensabile: Byakuya Togami esplose.

“Ma dici sul serio o stai cercando di guadagnarti un posto come cabarettista fallita? Mi stai praticamente chiedendo di lasciarmi ammazzare dal primo di quei barboni! Non succederà Kirigiri, fossi costretto ad andare fuori adesso e tirare il collo a tutti loro!” urlò, fuori di sé.

Gli altri due furono sinceramente stupiti da questa perdita di flemma. Da che lo conoscevano Togami non aveva mai, mai lasciato cadere la sua aura di superiorità per scendere al livello della gente comune che si permetteva comportamenti non consoni come, orrore, l’alzare la voce.

Ma bene, adesso mi metto pure a dare spettacolo. È che… diamine, tutto questo sta seriamente cominciando a pesarmi…

Io lo vedo come uno sviluppo positivo, Byakuya-chan.

“Ti pare questo il momento adatto per venire a farmi la paternale?” commentò ad alta voce, alzando gli occhi al cielo e attirandosi ulteriori sguardi perplessi da parte dei suoi due compagni.

“Togami-san… tutto bene? Con chi stai parlando?” chiese Naegi con un filo di voce.

Byakuya recuperò l’aplomb che aveva così disgraziatamente smarrito pochi istanti prima, si sistemò meglio gli occhiali che rischiavano di scivolargli via dal naso e disse: “Questo è un particolare di cui non vi avevo fatto parola, ma a quanto pare ho una voce in testa che mi perseguita e vorrebbe farmi da cicerone verso non so quale traguardo. Evitate di guardarmi come se fossi ammattito, non ho bisogno della vostra pietà”.

“Io ti credo. Stranezza più, stranezza meno…” commentò Kirigiri, onesta.

Adesso stammi bene a sentire, coso: il momento è difficile, te ne sarai accorto pur con le tue limitate facoltà. Non ho bisogno anche del sussurro mentale, quindi sei gentilmente pregato di levare le tende e, se proprio devi, ripresentarti in un momento più tranquillo. Sono stato chiaro?

Accipigna Byakuya-chan, sai essere terrorizzante. Te l’ha mai detto nessuno?

Evapora.

Signorsì. A poi, caro mio.

“Torniamo a noi” fece poi, rivolgendosi a Kirigiri “e al tuo sbilenco piano. O meglio, all’assenza pure di uno sbilenco piano”.

La ragazza lo fissò negli occhi e, lui avrebbe potuto giurarlo, quello era… uno sguardo di sfida. Lo stava sfidando a dubitare delle sue capacità e del suo giudizio.
“Credo sia la cosa migliore che tu possa fare al momento, Togami”.

“Farmi ammazzare? Ma che idea geniale, Kirigiri. Mi aspettavo qualcosa di meglio dalla Super Detective…”.

Naegi, al sentire il ruolo o presunto tale di Kyouko, sbiancò. La diretta interessata, invece, non tradì la benché minima emozione. Ma lui sapeva di aver toccato un nervo scoperto, anche se il citare quel particolare era stato del tutto involontario.
Discussero ancora un po’, muro contro muro: Kirigiri sosteneva come quella fosse la strada migliore che potessero battere quantomeno nel breve termine; Togami al contrario continuava a ripetere che non ci stava perché ci vedeva solo dell’intento suicida.

“Se serve prenditi del tempo per rifletterci meglio, ma sul serio… non puoi chiedermi di rimanere con le mani in mano!” ribadì lui per l’ennesima volta, di nuovo alterato.

“E io ti ripeto che…”.

Vennero interrotti da un arrivo inaspettato.

Sakura Oogami entrò con estrema calma nello spogliatoio, squadrò i presenti e dichiarò con una strana fierezza: “Quello che ha detto Monokuma è completamente falso: sono io la sua spia, non Togami”.

Byakuya si concesse un minuscolo sorriso. Finalmente qualcosa che andava come doveva.

“O-Oogami-san…?” balbettò Naegi, mostrandosi ancora una volta sconcertato dalla scoperta. L’ingenuità di quel ragazzo era sconfinata, così come la sua fiducia nel genere umano. Kirigiri invece non si scompose, ma accolse la notizia con la solita compostezza.

“Monokuma mi ha letteralmente obbligata” proseguì Sakura, quasi a volersi giustificare per quella situazione. “Ha preso in ostaggio la mia famiglia e i membri del mio dojo, non avevo scelta… e mi ha imposto di uccidere qualcuno nel caso le cose fossero rimaste in una fase di stallo” disse tutto d’un fiato.

“Ma le cose sono andate come ben sappiamo, e non è stato necessario il tuo intervento” annuì Kirigiri.

Naegi si avvicinò timidamente a Sakura, e chiese: “Oogami-san, posso chiederti come mai hai deciso di venire a confessare tutto?”
“Perché nonostante tutto Togami non merita il linciaggio a causa delle macchinazioni di Monokuma”.

Byakuya fece una smorfia, cogliendo in quella frase un velatissimo, seppur educato rimarco al suo carattere non esattamente solare e socievole.

“Beh, non so come questo possa impedirmi di venire ammazzato…” borbottò, credendo di non essere udito, ma Sakura lo smentì: “Posso guardarti le spalle nei momenti in cui non sei in camera, ho idea che in pochi avranno il coraggio di avvicinarsi a te finché ci sarò io nei paraggi. E inoltre” proseguì “ho già parlato con Asahina. Non sa del mio tradimento… ancora, ma si è fidata di me quando le ho detto che eri innocente. Se parlerà con Fujisaki saranno già due persone in meno di cui preoccuparsi.”

Togami si ritrovò spiazzato di fronte alla proposta di Sakura: la ragazza gli stava dicendo che l’avrebbe letteralmente protetto dal suo ipotetico assassino, nonostante non avesse alcun obbligo nei suoi riguardi.

Il ragazzo non rispose, ma si limitò a distogliere lo sguardo e annuire.

Gli altri tre sorrisero, consci del fatto che per uno come Byakuya Togami quello equivaleva a un grazie detto col cuore.

Finalmente cominci a scioglierti, Byakuya-chan?

...taci.


Per i successivi due giorni la situazione sembrò sotto controllo e, tutto sommato, tranquilla.

Come Sakura aveva previsto, Asahina e Fujisaki si comportarono normalmente nei confronti di Byakuya, idem Fukawa, che aveva urlato ai presenti il suo amore per “Byakuya-sama” e che nessuno doveva osare torcergli un capello; al contrario, gli altri lo guardavano con sospetto e sembravano attendere il momento migliore per prendere il ragazzo di sorpresa. Nessuno comunque osò avvicinarsi, temendo una qualsiasi reazione da parte di Sakura che, come promesso, era diventata l’ombra di Togami nei corridoi della Kibougamine. Durante le ore notturne Kirigiri e Naegi avevano deciso di alternarsi nel lasciare la porta della propria camera aperta e intervenire in caso di rumori sospetti. Togami si era interrogato più volte sul motivo delle loro azioni: agendo in quel modo rischiavano la loro stessa vita. Era un concetto a lui assolutamente oscuro.

Ma nonostante lo spiegamento di forze, non tutto andò per il verso giusto.

Togami era in biblioteca, il suo luogo preferito, e Sakura si era allontanata un secondo per raggiungere Asahina, che sembrava avere bisogno di lei per qualcosa.

Qualcuno aprì la porta, e Byakuya sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo.

“Togami.”

“Tu?” fece lui, un poco sorpreso. Non si aspettava proprio di vedere quella persona lì, di fronte a lui.

“In carne ed ossa. La sola e unica Celestia Ludenberg”.

In quell’occasione tutta l’esperienza delle precedenti ripetizioni venne utile a Togami, che riconobbe subito il sorriso.

Era il sorriso di chi sta per uccidere.

Senza perdere tempo gettò il libro a terra e afferrò la lampada, pronto a brandirla come una casereccia clava.

“Fammi indovinare, Ludenberg. Hai convinto quell’ottuso di Yamada a distrarre Oogami per farti avere la strada spianata. Però non ti vedo armata. Pensi di farmi fuori con la tua vocina stridula, per caso?”.

“Quanta sicumera, Togami. E devo proprio dirlo, ho fatto bene a scegliere te come bersaglio. Stai dimostrando una preparazione e un acume che mi impensieriscono. Ci hai azzeccato, in pieno. L’ovvia conclusione è che sei scomodo e devi sparire”.

La porta, lasciata socchiusa da Sakura, venne richiusa. A chiave.

Ad occhio questo le può dare venti, forse trenta secondi di vantaggio prima che la mia corpulenta guardia del corpo riesca a tirarla giù.

Una zuffa, per quanto si sentisse avvantaggiato dal punto di vista fisico, non era di certo quello che più bramava. E poi si sa, quando prendi qualcuno per i capelli e rifili pugni e calci a casaccio… beh, possono succedere brutte cose.

“Se davvero sono così scomodo” fece poi, nel tentativo di guadagnare un po’ di tempo “dovrai rimuovere l’ostacolo di forza, visto che non ho nessuna intenzione di cadere morto per te”.

“Non ne dubitavo. Sono qui apposta, infatti”. Finì di pronunciare quella frase e dai ricami del suo vestito spuntò fuori un coltello.

Era lo stesso usato da Leon per uccidere Maizono. C’erano ancora delle piccole macchie di sangue incrostato. Da quella distanza, per uno strano gioco di luci, a Byakuya sembrarono rosa. Bizzarro.

“E allora fatti sotto, giocatrice di poker della domenica. Ma lascia che per un istante rubi il mestiere a quel ciarlatano di Hagakure: prevedo che questa volta perderai. Vedo il tuo bluff”.

“Bluff? Tu pensi che io abbia preso questo gingillo per bluffare? Oh suvvia Togami, mi annoi con tutta questa banalità”.

“Dimostrami che mi sbaglio, allora”.

“Volentieri”.

Gli si gettò addosso. E in quei pochi istanti che le servirono per farlo, a lui balenò in mente che quella situazione di estremo pericolo era, in realtà, una specie di scherzo. Nel senso che, a meno di variazioni sul tema, in teoria non gli sarebbe successo nulla di definitivo.

Non che ci tenga particolarmente ad appurarlo.

I due si diedero parecchio da fare. Volarono spintoni, tentativi di sgozzamento da parte di lei, tentativi di trasformare la lampada e il cranio di Celes in una poltiglia da parte di lui, gomitate, calci nei testicoli e quanto di peggio seppero esprimere dal loro repertorio di persone per nulla avvezze a simili sforzi.

“Togami! Togami!” arrivò ad un certo punto dall’esterno della stanza. Era la voce di Sakura.

Byakuya non era in condizione di rispondere. Tendenzialmente, quando ti stai rotolando per terra avvinghiato a una persona che sta cercando di farti la festa, le tue priorità sono altre.

Cominciarono ad arrivare colpi alla porta.
“Togami, per l’amor del cielo! Apri!”.
Sarei leggermente impegnato, io.

Poi, senza neanche aver capito bene come, Byakuya Togami si ritrovò nella mano sinistra il coltello.

Celes, che era stata momentaneamente allontanata, impallidì.

Quando, dopo un paio di tentativi a vuoto, Sakura riuscì a sfondare la porta…

Avrebbe piantato un urlo se non fosse stata abituata a spettacoli anche peggiori.

Il sangue gocciolava imperterrito dalla gola di Celestia, perforata da parte a parte. Sopra di lei, che stava avendo gli ultimi spasmi nervosi della sua vita, un ansimante Togami ne stringeva ancora il manico.

“To-Togami…”.

“C-chiama Naegi e Kirigiri…” rispose con voce rauca, quando cominciò a sentirsi strano.

Co-cosa…?

La schiena di Sakura Oogami fu l’ultima cosa che vide, prima che la vista si offuscasse e tutto diventasse buio.


“Maledizione!”

Prese a calci il banco, per poi accanirsi sulla sedia e sul banco vicino.

Cos’è andato storto, stavolta? Cosa?!

Quel maledetto incubo era ricominciato per l’ennesima volta, ma più andava avanti e più gli sembrava di impazzire.

Ma sei davvero così cieco, Byakuya-chan? Non credevo dipendessi tanto dagli occhiali che porti…

“Sta zitta, maledetta!”

Quella voce lo stava seriamente facendo uscire dai gangheri. Non bastava dover rivivere il peggior periodo della sua vita all’infinito, doveva pure vedersela con una voce misteriosa che veniva da chissà dove.

Non sono una voce qualunque. Magari sono la tua coscienza, per quel che puoi saperne.

Togami non si premurò di rispondere, continuando invece ad accanirsi sui banchi dell’aula.

Sai, cominci a farmi un po’ pena, Byakuya-chan. E va bene, ti darò un aiutino, o qui andiamo avanti in eterno.

Togami smise di prendere a calci il mobilio, ora improvvisamente interessato a ciò che la voce aveva da dire.

Lasciati andare, Byakuya-chan.

...eh?

La tua freddezza non porterà a nulla di buono, sappilo. Riflettici Byakuya-chan!

Aspetta! Che diavolo vuol dire?

Ma la voce non rispose.

Tutto quello che riuscì a fare fu sfogare la sua frustrazione sui banchi rovesciati per terra.


Mentre tutti, in caffetteria, erano impegnati ancora una volta a parlare di Monokuma e decidere il da farsi, Togami continuò a riflettere su quanto gli aveva detto la voce.

Lasciarmi andare… cosa diamine vorrebbe dire?

Osservò i suoi compagni di sventura, e i suoi occhi si posarono su Asahina, che sul momento era intenta a consolare un terrorizzato Fujisaki.

Dovrei forse diventare una specie di crocerossina come lei, dispensando sorrisi e mangiando ciambelle?

No, saresti uno spettacolo inquietante. Ma il fatto che tu ti sia ricordato la passione di Aoi per le ciambelle significa che forse cominci a capire, Byakuya-chan.

Capire cosa, esattamente?

Ma la voce di nuovo non rispose, lasciandolo da solo coi suoi pensieri.

Che tu sia dannata…

Tuttavia il tarlo aveva cominciato a scavare, e continuò a rimuginare su quel bizzarro suggerimento.

Lasciarmi andare.

Mentre rifletteva, non mancò di notare come al momento fossero ancora tutti vivi.

Forse vuole che provi di nuovo a salvarli tutti?

Eppure il suo istinto continuava ad urlargli che una cosa simile, nella loro situazione, era impossibile. Anche volendo tentarci si trovava davvero a corto di idee - quantomeno di un’idea che potesse funzionare.

Non puoi salvarli tutti, Byakuya-chan.

E allora perché tutto questo?

Perché è ora che tu scenda dal tuo piedistallo.


L’unica cosa che gli sembrò sensata fu parlare nuovamente con Naegi e Kirigiri.

Stavolta ci volle un po’ di più perché i due ragazzi decidessero di fidarsi di lui, ma alla fine cedettero. Neanche a dirlo, Naegi propose di usare le informazioni che Togami aveva fornito per studiare un piano che potesse salvarli tutti quanti; mentre parlava Byakuya si ritrovò improvvisamente a pensare che purtroppo era una cosa impossibile.

...purtroppo? Non è da me parlare di loro in questi termini.

Tuttavia dimenticò subito quel pensiero quando Kirigiri esordì con: “Forse un modo c’è”.

“No, non c’è” fu la sua secca risposta, ancora prima che Naegi potesse fare qualcuno dei suoi stupidi commenti da campione mondiale di ingenuità.

“P-Perché dici così, Togami-san?”.

“Perché è così e basta. Ad esempio credo sia decisamente fuori dalla nostra portata, oltre che risultare piuttosto pericoloso in sé e per sé, salvare la vita di…” si guardò attorno per assicurarsi che nella caffetteria ci fossero davvero solo loro tre “... Mukuro Ikusaba”.

“Cosa ti porta ad affermarlo, Togami?” chiese Kirigiri, apparentemente molto interessata dal discorso appena imbastito. Mica tutti i giorni fa un versetto prima di rivolgerti la parola.

“Rifletteteci un secondo. Ikusaba è il Super Soldato ed è in combutta con Enoshima. Secondo voi quanto ci può mettere per ucciderci tutti?”.

“Ma… ma se noi ci mostriamo benevoli nei suoi confronti io sono sicuro che lei…”.

“Io no, non ne sono sicuro. Naegi, potresti davvero mettere la mano sul fuoco e giurare oltre ogni dubbio che Ikusaba non proverebbe, salvo forse con Oogami riuscendoci, a sterminarci tutti per ordine della sorella?”.

“Certo… certo che sì! Ne sono intimamente convinto!”.

Togami sbuffò. Questo suo essere cieco di fronte ai fatti lo infastidiva davvero molto.

“La tua convinzione può essere ammirevole per qualcuno, certo non per me… ma la realtà è un’altra. E temo sia più vicina alla mia descrizione che alla tua”.

“Continuo a non capire perché non vuoi fare almeno un tentativo, Togami-san”.

… hai proprio il ferro in testa, tu.

Decise di cambiare approccio. Si voltò verso Kirigiri, che durante questo scambio era stata in religioso silenzio, e le chiese la sua opinione.

“Dimmi, secondo te sbaglio? Quel che dico ha un senso o mi sto incaponendo in qualcosa di falso?”.

Qualche secondo di silenzio. Sembrava che stesse raccogliendo le idee per rispondergli al meglio delle proprie possibilità.

Si scostò una ciocca di capelli dal viso e poi disse, in tono solenne: “Per quanto non mi faccia piacere… temo che Togami abbia ragione, a grandi linee”.

La faccia di Naegi assunse un’espressione ferita, da cucciolo che ha appena messo il piede in una tagliola: “Ma… ma come…”.

“Quelli che porta sono argomenti convincenti, non lo si può negare. Inoltre non sappiamo il suo grado di coinvolgimento personale nel piano della sorella e nessuno può assicurarci che non potrebbe provare a sfruttare la situazione a loro vantaggio. Capisco il tuo discorso, Naegi, lo capisco davvero. Ed è bello. Nobile. Ma, nella nostra situazione, un po’ troppo utopico”.

Sentendosi in inferiorità, Naegi ripiegò sulla tattica Gattino con i Sentimenti Offesi: abbassò la testa e si disegnò sulla faccia una smorfia intristita. Prima di chiudersi a riccio nel suo dolore trovò appropriato dire un’ultima cosa: “Togami-san… sei crudele a pensarla così…”.

Ora sono io quello crudele, già. Mi sembra corretto.

“Sai almeno perché faccio questo tipo di ragionamento?”.

“N-No…”.

“Vorrei cercare di evitare cadaveri inutili, ecco perché. Se la morte di una persona può evitarne altre dieci… voto per la morte singola”.

Bravo Byakuya-chan, adesso sì che ci stai piacendo.

Vai. Via. Ora.

Proprio adesso che ti stai girando dalla parte giusta? Oh su, non essere cattivo con me.

Sei irritante e sono sicuro che puzzeresti, se avessi un corpo.

Non confondermi con la tua dolce Fukawa.

Il dibattito mentale nella testa dai biondi capelli venne interrotto. Quello e qualsiasi altro dialogo.

E venne interrotto da una cosa brutta.

“Upupupupupupupupu. Voi tre bastardelli non lo sapete che è poco salutare avere discussioni compromettenti in un posto pieno di telecamere e microspie? Non avete mai visto un film di James Bond? Q sarebbe così poco orgoglioso di voi”.

Gli sguardi dei tre ragazzi si riempirono di orrore nel vedere quell’odioso orso avanzare placido e tranquillo verso di loro.

“Allora, non avete proprio niente da confessare? Upupupupu?”

Pensa in fretta, Byakuya. Pensa!

Mentre Monokuma saltellava verso di loro, Togami pensò che le cose stessero per degenerare e che lui avrebbe ricominciato daccapo quell’incubo, quando Kirigiri si fece avanti e prese in mano la situazione: “Cosa dovremmo confessare, esattamente?”

“Quello che vi siete detti, upupupupu!”
“Se ci stai chiedendo di ripetertelo” proseguì lei, la calma personificata “significa che prima non ci hai sentiti?”
Monokuma arretrò, apparentemente in difficoltà.

“Ho… ho sentito che parlavate di lasciar morire una persona in favore di salvare tutti gli altri! State forse pianificando un omicidio, upupupu? Questa è una grande notizia! Certo non mi aspettavo proprio che tu e Naegi decideste di—”

“Quindi avevo ragione, non ci hai sentiti. Non benissimo, almeno” concluse Kirigiri con l’ombra di un sorriso soddisfatto sulle labbra.

L’orso meccanico ringhiò, e puntò loro contro una zampa.

“Fate attenzione alle vostre chiappe, bastardi, perché vi farò pagare cara la vostra insolenza!”

E sparì così com’era arrivato.

I tre si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo; Naegi stava per dire qualcosa ma Kirigiri lo precedette e parlò a bassa voce: “Meglio fare attenzione da ora in poi. Ora che ha capito che in questo punto l’audio è pessimo non ci vorrà molto perché prenda provvedimenti.”

“E non dimentichiamoci della sua minaccia” sussurrò Togami, aggiustandosi le lenti sul naso “prevedo una ripicca da parte sua in tempi brevi.”
“In ogni caso dobbiamo trovare un modo per comunicare” bisbigliò Naegi “visto che usare quest’angolo è ormai rischioso…”
“Beh, ci sarebbe la sauna che è priva di telecamere, come vi avevo accennato…” replicò Togami.

“...ma sarà disponibile solo dopo il primo processo.”

Naegi si irrigidì a quella frase di Kirigiri ma non replicò, conscio del fatto che non avevano molta scelta.

“E la questione comunicazioni è ancora in sospeso...” incalzò Byakuya.

“Beh” sussurrò Naegi, un po’ imbarazzato. “Io un’idea ce l’avrei…”


“Io comunque continuo a non approvare l’idea di lasciar morire qualcuno solo per avere una stanza priva di telecamere. È disumano! Dovremmo almeno cercare di evitarlo!


Makoto Naegi”


Togami sbuffò e nascose il biglietto in tasca.

Biglietti.

Questa era stata la brillante idea di Naegi per sopperire alla mancanza di altri mezzi di comunicazione.

Quando l’aveva proposta il suo primo istinto era stato quello di insultarlo fino a rimanere senza voce, che un’idea tanto stupida e infantile non l’aveva mai sentita.

Eppure…

Gli costava doverlo ammettere, ma quell’idea si era rivelata piuttosto funzionale: si scambiavano i bigliettini in caffetteria, o con la scusa di passarsi qualche oggetto, o altre trovate simili. Ovviamente evitavano di passarsene troppi per non destare sospetti, limitandosi solo a comunicazioni strettamente necessarie. Monokuma sembrava non avere idea del loro giochetto, almeno in apparenza, idem gli altri studenti; qualcuno aveva cominciato a credere che ci fosse qualcosa tra Naegi e Kirigiri, e Fukawa non vedeva di buon occhio che il suo “Byakuya-sama” passasse tanto tempo con certa gente… ma sembrava andare tutto liscio, per il momento.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”

Ma cosa…?

Togami sollevò lo sguardo dalla sua tazza di tè, e vide Asahina sulla soglia della caffetteria.

“Asahina, perché hai urlato così?” chiese subito Sakura, allarmata.

“O-omicidio…”

Dovevo aspettarmelo, prima o poi. Le cose sono andate sin troppo tranquillamente in questa ripetizione.

A tal proposito, Byakuya-chan…

Ancora tu, pseudo-coscienza. Cosa vuoi adesso?

Sono stato incaricato di riferirti dalle alte sfere che, dati i tuoi recenti progressi, questa sarà l’ultima volta.

Ultima volta? Cosa intendi dire, mio sgradevole compagno di viaggio?

Basta. I tuoi gettoni sono finiti. La prossima volta che comparirà Game Over sulla schermata… sarà definitiva.

Uhm. Beh, ok.

… tutto qui?

Ti aspettavi che saltassi su disperato e cominciassi a strapparmi i capelli, per caso? Anzi, se devo dirla tutta ero stufo di questo continuo andirivieni. Bisogna tirare dritto nella vita, non fare le inversioni a U.

Che bello sentirti ridotto al silenzio. E adesso lasciami andare a controllare.

Si alzò e seguì Sakura e Asahina mentre quest’ultima faceva loro strada. Li portò nella sala dell’inceneritore.

Lo spettacolo non era bello. Eppure lui si era abituato a vedere gente morta.

Questo, però, gli lasciò una disgustosa sensazione di… qualcosa.

Touko Fukawa era stesa per terra, a pancia in giù. I capelli completamente zuppi di sangue, così come il pavimento circostante e parte del muro. Nessuna traccia di una possibile arma del delitto.

Fukawa… che ti succede, Byakuya? Non sei contento di vedere questa puzzolente guastafeste… cadavere?

Vuoi saperne una? No, non lo sono.

*DLIN DLON*

“È stato scoperto un cadavere. Da ora si dà ufficialmente inizio alla fase investigativa, che porterà voi bastardi a fronteggiarvi in un’aula di tribunale per decidere chi si è reso responsabile di questo indecente atto di disturbo della quiete pubblica. Buona fortuna, marmocchi”.

*DLIN DLON*

A Togami l’annuncio mortuario di Monokuma non era per nulla mancato. E si scoprì stupito nell’accorgersi che non era solo perché così doveva alzare le sue chiappe d’oro e darsi da fare. Non solo per quello.

Era evidente, anche senza la pur apprezzata consulenza professionale di Kirigiri, che la morte era stata causata da un violento trauma alla testa. Solo che, stranamente, lì non vi era traccia di un possibile oggetto che potesse essere stato usato per questa cosa. Il peso dello spogliatoio di Fujisaki e Oowada era al sicuro al secondo piano, così come i martelli di Celes lo erano al terzo.

Peculiare. Di solito, per l’omicidio al primo piano, viene usato un coltello dalla cucina.

Questo particolare mise Togami in una strana fretta. Era particolarmente desideroso di trovarla.

Più di una persona assistette, invero piuttosto sconvolta, al suo correre per tutti i corridoi e le stanze a loro disposizione. Sembrava come posseduto, incapace di sedersi e rifiatare anche solo un attimo.

Non… non me la starò prendendo un po’ troppo a cuore? Era solo Fukawa…

No, non me la sto prendendo troppo a cuore. Me la sto prendendo a cuore il giusto.

CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP.

Ecco, arriva tu a prendermi per il naso dopo che lo faccio benissimo da me. Mi sento un po’ ridicolo, in certi momenti, anche senza la tua non richiesta presenza.

Byakuya-chan, piccolo. Stai andando benissimo. Il mio applauso voleva solo manifestare quanto sono orgoglioso di te.

Sì, va bene. Quando avrai finito di dare aria alla bocca che non hai…

Non ti si può neanche fare un complimento. Sei impossibile quando fai così. Cosa ti costa ammettere che… sei dispiaciuto per quel che è successo?

Scosse la testa nel tentativo di scacciare via la voce, tuttavia quel pensiero rimase lì.

Non credeva fosse possibile, eppure… era dispiaciuto per la morte di Fukawa. Ironico per uno che, all’inizio di quel crudele gioco al massacro, l’aveva ritenuta nient’altro che un fastidio; ricordava di averla minacciata più volte lui stesso, e in generale di non averla mai trattata con un minimo di riguardo.

Forse mi ero solo abituato alla sua presenza, ad averla attorno. Non è nemmeno una questione di affinità caratteriale, o interessi simili, non potevamo essere più diversi - di sicuro a me non interessa ammazzare ragazzi a colpi di forbici.

Nemmeno la sua doppia personalità era riuscito a turbarlo, non più di tanto. Nella situazione in cui erano Genocider Syo non era nemmeno la cosa più bizzarra; inoltre la cotta che la ragazza aveva per lui si era rivelata utile per tenerla a bada ed evitare altri omicidi.

Adesso basta rivangare il passato, ho altro di cui occuparmi.

Ma come, eri tanto carino mentre pensavi a lei!

Dammi tregua.

Perché? Perché ti stavi finalmente lasciando andare, concedendoti di pensare a Fukawa come a qualcosa di più di un fastidio?

Togami si morse un labbro, sforzandosi di non cedere alle provocazioni della voce.

Ignorami pure quanto vuoi, tanto sai che ho ragione, Byakuya-chan.

Al diavolo!

Non aveva tempo di perdersi in simili discorsi, aveva un omicidio da risolvere. E per risolverlo necessitava non solo di indizi - di cui si stavano occupando Kirigiri e Naegi, ma anche di un’arma.

Arma che sembra essere svanita nel nulla.

Cercò di fare mente locale: al momento avevano solo un piano dell’accademia a disposizione, e lui l’aveva passato al setaccio. La katana che aveva usato Maizono la prima volta era ancora nella teca dei trofei, dalla palestra sembrava non mancare nulla, idem dalla cucina e dalla stanza delle scorte; per precauzione aveva controllato persino l’inceneritore, nella speranza che l'omicida fosse stato così disattento da lasciarsi dietro qualche traccia, se non addirittura l'arma stessa, ma anche lì non ebbe fortuna.

Eppure ho guardato ovunque…

Mentre formulava quel pensiero si ritrovò a passare di fronte lo spaccio della scuola.

...forse non proprio ovunque.

Aprì la porta, ritrovandosi davanti uno stanzino pieno zeppo di cianfrusaglie di ogni genere, dalle merendine più strane agli oggetti più ridicoli mai pensati dall’uomo.

Ritengo di non essermi perso chissà cosa, finora.

Dopo aver trovato a fatica l’interruttore, coperto da oggetti di varia natura appesi alle pareti, lasciò vagare lo sguardo attorno a sé, alla ricerca di qualcosa che potesse andar bene come arma del delitto - sperare di trovare qualcosa che presentasse chiazze di sangue era chiedere troppo. Passò in rassegna la roba ammassata nella stanza, prendendo mentalmente nota delle possibili armi, quando sentì dei passi concitati lungo il corridoio.

“Togami-san!”

Naegi?

Si affacciò fuori dalla porta e lo vide correre nella sua direzione.

“Togami-san! Ti ho trovato finalmente!”

“Calmati Naegi, cosa succede? Perché tanta agitazione?”

“Devi… devi venire con me, è successo…” ansimò, riprendendo fiato “è successo un guaio!”
Togami si irrigidì appena, stranamente inquietato da quella frase.

“Che guaio?”

“Una… una prova…”

“Naegi, devo tirarti fuori le parole una per una? Non ho—”

“...una delle prove ti inchioda come sospettato.”

...cosa?

“Mi prendi in giro”. Non era una domanda, era un’affermazione. Era così evidente che una parte di lui riteneva persino offensivo il doversi giustificare.

“Vorrei, ma non è così. Se volessi seguirmi…”.

“Certo che ti seguo!”.

Quanta vivacità, Byakuya-chan. Cerca di non esagerare o potrebbe scoppiarti un fusibile.

No, ora no. Proprio no. Lasciami in pace.

Ooooooooooook.

Si diressero verso la stanza dell’inceneritore, dove c’erano quasi tutti. Mancavano giusto Ishimaru, Yamada… e Ikusaba.

Brutto segno. Bruttissimo segno. Non dimenticare mai, Byakuya. che fra di voi c’è la complice di Enoshima. Per quel che ne posso sapere, in questo momento è al cospetto del gran capo a riferirle chissà cosa.

Kirigiri, che come da copione era accucciata vicino al corpo per ispezionarlo, si avvide del loro arrivo. Si voltò verso l’ingresso e accolse i due con uno sguardo…

Kirigiri. Sei… incupita?

“Ho trovato questo sotto una delle dita di Fukawa” disse col suo usuale tono da donna che vende i gelati.

Un bottone. Che Togami riconobbe istantaneamente come appartenente alla sua giacca.

E io, Byakuya Togami, avrei perso un bottone della giacca senza accorgermene? Sfioriamo il parossistico, qui.

Si controllò velocemente le maniche e tirò un sospiro di sollievo vedendo che non mancava nulla.

Il suo attimo di scampato pericolo se ne andò rapidissimo quando una voce, dal capannello di gente, non mancò di far notare che a tutti loro erano stati gentilmente offerti dei ricambi dal loro delizioso preside e che forse sarebbe stato il caso di controllare nell’armadio del primo sospettato.

Mentre il gruppone si allontanava, i tre si attardarono.

“Voi… non mi credete colpevole, vero?” chiese Togami, e dalla sua voce traspariva chiara una cosa che nessuno di loro, lui in primis, pensava di sentirgli esprimere: paura.

“No! Non dopo quello che… sappiamo” fu la fulminea risposta di Naegi. E per la prima volta Togami lo ringraziò di essere un irrimediabile idealista.

“Non condivido l’entusiasmo di Naegi. Con calma, con calma. Al momento non ti credo innocente, né ti credo colpevole. Non mi formo un’opinione prima di aver sezionato e studiato il caso fin nei minimi dettagli. Diciamo che però questo bottone” e lo alzò per dargli visibilità “al momento non fa pendere la bilancia dalla tua parte”.

Kirigiri, santo dio. Non farti ingabbiare dai tuoi meccanismi mentali da detective! È così palese che sia una puerile vendetta di Enoshima per quello che noi tre le abbiamo combinato un paio di giorni fa. Beh, è anche vero che ancora non sai quanto può essere meschina quella ragazza. Spero per te che avrai l’occasione di rendertene conto da sola.

Raggiunsero gli altri di fronte all’ingresso della camera di Togami, il quale venne invitato ad aprire la porta per farli entrare.

“Sì, ma non mi venite in camera tutti. Una o due persone bastano, ok?”.

“Non Kirigiri e non Naegi” precisò Celes, badando bene a condire le parole col suo miglior tono da vipera.

“E perché no, Ludenberg?”.

“Semplice: voi tre avete fatto comunella sin dall’inizio di questa storia e personalmente mi fido poco a lasciarvi senza supervisione. Ti spiacerebbe seguire il padrone di casa, Oowada?”.

“Io? Perché io? Cos’ho fatto di male?”.

“Taci e vai, bullo decerebrato”.

“Cazzo hai detto, zoccoletta dai capelli blu?”.

“Ha parlato quello con una pettinatura normale”.

“Ok, l’hai voluto tu!”. E si avventò su di lei per darle un diretto, venendo però prontamente cinturato da Sakura Oogami.

“Per favore, Oowada. Non abbiamo bisogno di ulteriori litigi fra di noi. Non essere testardo e fai come ti è stato chiesto”.

“Mpf. E va bene, va bene”.

Togami e Oowada entrarono, lasciando fuori tutto il resto della combriccola.

Ci vollero trenta secondi perché i peggiori timori del Super Erede si concretizzassero: effettivamente una delle sue giacche presentava solo due bottoni, invece dei previsti tre, su una manica.

Stringendo il capo per le spalle prese a tremare. E non, come magari si sarebbe potuto immaginare, perché si sentiva preso in gabbia.

Nossignore. Byakuya Togami era nero dalla rabbia.

Enoshima… foss’anche l’ultima cosa che faccio in vita mia, ti giuro che darò corso a quella minaccia di qualche ripetizione fa: ti stacco la testa e te la prendo a calci come un pallone. E poi ti presento il conto della lavanderia per le scarpe sporche di sangue.

“Bene bene bene” disse Mondo strappandogli l’indumento di mano senza la minima creanza “guarda qua cos’abbiamo. Una fila di bottoni incompleta. C’è qualcosa che devi dirci, Togami?”.

Ce ne sarebbero di cose che dovrei dirvi, Oowada. E forse… forse…

Accarezzò l’ipotesi di rivelare a tutti loro la verità, anche approfittando della provvidenziale assenza di Ikusaba.

...no, meglio lasciar perdere. C’è la possibilità che mi prendano per pazzo, e la cosa non gioverebbe assolutamente alla mia attuale situazione. Anzi, salterebbero direttamente il processo e passerebbero direttamente all’esecuzione. E non dimentichiamo le telecamere.

“Sì, Oowada” replìcò, guardandolo con sdegno “posso dirti che io ho molta cura dei miei abiti e mi sarei sicuramente accorto di un bottone mancante. Al contrario di te, direi…”

“Stai cercando rogne, quattrocchi?” ringhiò Mondo, afferrando Togami per il bavero della giacca.

“Oowada, non è il caso di scaldarsi tanto” si intromise Sakura, cercando inutilmente di separare i due ragazzi.

“Hai ragione, Oogami, non è il caso di prendersela tanto” rispose Mondo, con un sorrisetto sulle labbra. “Tanto lo sappiamo tutti che è stato lui a far fuori Fukawa!”
“E ti basi solo su un bottone?” replicò Togami, le cui certezze iniziavano a vacillare.

“Su questo, e sul fatto che consideravi Fukawa un fastidio! Quale modo migliore per liberartene?” tuonò il teppista “Non eri tu quello che diceva che non aveva problemi a uccidere qualcuno pur di uscire da qui?! Ammettilo e basta!”

A quella frase Togami smise del tutto di ragionare e cercò di avventarsi su Mondo, tenuto a bada solo da una esterrefatta Sakura; persino il resto dei presenti non riusciva a credere ai propri occhi, quando mai Byakuya Togami aveva perso le staffe a quel modo?

“Ripetilo se hai il coraggio!” ringhiò mentre cercava di liberarsi dalla stretta di Sakura, “Prova a ripeterlo, stupido gorilla analfabeta!”

Togami non ricevette risposta a quell’insulto.

A parte un pugno dritto in faccia.

   
 
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