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Autore: Walpurgisnacht    25/03/2014    1 recensioni
La premiata ditta Mana e Subutai vi offre una visuale un poco diversa dal solito (no, non "un poco" bensì "molto") su quel simpatico e occhialuto campione di semplicità e gioia di vivere citato nel titolo. Preparatevi a delle sorprese.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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“Branco di idioti.”

“Adesso non esagerare, Togami-san…”

Chiusi nello spogliatoio della sauna, Byakuya e Makoto discutevano degli ultimi avvenimenti, e quest’ultimo cercava invano di calmare un nervosissimo Togami. Dopo la morte in diretta di Ikusaba, Togami e Kirigiri avevano ritenuto opportuno spiegare un po’ di cose alla classe, in particolare le informazioni in possesso del biondo rampollo e, soprattutto, come le aveva ottenute. Inutile dirlo, non era andata benissimo: se qualcuno si era mostrato propenso a credergli un minimo, molti altri si erano mostrati irremovibili; Celes, manco a dirlo, l’aveva accusato di essere una spia di Monokuma - cosa che aveva fatto infuriare Togami.

“Mi si può dire tutto, tutto” borbottò lui, camminando su e giù per la stanza, “accetto qualunque insulto senza batter ciglio. Ma darmi della spia… spia di Enoshima!” ringhiò, “Questo è troppo!”

“Però non gli si può dare torto… io e Kirigiri ti crediamo, ma ammetterai che la tua storia è abbastanza… particolare” disse Naegi, che in tutto quel casino era rimasto involontariamente in disparte. Togami e Kirigiri avevano deciso di lasciare le cose come stavano: se Enoshima era impegnata a tenere d’occhio loro due, Naegi poteva dare una mano dietro le quinte.

Il loro discorso venne interrotto da Kirigiri, che entrò nello spogliatoio seguita da qualcuno.

“Oogami?”

Makoto e Byakuya si scambiarono un’occhiata perplessa, che Kyouko colse al volo: “Oogami ha qualcosa da dirci riguardo Monokuma, e ho pensato che portarla qui fosse la cosa migliore.”

“Dici che Enoshima non sospetta nulla?” puntualizzò Togami, ma Kyouko lo tranquillizzò: “Non c’è nulla di strano in due ragazze che usano la sauna insieme. E comunque non può certo impedircelo.”
Togami e Naegi si scambiarono un’altra occhiata, poi, scrollando le spalle, invitarono Sakura a parlare.

“Dopo la scena in palestra e quella di prima in caffetteria” iniziò lei, accomodandosi su una delle panche, “credo di avere qualche informazione che può tornarvi utile.”

“Vuoi dire che… credi a quanto vi ho raccontato?” chiese Byakuya, inarcando un sopracciglio. “Celes mi ha persino accusato di essere una spia…”

“Diciamo che ti concedo il beneficio del dubbio” rispose Sakura, “dato che ci hai dimostrato in parte la veridicità della tua storia. E soprattutto perché la vera spia sono io.”

Makoto sgranò gli occhi alla notizia, mentre Kyouko si limitò a un cenno della testa, quasi se lo aspettasse; Togami invece rimase impassibile, conoscendo bene la situazione.

“Quindi anche stavolta ti ha ricattata” commentò, sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Anche questo è già successo?” chiese lei.

“Sì” confermò il ragazzo, “e… non è finita molto bene. Ma stavolta le cose andranno diversamente.”

Spero, aggiunse in silenzio.

“Oogami-san” parlò Makoto, “come mai hai deciso di svelarci il tuo ruolo di spia?”

“Perché voglio aiutarvi… e voglio uscire di qui per salvare la mia famiglia” rispose lei, pacata ma risoluta.

“In che modo pensi di farlo?” chiese Kyouko, già pronta a pianificare le prossime mosse.

“Enoshima voleva che venissi a parlarvi per poi riferirle i vostri piani…”

“...e tu hai pensato di darle corda e fare il triplo gioco a nostro favore” concluse Togami per lei.

Sakura non rispose, ma si limitò ad annuire.

“Mi piace il tuo ragionamento” ammise Togami, con un sorrisetto. “Se ci muoviamo con cautela potrebbe funzionare.”

Detto questo, Togami cominciò a camminare in circolo, ragionando sul da farsi. Poco dopo si voltò di scatto verso Sakura: “Al secondo piano c’è qualcosa che potrebbe tornarci molto utile. Ma prima dobbiamo convincere Fujisaki a collaborare. E probabilmente anche quel gorilla di Oowada…” sospirò, guadagnandosi una risatina da parte di Makoto, che poi aggiunse: “A questo posso pensare io, porterò qui entrambi e spiegherò loro la situazione. Dato che non mi sono ancora esposto sono meno sospetto di te e Kirigiri.”.

“Dici che riuscirai a convincerli della mia buona fede?” ironizzò Byakuya.

“No, ma dovrei almeno convincerli a collaborare” rispose Naegi con un pizzico di sarcasmo che non mancò di divertire le due ragazze. “Un piano per uscire di qui fa gola a tutti… e poi Oowada-san mi trova simpatico.”

Non lo facevo così sagace, il ragazzino. Mi piace.

Lo dici solo perché lo sto lasciando fare nella sua presa in giro ai miei danni…

Tra le altre cose. Anche quando ha intuito le ragioni di Asahina, quando Oogami è morta la prima volta, ti ha messo in ridicolo…

...vai al diavolo e restaci.

Sei così adorabilmente permaloso!

“Cosa c’è di così importante al secondo piano?” chiese Sakura, riportandolo coi piedi per terra.

Byakuya sorrise, soddisfatto: “Un computer.”

I presenti si guardarono sorpresi. Makoto azzardò: “Ma un computer, lasciato così in giro… non è strano?”

“Certo che lo è” confermò Togami “e per mia esperienza posso assicurarti che è una mossa strategica di Enoshima, così come lasciarci una stanza priva di telecamere.”

“Ma… perché?” chiese Sakura, la cui espressione contrita lasciava intuire quanto la ragazza non riuscisse a concepire certe azioni.

“Perché è pazza, punto. Non c’è una motivazione logica dietro alla sua follia.”

“Oh beh” fu quanto disse Kirigiri “se quella è pazza abbastanza da darci i mezzi per sconfiggerla…”.

“Sì, in effetti non guardiamo in bocca al caval donato”.

“Che brutto modo di dire”.

“Fa accapponare la pelle, vero?”.

“Siete divertenti come dei cactus ma non è il momento di darsi al cabarettismo” cercò di riportare l’ordine Togami. Aveva di sicuro attraversato dei cambiamenti, neanche di poco conto, però non rimpianse di non aver perso il suo polso di ferro.

Gli altri tre non ebbero da ridire, così lui ripassò ad alta voce quanto ognuno di loro doveva fare.

“Solo una cosa non mi è del tutto chiara” chiese Sakura “Perché dev’essere tirato in ballo anche Oowada?”.

“Perché è bene averne uno in più dalla nostra parte. E poi non si fida di me ed è facile che voglia rimanere vicino a Fujisaki per assicurarsi che noi non la si mangi in un rito satanico, o qualche stupidaggine simile”.

“E io che pensavo lo volessi fare, Togami” lo apostrofò Kyouko, inusualmente in vena di battute.

La sua risposta fu un grugnito. Ma a tutti suonò molto meno scocciato di quanto lui tentò di farlo apparire.

Poi si separarono, pronti a mettere in atto il loro traballante piano d’azione.


Due giorni dopo.

Byakuya picchiettava nervosamente le dita contro il tavolo a cui era solito sedersi in caffetteria. Accanto a lui Kirigiri, sempre fedele a se stessa, era imperturbabile nella sua staticità.

Sembra che non abbia nemmeno bisogno di respirare. E io che sono qui a contorcermi le budella…

Byakuya-chan, ti vengono le rughe se ti agiti troppo.

Lo ignorò completamente, aveva perso la voglia di rispondere colpo su colpo alle sue frecciatine ironiche.

Poi finalmente qualcosa si smosse.

A distanza di dieci minuti l’uno dall’altra Makoto e Sakura entrarono nella sala, sedendosi ben distanti dagli altri due e cominciando a parlottare fra di loro. Sai, per non sembrare fin troppo palesi.

I tanto sospirati cenni di Missione Compiuta, ovviamente ben mascherati, erano giunti a destinazione.

Questa è fatta. Adesso, secondo copione, io e Naegi convergeremo nello spogliatoio per sentire il resoconto sulla sua parte che è quella davvero importante. Senza Fujisaki non abbiamo la minima speranza, è l’unico che può fare quel che ci serve. Cioè, io so usare un computer ma di certo non sono capace di creare un’intelligenza artificiale e di darle la mia faccia.

Pensando questo, e ringraziando la Voce per non essersi fatta viva, salutò brevemente e uscì. Sempre per non insospettire troppo Enoshima optò per fare prima un breve giretto a vuoto, senza meta apparente.

Ebbe la tentazione di andare a controllare in biblioteca se quel vecchio portatile era dove se lo ricordava, ma concluse che avrebbe perso troppo tempo.

Con le mani in tasca, Byakuya Togami si trovò a camminare per il corridoio su cui davano le stanze del loro dormitorio.

Ebbe un paio di sorprese, ma non troppo, quando i suoi occhi si posarono sulle targhette di Touko Fukawa e Yasuhiro Hagakure.

Per la miseria. Questa folle corsa mi sta rivoltando come un calzino. Un tempo non avrei mai e poi mai… provato sollievo… nel sapere che una tale scocciatrice come Touko non è morta. E non avrei mai sentito una piccola puntura di spillo al pensiero che quel buffone di Hagakure non c’è più. Anzi, a proposito di Touko…

Fece qualche passo a ritroso, avendo superato di un paio di metri la sua porta.

E si ritrovò a bussarvi.

Silenzio.

Bussò di nuovo.

Finalmente Fukawa rispose, un po’ scocciata a giudicare dal tono: “Chi è?”

“Togami.”

Pochi secondi dopo si aprì uno spiraglio, abbastanza per poter intravedere lo sguardo sorpreso della ragazza, e quanto bastava a quest’ultima per ammirare il suo principe a distanza di sicurezza.

“B-Byakuya-sama! C-come mai sei qui a quest’ora? V-vuoi forse burlarti di me e del mio sciatto pigiama?”

Togami roteò gli occhi, cercando di ignorare i deliri della ragazza.

“Posso entrare?”

A quella richiesta seguì un lungo minuto di silenzio.

La porta si richiuse.

Togami osservò la scena perplesso, quando sentì dei versetti acuti e senza senso provenire dall’interno della stanza. Poi la porta di aprì di nuovo: “Prego Byakuya-sama, entra pure!”

Forse non è stata la migliore delle idee…

Come sei negativo Byakuya-chan, lasciati andare! E poi che male può farti passare qualche minuto con la tua adorata stalker? Certo, sarebbe meglio tenerla lontana da oggetti taglienti…

Ispirò, trattenendo a stento la voglia di mandare a quel paese la voce e rischiando di passare (ancora di più) per matto, ed entrò nella stanza di Touko Fukawa: si guardò attorno, notando come la stanza fosse piuttosto spoglia… tranne che per blocchi di appunti sparsi in giro, su cui probabilmente stava appuntando nuove storie, e diversi libri qua e là. Evidentemente aveva approfittato della biblioteca finalmente aperta, pensò.

“C-come mai da queste parti, Byakuya-sama?” chiese la ragazza, dopo aver chiuso la porta.

“Passavo da queste parti…” rispose, non riuscendo a risultare convincente nemmeno a se stesso, per poi aggiungere: “...e avevo voglia di vederti.”

EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH! Vai così Byakuya-chan, lancia via i boxer!

Rimanere impassibile fu un’impresa enorme, da parte sua, ma ci riuscì; in compenso, Fukawa aveva cambiato colore e se avesse sgranato un altro po’ gli occhi le sarebbero rotolati fuori dalle orbite.

“Non fraintendermi” cercò di correggere il tiro “volevo… diciamo che volevo sapere cosa ne pensi di quanto ho detto in caffetteria.”
“O-ovviamente ti credo, Byakuya-sama!” si affrettò a rispondere lei, “Credo a tutto quello che dici!”

“Intendo dire che voglio sapere cosa pensi realmente, senza cercare di adularmi” rispose Togami, sbuffando. “Sei una ragazza intelligente, nonostante le apparenze… avrai pure una tua opinione in merito, no?”

Touko, presa evidentemente alla sprovvista, rimase un attimo in silenzio a fissarlo; poi la sua espressione mutò, facendosi più concentrata, probabilmente alla ricerca delle parole più adatte.

“A-ammetto che la tua storia è… surreale” balbettò, “è difficile credere ai loop temporali… non siamo mica in un libro di fantascienza” rise brevemente. “Ma l’aver svelato a tutti noi l’esistenza della falsa Enoshima..." continuò "è sicuramente un punto a tuo favore.”

Togami annuì, sorpreso da tanta serietà: era abituato a una Fukawa perennemente sul chi vive, agitata e ingestibile; ma, nel giusto contesto, si rivelava una persona dotata di una spiccata intelligenza.

Questo non l’avresti detto manco sotto tortura, tempo fa.

Tempo fa non mi sarei nemmeno abbassato a questo livello per mandarti a fanculo, come i plebei.

Ellallà Byakuya-chan, stai diventando rozzo oltre che adorabile!

Lasciò la voce a ridacchiare, tornando a concentrarsi su Touko.

“Cosa posso fare per avere la tua fiducia?”

La ragazza rimase qualche istante in silenzio, poi parlò: “Se davvero hai già vissuto quest’esperienza… allora saprai sicuramente di-”

“Genocider Syo?”

“...”.

“Sì, certo che lo so. Lingua impossibilmente lunga, un insano amore per le forbici, Bloodstain Fever scritto col sangue sul muro o sul pavimento e occhi puntati su bei maschi… fra cui, modestamente, posso annoverarmi”.

Touko si azzittì del tutto, una mano sulla bocca. Poi riuscì a mormorare: “Tu… tu lo sai davvero…”.

“Te l’ho detto, allo stato attuale so di voi più di quanto sappiate voi stessi. Non è questo il caso, ovviamente, ma nella mia testa porto un bel sacco pieno di informazioni. Sul gioco, sulla Kibougamine, su Enoshima… e su altre cose”.

Stava per accennare allo stato del mondo esterno. Preferì trattenersi, era fin troppo prematuro mettere anche uno solo di loro al corrente della devastazione che attendeva i superstiti oltre le mura dell’accademia.

“E… e nonostante questo… ora sei qui da solo con me… pur conscio del rischio che potenzialmente corri…”.

“Sto… sto cercando di comportarmi diversamente. E se ciò implica mostrarmi… un po’ più amichevole nei vostri confronti… nei tuoi confronti… sono disposto a farlo”.

Uoh uoh uoh. Byakuya-chan, a quando la dichiarazione d’amore con bacio alla fortunata?

No, non gli avrebbe dato soddisfazione. Non l’avrebbe fatto. No no no.

“Ora scusami, mi attendono in un altro posto… ma, se vorrai, questo discorso… lo riprendiamo in mano prima o poi, ok?”.

Lei non riuscì a formulare una sola frase coerente, accontentandosi di vederlo lasciare la sua stanza con un sorriso beota in volto.

Meglio non esagerare con il ritardo. Si tratta di vita o di morte, dopotutto, e non è il caso di far aspettare troppo.

Si portò veloce verso la sauna, vi entrò e come da previsione ci trovò Makoto.

“Oh, eccoti finalmente! Capisco l’entrare in momenti diversi, ma temevo quasi non arrivassi più”.

“Scusa. Ho avuto un leggero contrattempo”.

“Di natura… sentimentale?”.

“C-Cosa?”.

“Sei rosso in faccia, Togami-san. Si vede che sei inesperto nel controllare le tue emozioni. Fatti insegnare da Kirigiri-san, lei è la migliore nel campo”.

“Ai miei fatti personali ci pensiamo poi, va bene? Adesso sono curioso di sentire quali nuove porti, e spero che siano buone o qua non ce la caviamo più”.

“D’accordo, d’accordo. Allora, ho parlato sia con Fujisaki-san che con Oowada-san. Lei si è mostrata disponibile ad essere dei nostri. Lui è stato più difficile, ma alla fine l’ho convinto”.

Ecco, pare strano che la scimmia con la banana in testa non cerchi di complicarci la vita.

Sovrappensiero, Togami chiese a chi si riferisse con quel lei.

“Come a chi? A Fujisaki”.

“A… oh”.

Merda.

Hai per caso preso lezioni di bon-ton da Mondo, Byakuya-chan? Il tuo vocabolario si è ampliato notevolmente, nell’ultima ora.

“Cosa succede, Togami-san? Perché hai reagito così?”.

No, non glielo devo dire. Se lo facessi e lui lo venisse a sapere… potrebbe rifiutarsi di aiutarci. Non lo posso permettere.

“Nulla. E prima che tu possa obiettare: no, è top secret almeno per il momento. Nel caso sarà lei a dirlo, se lo vorrà”.

Adorabile, rozzo e rispettoso degli altrui segreti. Tu non sei più il Byakuya-chan che ricordavo.

Gli dedicò solo il silenzio.

In compenso era molto sollevato da quanto riferitogli da Naegi. Avevano l’appoggio del Super Hacker e questo era fondamentale, perché lì risiedeva la loro speranza di sbloccare i piani superiori e andare a trovare Enoshima nel suo piccolo fortino con quel disgustoso orso sulla porta.

Avevano, lui e gli altri due, esplorato diverse possibilità. Si era persino parlato di fare un sopralluogo in camera di Ikusaba, visti la sua familiarità con le armi da fuoco e il suo ruolo come lacchè di Enoshima, ma si era giunti alla conclusione che un qualsiasi oggetto utile -fosse esso un possibile dispositivo elettronico piuttosto che un bazooka- era probabilmente già stato fatto sparire. E non avevano il lusso di battere piste nate morte.

“Mi spiace doverti tenere nascosto qualcosa, Naegi. Ma rischia di compromettere tutto, e non voglio che accada. Ho bisogno di concludere, in un modo o nell’altro… e se riusciamo a concludere bene tanto di guadagnato” disse, rivolto più al soffitto che al suo compagno.

“Va… va bene. Capisco” rispose quello, che a giudicare dalla sua espressione era un po’ perplesso dallo sviluppo.

Comprendo la tua faccia, Makoto. Ma fidati di quel che dico, Fujisaki non sarebbe affatto contento di sapere che ho spifferato il suo motivo di vergogna in lungo e in largo.

“Adesso” riprese Byakuya “è ora di passare alla fase successiva. Ti ricordi cosa devi fare, vero?”.

“Ovvio” rispose con una sicumera che non di solito non gli apparteneva. Eppure i suoi occhi non erano quelli di un fanfarone, pareva davvero convinto.

Finora sta filando tutto liscio. Spero vivamente che continui così.


“Voi! Brutti bastardi! Vi avevo detto che anche solo toccare le telecamere è severamente vietato!”

“Non l’abbiamo fatto volutamente, è stato un incidente.”

Monokuma sembrò irrigidirsi a quella frase di Sakura, detta con tono calmo ma fermo tipico di chi non ammette repliche, ma non lo diede a vedere; volse di nuovo lo sguardo sul pavimento della caffetteria, dove giacevano i resti di una delle telecamere.

“Come… come diamine avete fatto?!” ringhiò, puntando il dito contro i presenti. “Come siete riusciti a distruggerla?!”

Altri studenti, attirati dalle urla di Monokuma, fecero capolino dalla porta d’entrata e dalla cucina.

“È colpa mia…” si fece avanti Aoi, imbarazzata. “Io e Sakura-chan stavamo giocando con una pallina presa allo spaccio…”

“Sfortunatamente mi sono lasciata prendere dal gioco e ho tirato con troppa forza” ammise Sakura, solenne. “Non era assolutamente mia intenzione danneggiare una proprietà dell’accademia.”

Monokuma osservò le due ragazze in silenzio, probabilmente indeciso se credere a quella storia o meno; quando si accorse degli altri studenti che lo fissavano sembrò innervosirsi: “Per questa volta lascio correre! Riparerò quanto prima la telecamera, ma voi” disse indicando le due ragazze “andate a fare i vostri lanci in palestra, se proprio ci tenete!”

Con questo sparì nel nulla come al solito.

Sakura, Aoi e gli altri studenti si scambiarono un cenno d’assenso, poi rimasero in attesa.


“Allora, avete fatto?”

Makoto non ebbe neanche il tempo di aprire la porta del bagno che si trovò davanti un Togami particolarmente ansioso, insieme alla solita, silenziosa Kirigiri.

“Tutto secondo i piani” sorrise Naegi, sedendosi ad una delle panche. “Fujisaki-san è già al lavoro, e le ho riferito di creare un’I.A che si occupasse esclusivamente di hackerare il sistema della scuola”.

Togami annuì compiaciuto: “Suppongo che Oowada sia rimasto al suo fianco rifiutandosi di muoversi…”

“Già” sospirò Naegi. “Gli ho detto che sarebbe stato rischioso e che Monokuma prima o poi avrebbe sospettato della sua assenza o del continuo andirivieni dal bagno del secondo piano, ma non ha voluto sentire ragioni…”

“Per quello possiamo usare Oogami come diversivo” proruppe Kyouko. “Non è una garanzia totale, ma ci fornisce un po’ di tempo in più affinché Fujisaki completi il suo lavoro. Inoltre” proseguì “se riesce a ultimare l’I.A, potremmo persino lasciar lavorare il computer senza che lei sia sempre presente.”

Togami la osservò pensieroso: “È un bell’azzardo…”

“...ma non abbiamo più niente da perdere, come ho già detto” sorrise lei, maliziosa.

“Una cosa da perdere in realtà ci rimane, e tu lo sai” la rimbeccò Togami.

“Intendi le nostre vite? Sicuro. Ma dovresti sapere meglio di me che, nella nostra situazione, ogni istante in cui respiriamo lo si può considerare un gentile regalo di Enoshima”.

“Stai pur tranquilla che lo so molto, molto meglio di te”.

“A volte mi chiedo perché non ci uccida tutti seduta stante…” si intromise Naegi.

“Perché non le darebbe il minimo brivido. Giudicando da quanto Togami ci ha raccontato di lei, posso dire che Junko Enoshima è il tipo di criminale che vive per l’eccitazione del vedere cosa succederà, ipotesi corroborata da fatti come il lasciarci libero accesso a una stanza senza telecamere e un portatile funzionante a disposizione. Che, fossi stata io al suo posto, neanche nei vostri sogni più selvaggi. E una che mette in piedi una sceneggiata del genere non è stupida e sa perfettamente che è deleterio concederci un posto per complottare in santa pace e uno strumento che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. È come se non le importasse di eventuali nostri progressi”.

“Confermo quanto dici, Kirigiri. La volta in cui l’abbiamo smascherata platealmente ha dimostrato di non tenere la sua stessa vita in minima considerazione, anzi… difficile scordarsi quegli occhi spiritati mentre premeva il bottone rosso. Penso di poter affermare che per lei non conta vincere o perdere perché tanto otterrà comunque quello che vuole, la disperazione. Che sia la sua o la nostra le è indifferente”.

“È un avversario molto più pericoloso del solito genio del male che crede di aver la situazione sotto controllo e poi si ritrova con un pugno di mosche e le manette ai polsi. Qui non si può escludere nessuna eventualità, neanche quella che nel caso peggiore decida di far saltar per aria l’intera scuola. È talmente imprevedibile e con poco riguardo per se stessa…”.

“Rischi messi in conto e che dobbiamo correre, ci piaccia o no, se vogliamo avere una pallida speranza di porre fine a questa pagliacciata” troncò Byakuya. Non gli piaceva star lì ad analizzare le ipotesi più tetre.

Gli altri due lo guardarono un po’ meravigliati, un po’ straniti e un po’ felici di sentirlo parlare così. Aveva perfettamente ragione: o la andava o la spaccava, alternative non ce n’erano.

Si stavano giocando il tutto e per tutto e si sa, in casi del genere butti tutte le tue fiches sul tavolo, chiudi gli occhi, stringi le dita e speri che ti vada bene.

“Ok” disse Naegi dopo qualche momento di silenzio “vado a vedere come procede al secondo piano”.

“Non è un po’ presto?” chiese Kirigiri alzando lievemente un sopracciglio.

“Forse. Ma sono nervoso e vorrei una conferma”.

“Rilassati. Lascia Fujisaki in pace a fare il suo lavoro”.

“Togami-san?”.

“Che c’è? Che hai da squadrarmi come se fossi un fantasma?”.

“No, niente… è che non me lo aspettavo da te…”.

“Cosa, un po’ di flemma? D’altronde fare i ragazzini isterici e in perenne sindrome premestruale serve solo a sconcentrarlo”.

“Sconcentrarlo? Maschile?”.

Cadde un velo di sconcerto. I tre si fissarono a vicenda, ammutoliti.

Ok, devo darmi decisamente una regolata. Un lapsus ci può stare, due no.

Ma stai tranquillo, Byakuya-chan. Non è successo nulla. Hai solo appena sputtanato l’unico elemento del vostro gruppo che può salvarvi le chiappe.

Tu e il tuo tempismo.

“Tempismo” è il mio secondo nome.

E il primo qual è, Scassapalle?

Mi ferisci dicendo così, brutto cattivo che non sei altro.

“Va bene Togami-san, mi tocca rimangiarmi quanto ho promesso prima… ma è già la seconda volta che ti confondi parlando di Fujisaki-san. Cosa ci stai nascondendo?”.

“Non ci vorrai mica far credere” si inserì Kyouko “che Fujisaki… sia un maschio?”.

Bravo Byakky-chan, bravo!

Togami inspirò, cercando di riprendere il controllo di se stesso e della sua linguaccia lunga: “Sentite… io non vi ho detto niente, ok? È il suo segreto, e già una volta gli è costato la vita…”

...per mano di Oowada aggiunse mentalmente, ritenendo non fosse il caso di lasciarsi sfuggire anche quel dettaglio.

“Continuate a riferirvi a Fujisaki al femminile. Se se la sentirà sarà lui a dircelo… non è il caso di smascherarlo davanti a tutti, mandarlo in crisi e smantellare il nostro piano sul nascere.”

Naegi e Kirigiri lo osservarono qualche istante increduli, per poi scambiarsi un’occhiata e ridacchiare.

Togami inarcò un sopracciglio, irritato.

“Cos’avete da ridere, adesso?”
“Niente, niente” commentò Naegi. “È che…”

“Cosa?”

“È che questa è probabilmente la prova definitiva dei tuoi… viaggi nel tempo” rispose Kirigiri, sorridendo. “Fino a poco tempo fa nessuno di noi avrebbe immaginato tanta empatia da parte tua.”
I due continuarono a ridersela sotto i baffi, a discapito di un Togami imbarazzato e intento a borbottare frasi sconnesse sul non essersi ammorbidito per nulla.


“Questo strano andirivieni dal bagno del secondo piano non mi piace, Fujisaki-san, upupupu! Tu e il tuo boyfriend motociclista dovreste essere più discreti!”

Monokuma roteò sulla sedia, per poi fermarsi di colpo e osservare nuovamente Chihiro uscire dal bagno.

“E sia, per questa volta lascio correre! Che non si dica che sono cattivo, upupupupu!” ridacchiò, per poi voltare di nuovo la sedia. “E tu, mia fidata spia, hai nulla da riferirmi, upupupupu?”
“Nulla di rilevante” rispose Sakura, solenne.

“Niente di niente? Nessuna ribellione interna, niente piani per salvarsi le chiappe, upupupu?”

Sakura sospirò, preparandosi a ripetere le informazioni concordate con gli altri.

“Non ne sono ancora certa” disse “ma li ho visti riunirsi spesso a parlare tra loro… credo stiano tramando qualcosa, ma non si fidano abbastanza di me per parlarmene. Non ancora, almeno.”

“Bene bene bene, che succose informazioni!” trillò l’orso meccanico. “Mi raccomando, tienimi aggiornato, upupupu!”

Sakura annuì, fece un breve inchino e poi uscì in corridoio.


“Quindi non sospetta nulla?”

“Sembrerebbe di no, al momento.”

“Meglio così… anche se non ne sono del tutto sicuro” sbuffò Togami, “ma non possiamo più tirarci indietro.”

Sakura aveva appena finito di aggiornare Byakuya e gli altri sulla sua riunione con Monokuma che qualcuno bussò alla porta dello spogliatoio, e da dietro la porta fece capolino il volto sorridente di Chihiro.

“Disturbo?”

“Qual buon vento, Fujisaki-san! No no, non disturbi affatto!” trillò Naegi facendogli segno di andare a sedersi vicino a loro. Gesticolava in maniera ampia, pure troppo.

Byakuya inarcò impercettibilmente un sopracciglio: aveva colto in Makoto… tensione, malamente mascherata con dei modi di fare sin troppo affabili.

No, ma che sul serio? Byakky-chan, mi stai dicendo che sei addirittura in grado… di capire gli stati d’animo altrui? È un evento da festeggiare.

Senti, per l’ultima volta: crepa male.

Ehi ehi. A parte gli scherzi. Fatti un paio di domande su questa tua intuizione, datti le appropriate risposte e una pacca sulla schiena.

Grumph.

“Volevo annunciarvi che Alter Ego sta procedendo a gonfie vele. Ci dovrebbe volere ancora una mezza giornata al massimo, se siamo fortunati anche meno”.

“E Oowada-san?”.

“L’ho lasciato che gironzolava al secondo piano. Gliel’ho ben detto che così facendo sarebbe risultato sospetto, ma non ha voluto sentir ragioni…” sospirò abbassando la testa, quasi a volersi scusare a nome suo.

“Ma no, ma no. Non c’è problema! Non c’è problema!” fu la rassicurazione di Naegi, che continuava a muoversi quasi convulsamente.

“Naegi, tutto bene?” azzardò Kirigiri.

“Tutto bene! Tutto benissimo! Perché, non si vede?”.

“Non sembrava, no”.

“Ti stai preoccupando per nulla, Kirigiri-san! Te lo assicuro!”.

Il destinatario di tutta questo sbracciarsi rialzò lo sguardo verso di lui e disse: “Temi che qualcosa vada storto con il programma?”.

“No no, ma figurati!”.

“Io sto facendo del mio meglio, ve lo giuro…”.

“Qui nessuno mette in dubbio il tuo impegno e la tua dedizione, Fujisaki” fece Sakura, nel tentativo di calmare un po’ gli animi che si stavano agitando per nulla.

“Naegi, finiscila. Lo stai mettendo in imbarazzo” disse Togami. Nella sua testa. Ma cercò di trasmetterglielo via smorfia, venendo fatalmente rimbalzato.

Byakuya-chan, la tua gaffe vi sta tornando addosso come un boomerang. Quell’imbecille di Makoto non riesce a comportarsi normalmente da quando ha scoperto il segretuccio di Chihiro.

Ma non mi dire.

E allora fa’ qualcosa! Tu hai fatto il danno e tu lo aggiusti.

… sai che sarà la seconda cosa sensata che dici da quando mi hai rivelato la tua sgradevole presenza?

Io dico solo cose intelligentissime.

Sì. Poi ti svegli sudato come un maiale.

E nonostante tutto la Voce aveva ragione: era stato lui a provocare questo pasticcio, anche se involontariamente, e a lui stava metterci una pezza.

Si alzò sbuffando dalla sua panca e, sotto lo sguardo a dir poco perplesso degli altri, afferrò Naegi per la collottola e lo trascinò fuori dalla sauna. Non prima di aver intimato di non perdere tempo in ciance, che a quello ci avrebbero pensato loro due.

“Togami-san, mollami per favore!” guaì il suo ostaggio. Il suo desiderio venne esaudito quando si trovarono nell’atrio, per fortuna da soli.

“Allora, puoi smetterla di comportarti in quel modo puerile?”.

“Che modo puerile? Non ti capisco”.

“Ma se stavi dando spettacolo là dentro”.

“Ma… ma io…”.

“Dai, mettiti a frignare. Ci manca solo quello. Insomma, cos’era quella pantomima? Da quando mi sono lasciato sfuggire… quella cosa sei diventato incapace di far finta di niente?”.

“Scusa, scusa. Hai ben ragione. È che… non sono mai stato bravo a mantenere un segreto”.

“Questo non è vero. Durante la prima ripetizione avevi scoperto per primo, in maniera del tutto accidentale, di Sakura. E ci avevi detto in un secondo momento che eri riuscito a tenere la bocca chiusa nientemeno che di fronte a Kirigiri. Avanti, non mandare tutto a rotoli per così poco”. Quest’ultima parte del discorso, da quando era stato citato il nome di Sakura in poi, Byakuya la condusse a voce più bassa che poteva. Meglio non dare conferma a Enoshima che sapevano della sua spia.

“Oh, proprio voi cercavo!”. Una voce dai corridoi delle camere.

Era Ishimaru, che si stava avvicinando ai due con la sua aria più formale.

“È ora che qualcuno vi rimetta in riga. Passate troppo tempo in quel bagno, fra promiscuità e chissà quali comportamenti poco consoni. Mischiarsi in quel modo con le ragazze! Non è salutare per il buon nome dell’accademia!”.

Byakuya e Makoto si guardarono come se fossero appena stati approcciati da un barbone che chiedeva l’elemosina. Neanche lo degnarono di una risposta mentre riprendevano il loro discorso.

Il Super Prefetto attese con pazienza una reazione che però non arrivava. Stava per rimproverarli di nuovo, stavolta con più forza, quando…

“Ok, allora vedi di darti una calmata per quando torneremo dentro. E per quanto ti riguarda, Ishimaru…”.

“Bene Togami, finalmente hai deciso di…”.

“Guai a te se ci fai perdere tempo con ‘ste stronzate. Guai. A. Te”. Detto col tono con cui si potrebbe condannare qualcuno alla sedia elettrica per puro gusto sadico.

Il poveretto rimase pietrificato di fronte a una minaccia del genere.

“Ehi… ehi un momento!” tentò di fermarli Ishimaru, ma i due si erano già chiusi la porta alle spalle.

Fujisaki li accolse con un sorriso: “Tutto ok?”

Naegi sgranò gli occhi e si voltò verso Togami; quest’ultimo gli lanciò uno sguardo che non ammetteva repliche. Niente panico. O ti ammazzo prima che lo faccia Enoshima, il tutto senza neanche fiatare.
Naegi si girò di nuovo verso i presenti: “Tutto… tutto ok, Fujisaki-san. Dovevamo solo finire di discutere un dettaglio del piano, tutto qui.”
“Oh, meno male! Temevo di aver fatto qualcosa di sbagliato!” trillò Chihiro, sollevato.

Naegi riprese finalmente a respirare, mentre Togami annuiva compiaciuto.

Con le buone maniere si ottiene sempre tutto, vero Byakuya-chan?

Ovviamente.

Ah, per certe cose non cambi proprio mai… Byakky-chan.

Non si prese la briga di rispondere alla voce, ma parlò invece ai presenti: “Bene gente, direi che è il caso di sgomberare la stanza. Ishimaru stava già dando i numeri, non vorrei attirare anche l’attenzione di Enoshima.”

Tutti annuirono e si avvicinarono alla porta, quando qualcuno la aprì dall’esterno.

“Scusate se interrompo ma…”

“Uh? Oowada-san?” chiese Chihiro, parlando un po’ per tutti: davanti alla porta aperta trovarono Mondo a guardarli, con l’aria tesa di chi ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto.

“Parla. Cos’è successo?” chiese Togami, intuendo che qualcosa non andava.

“Ho visto Monokuma aggirarsi per i corridoi del secondo piano” disse, chiudendosi la porta alle spalle “in particolare davanti alla porta del bagno… forse sospetta qualcosa.”

Tutti si scambiarono occhiate preoccupate, temendo di essere stati scoperti.
“Che abbia notato il vostro andirivieni temo sia ovvio” intervenne Kirigiri, pensierosa “e probabilmente sa che usiamo quella stanza, o che stiamo tramando alle sue spalle… ma siamo agli sgoccioli, ed è inutile allarmarsi.”

“Ho programmato Alter Ego come mi avete chiesto, di modo che si occupi solo di hackerare il sistema di sicurezza della scuola” disse Chihiro. “Come ho già detto ci vorrà ancora una mezza giornata, dopo tornerò a controllare… se riusciamo a resistere fino ad allora…”

“Ce la faremo, non preoccuparti” rispose Kyouko. “Oogami, pensi di poter ancora reggere il gioco con Enoshima?”

“Contate pure su di me” annuì Sakura.

“Bene, direi che puoi riprendere a respirare, Oowada” commentò Togami con una punta di sarcasmo, “ancora qualche ora e poi…”

E poi cosa, Byakuya-chan?

E poi fuori di qui. Almeno spero.

La voce non rispose, ma si limitò a una risatina apparentemente compiaciuta.

“Ok, ora andiamocene prima che quel maledetto orso compaia anche qui!”

Riuscirono giusto a fare due passi fuori dallo spogliatoio che...

“Maledetto? Mi volete tutto questo male? Ma se sono così amorevole e pieno di buoni propositi verso i miei studenti”.

Un proliferare di bestemmie mezze soffocate.

Monokuma apparve come al suo solito all’improvviso di fronte a loro, gli artigli bene in mostra. Mossi in maniera apparentemente leggera, creavano dei sinistri giochi di luce e di riflessi.

Il pupazzo era serio.

Ok sgorbio, ci siamo. Fra non molto uno di noi due si ergerà sopra il cadavere dell’altro e ho tutte le intenzioni di essere quello vivo.

“Quanto hai sentito?” chiese Kyouko, diretta come sempre.

“Sarei un urside stupido a mettere sul tavolo le mie carte prima del river, non ti pare? Vi basti sapere che il vostro intelligentissimo, astutissimo, argutissimo piano sta per fare la fine dei piccoli fuochi d’artificio di Tanabata”.

“Gradassa, Enoshima. Gradassa” fece Byakuya con una voce che, si rese conto con un brivido, poteva benissimo appartenere a Celes mentre giocava a poker “Ma quanto scommetti che stavolta lo spettacolo non andrà come vuoi?”.

Ci fu un momento in cui Byakuya Togami e Monokuma, in vece di Junko Enoshima, si scambiarono un’occhiata di fuoco. Gli altri assistettero impotenti, alcuni persino affascinati.

“Divertitevi finché potete, bastardi. Presto porrò una decisa battuta d’arresto alla vostra insensata insurrezione e me la spasserò nel crocifiggere i colpevoli lungo il corridoio delle stanze come monito per i superstiti. Come fu fatto con Spartaco e i suoi amichetti schiavi dopo la loro ribellione”. Accompagnando le parole con un gesto per indicare il luogo dove, secondo lei, sarebbero stati esposti i loro corpi martoriati.

“Sui miei resti, psicopatica. Sui miei resti”.

“Non ho nessun problema a calpestarti come meriti, Byakky”.

“Lo stesso vale per me. Ho una promessa da mantenere con me stesso”.

“Sarebbe? Ora mi hai incuriosito”.

“Prenderò la tua testa, te la staccherò dal collo e le darò un calcio come se fosse un pallone. Poi le appoggerò vicino il conto della lavanderia per le scarpe sporche di sangue”.

“Vedremo. Ride bene chi ride ultimo”.

Poi svanì.

Dietro di sé Togami sentiva rumori sconnessi, come se qualcuno… stesse tremando dalla paura.

Vai Byakuya-chan, è tempo che il generalissimo tenga un discorso alla truppa per alzare il morale in vista dello scontro finale.

E le cose sensate furono tre. Di cui due in pochi minuti. Attento, potrebbe diventare un’abitudine.

Mpf.

Si girò verso di loro, si schiarì la voce e cominciò a parlare: “Gente, ora si fa davvero sul serio. Presto o tardi qualcuno qui morirà e mi dispiace dover essere realista, ma non possiamo avere la sicurezza che non succederà a qualcuno di noi. Vorrei… vorrei solo ringraziarvi per avermi creduto ed essere stati disposti a seguirmi, nonostante la mia storia sia a dir poco incredibile”.

Preferì farla breve e interrompere prima di rischiare di diventare sin troppo emotivo.

Stava per andarsene quando…

“Togami-san, comunque vada… è stato un onore”. Naegi.

“Lo stesso vale per me”. Kirigiri.

“Sono molto contenta di averti potuto rivalutare e di vedere che anche le persone come te possono trasformarsi in condottieri degni e che vale la pena servire”. Oogami.

“Io… io ho tanta paura ma… ma voglio provarci”. Fujisaki.

“Feh. Anche gli stronzi ogni tanto sanno dire qualcosa di giusto”. Oowada.

Sono tutti disposti a rischiare la loro vita, ad immolarsi per la speranza che tu stesso hai dato loro. Una cosa simile non sarebbe mai successa prima… nessuno ti avrebbe dato retta, e tu di sicuro non avresti alzato un dito per nessuno di loro. Sei cambiato, Byakuya-chan. Dovresti esserne fiero.

Byakuya non rispose, ma si limitò a sorridere. Un sorriso sincero, sereno, nulla a che vedere coi rari ghigni soddisfatti che usava dispensare al mondo.

Posso farcela. Possiamo farcela.

Si incamminò in corridoio, seguito a ruota dagli altri.

A noi due, Enoshima. Questa è la resa dei conti.


Le ore seguenti sembrarono passare con lentezza esasperante.

La tensione era palpabile, e per via della minaccia di Monokuma nessuno aveva voglia di rimanere da solo più del necessario: tutti, persino i più scettici nei confronti di Togami, scelsero di rimanere insieme agli altri per arginare i pericoli. Non era di sicuro una garanzia di sopravvivenza, ma bastava a tranquillizzare gli animi in attesa del responso di Alter Ego.


“E quindi hanno deciso di stare tutti vicini vicini per evitare i miei attacchi a sorpresa, eh? Ma che adorabili coniglietti terrorizzati, upupupu!” ghignò Monokuma, osservando le immagini sul suo megaschermo. “Tu non hai nulla da riferirmi, mia fidata talpa?”

“Hanno intenzione di fuggire” rispose Sakura, pacata. “Il loro intento è aggirare il sistema di sicurezza e fuggire dall’entrata principale.”

“Aggirare il sistema, eh?” rispose Monokuma, grattandosi il mento peloso con una zampa. “E sia, che facciano pure. Li attenderò al varco, upupupupu!”

Sakura rimase in silenzio ad osservare l’orso meccanico roteare sulla sedia, augurandosi che la sua recita fosse andata a buon fine.


“Quanto credete che ci vorrà ancora?”

“Non si sa, Asahina-san. Fujisaki-san ha detto che ci sarebbe voluta mezza giornata, forse meno… sapremo solo quando sarà tornata dal secondo piano insieme ad Oowada-san.”
Aoi sospirò e ringraziò Naegi, per poi accoccolarsi accanto a Sakura.; Makoto si voltò a guardare Togami, più silenzioso del solito, intento a lanciare occhiate verso la porta dello spogliatoio. Un gruppo di studenti era rimasto barricato in caffetteria, mentre lui, Byakuya, Sakura e Aoi erano nel bagno in attesa di notizie da Chihiro. Kyouko invece era sparita, dicendo solo che “aveva qualcosa da controllare”.

“Sei nervoso, Togami-san?” chiese Naegi con voce innocente.

“Sì, sono nervoso. Stiamo per entrare nella fase cruciale del piano e non abbiamo ancora notizie da Fujisaki, oltre a Kirigiri che è svanita come solo lei sa fare”.

“Abbi pazienza, Togami. Come tu stesso hai detto una volta, ci stiamo giocando il tutto per tutto ed è normale che ci voglia del tempo”. Lui si voltò verso Oogami, colei che aveva pronunciato questa frase, e abbozzò un mezzo sorriso. Gli sarebbe piaciuto riuscire a farlo completo, ma era comunque in sufficiente tensione da non riuscirci.

“A dire il vero ciò che mi preoccupa di più è Kirigiri. Una volta, la prima, con le sue escursioni solitarie era arrivata al punto di farci pensare che il cadavere con la maschera che avevamo trovato nel giardino botanico fosse il suo…”.

“Giardino botanico? C’è un giardino in questa scuola?”.

“Oh sì che c’è. Questa è la Kibougamine, mica un liceo di periferia. Abbiamo un giardino botanico, un’aula per gli svaghi, un laboratorio attrezzatissimo e un sacco d’altra roba”.

“E com’è che…”.

“Ai piani superiori, attualmente bloccati”.

“Oh”.

La conversazione si spense naturalmente.

Si respirava un’aria… strana in quello spogliatoio. Aspettativa, speranza e una goccia di pessimismo.

Poi l’impasse si ruppe di schianto.

“Ha finito! Ha finito!” fu l’urlo liberatorio di Chihiro che lo accompagnò mentre irrompeva nella stanza.

Tutti scattarono in piedi come saette e lo circondarono.

“Com’è andata? Com’è andata?”.

“Seguitemi fuori” fu la criptica risposta dell’hacker.

Li condusse all’esterno, portandoli davanti a una rampa di scale bloccata. Byakuya era l’unico a poterla riconoscere come la via d’accesso ai dormitori dei professori che, nei suoi ricordi, diventava utilizzabile solo molto tardi.

“Ebbene?” chiese impaziente Aoi.

“Tre… due… uno...” si limitò a contare Fujisaki.

E quando giunse allo zero la saracinesca si aprì da sé.

Scoppiarono grandi urla di gioia. Asahina, fedele al suo essere ragazza energica, non seppe trattenersi e strinse Fujisaki più forte che poteva. Per grande imbarazzo del poveretto.

Gli sarà venuta un’erezione…

Taci. So che cosa gli può essere venuto. Comunque questa è fatta. Adesso c’è da avvisare gli altri e…

Esattamente com’era venuta, la felicità se ne andò.

In cima alla prima rampa di scale apparve un Monokuma. L’occhio rosso gli brillava e le zanne facevano bella mostra di sé.

“Primo posto di blocco da superare, bastardi”.

“Asahina, vai a chiamare gli altri! E fai attenzione nel tratto di strada che farai da sola!” sbraitò Togami, assumendo con estrema naturalezza il ruolo del leader. Lei ubbidì senza un fiato.

Assegnato il compito alla messaggera, il generale trovò appropriato rivolgersi alla loro arma migliore: “Madamoiselle Oogamì, se vuole prendersi l’onere…”.

“Volontier, monsieur Togamì”. E si fece avanti da sola, fronteggiando l’orso che a sua volta si stava avvicinando al gruppetto.

Urca. Sa persino il francese, quell’ammasso di muscoli.

Fossi in te non la insulterei. Ho idea che sia capace di venire a prenderti e gonfiarti come una zampogna. Non che la cosa mi dispiacerebbe poi così tanto.

Ma dai. Ormai siamo amiconi, io e te.

Seh.

I due contendenti cominciarono a darsele di santa ragione proprio al centro della rampa ma, data la posizione non esattamente congeniale, non riuscivano ad esprimersi al meglio. Fu Sakura a invitarlo a spostarsi di lì, non prima di aver evitato per un soffio un’artigliata che stava per cavarle entrambi gli occhi.

Urlò agli altri di levarsi e piroettò all’indietro, con una grazia che lascio i presenti a bocca aperta. Specialmente a causa del fatto che, data la sua non indifferente stazza, nessuno se lo sarebbe mai e poi mai aspettato.

Venne immediatamente raggiunta dall’animale e i due ripresero la baruffa.

Fu solo in quel momento, in disparte rispetto al punto nevralgico, che Togami si avvide del ritorno di Kirigiri che sopraggiungeva dal lato della lavanderia.

“Alla buon’ora, Kirigiri” commentò Togami, senza distogliere lo sguardo da Monokuma. “Il party è cominciato senza di te.”

“Mi piace farmi desiderare” replicò Kyouko, con una nota di sarcasmo che non mancò di stupire i presenti. “Ma mi farò perdonare, ho qualche regalo per voi” disse, e così facendo lanciò verso i presenti mazze da baseball, pesi e altri attrezzi da ginnastica.

“E questi?” chiese Naegi, stupefatto.

“Ero già in giro a recuperare qualche arma e ho pensato di salire al secondo piano. Per fortuna ho trovato la palestra.”

“Ottimo” commentò Mondo, appena arrivato dalla caffetteria insieme ad Aoi e gli altri e soppesando una mazza da baseball con una mano. “Non saranno armi da fuoco, ma almeno potremo difenderci!”

Togami rimase qualche istante in silenzio, poi si voltò verso gli altri.

“Oowada!” tuonò.

“Cosa vuoi, quattrocchi?” ringhiò Mondo, impegnato a pestare altri Monokuma apparsi dal nulla “Sarei un attimo impegnato!”
“Brutto gorilla che non sei altro, dici che tu e Sakura ce la fate a mantenere tutti in vita mentre io, Kirigiri e Naegi ci allontaniamo un attimo?”

“Per chi mi hai preso, Scion di sta ceppa?” replicò, facendo un home run usando la testa di un Monokuma. “Sbrigatevi o ce ne andiamo senza di voi!”

Senza perdere tempo, Togami fece cenno agli altri due di seguirlo su per le scale vicino alla palestra del primo piano. Prima di scappare afferrò Touko per un polso e la trascinò con sé.

“B-Byakuya-sama…?”
“Non fare domande e seguici!”

“Togami-san, che intenzioni hai?” chiese Naegi.

“Ve lo spiego mentre saliamo.”


“Che combattimento noioso… sono tutti integri! Mica mi accontento dei graffietti superficiali io!”

“Se vuoi il sangue, sangue avrai, Enoshima. Il tuo.”

Junko Enoshima si voltò di scatto verso la porta del suo ufficio.

Sulla soglia, Byakuya Togami, seguito a ruota da Makoto Naegi, Kyouko Kirigiri e Touko Fukawa, la fissava con un sorriso vittorioso - e a tratti inquietante.

“Hai perso, Junko Enoshima.”

“Io? Perso? Deliri. Io non posso perdere perché vinco anche quando perdo. Noi siamo Enoshima e non perdiamo”.

«Noi siamo Enoshima». È arrivata a questo punto di follia. Mi sento quasi pietoso nell’ucciderla, ora.

Ucciderla? Non starai… esagerando?

Esagerare con questo scarto di galera? Proprio no. Per tutto quello che mi ha fatto penare deve pagarla. Salata.

“Va bene, va bene. Sei spaziale, fortissima e imbattibile. Ora dacci il pulsante per sbloccare l’ingresso, così poi posso fracassarti la testa in santa pace” intimò puntandole una mazza da baseball verso la faccia. Mazza che si era fatto passare da Kirigiri durante il tragitto.

“T-Togami-san, è necessario giungere a tanto?” azzardò Naegi “Serve davvero… ucciderla?”.

“Tu vorresti fargliela passare liscia, per caso?” ringhiò voltandosi verso di lui.

“Capisco la tua rabbia, ma… non voglio dover scendere al suo livello”.

“Non ti sto chiedendo di farlo perché lo farò io. Ho un conto in sospeso con questa sgualdrina e intendo saldarlo”.

“Byakuya-sama…” disse sottovoce Touko mettendogli una mano sulla spalla.

“Che c’è!” urlò l’interpellato. Si stava lasciando andare, Togami, permettendo alla parte più feroce e vendicativa di sé di emergere con prepotenza e di dominarlo.

“N-niente! Va tutto benissimo! Se vuoi davvero ucciderla… io ti sostengo!” guaì Fukawa ritirando la mano. Lui riuscì a cogliere nel suo volto paura, ma non per Enoshima. Aveva paura di lui.

“Kirigiri, dimmi che almeno tu mi capisci…”.

“No, non ti capisco. Abbiamo vinto, il mastermind è inerme di fronte a noi e ce l’abbiamo in pugno. Non ha nessuna utilità pratica il concedersi anima e corpo ai propri istinti barbari” sentenziò, al solito gelida come l’Artico.

“Upupupupupupupupu. Byakky, tu sai cosa succede all’accademia se io muoio… vero? Prendendo per buona quella tua fesseria sui loop temporali… sicuramente ti è già successo almeno una volta, e conosci le conseguenze…” disse melliflua Junko, con le mani sui fianchi. Era fin troppo serena per essere una con davanti a sé un tizio che la voleva morta.

“Oh… oh merda” si lasciò scappare Togami, indebolendo inconsciamente la presa sulla mazza.

“Che c’è?” domandò Kirigiri, inquieta “Cosa non sappiamo?”.

“Se Enoshima muore… il sistema d’aerazione della scuola si disattiva”.

“E quindi? Non vedo il problema. Vogliamo uscire di qui”.

“Byaaaaaaaaaaaakky, racconta ai tuoi amici del mondo esterno. Su” lo aizzò Junko.

Merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda.

“Il mondo là fuori è distrutto. Questa maledetta pazza e la sua ghenga di squilibrati sono riusciti, non so come, a provocare l’anarchia. Chiedete a Genocider”.

“A chi è che dobbiamo chiedere adesso?”.

“Touko, mi spiace ma è necessario…”.

L’attenzione dei presenti si concentrò su di lei, che prese visibilmente a tremare.

E starnutì.

Naegi e Kirigiri non credevano ai loro occhi: dove fino a pochi secondi prima stava la timida Touko Fukawa, ora stava una che le assomigliava… ma non era lei.

Touko Fukawa non aveva quella lingua spropositata. Touko Fukawa non maneggiava con destrezza delle affilatissime forbici. Touko Fukawa non sorrideva in quel modo.

“Et voilà. Ecco la vostra amichevole Genocider di quartiere! Dunque dunque dunque, fammi un po’ vedere chi posso ammazzare fra di voi…”.

“Genocider, rispondi alla mia domanda: com’è la situazione del mondo al di là delle mura della Kibougamine?” chiese Togami, diretto.

“Ulllalà, ma che bel manzo. A cui piace fare la voce grossa, noto. La cosa mi eccita da morire” miagolò, prendendosi i complimenti di Junko.

“Che cazzo è, stiamo diventando uno spettacolo comico? Rispondi, fottuta serial killer!”. La forza e l’ira messe da Byakuya in queste parole azzittirono ogni possibile replica.

“Il mondo… è uno schifo. Tutto a pezzi. Ci sono bande di teppisti con le maschere di un orso metà bianco e metà nero sulla faccia che si divertono a sfasciare lo sfasciabile. I governi sono andati a donne di facili costumi, e lo stesso vale per la polizia e qualsiasi altra istituzione. È il caos più totale”.

BOOOOOOOOOOOM.

“Che… che diavolo succede ora? Cos’era questo botto?”.

“E mentre noi eravamo qui a far salotto” cinguettò Enoshima con un sorriso a sessantaquattro denti “i miei adorati si davano da fare. Perché non date un’occhiata ai monitor dell’altra stanza?”.

Kyouko si precipitò fuori. Trenta secondi dopo rientrò, lo sguardo vitreo.

“Yamada… uno dei Monokuma gli dev’essere esploso addosso… mi è sembrato che anche Celes e Oowada fossero feriti…”.

“Vogliamo concludere o no questa scenata? Mi sto annoiando” disse Junko giocherellando con una ciocca di capelli.

Vuoi davvero ucciderla, Byakuya-chan? Non dico che non lo meriti ma… credi che risolverebbe qualcosa?

Byakuya non rispose.

Sai meglio di me che vivere o morire non fa differenza per Enoshima. Finché qualcosa le causa disperazione per lei va bene. Quindi dimmi… ne vale la pena?

Mentre Togami ancora rifletteva, dal corridoio continuavano ad arrivare rumori di esplosioni, urla e altri suoni inquietanti.

“Allora, Togami, che intendi fare?” trillò Enoshima, sfoderando la sua personalità da ragazzina kawaii; Kirigiri e Naegi rimasero in silenzio, in attesa di una risposta.

Alla fine decise.

Voltò le spalle ad Enoshima e tornò verso la porta d’ingresso.

“Togami-san…?”

“Andiamo Naegi. Non vale la pena sprecarsi con questa” replicò Togami. “Probabilmente morirà sola e pazza qui dentro, o le cadrà una trave in testa o che so io. È inutile sporcarsi le mani.”
Sollevato, Naegi si affrettò a seguirlo, mentre Kyouko continuava a tener d’occhio Enoshima, che sembrava non essere affatto sorpresa dalla scelta di Byakuya.

“Sei diventato una mammoletta, Togami” commentò Junko, premendo alcuni tasti sulla pulsantiera della sua postazione. “Ti credevo un bastardo tutto d’un pezzo… mi deludi. E la delusione non mi dà abbastanza disperazione.”

Così dicendo, Junko premette un altro pulsante ed un boato risuonò in tutto il corridoio fino al suo ufficio tanto da far tremare le pareti.

“Co-cos’è stato?” urlò Naegi cercando di sovrastare il boato.

Kyouko non rispose ma si limitò ad indicare il megaschermo, sconvolta: alcuni dei Monokuma mandati da Enoshima contro i loro compagni erano esplosi, coinvolgendo alcuni di loro. Celes sembrava ferita in maniera letale, così come Ishimaru; Mondo era a terra ma sembrava muoversi ancora; Sakura, sanguinante, era riuscita a far da scudo a Chihiro e Aoi.

Togami fissò lo schermo con occhi sgranati, mentre sentiva la scintilla della speranza spegnersi.

Tutto inutile… tutto inutile.

Quindi ti arrendi, Byakuya-chan?

Ho forse scelta?

C’è sempre una scelta, Byakuya-chan. Soprattutto quando hai la fortuna di non ritrovarti da solo nella merda fino al collo.

Un rumore di forbici e uno strillo lo distolse dai suoi pensieri.

“Andatevene via.”

“T-Touko?”

Mentre Byakuya e gli altri fissavano lo schermo, Genocider Syo aveva preso il controllo della situazione. E adesso Enoshima si ritrovava una forbice conficcata nella mano destra ed una puntata alla gola.

“Maledetta fujoshi…” ringhiò, senza staccare gli occhi di dosso a Genocider, che replicò ridacchiando: “Non paragonarmi a quel topo da biblioteca! Guarda te piuttosto, con questi vestiti da sgualdrina!”

“T-Tou… Genocider” chiese ancora Togami, “che intenzioni hai?”
“Andatevene, ci penso io a tenere occupata la pazza” rispose Syo, roteando la lingua innaturalmente lunga. Poi si voltò verso Byakuya e gli fece l’occhiolino: “Tranquillo, te la riporto intera la tua fujoshi! Se muore lei muoio anch’io, e non ci tengo proprio!”
Sarà meglio per te pensò Togami, mentre la voce ridacchiava soddisfatta.

Cos’hai da ridere, tu?

Niente, niente. Trovo solo spassoso che una serial killer sia la vostra salvatrice, tutto qua. E mi fa ridere la tua… come la devo chiamare, galanteria romantica?

… ehi, tieni a freno la lingua.

Ma non ci penso nemmeno. Sei un esemplare divertente, ecco.

“Ascolta, Genocider. Tu tienila sotto tiro e fatti dare il dispositivo che sblocca il portone. Se fa resistenza tanto meglio, tagliale qualche dito per convincerla a collaborare. Io e gli altri torniamo sotto a dare a una mano con quell’orda di bombe con le zampe”.

“Signorsì signore”.

“Ma toglimi una curiosità” proseguì fermando la propria corsa “perché ti sei avventata su di lei? Non rientra esattamente nel novero delle tue vittime predilette. E soprattutto… perché stai dalla nostra parte?”.

“Rispondo ad entrambe le domande con un: questa mi sta sulle palle. Antipatia istantanea. Al contrario tu mi piaci. Molto”.

“Devo pensare che cercherai di sgozzarmi, in un prossimo futuro?”.

“Forse. Ma nel frattempo me la spasserò con te e un letto morbido”.

“Non sono neanche sicuro che fuori ci sia ancora, un letto morbido”.

Detto ciò raggiunse Naegi e Kirigiri, che si erano già avviati verso il primo piano.

E quando vi giunsero…

La situazione era critica, sebbene pareva non ci fosse più un solo Monokuma funzionante: il pavimento sembrava fosse stato ridipinto di rosso, c’era gente che ululava dal dolore e pezzi di transistor sparsi un po’ ovunque.

Byakuya si fermò un attimo, mentre accanto a lui Makoto e Kyouko non persero tempo e si fiondarono sui feriti. Era… era veramente dispiaciuto per quanto stava vedendo.

Come temevo non ce l’ho fatta. I buoni propositi non bastano e, nonostante tutti i nostri sforzi, qualcuno non vedrà mai più l’esterno di questa maledetta scuola.

Hai fatto del tuo meglio. Davvero. Non sono sarcastico, né sto cercando di indorare la pillola. Più di così non si poteva proprio ottenere. Ricordatelo sempre: nella situazione in cui eravate, queste sono perdite… accettabili, da un certo punto di vista. Tragiche senza dubbio, non voglio sminuirle. Ma sul serio, per come eri partito hai fatto passi da gigante e sei riuscito a salvarne la maggioranza. È un grande risultato, nonostante tutto.

Per la prima volta da quando sei emersa… non ti trovo irritante.

Grazie. Ora vai a dare una mano ai tuoi soci. Alcuni di loro sono ancora recuperabili.

E a proposito di recuperabili. Sakura, tenendosi la testa che grondava sangue, si avvicinò a lui che era rimasto imbambolato dal discorso mentale.

“Togami…” esordì, per poi fermarsi subito.

Lui evitò di incrociare i suoi occhi. Si sentiva… in colpa per com’era ridotta.

“Togami” ripeté “guardami”.

Alla seconda esortazione cedette e si voltò nella sua direzione.

“Cosa… cosa c’è?”.

“Innanzitutto non preoccuparti troppo per me. Sono messa maluccio, non lo nego, ma niente che possa realmente farmi fuori. In seconda battuta io… volevo ringraziarti”.

“Ringraziarmi? E per cosa, per avervi guidato con grande baldanza verso… questo massacro?” disse indicando davanti a sé, dove sembrava di essere a Coventry dopo un bombardamento della Luftwaffe.

“Sì. Esattamente per questo. Senza di te non avremmo mai smascherato Enoshima e saremmo morti come topolini nella sua gabbia di crudeltà”.

“Sei gentile, ma il risultato non mi soddisfa per nulla”.

“È importante saper convivere con un mezzo successo, invece che con un successo completo”.

“Non lo chiamerei neanche quindicesimo di successo, ‘sto macello”.

“Ah davvero? E dimmi, la prima volta che hai vissuto tutto questo… in quanti eravamo usciti?”.

“In sei…”.

“Ecco. Penso di poter dire con certezza che oggi saremo ben più di sei”.

Non le rispose, limitandosi a un fiacco cenno d’assenso. Sapeva che quanto stava dicendo era vero e una parte di sé era contenta di aver messo al riparo un così gran numero dei suoi compagni. Un’altra parte di sé però, più subdola, non mancava di ripetergli che aveva fallito. E fallito male.

“Su. Ora vi aiuto con gli altri feriti” concluse lei, sorridendogli.

“Grazie”.

Si avviarono verso gli altri.

Togami stava per dedicarsi a Chihiro e Aoi, appiattiti contro il muro a battere i denti, quando sentì un lamento alla sua sinistra. Sarebbe stato solo uno dei tanti se non fosse che… stava chiamando proprio lui.

Ohibò. Sono una superstar richiestissima, a quanto pare.

Si voltò e un fulmine figurato gli sfondò il cranio.

Era Celes.

Uh?

Si accucciò vicino a lei, che sembrava proprio stesse tirando le cuoia. Uno squarcio enorme all’altezza dello stomaco le aveva macchiato tutto il vestito.

Byakuya non capì cosa lo spinse a prendere la sua mano nelle proprie. Scelse di ignorare il ribrezzo che si fece sentire quando le dita si bagnarono di sangue.

“Ludenberg, sei sicura di voler passare i tuoi ultimi momenti con me?”.

“Uno *coff coff* uno vale l’altro... e poi volevo…”.

“Non vorrai chiedermi scusa o ringraziarmi o qualche baggianata del genere, spero”.

“Neanche… eh eh, neanche morta… *coff coff* volevo solo... dirti che il... mio fantasma ti perseguiterà... fino alla fine dei tuoi giorni...”.

“Non ne dubitavo. Sono responsabile della tua morte”.

Non ebbe risposta.

Mi aspettavo qualcosa di più profondo, di più toccante. Fa nulla, quel che è fatto è fatto.

Rialzandosi le dedicò un rapido pensiero, meno puro e dolce di quanto si fa di solito con chi è appena trapassato.

Poi, finalmente, riuscì a rivolgersi a chi ancora respirava.

Si avvicinò ad Ishimaru, constatandone il decesso; pensò che, in un’altra linea temporale, Oowada si sarebbe disperato tanto quanto Ishimaru fece la prima volta dopo la condanna di Mondo. Non aveva idea di come avrebbe reagito adesso quel rozzo motociclista, ma disgraziatamente non ci sarebbe voluto molto a scoprirlo.

“Cazzoooooo, la mia testa!”

Byakuya alzò gli occhi al cielo.

“Anche in punto di morte riesci a farti riconoscere, Oowada?”
“In punto di morte sticazzi, anche! Ci vuole ben altro per farmi fuori” rispose, rimettendosi in piedi a fatica. “Aspetta di uscire di qui, poi vedi come…” disse, incamminandosi verso Togami… e fermandosi di colpo.

A pochi passi da loro, il corpo inerte di Ishimaru.

Mondo rimase immobile a fissarlo per un tempo che a Byakuya parve interminabile… poi lo vide inginocchiarsi accanto al cadavere e poggiarvi una mano sugli occhi, probabilmente per chiuderli come ultimo gesto d’affetto.

Il fatto che tu non li abbia visti interagire non vuol dire che non avessero legato comunque, sai Byakky-chan?

Non c’è scherno o rimprovero nel tono della voce, solo… compassione, decise Byakuya.

Poi Mondo si voltò, gli occhi visibilmente lucidi ma il tono di voce fermo e risoluto.

“Muoviamo il culo e andiamo via da qui.”

Tutti annuirono, tranne Togami: “Fukawa è ancora al piano di sopra con Enoshima. Non possiamo lasciarla lì” e dicendolo scattò verso le scale, seguito a ruota dai superstiti.

“Che cazzo mi sono perso?” fu l’unico commento di Mondo, ancora spaesato, ma tutto ciò che poté fare fu limitarsi a seguirli.

Erano appena giunti alle scale che portano al quarto piano, pronti ad assediare l’ufficio di Junko quando, in cima alle scale, apparve proprio lei.

Enoshima era in piedi davanti a loro, coperta di sangue e tagli - il probabile risultato di uno scontro diretto con Genocider, e l’espressione a metà tra la furia e la follia più pura.

Quando Togami notò cosa stava ai suoi piedi, ebbe voglia di ucciderla. Di nuovo.

“Fu-Fukawa-san…” balbettò Aoi, dando voce ai pensieri di Byakuya: Junko la trascinava per una delle lunghe trecce, alla stregua di un sacco di patate. Si udì un gemito, e Togami riprese a respirare. Touko era ancora viva.

“Il tuo rottweiler era tanto fumo e quasi niente arrosto, Byakky. L’ho messa KO tutto sommato facilmente” fece lei con nonchalance, quasi stesse andando a fare una scampagnata.

Togami ribollì d’ira. Il suo autocontrollo, lo stesso che pochi minuti prima gli aveva consentito di non prenderla a colpi di mazza da baseball fino a sfigurarla, stava facendo le valigie e gli stava dicendo che le Bahamas sarebbero state tristi senza di lui.

Poi qualcosa che, almeno nel brevissimo termine, lo calmò: “Ah davvero, cara la mia psicopatica da strapazzo? E allora com’è che all’appello delle tue dita manca un’unità?”.

Gli occhi di tutti si fissarono sulle mani di Junko. Effettivamente il suo pollice sinistro… era tranciato a metà.

“Io l’avevo detto tanto per essere folkloristico, ma evidentemente Genocider mi ha preso sul serio. E ti dirò, la cosa mi fa solo piacere. Ora, però, credo tocchi a me finire ciò che lei ha iniziato”.

Ancora, Byakuya-chan? Abbiamo già affrontato questa parte, suvvia. Non essere ripetitivo.

Prima le tue obiezioni avevano un senso. L’avrei praticamente uccisa a sangue freddo, o poco più. Ora la situazione è parecchio diversa: se non la massaggio almeno un po’ con la mazza noi non usciamo di qui. E comunque tranquillo, non parto con l’intenzione di ammazzarla. Se poi mi dovessi lasciar andare un po’ troppo… beh, sono cose che succedono.

Dietro di lui si alzarono rimproveri, incitamenti a lasciar perdere, tentativi di disinnescarlo. Tutto fallito.

Byakuya Togami, in quel momento, sentiva l’impellenza quasi fisica di dover percuotere Junko Enoshima. In minima parte perché probabilmente quello sarebbe stato l’unico sistema per farsi consegnare il meccanismo di apertura del portone, in gran parte perché voleva picchiarla fino a farla sanguinare. Più di quanto stesse già facendo.

“Nessuno si intrometta. Lei è affar mio”.

E nessuno trovò il coraggio di intromettersi.

Byakuya salì lentamente le scale. Junko lo guardava impassibile, senza accennare a una possibile difesa. Nella mente di lui si formò l’idea che in qualche modo il loro aguzzino fosse nello stesso stato psicologico della volta in cui si era condannata a morte da sola: forse rassegnata, sicuramente eccitata alla prospettiva di provare la disperazione ultima.

Ti accontento sin troppo volentieri, pazza bastarda.

Quando le fu a circa un metro si limitò a sibilare un “Questa è per Fukawa, e spera che non muoia”, per poi piantarle l’estremità della propria arma nello stomaco con tutta la forza di cui era capace.

Fu un pestaggio che lasciò tutti attoniti. Tutti tranne Mondo che, dato il suo background, si trovò inconsciamente a valutare la prestazione di Togami come se fosse un giudice a una gara di pattinaggio.

Alla fine, accanto al corpo quasi incosciente di Touko, venne a trovarsi quello messo non poi troppo meglio di Enoshima.

“Bene *anf anf* strega” disse poi, mentre la mazza gli scivolava di mano “adesso mi sono sfogato. Mi puoi anche dare quello che voglio”.

“Troppo… troppo facile, Byakky… te lo devi guadagnare…”.

“Cosa? Di che farnetichi?”.

“Voglio… divertirmi ancora… un pochino… e quindi… l’ho nascosto…”.

“Tu hai fatto COSA?”.

“Vi conviene… darvi una mossa… non credo di… averne… ancora per molto… e mentre… me ne vado… assaporerò ancora…”.

Non fece in tempo a finire perché lui le schiacciò la faccia col piede, completamente fuori di sé.

Mi rifiuto di crederci. Questa maledetta stronza riesce a fotterci anche da morta.

Si voltò veloce verso i compagni, ignorando il sudore che gli colava dalla fronte.

“Gente, so che stiamo messi male… ma non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo trovare quell’aggeggio prima di subito”.

“Eh? Perché mai tutta questa fretta?” chiese Sayaka, ovviamente all’oscuro delle implicazioni.

“Come ho già detto a Naegi e Kirigiri, se Enoshima muore il sistema di filtraggio dell’aria dell’accademia si disattiva. Almeno, questo è quanto dice lei… ma non ho nessunissima voglia di testare la veridicità di tale affermazione”.

“Ci stai dicendo… che questo cazzo di scarto di galera… vuole portarci con sé?”. Byakuya non commentò ad alta voce la classica uscita di Mondo, trovandola naturalmente fuori luogo e insensata.

“Purtroppo sì. Chiunque di voi è in grado di muoversi con sufficiente agilità… ve lo chiedo per favore, sbrighiamoci”.

Makoto e Kyouko lo osservarono in silenzio, attoniti; qualcun altro scoppiò a piangere, probabilmente Aoi o Chihiro; altri imprecarono. Poi finalmente si mossero e si sparpagliarono in diverse direzioni.

Byakuya si voltò verso il corpo esanime di Enoshima: il volto sfigurato dal suo calcio sembrava distorto in un ghigno soddisfatto, quasi godesse ancora per il suo ultimo tiro mancino. Togami si trattenne dall’accanirsi ancora su di lei, lasciandola invece lì a morire, dedicandosi a Fukawa: la ragazza era incosciente, piena di tagli e con gli occhiali rotti, ma respirava ancora e questo era già un ottimo segno.

Voleva dare una mano agli altri e cercare il congegno, ma d’altra parte non se la sentiva di lasciar sola Touko, non con Junko che ancora respirava. La prudenza non è mai troppa, si disse.

Si sedette accanto alla ragazza, e senza nemmeno accorgersene le prese una mano.

“Guai a te se muori adesso, fujoshi” borbottò, “non hai il mio permesso.”

Touko strinse debolmente le dita attorno alle sue, e lui lo interpretò come un sì.


Cercarono in lungo e in largo senza sosta: misero a soqquadro le loro stanze, controllarono i bagni, persino i piani che fino ad allora erano rimasti inaccessibili; cercarono in ogni aula, in caffetteria, persino nell’inceneritore. Trovarlo in pieno funzionamento li gettò nello sconforto, temendo che il congegno potesse trovarsi lì.

E quando tutto sembrava ormai perduto…

“PIM POM PAM POOOOOM! Qui è il vostro preside che parla, e se state ascoltando questo messaggio significa che voi bastardelli mi avete ucciso e state per seguirmi all’inferno! Da questo istante il sistema d’aerazione smetterà di funzionare e voi morirete, lentamente, upupupupu! Ve la siete cercata, brutti bastardi! PIM POM PAM POOOOOM!”

Si scambiarono occhiate colme di panico.

Era la fine.


“Maledetta…”

Non poteva crederci, nonostante il messaggio.

Non era giusto.

Junko Enoshima non poteva aver vinto, non dopo quello che lui aveva passato!

Togami si accanì ancora su di lei, prendendo a calci il cadavere della ragazza.

“Che tu sia dannata Enoshima!” urlò, continuando a calciarla. “Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l’occasione!”

Si fermò per riprendere fiato.

“E tu? Dove sei adesso che le cose precipitano, eh?!” urlò, rivolgendosi alla fastidiosa voce che l’aveva accompagnato per tutto quel viaggio assurdo. “Sei sparita, eh?!”

Lanciò un urlo, incurante dello spreco di ossigeno, per poi tornare ad accanirsi sul corpo inerte di Enoshima, quando…

Tac.

Un rumore sordo, di qualcosa che cade.

Incuriosito, si accucciò accanto al cadavere.

Dalla giacca di Junko era caduto il congegno d’apertura.

Byakuya scoppiò in una risata isterica, dandosi dell’idiota per non averci pensato subito.

“Maledetta stronza…” borbottò, e senza perdere altro tempo premette il pulsante.

E subito si maledì per essere stato avventato: gli altri erano sparsi per tutta la scuola ed era molto probabile che qualcuno, magari con la testa dentro una tazza del wc, non si fosse accorto di nulla.

Beh, almeno il problema pressante è stato risolto. Ora abbiamo margine per chiudere questi piccoli disguidi tecnici.

Non gli venne in mente altro che raccogliere Touko da terra, badando bene a non danneggiarla ulteriormente, e dirigersi verso la sala di controllo di Monokuma.

Sarebbe stato un pochino complicato, forse, ma non aveva sottomano sistema migliore di quello per avvisarli nel minor tempo possibile.

Prima di andarsene, però, si concesse un ultimo sfregio al loro carceriere: le sputò addosso, ancora pieno d’astio e risentimento.

Non aveva mai odiato così tanto nessuno in vita sua, e dubitò che qualcuno le avrebbe rubato il posto tanto presto.

Comunque è meglio sbrigarsi, dato lo stato del mondo esterno non si sa mai chi o cosa può entrare dal portone ora. E bisognerà prestare soccorso rapido a questa poveretta, sarebbe davvero… davvero…

“Orribile se morisse”? Questo intendevi, Byakuya-chan?

Adesso ti fai viva, eh? Quando non servi più a nulla? Sei squisita, davvero.

Oh senti, mi diverto come posso. Sono sempre solo una voce incorporea, non ho tanti modi di spassarmela.

Santo dio, taci. Sul serio.

Minchia, quanto sei permaloso. Datti una calmata che non ti fa bene alla pelle.

Vaffanculo, ok?

Insomma, i dialoghi mentali erano carini e spassosi -si fa per dire- ma anche basta.

Giunse in poco tempo dove doveva arrivare, appoggiò con tutta la delicatezza di cui fu capace il corpo di Touko che, si accorse con una punta di terrore, respirava sempre più affanosamente e cominciò a smanettare coi comandi per capire come cavolo si faceva per far manifestare quell’insopportabile orso.

Al quarto tentativo capì bene il procedimento e si preparò psicologicamente all’ingrato compito di informarli uno per uno delle novità.

Qualcuno avrebbe trovato divertente il momento in cui apparve di fronte a Mondo. L’uomo coi capelli a banana venne giustamente preso in contropiede dalla comparsa della loro nemesi e, nonostante fosse ferito in maniera non proprio superficiale, cercò di ridurre il messaggero a un colabrodo.

“Fermo, scimmia a tre teste! Sono Togami!”.

“Uh? Togami? Cosa cazzo stai combinando con ‘sto coso, si può sapere?”.

“Cercavo di dirvi che siamo salvi. Sono stato fortunato e, mentre prendevo a calci Enoshima, da una tasca le è caduto fuori il dispositivo. Abbiamo l’aria”.

Nella testa di Byakuya sfrecciò una bestemmia quando Oowada, giusto per mantenersi fedele a se stesso, lo accusò di prenderlo per il culo e di essere realmente Junko che cercava di seminare zizzania.

“Sei un maledetto coglione con la testa piena del gas di scarico di una macchina dove dovrebbe esserci il tuo cervello. Ora mi credi?”.

La risata di Mondo lo infastidì e lo rilassò nello stesso momento.

Almeno gli altri non posero ulteriori ostacoli e la pratica venne sbrigata in un tempo umano.

Mentre scendeva le scale, sempre portandosi dietro Fukawa, gli venne in mente un’ultima cosa a cui non era ancora riuscito a dare una risposta.

Ehi tu, essere… mi senti?

Forte e chiaro, Byakuya-chan. Ma… tu che chiami me? Devo prepararmi a una nevicata di sbobba viola?

Dimmi solo quello che sto per chiederti, invece di sbrodolare stupidaggini.

Sono tutto orecchie.

Tu chi sei realmente? E bada che pretendo una risposta sensata, se è possibile.

Come chi sono? Non mi dire che sei così poco fantasioso da non averlo capito.

Ma dai, sei già senza parole. Mi deludi, Byakuya-chan.

No ecco, adesso te lo devo proprio dire: smettila. Di. Usare. Quel. Pessimo. Soprannome.

No. Io posso.

… e sentiamo il perché pensi di potere.

Semplice: sei il tuo migliore amico. Chi meglio di te stesso può usare il “-chan” per rivolgersi a te?

Sul serio, Byakuya? Non l’avevi capito che non sono altro che una parte del tuo cervello? Se ben ti ricordi, una volta, ti ho detto che avresti fatto bene a salutare la tua sanità mentale. Io ne sono il motivo.

Sei carino quando ti zittisci. Ebbene, la risposta che tanto agognavi è questa. Soddisfatto?

Prima o poi io e te ci facciamo due conti, per ‘sta storia.

Certo, certo. Tremo tutto.

Troncò, fin troppo sconvolto da quanto aveva appena scoperto.

Non adesso. Adesso voglio solo uscire da questo postaccio.

Ci mise più del previsto, considerato il bagaglio che si trascinava dietro. Quando finalmente giunse all’ingresso venne accolto dai sorrisi degli altri. Sì, persino di Mondo.

“Eccoti qui finalmente, Togami-san!” fu l’entusiastico rimarco di Naegi. Subito smorzato alla vista della povera Touko.

“Ha urgente bisogno di cure o ci lascia le penne” sentenziò Byakuya, cercando di apparire gelido. E fallendo. “Qui qualcuno ha delle nozioni di soccorso?”.

“Ci penso io” fece Sakura, emergendo dalle retrovie “Così ne approfitto per rattopparmi la testa. Anzi, già che ci siamo… se non vi scoccia ritardare l’uscita, direi che possiamo provvedere a un giro di cerotti e bende per tutti quelli che pensano di averne bisogno. Privilegiando Fukawa, ovviamente”.

Un paio di loro, quelli usciti meno bene dalla baruffa coi Monokuma, la seguì verso l’infermeria.

“È finita, finalmente è finita…” si ritrovò a dire Togami, non accorgendosi in modo cosciente di aver dato voce ai suoi pensieri.

“Sì, è finita. E meglio di quanto avevamo previsto, nonostante tutto” aggiunse Kirigiri, con tono inusualmente… felice.

“Per lungo tempo non l’avrei mai creduto possibile…”.

“E io non avrei creduto possibile vederti così, adesso, e pensare che dobbiamo ringraziare solo te se questo incubo si è dissolto e se siamo ancora vivi”.

Byakuya non disse nient’altro, beandosi della sensazione di aver fatto qualcosa di davvero meritevole nella propria vita. Non rinnegava del tutto ciò che era e ciò che aveva fatto, ma questo… era di più. Era meglio.

Si concesse un sorriso prima di sedersi a terra per recuperare fiato e calmarsi un attimo.
   
 
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