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Autore: Green_Fairy    26/03/2014    2 recensioni
Antonio e Cleopatra, nel 38 a.C., stanno per ritrovarsi ad Alessandria. In tre anni di separazione, Cleopatra ha dato alla luce i due gemelli Alessandro Helios e Cleopatra Selene, mentre Antonio ha dovuto sposare Ottavia minore, sorella di Ottaviano, per ristabilire l'alleanza. Poche parole, che a stento racchiudono il più grande dei sentimenti: l'amore.
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Ambrosia

                                                         

 

« Dolcissima regina,

Vi scrivo come vostro devoto e come tale chiedo il vostro dorato perdono. Tre anni sono ormai trascorsi da quando lasciai Alessandria, tre anni in cui il sole non è riuscito a rischiarare la mia vita, buia e fredda al pari delle notti senza luna. Oh, so bene io dov'è il mio astro: esso è in terra d'Egitto, che accudisce i miei figli, che forse attende il mio ritorno. Voi lo sapete, dovete saperlo, il mio cuore non è sepolto sotto la corazza, non langue nell'alcova di una matrona [1]: esso è sempre con voi, l'unica, la sola, colei che al suo volere ha piegato il grande Giulio Cesare e ha piegato anche me. Vi promisi che ogni terra di questo mondo, io l'avrei conquistata per voi, ogni popolo barbaro l'avrei soggiogato al vostro comando: ebbene, manterrò fede a quelle parole. Alle mie spalle si mormora, per quale sortilegio un generale figlio del Tevere, discendente di Ercole, può mai farsi scendiletto di una zingara venuta dalle sabbie? Ma io li lascio parlare, loro che non sanno, indegni di essere investiti del vostro celeste sguardo. Tutti gli ori d'Oriente, tutte le pietre preziose e i più pregiati unguenti, le più raffinate sete, nulla possono contro la vostra candida pelle [2], che imprigiona i raggi della bianca luce così come ha catturato la mia anima vagabonda. Mai dio o mortale amò più di quanto io amo voi, Cleopatra, mio serpente del vecchio Nilo [3]. 

Com'è vivido il ricordo di Tarso, quel nostro primo incontro di tanti altri a seguire. Venere mi chiese di salire sulla sua nave ed io, non divino come Marte, e dunque ancor più facile preda alla passione di quanto non sia il bellicoso dio, mi prostrai innanzi ad ella. Il cimiero mi si fece pesante, la porpora opprimente: desideravo percepire il vostro calore, il vostro speziato profumo, come non ne ho più sentiti da quando vi lasciai. Ma Antonio sta per tornare e vorrebbe esser perdonato, sicuro della vostra clemenza. In nome dell'Amore e delle piene del Nilo, concedetemi di esser ancora vostro, anche se mi troverete invecchiato e forse meno prestante di come ricordavate, ma, vi prego, soffiate ancora sulle mie braci, o mantice della passione, ed io tornerò ad esser giovane e vigoroso. Un solo bacio, mia preziosa amata, come solo voi sapete dare, e potrete riprendervi tutto di me. »

 

« Coraggiosissimo Antonio,

Le vostre parole molto mi hanno confortata: sapere di esser sempre in cima ai vostri pensieri, dopo tre anni di assenza, mi rassicura sul vostro amore. Ebbene, sappiate che il fuoco della gelosia ha straziato le mie membra nell'udirvi sposato, ma ahimè una regina deve andare oltre il suo essere donna, quantunque sia spesso così doloroso. Eppure, sapevo bene che le spesse coltri di un talamo nuziale mai avrebbero potuto spegnere la vostra fiamma, così come la vostra mancanza nulla ha potuto sulla mia. I vostri figli crescono forti e sani, nei loro occhi la speranza di conoscervi. Che gli dei odano la mia ira, sia Ottaviano maledetto se osa ancora separarci! Egli non è che uno sciocco, invidioso della vostra abilità, lui che non sarà mai un soldato valoroso quanto voi. 

Tornate, tornate, mio unico amore, rendetemi di nuovo felice: il tempo tra queste ricche mura nulla vale se non posso condividerlo con voi. E' questa una gabbia dorata, e io un esotico volatile dalle cangianti piume, ma col vostro sorriso, Antonio, la libertà soffia in queste stanze, il mare e il sole si contendono i miei occhi e la solitudine è solo un'ombra che si dissolve non appena mi cingete con le vostre forti braccia. Il perdono vi è accordato, poichè ben poco può l'orgoglio contro la vastità del mio amore. Vi avrei perdonato ben più gravi nefandezze, ma voi non mettetemi alla prova, amatemi come avete fatto in passato, con lealtà e senza respiro. Ciò che ci lega è ben oltre la carne, l'eternità conserverà intatto ciò che proviamo l'uno per l'altra e nè la polvere nè la spada, neanche le verdi acque del Lete, potranno mai cancellarlo. Il vostro viso, dolce compagno, sarà il mio balsamo per gli anni che ci attendono, e la vecchiaia avrà ben poco da fare con noi, che traiamo ambrosia dalla voce dell'altro e diventiamo così immortali. Attenderò con impazienza il vostro ritorno in quella che ormai considero vostra dimora, e che l'acqua vi sia docile quando la solcherete con le vostre navi, o mio amato. Io sono vostra da sempre e per sempre. »

 

 

Note
[1]: si riferisce ad Ottavia minore, sorella di Ottaviano, data in sposa ad Antonio per sancire l'alleanza tra i due triumviri.
[2]: Cleopatra era di origine greca, si presume dunque che la sua pelle fosse chiara.
[3]: Così la chiama Antonio, a detta di Cleopatra, in "Antony and Cleopatra" , Atto I, Scena V, di W. Shakespeare
  
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